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                                                                                  VANGELO 8 MAGGIO - QUARTA DOMENICA DI PASQUA

Siamo giunti alla IV domenica di Pasqua.
Facciamo un riepilogo: II domenica di Pasqua, Gesù dopo la sua morte va dai suoi discepoli per rassicurarli “Non siate tristi io sono vivo” e chiede non solo a Tommaso ma a tutti di avere FIDUCIA in Lui.
Egli non ci lascia soli, infatti la III domenica riappare agli apostoli ed è pronto a servirli; prepara loro da mangiare, li ascolta, li aiuta. Ed Ecco la risposta bellissima di Pietro: appena riconosce Gesù si lancia in mare e lo ACCOGLIE.
Il vangelo, oggi, ci riporta indietro nel tempo, prima che Gesù vivesse la sua passione e Risurrezione. Tante volte abbiamo detto che Gesù per farsi capire dai suoi usava un linguaggio comprensibile ispirandosi alle attività del tempo come l’agricoltura, la pastorizia, la pesca.
Ebbene, in questo vangelo Gesù offre ai suoi discepoli una chiara identificazione di se stesso: Egli si definisce il Buon Pastore… quindi,


GESU’: BUON PASTORE Ma cosa significa? Per capire questa verità, rivelata da Gesù, dobbiamo fare un piccolo passo indietro in questo vangelo, dove Gesù fa la distinzione tra il pastore e il mercenario. 
Un mercenario: è una qualsiasi persona impegnata a svolgere un qualche compito dietro pagamento. Il Signore infatti ci dice che, se un mercenario guarda il gregge e vede venire un lupo, abbandona le pecore al loro destino e se la dà a gambe levate per la paura. 
Le pecore, infatti, non sono sue, non vuole il loro bene perché non gli interessano ...
Se perde un gregge, ne cercherà un altro per cui lavorare e, se un altro padrone lo paga di più, non ha nessuna incertezza ad abbandonare le pecore precedenti... se ne va lasciandole senza guida, senza protezione e quindi in balìa di qualsiasi pericolo. 
Voi capite che questo non è un buon pastore? 
Possiamo notare che Gesù, proprio come un buon pastore, ha un bastone in mano che è composto da un’asta e un uncino. È il bastone da marcia: il prendere in mano il bastone è un gesto parlante per l'animale, significa che si parte.
Questo gesto può essere accompagnato dalla voce oppure dal clicchettio degli anelli appesi al manico del bastone sonoro e agitato dal pastore: in questo modo egli ordina agli animali di non allontanarsi e li avverte della sua presenza. L’uncino ha anche un’altra funzione, non appena vede che una pecorella si allontana o passa avanti subito la aggancia con la zampa. 
Quindi Gesù in questo modo ci vuole ostacolare e ci tiene sotto protezione?
Gesù, il Pastore del Vangelo è avanti, apre cammini, è capocordata. Il suo bastone non è una minaccia alle spalle, lo vedi avanti, molto avanti, a segnare una via, a incoraggiare, a significare una presenza che rassicura. Non è il pastore che sta dietro al gregge, quasi fosse prevalentemente quello di sorvegliare, percuotere e di pungolare con il suo bastone. 
No, Gesù non è così! perché egli sta sempre accanto a noi sue….
 
PECORE: Le pecore di solito vengono descritte come animali senza carattere, come animali che seguono il padrone senza capire; insomma un po’ sciocche! Quindi, Gesù ci sta dicendo che noi saremmo delle pecore?
Certo è che se mi chiedessero a quale animale vorrei assomigliare di sicuro non sceglierei di assomigliare ad una pecora ma certamente vorrei assomigliare ad un leone, un cavallo; gli stessi evangelisti vengono affiancati alla figura di animali coraggiosi, avete mai visto una squadra di calcio che nello stemma porta una pecora? Tutti leoni, aquile, tori, zebre, cavalli…
E noi dovremo essere le pecore! Perché? 
Con questa immagine certo non vuole paragonarci a delle pecore che senza capire e in silenzio seguono il padrone. In realtà, ad essere sinceri, una vita da pecore spesso la conduciamo… ma, non è colpa di Dio! La moda che ci impone di vestire tutti in una stessa maniera, griffati: o siamo di tendenza o non esistiamo; magari dimenticando che ci sono cose più importanti! Vi faccio un esempio: quante volte andiamo dietro alla pubblicità? Qualche anno fa tutti con la play station 1; dopo un po’ tutti con la play station 2 e poi la 3 e così via fra qualche anno avrete tutti la play station 100. A pensarci bene spesso ci comportiamo come un gregge anonimo, dove tutti fanno sempre di “sì” con la testa, anche alle cose più banali o, a volte, anche alle più dannose. 
Ma Gesù ci ama anche per questo, per questo nostro essere fragili; perché Egli ci 
 
