Santi Martiri Ugandesi
(Carlo Lwanga e 21 compagni)
3 giugno
† Uganda, 15 novembre 1885 / 27 gennaio 1887
La Chiesa cattolica venera quali Santi Martiri Ugandesi un gruppo di ventidue servitori, paggi e funzionari del re di Buganda, nell’odierna Uganda, convertiti al cattolicesimo dai missionari d'Africa del cardinale Charles Lavigerie, i cosiddetti “padri bianchi”, che vennero fatti uccidere in quanto cristiani sotto il regno di Mwanga II (1884-1903) tra il 15 novembre 1885 ed il 27 gennaio 1887. Inizialmente l’opera dei missionari, avviata nel 1879, venne ben accolta dal re Mutesa così come dal successore Muanga, che però si fece influenzare dal cancelliere del regno e dal capotribù, decidendo la soppressione fisica dei cristiani, alcuni dei quali uccise addirittura con le proprie mani. Questa violenta persecuzione vide in totale un centinaio di vittime. in Uganda i cristiani subirono una violenta persecuzione. Tra loro Carlo Lwanga, capo dei paggi del re Muanga, bruciato vivo insieme a dodici compagni il 3 giugno 1886. Papa Benedetto XV beatificò i ventidue gloriosi martiri il 6 giugno 1920 ed infine furono canonizzati l’8 ottobre 1964 dal pontefice San Paolo VI. Questi, durante il suo viaggio in Africa del 1969, intitolò loro anche il grande santuario di Namugongo, eretto sul luogo del martirio di San Carlo Lwanga e dei suoi compagni. Questi martiri costituiscono il primo caso di fedeli cattolici dell’Africa sub-sahariana ad essere proclamati santi. Il Martyrologium Romanum pone le commemorazioni dei singoli martiri nei rispettivi anniversari di morte: ne consegue che al 3 giugno ricorre la memoria comune di Carlo Lwanga e 12 compagni, i più celebri tra gli appartenenti al gruppo, inseriti anche nel calendario liturgico latino. La data del 3 giugno ha una valenza doppia: è l’anniversario, ricordato dal Martirologio Romano, del martirio di Carlo Lwanga con 12 compagni; inoltre nel Calendario generale è la memoria liturgica comune di tutti i ventidue martiri ugandesi.
Patronato: Uganda
Emblema: Palma
Nel 1886, nel cuore dell'Uganda, alle sorgenti del misterioso Nilo, viveva la tribù dei Buganda, erede della razza Bantù proveniente dall'Etiopia, che si diceva evangelizzata da san Matteo. Popolo essenzialmente guerriero, si dedicava anche all'agricoltura e all'allevamento. Le leggende locali parlavano di Kintu, fondatore del loro impero, messaggero del cielo, uomo bianco che aveva orrore del sangue e che chiamava tutti suoi figli e sarebbe stato lui a portare in dono il prezioso frutto della banana... insomma leggende e realtà si intrecciavano, mantenendo intatti alcuni riti cristiani, come quello di versare sul capo dei nascituri dell'acqua e credendo che la morte non distruggesse ma piuttosto "custodisse". Verso il 1852 il re Suma cominciò però a favorire l'insediamento degli Arabi nelle sue terre e là essi costruirono una moschea e cominciarono a diffondere l'islamismo, facendo molti proseliti anche a causa del fatto che l'Islam era favorevole alla poligamia, mentre il cristianesimo no.
