martedì 2 novembre 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno"

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  • martedì | 2 novembre 2021

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Lectio martedì 2 novembre 2021

 Martedì della Trentunesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
Commemorazione di tutti i fedeli defunti
 
Lettera ai Romani 5, 5 – 11
Giovanni 6, 37- 40
 
1) Preghiera 
Ascolta, o Dio, la preghiera che la comunità dei credenti innalza a te nella fede del Signore risorto, 
e conferma in noi la beata speranza che insieme ai nostri fratelli defunti risorgeremo in Cristo a vita nuova.
 
Fino a quando il Signore Gesù verrà nella gloria, e distrutta la morte gli saranno sottomesse tutte le cose, alcuni suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri che sono passati da questa vita stanno purificandosi, altri infine godono della gloria contemplando Dio. Tutti però comunichiamo nella stessa carità di Dio. L’unione quindi di coloro che sono in cammino con i fratelli morti non è minimamente spezzata, anzi è conservata dalla comunione dei beni spirituali (cfr Conc. Vat. II, Costituzione dommatica sulla Chiesa, «Lumen gentium», 49). La Chiesa fin dai primi tempi ha coltivato con grande pietà la memoria dei defunti e ha offerto per loro i suoi suffragi (ibidem, 50). Nei riti funebri la Chiesa celebra con fede il mistero pasquale, nella certezza che quanti sono diventati con il Battesimo membri del Cristo crocifisso e risorto, attraverso la morte, passano con lui alla vita senza fine. (Cfr Rito delle esequie, 1). Si iniziò a celebrare la Commemorazione di tutti i fedeli defunti, anche a Roma, dal sec. XIV.
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2) Lettura: Lettera ai Romani 5, 5 - 11
Fratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. 
A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.
 
3) Commento su Lettera ai Romani 5, 5 - 11
La seconda lettura è tratta dalla lettera ai romani dell'apostolo delle genti. per S. Paolo l'uomo non può rifiutare di sperare, anche se ultimamente sono troppi quelli che gli vogliono togliere la speranza. Pertanto ci rivolge l'invito a resistere alle angosce alle incertezze perché Dio, ormai, ci ama per sempre.
 
Paolo ha capito il mistero dell’amore di Dio, ispirato dallo Spirito Santo, come nessun altro. Questo annuncio è "speranza che non delude". Ha mostrato un amore senza misura per noi facendo quanto nessuno osava pensare: "è morto per gli empi". Quale uomo sarebbe disposto a fare un'azione simile? Forse "solo per un uomo buono si oserebbe anche affrontare la morte", ma chi darebbe la vita per gli iniqui? Eppure questo è quello che ha fatto il Cristo. In questo ha mostrato tutto il suo amore. Incommensurabile in quanto, "ora che siamo stati riconciliati nel suo sangue, saremo salvi dall'ira divina per suo merito". Grazie a questa riconciliazione, "saremo salvi nella sua vita".
 
 
Questa pagina di Paolo non riguarda direttamente la morte, bensì la situazione nuova in cui noi ci troviamo grazie alla morte di Gesù Cristo e alla riconciliazione che egli ci ha meritato proprio mediante la sua morte.
Paolo nei capitoli 5-8 parla della vita che il credente ha ricevuto grazie alla sua fede.
Cosa significa qui "vita"? È una situazione nuova, di libertà. Libertà dal peccato e dalla morte, che tenevano l'uomo prigioniero. È una situazione di amore e di riconciliazione.
 
Fratelli, 5la speranza non delude, poiché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo che ci è stato dato.
Nel versetto precedente Paolo aveva elencato una serie di virtù che si realizzavano l'una dietro l'altra in coloro che giustificati da Dio dovevano sopportare le avversità (l'avversità produce costanza, la costanza fedeltà provata, la fedeltà provata speranza), per giungere alla speranza. In questo versetto è specificato che la speranza non delude (letteralmente: non fa arrossire di vergogna), perché è una speranza che è fondata sull'amore di Dio. Le promesse di Colui che ci ama davvero saranno mantenute, anche se al momento presente sembrano prevalere forze contrarie. La speranza poi si fonda anche sullo Spirito Santo, che è presente nei cuori dei fedeli e li sostiene.
 
6Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi.
Paolo ricorda gli elementi principali della nostra salvezza, per assicurare i suoi lettori della solidità della speranza a cui li esorta. Noi eravamo in una situazione di debolezza, in preda al male e al peccato e Cristo è morto per noi, che eravamo empi, cioè non pii, non dediti all'amore di Dio, all'osservanza della sua legge. Questo è successo nel momento opportuno, cioè nella pienezza dei tempi, nel momento che Dio ha ritenuto più giusto per realizzare questa liberazione.
 
7Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona.
Paolo sottolinea la straordinarietà di questo passo che Cristo ha compiuto in nostro favore. Già è difficile trovare qualcuno che sacrifichi la vita per una persona giusta. Figuriamoci se si trova qualcuno che muore per un cattivo. Eppure Cristo ha fatto così nei nostri confronti. Non ci meritavamo proprio che egli morisse per noi perché non eravamo per niente buoni.
 
 8Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
Paolo ribadisce il concetto. La nostra speranza è ben fondata, perché Dio ha dimostrato ampiamente di amarci attraverso la morte di suo Figlio. Si trattava di una questione alquanto inutile: morire per dei peccatori!
 
9A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui.
Quindi ora possiamo stare sicuri, perché se Cristo si è dato tanto da fare per noi quando eravamo peccatori, certamente il suo amore e la sua protezione continueranno ora che siamo pienamente riconciliati con Lui, partecipi del Suo amore. È il suo sangue che ci ha resi giusti. Non solo, il suo sangue è compimento del sangue dell'agnello che gli israeliti avevano cosparso sulle proprie porte per evitare che l'angelo della morte uccidesse i loro primogeniti, quella notte in cui riuscirono a fuggire dalla schiavitù d'Egitto. Se allora i credenti erano stati salvati dalla morte dei bambini e dalla schiavitù di Egitto, noi saremo salvati dall'ira del giudizio, dalla conseguenza delle nostre colpe.
 10Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita.
Paolo ricapitola quanto ha detto nei versetti precedenti. Eravamo nemici, Dio ci ha resi di nuovo amici e alleati, ci ha riconciliati grazie alla morte del Figlio. Egli che ci amava quando eravamo nemici, molto più ci amerà ora e ci donerà la salvezza, non più grazie alla morte del Figlio, ma grazie alla sua vita. Vita a cui partecipiamo in pienezza. È questa la nostra condizione.
 
 
11Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.
È una condizione davvero felice e possiamo proprio vantarcene, anche se non ne abbiamo nessun merito. Infatti il nostro gloriarci è per mezzo di Gesù Cristo che ci ha meritato questa pace con Dio, la riconciliazione, l'entrata in una vita davvero piena e libera.
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4) Lettura: Vangelo secondo Giovanni 6, 37- 40
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. 
Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
 
5) Commento sul Vangelo secondo Giovanni 6, 37- 40
La beata speranza della Risurrezione.
La vicinanza fra la festa dei Santi e la Commemorazione dei defunti ci ricorda nell'insieme la verità misteriosa della vita eterna, e la fede è un tentativo di poter guardare oltre quel limite. Un cristiano accoglie e sente la morte con speranza. La sua fede in Gesù risorto gli dà la sicurezza che morire non è una disfatta irreparabile, ma il passaggio alla condizione gloriosa con il suo Signore. "Colui che viene a me, non lo respingerò". Non siamo degli estranei per Dio, ma figli, eredi, destinati a condividere la risurrezione di Gesù, della quale già ci è dato il pegno col dono dello Spirito Santo. "È questa la volontà di colui che mi ha mandato, che non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno". È nella luce della Pasqua di Gesù che oggi ricordiamo i nostri defunti, quelli vicini per familiarità e amicizia e quelli lontani, che pure sono morti nel Signore. Li affidiamo tutti alla bontà del Signore, che per loro ha versato il suo sangue sulla croce ed è risorto da morte. La loro eterna salvezza sta a cuore a noi, ma soprattutto sta a cuore a Gesù Cristo. Ne costituisce l'essenza della sua incarnazione: "Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo," e ancora: "non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato". Vero centro di questo brano di Vangelo è la volontà di Dio, al cui adempimento, la missione di Gesù è completamente orientata. Il pensiero dei defunti è un salutare richiamo per noi vivi a misurare la fragilità e il rapido flusso delle cose, delle persone e degli avvenimenti, a non crederci, praticamente eterni, a maturare la sapienza del cuore, a compiere opere buone finché è giorno. Poi là, canteremo a Dio nella comunione dei Santi: "Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente; giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti. Chi non temerà, o Signore, e non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei santo. Tutte le genti verranno e si prostreranno dinanzi a te".
 
"Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno". (Gv 6, 37-39) - Come vivere questa Parola?
Oggi è la commemorazione dei defunti! È l’occasione per pensare alla resurrezione e dare alla memoria di chi ci ha lasciato una connotazione pasquale. Sarà perché Pasqua viene in primavera e questa commemorazione in autunno, ma il giorno dei morti si fa fatica a colorarlo di toni caldi e luminosi. Prevalgono quelli spenti e nebbiosi della stagione che vede perdere i segni della vitalità della natura. Almeno qui, in questa zona dell'emisfero boreale, prevale il buio, prevale il freddo e la liturgia fatica a esplodere nella gioia della vita nuova, vita per sempre data dalla Resurrezione. Le parole di Giovanni l'evangelista, invece non sono legate alle stagioni, né sono meteoropatiche! Non si lasciano attaccare dall'umido pessimismo che attraversa le foglie che cadono. C'è quell'espressione "non lo caccerò fuori" che oggi ci colpisce particolarmente. Gesù passa dall'infinito al finito, dalla divinità all'umanità, dall'onnipotenza alla fragilità per fare la volontà di Dio, che è amore. E in questo passaggio, rimane forte della promessa che ha fatto al Padre: "Non ne perderò uno di quelli che mi hai dato!"
È in questa forza di Gesù che si fonda la nostra speranza, nella tenacia con cui lui farà di tutto per non perderci. Non contro la nostra volontà, ma sicuramente sostenendo la nostra fragilità. La morte sarà in lui solo un passaggio, prevedibile o improvviso che sia... sarà un passaggio a un più di vita che ora nemmeno immaginiamo. Ma sarà vita bella, vita abbondante, vita buona. Vita in comunione, con Dio amore.
Signore, questa vita nella sua durezza e contraddittorietà a volte ci fa bestemmiare contro di essa. Aiutaci ad amarla, a renderla lo spazio e il tempo in cui cercare Te e amarti, ritrovandoti tutto in tutti.
Ecco la voce di Giobbe: "Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!
Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro".
 
Sono stati i celti a collocare in questo periodo dell'anno solare la memoria dei morti. La Chiesa ha solo cristianizzato questa memoria rendendola una delle ricorrenze, da sempre, più amata e partecipata, proiettandola nella fede pasquale del Risorto. Questa proiezione fa sì che per il cristiano la morte non sia più l'ultima realtà umana.
La nostra società occidentale secolarizzata è passata, nel dopo guerra, progressivamente e velocemente, dalla familiarità con la morte alla morte nascosta, rifiutata e rimossa: fuggire la morte è la tentazione del mondo occidentale di oggi.
Il giorno dedicato ai defunti dovrebbe essere anzitutto la celebrazione della nostra più grande speranza se davvero crediamo nella fede pasquale del Risorto. Ma non solo, ci che si impone alla nostra attenzione, in questo giorno, è il carattere di fugacità e di brevità della vita che segna in maniera dolorosa la nostra vicenda umana.
Non esiste una "bella morte"; si tratta sempre di una prova, conseguenza del peccato. Non fa eccezione neppure la morte di Gesù: l'agonia del Getsemani di cui Cristo ha voluto portare il peso del peccato del mondo. Ma chiudere gli occhi di fronte alla verità è stoltezza mentre la saggezza è, secondo il libro dei salmi, in colui che sa contare i giorni, perché questa capacita di riconoscere il limite del nostro esistere ci dà la misura giusta della vita. Noi i nostri morti, nel momento del distacco, li abbiamo affidati all'amore e all'eternità del Signore ed essi dicono a noi che l'amore eterno di Dio conserva nella sua memoria il meglio della nostra vita. Non solo, ma dimentica tutte le nostre azioni e le nostre vergogne, e attira ci che nella nostra vita era in accordo col Vangelo. Inoltre ci dicono anche che non è il caso di sprecare tempo e fatica per ambizione che non servono a nulla, perché tutto è vanità. Solo l'amore rimane.
Il vangelo di Giovanni che viene letto durante la liturgia dell'odierna festività è il proseguimento dell'episodio della moltiplicazione dei pani. Gesù dopo la moltiplicazione dei pani prende l'occasione per parlare della vita nuova che egli è venuto a inaugurare nel modo per chi va a lui e lui non lo respingerà. 
Il cristiano è colui che va al figlio ogni giorno, nonostante la sua esistenza è contraddetta dall'infedeltà e dal peccato, è colui che cade e si rialza "perché il signore lo tiene per mano. Gesù non respinge i peccatori ma gli abbraccia, è venuto per loro non per quelli che si ritengono "giusti". 
Ai giudei che non sanno vedere che gli ha sfamati per un tempo breve, Gesù offre il pane della vita eterna, offre loro e a quanti credono il lui l'esodo da questo mondo al Padre. Questo è il significato della festività odierna. Significato di speranza che nessuno ci potrà togliere.
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6) Per un confronto personale
- Preghiamo per tutti i fratelli e le sorelle che nel mondo sono perseguitati a causa della loro fede, perché trovino il coraggio di testimoniare la coerenza dell’essere cristiani e la forza per essere fedeli al Vangelo. 
- Preghiamo perché tutti gli uomini di buona volontà si impegnino ad aiutare i poveri, coloro che hanno fame e sete di giustizia, promuovendo il bene comune. 
- Preghiamo per chi soffre nel corpo e nello spirito, perché sappia associare le sue sofferenze alla croce di Cristo, nell’attesa fiduciosa della gloria celeste, quando i santi lo accoglieranno in Paradiso.
- In cosa ripongo la mia speranza?
- Penso mai che Gesù è morto per me?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 26
Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi.
 
Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore é difesa della mia vita:
di chi avrò paura?
 
Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario.  
 
Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto.            
 
Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.