CONOSCE: Ci avete mai pensato, ragazzi, che Cristo ci conosce personalmente?
Lui ci conosce per nome, non siamo un numero anonimo in mezzo ad altri miliardi di altri numeri!
Lui ci vede sempre, in ogni istante, in ogni difficoltà, in ogni peccato; non ci abbandonerà. 
Chissà quante volte abbiamo fatto questa esperienza con i nostri amici: quando le cose vanno bene, quando sei in gamba, quando hai l’ultima novità di telefonino o l’ultimo gioco o magari quando hai qualche euro di più in tasca, hai tanti amici, tante persone che ti stanno intorno, che non ti lasciano mai solo.
Quando invece hai delle difficoltà, quando non puoi permetterti di avere determinati oggetti, quando sei triste e hai bisogno di sfogarti, di parlare di un tuo problema spesso sperimenti la solitudine, l’abbandono. Ma, per Gesù non è così! Lui è l’amico che non ci lascia mai solo; Lui non è il mercenario, Lui ci conosce! e conoscere per Gesù significa semplicemente AMARE! Amare tutto di noi stessi. E come ci ha amati? Morendo per noi in croce e donandoci la 
 
VITA ETERNA: “Io sono il buon pastore: il buon pastore dà la propria vita per le pecore”. Queste parole si sono concretizzate quando Gesù, obbedendo liberamente alla volontà del Padre, ha accettato di morire sulla croce.
Da qui capiamo bene che cosa significa essere il buon pastore! Egli ha dato la sua vita per me, per te, per te, per te... per tutti!
Il pastore cattivo pensa a se stesso e sfrutta le pecore, il pastore buono pensa alle pecore e dona se stesso. Gesù è il nostro pastore buono che sta sempre vicino a noi sue pecorelle che lui guida, nutre, protegge, accompagna, con cui cammina. 
Quindi non ci dobbiamo sentire offesi se siamo paragonati a delle pecorelle, la caratteristica più bella è che loro hanno fiducia, seguono e riconoscono la voce del padrone. Proprio come da piccoli quando mano nella mano i nostri genitori ci aiutavano a camminare, Gesù ci insegna un’altra ricchezza, ci fa capire che Lui e il Padre sono 
 
UNA COSA SOLA: che significa? Credo che, nel vangelo di oggi, Gesù abbia voluto unire la nostra mano alla sua e a quella di Dio; così da essere sicuri di non essere lasciati più da soli. Il Signore, il nostro Buon Pastore, sa afferrarci per mano, conosce ciascuno e ci tiene talmente forte a sé che nessuno mai ci strapperà da quella forza, perché ha un calore e un'intensità particolare. Non esiste nessuna "magia" capace di distogliere lo sguardo di Dio da noi, perché il suo resta sempre più potente. Ricordiamoci sempre ragazzi che siamo in buone mani!
Come realizzare tutto ciò? Con una sola parola, quella che Gesù usa a proposito delle sue pecorelle, esse sanno…

ASCOLTARE: La caratteristica più bella che hanno le pecore, è proprio quella di ascoltare. Ascoltare non indica solamente un udire, apprendere dati, informazioni, competenze. L’ascoltare di cui parla Gesù indica una relazione che coinvolge totalmente la nostra persona; la certezza più bella, per noi, è sapere di far parte proprio di quel gregge, di essere anche noi di essere tra le pecore amate, conosciute dal buon Pastore. Il Maestro Gesù ci conosce personalmente; Egli ha la chiave, la password che apre i nostri cuori. Aperta la schermata, nel nostro cuore, troviamo questa frase: qualsiasi cosa, qualunque persona o idea provasse ad allontanarci dalla sua protezione, Lui e il Padre saranno più grandi e non lasceranno che nessuna delle “pecore” rimanga sola o persa.


                                                                                              IN SINTESI

                                                                        Gesù oggi ci paragona a delle PECORE 
 
                                                                                  ma non per OFFENDERCI 
 
                                                 ma perché dobbiamo fare nostra la caratteristica più bella che hanno: 
                                                                                            ASCOLTARE