Quando Stanley, nel 1875, scoprì questo popolo così curioso e differente dagli altri, si affrettò a chiedere dei missionari, pensando che in poco tempo egli sarebbe riuscito a far comprendere la grandezza della Bibbia. Nel 1877 ne arrivarono alcuni che erano anche ingegneri ed architetti, desiderosi di mettere a disposizione non solo il loro zelo apostolico, successivamente coadiuvati da un missionario che giunse con un Crocifisso in mano e la corona del Rosario al collo. All'inizio il re provò simpatia per la religione cattolica ma dopo un pò preferì l'islam. Nonostante tutto, la missione prosperava e vi erano molti catecumeni, ma il re temendo che l'Inghilterra desiderasse appropriarsi del suo regno allontanò dalla sua tribù i missionari cristiani. Morto lui, però, il figlio Mwanga che ne prese il posto, richiamò i Padri ed essi trovarono una comunità cristiana piuttosto fiorente, con oltre 800 catecumeni. Tuttavia gli odi interni e le dissolutezze del re, portarono ad un triste epilogo; i grandi del regno e soprattutto il primo ministro decisero di uccidere il loro capo per poi eleggere il fratello. Un amico intimo del re, Andrea Kagwa, lo asvvertì, assicurandogli che poteva contare sull'aiuto di tutti i cristiani della comunità. Il ministro riuscì a farsi perdonare dal re ma il suo odio contro i cristiani si inasprì e cominciò a cercare ogni pretesto per rovinarli, suggerendo al sovrano che se il loro numero fosse aumentato, essi l'avrebbero senza dubbio scalzato dal trono per eleggere uno di loro. Un giorno del 1885, poichè il Re soffriva di un male agli occhi, mandò Giuseppe Mukasa, precettore cristiano che vegliava sui paggi cercando di tenerli lontani dall'atmosfera pericolosa della corte, a chiedere al vecchio missionario, Padre Lourdel, un calmante che però gli provocò un grande malessere. Nulla di meglio, per il primo ministro, per accusare il prete ed i cristiani di aver voluto uccidere il re. Ciò scatenò nel sovrano un'ingiustificato odio: Giuseppe venne arso vivo sul rogo, a un paggio che non aveva risposto subito ad una sua chiamata vennero tagliate le orecchie, poi si incattivì contro gli altri paggi che non volevano abiurare alla loro fede e soprattutto s'inasprì dopo aver saputo che anche una delle sue figlie si era convertita al cattolicesimo. Come un pazzo il re afferrò una lancia avvelenata con cui ferì, condannandoli a morte, alcuni dei giovani, dando inizio ad uno spaventoso massacro. Visto che la situazione precipitava, i paggi che erano ancora catecumeni vennero subito battezzati e si riunirono davanti al re, attendendo che si compisse la loro sorte, mentre tutti i guerrieri della tribù si erano intanto radunati per dare inizio ai rituali dell'esecuzione. I condannati furono tutti legati e portati verso il luogo dove si effettuavano le uccisioni, posto che raggiunsero solo dopo molti giorni di cammino e di torture, mentre alcuni di essi, stremati, morivano per strada.... La sera del settimo giorno i carnefici si riunirono al suono del tamburi e i giovinetti vennero condotti al rogo ed arsi lentamente mentre le loro giovani voci si alzavano oranti al cielo. Solo tre di essi vennero chissà per quale ragione risparmiati e non si davano pace di ciò, ma la loro salvezza diede modo al mondo di conoscere l'esempio di fede dei piccoli perseguitati. La missione cattolica, da quel momento si sviluppò ulteriormente, mentre i persecutori fecero una tragica fine.
Autore: Patrizia Fontana Roca
Fonte: www.cartantica.it
Ecco i nomi dei martiri ed alcune informazioni su ciascuno:
93397 - Giuseppe Mkasa Balikuddembé († Nakivubo, 15 novembre 1885), del clan Kayozi, fu la prima vittima della persecuzione scatenata dal re Mwanga II contro i cristiani, prefetto della sala del re, protesse i fanciulli di corte dai vizi del re e per questo motivo venne decapitato all’età di soli venticinque anni;
54690 - Dionigi Ssebuggwawo († Munyonyo, 25 maggio 1886), del clan Musu;
54830 - Andrea Kaggwa († Munyonyo, 26 maggio 1886), capo dei suonatori del re e suo familiare;
54840 - Ponziano Ngondwe (†Ttaka Jiunge, 26 maggio 1886), del clan Nnyonyi Nnyange, paggio regale, mentre ormai infuriava la persecuzione ricevette il battesimo e venne subito incarcerato, condotto al luogo del supplizio venne trafitto da una lancia;
92074 - Atanasio Bazzekuketta († Nakivubo, 27 maggio 1886), del clan Nkima, paggio della casa regale, colpito a morte;
54920 - Gonzaga Gonza († Lubawo, 27 maggio 1886), del clan Mpologoma, uno dei servi del re, mentre veniva condotto in catene al rogo cui era stato condannato venne trafitto dalle lance dei carnefici;
55180 - Mattia Kalemba detto Mulumba († Kampala, 30 maggio 1886), del clan Lugave;
55460 - Noè Mawaggali († Mityana, 31 maggio 1886), del clan Ngabi, servo del re, offrì il petto alle lance dei soldati con le quali venne inchiodato ad un albero e quindi impiccato;
23250 - Carlo Lwanga († Namugongo, 3 giugno 1886), del clan Ngabi, poiché si rifiutò di acconsentire ai turpi voleri del re, venne arso vivo sul colle Namugongo. Insieme a lui morirono sul rogo anche altri dodici giovani compagni, di età compresa tra i quattordici e i trent’anni, membri della schiera regale dei giovani nobili o addetti alla sicurezza del sovrano:
-------- Luca Baanabakintu, del clan Mmamba;
-------- Giacomo Buuzabalyawo, del clan Ngeye, figlio del tessitore reale;
-------- Gyaviira, del clan Mmamba;
-------- Ambrogio Kibuuka, del clan Lugave;
-------- Anatolio Kiriggwajjo, nato a Bunyoro, guardiano delle mandrie del re;
-------- Mukasa Kiriwawanvu, del clan Ndiga, cameriere del re;
-------- Achilleo Kiwanuka, del clan Lugave;
-------- Kizito, nato nel 1872, del clan Mmamba, è il più giovane del gruppo;
-------- Adolofo Mukasa Ludigo, del clan BaToro, guardiano delle mandrie del re;
-------- Mugagga, del clan Ngo, sarto reale;
-------- Bruno Sserunkuuma, del clan Ndiga;
-------- Mbaga Tuzinde, del clan Mmamba;
38840 - Giovanni Maria, detto Muzei († Mengo, 27 gennaio 1887), servitore del re, confessò spontaneamente la sua fede dinanzi al primo ministro del re Mwenga e perciò venne decapitato, ultima vittima di questa atroce persecuzione.
La Chiesa cattolica venera quali Santi Martiri Ugandesi un gruppo di ventidue servitori, paggi e funzionari del re di Buganda, nell’odierna Uganda, convertiti al cattolicesimo dai missionari d'Africa del cardinale Charles Lavigerie, i cosiddetti “padri bianchi”, che vennero fatti uccidere in quanto cristiani sotto il regno di Mwanga II (1884-1903) tra il 15 novembre 1885 ed il 27 gennaio 1887. Inizialmente l’opera dei missionari, avviata nel 1879, venne ben accolta dal re Mutesa così come dal successore Muanga, che però si fece influenzare dal cancelliere del regno e dal capotribù, decidendo la soppressione fisica dei cristiani, alcuni dei quali uccise addirittura con le proprie mani. Questa violenta persecuzione vide in totale un centinaio di vittime. in Uganda i cristiani subirono una violenta persecuzione. Tra loro Carlo Lwanga, capo dei paggi del re Muanga, bruciato vivo insieme a dodici compagni il 3 giugno 1886. Papa Benedetto XV beatificò i ventidue gloriosi martiri il 6 giugno 1920 ed infine furono canonizzati l’8 ottobre 1964 dal pontefice San Paolo VI. Questi, durante il suo viaggio in Africa del 1969, intitolò loro anche il grande santuario di Namugongo, eretto sul luogo del martirio di San Carlo Lwanga e dei suoi compagni. Questi martiri costituiscono il primo caso di fedeli cattolici dell’Africa sub-sahariana ad essere proclamati santi. Il Martyrologium Romanum pone le commemorazioni dei singoli martiri nei rispettivi anniversari di morte: ne consegue che al 3 giugno ricorre la memoria comune di Carlo Lwanga e 12 compagni, i più celebri tra gli appartenenti al gruppo, inseriti anche nel calendario liturgico latino. La data del 3 giugno ha una valenza doppia: è l’anniversario, ricordato dal Martirologio Romano, del martirio di Carlo Lwanga con 12 compagni; inoltre nel Calendario generale è la memoria liturgica comune di tutti i ventidue martiri ugandesi.
Patronato: Uganda
Emblema: Palma
Nel 1886, nel cuore dell'Uganda, alle sorgenti del misterioso Nilo, viveva la tribù dei Buganda, erede della razza Bantù proveniente dall'Etiopia, che si diceva evangelizzata da san Matteo. Popolo essenzialmente guerriero, si dedicava anche all'agricoltura e all'allevamento. Le leggende locali parlavano di Kintu, fondatore del loro impero, messaggero del cielo, uomo bianco che aveva orrore del sangue e che chiamava tutti suoi figli e sarebbe stato lui a portare in dono il prezioso frutto della banana... insomma leggende e realtà si intrecciavano, mantenendo intatti alcuni riti cristiani, come quello di versare sul capo dei nascituri dell'acqua e credendo che la morte non distruggesse ma piuttosto "custodisse". Verso il 1852 il re Suma cominciò però a favorire l'insediamento degli Arabi nelle sue terre e là essi costruirono una moschea e cominciarono a diffondere l'islamismo, facendo molti proseliti anche a causa del fatto che l'Islam era favorevole alla poligamia, mentre il cristianesimo no.
Quando Stanley, nel 1875, scoprì questo popolo così curioso e differente dagli altri, si affrettò a chiedere dei missionari, pensando che in poco tempo egli sarebbe riuscito a far comprendere la grandezza della Bibbia. Nel 1877 ne arrivarono alcuni che erano anche ingegneri ed architetti, desiderosi di mettere a disposizione non solo il loro zelo apostolico, successivamente coadiuvati da un missionario che giunse con un Crocifisso in mano e la corona del Rosario al collo. All'inizio il re provò simpatia per la religione cattolica ma dopo un pò preferì l'islam. Nonostante tutto, la missione prosperava e vi erano molti catecumeni, ma il re temendo che l'Inghilterra desiderasse appropriarsi del suo regno allontanò dalla sua tribù i missionari cristiani. Morto lui, però, il figlio Mwanga che ne prese il posto, richiamò i Padri ed essi trovarono una comunità cristiana piuttosto fiorente, con oltre 800 catecumeni. Tuttavia gli odi interni e le dissolutezze del re, portarono ad un triste epilogo; i grandi del regno e soprattutto il primo ministro decisero di uccidere il loro capo per poi eleggere il fratello. Un amico intimo del re, Andrea Kagwa, lo asvvertì, assicurandogli che poteva contare sull'aiuto di tutti i cristiani della comunità. Il ministro riuscì a farsi perdonare dal re ma il suo odio contro i cristiani si inasprì e cominciò a cercare ogni pretesto per rovinarli, suggerendo al sovrano che se il loro numero fosse aumentato, essi l'avrebbero senza dubbio scalzato dal trono per eleggere uno di loro. Un giorno del 1885, poichè il Re soffriva di un male agli occhi, mandò Giuseppe Mukasa, precettore cristiano che vegliava sui paggi cercando di tenerli lontani dall'atmosfera pericolosa della corte, a chiedere al vecchio missionario, Padre Lourdel, un calmante che però gli provocò un grande malessere. Nulla di meglio, per il primo ministro, per accusare il prete ed i cristiani di aver voluto uccidere il re. Ciò scatenò nel sovrano un'ingiustificato odio: Giuseppe venne arso vivo sul rogo, a un paggio che non aveva risposto subito ad una sua chiamata vennero tagliate le orecchie, poi si incattivì contro gli altri paggi che non volevano abiurare alla loro fede e soprattutto s'inasprì dopo aver saputo che anche una delle sue figlie si era convertita al cattolicesimo. Come un pazzo il re afferrò una lancia avvelenata con cui ferì, condannandoli a morte, alcuni dei giovani, dando inizio ad uno spaventoso massacro. Visto che la situazione precipitava, i paggi che erano ancora catecumeni vennero subito battezzati e si riunirono davanti al re, attendendo che si compisse la loro sorte, mentre tutti i guerrieri della tribù si erano intanto radunati per dare inizio ai rituali dell'esecuzione. I condannati furono tutti legati e portati verso il luogo dove si effettuavano le uccisioni, posto che raggiunsero solo dopo molti giorni di cammino e di torture, mentre alcuni di essi, stremati, morivano per strada.... La sera del settimo giorno i carnefici si riunirono al suono del tamburi e i giovinetti vennero condotti al rogo ed arsi lentamente mentre le loro giovani voci si alzavano oranti al cielo. Solo tre di essi vennero chissà per quale ragione risparmiati e non si davano pace di ciò, ma la loro salvezza diede modo al mondo di conoscere l'esempio di fede dei piccoli perseguitati. La missione cattolica, da quel momento si sviluppò ulteriormente, mentre i persecutori fecero una tragica fine.
Autore: Patrizia Fontana Roca
Fonte: www.cartantica.it
Ecco i nomi dei martiri ed alcune informazioni su ciascuno:
93397 - Giuseppe Mkasa Balikuddembé († Nakivubo, 15 novembre 1885), del clan Kayozi, fu la prima vittima della persecuzione scatenata dal re Mwanga II contro i cristiani, prefetto della sala del re, protesse i fanciulli di corte dai vizi del re e per questo motivo venne decapitato all’età di soli venticinque anni;
54690 - Dionigi Ssebuggwawo († Munyonyo, 25 maggio 1886), del clan Musu;
54830 - Andrea Kaggwa († Munyonyo, 26 maggio 1886), capo dei suonatori del re e suo familiare;
54840 - Ponziano Ngondwe (†Ttaka Jiunge, 26 maggio 1886), del clan Nnyonyi Nnyange, paggio regale, mentre ormai infuriava la persecuzione ricevette il battesimo e venne subito incarcerato, condotto al luogo del supplizio venne trafitto da una lancia;
92074 - Atanasio Bazzekuketta († Nakivubo, 27 maggio 1886), del clan Nkima, paggio della casa regale, colpito a morte;
54920 - Gonzaga Gonza († Lubawo, 27 maggio 1886), del clan Mpologoma, uno dei servi del re, mentre veniva condotto in catene al rogo cui era stato condannato venne trafitto dalle lance dei carnefici;
55180 - Mattia Kalemba detto Mulumba († Kampala, 30 maggio 1886), del clan Lugave;
55460 - Noè Mawaggali († Mityana, 31 maggio 1886), del clan Ngabi, servo del re, offrì il petto alle lance dei soldati con le quali venne inchiodato ad un albero e quindi impiccato;
23250 - Carlo Lwanga († Namugongo, 3 giugno 1886), del clan Ngabi, poiché si rifiutò di acconsentire ai turpi voleri del re, venne arso vivo sul colle Namugongo. Insieme a lui morirono sul rogo anche altri dodici giovani compagni, di età compresa tra i quattordici e i trent’anni, membri della schiera regale dei giovani nobili o addetti alla sicurezza del sovrano:
-------- Luca Baanabakintu, del clan Mmamba;
-------- Giacomo Buuzabalyawo, del clan Ngeye, figlio del tessitore reale;
-------- Gyaviira, del clan Mmamba;
-------- Ambrogio Kibuuka, del clan Lugave;
-------- Anatolio Kiriggwajjo, nato a Bunyoro, guardiano delle mandrie del re;
-------- Mukasa Kiriwawanvu, del clan Ndiga, cameriere del re;
-------- Achilleo Kiwanuka, del clan Lugave;
-------- Kizito, nato nel 1872, del clan Mmamba, è il più giovane del gruppo;
-------- Adolofo Mukasa Ludigo, del clan BaToro, guardiano delle mandrie del re;
-------- Mugagga, del clan Ngo, sarto reale;
-------- Bruno Sserunkuuma, del clan Ndiga;
-------- Mbaga Tuzinde, del clan Mmamba;
38840 - Giovanni Maria, detto Muzei († Mengo, 27 gennaio 1887), servitore del re, confessò spontaneamente la sua fede dinanzi al primo ministro del re Mwenga e perciò venne decapitato, ultima vittima di questa atroce persecuzione.
Autore: Fabio Arduino