domenica 31 ottobre 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno"

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  • domenica | 31 ottobre 2021

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Lectio domenica 31 ottobre 2021

 
Domenica della Trentunesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
 
Lettera agli Ebrei 7, 23 - 28
Marco 12, 28 - 34

1)  Orazione iniziale
O Dio, tu se l'unico Signore e non c'è altro Dio all'infuori di te; donaci la grazia dell'ascolto, perché i cuori, i sensi e le menti si aprano alla sola parola che salva, il Vangelo del tuo Figlio, nostro sommo ed eterno sacerdote.

2)   Lettura: Lettera agli Ebrei 7, 23 - 28
Fratelli, [nella prima alleanza] in gran numero sono diventati sacerdoti, perché la morte impediva loro di durare a lungo. Cristo invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore.
Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli. Egli non ha bisogno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso.
La Legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giuramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per sempre.

3)    Commento su Lettera agli Ebrei 7, 23 - 28
Se le figure sacerdotali di Israele passavano con la morte, per il Salvatore non è così. È questo il Cristo "perché rimane in eterno, ha un sacerdozio non transitorio e perciò può salvare perfettamente coloro che per lui si accostano a Dio". La perennità di questo sacerdozio dipende dal fatto che egli, in ogni istante, intercede a nostro favore presso il Padre.
Paolo vuole essere ancora più chiaro. Gli altri sacerdoti sono "uomini gravati d'infermità". Per redimerci occorreva un altro sommo sacerdote. Uno nuovo, "santo, innocente, incontaminato". Proprio perché, come figura divina, in possesso di queste caratteristiche "non ha bisogno ogni giorno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati, poi per quelli del popolo". In quanto agnello senza macchia diviene sacrificio perenne di redenzione.

• Papa Benedetto nella sua prima enciclica “Deus caritas est”, scriveva: “il termine ‘amore' è oggi diventato una delle parole più usate ed anche abusate, alle quali annettiamo accezioni del tutto differenti (n.2). Verissimo, perché dopo la parola “assolutamente” e “cosa”, la parola “amore” è la più usata, più o meno a proposito, nel linguaggio corrente.
E allora, nella convinzione che l'amore non si può definire, ma si può solo vivere con l'altro, verso l'altro, nell'altro, ecco una affermazione provocatoria, ma che in fondo in fondo a una sua lucida verità umana, e forse anche divina: “L'amore è la più alta forma di altruismo egoista!”.

4)  Lettura: dal Vangelo secondo Marco 12, 28 - 34
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c'è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l'intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

5)   Riflessione sul Vangelo secondo Marco 12, 28 - 34
Nel vangelo Gesù incontra uno scriba di animo aperto e leale che gli chiede quale sia il primo comandamento. Gesù risponde citando lo “Shema Israel”, “Ascolta Israele”, brano del Deuteronomio che il pio israelita recitava più volte al giorno e nel quale si ribadisce la fede monoteistica di Israele e il comandamento di amare Dio sopra ogni cosa. Gesù poi associa al primo un secondo comandamento strettamente legato: amare il prossimo come se stessi. Il comandamento dell'amore di Dio nasce dall'ascoltare e dal credere, dal considerare il Bene stesso che Egli è sopra ogni cosa e dal riconoscere tutto il bene che Egli ha fatto per me, e impegna tutte le facoltà (intelligenza, sentimenti, volontà, energie) in direzione del Signore e per servirLo.
Il Maestro intende il secondo comando collegato al primo a formare quasi un unico precetto tanto che dice: Non c'è altro comandamento più importante di questi. L'apostolo Giovanni scriverà poi in una sua lettera che non si può dire di amare Dio se non si ama il prossimo e così altri autori del Nuovo Testamento diranno analogamente.
L'interlocutore di Gesù riconosce che la risposta del Signore è giusta e che amare Dio val più di tutti i sacrifici: il Signore Gesù lo loda per questo e gli dice che è vicino al regno di Dio. L'invito per i discepoli di allora e per noi oggi è quello di convertirci da una religiosità “terrestre” che pensa di ingraziarsi Dio con dei sacrifici, per passare ad una prospettiva di fede in cui sia al centro l'amore a Dio come essere personale, secondo quello che ci ha insegnato Gesù Cristo e ciò che è trasmesso dalla Scrittura, ed è contenuto specialmente nel Nuovo Testamento.

• Bisogna considerare lo scriba del passo del Vangelo di Marco con grande benevolenza. Spesso Gesù accusa gli scribi di interessarsi più ai giochi di parole che non ai veri mali dei loro fratelli. Ma nulla di tutto ciò in questo brano. Ecco un uomo che cerca di conoscere. È un uomo alla ricerca di Dio, un uomo che vuole sapere come potere raggiungere Dio con sicurezza. Questo significa la sua domanda su quale sia il comandamento più importante. Gesù gli risponde in modo relativamente prevedibile, ma che va all'essenziale. Da tutta la Legge, ricava il solo comandamento che dà lo spirito della Legge stessa. Questo comandamento è divenuto una preghiera (Dt 6,4-5) che bisogna avere sempre nel proprio cuore, nella propria mente, nelle proprie mani e nella propria casa. Gesù vi aggiunge la necessità di metterlo in pratica, mediante quell'amore per il prossimo che permette a ciascuno di verificare se ama davvero Dio (1Gv 4,20). Lo scriba allora, felice di essere riconfortato nella propria fede, si felicita con Gesù. Ecco l'uomo che si complimenta con Dio, l'uomo che è contento di ritrovarsi in accordo con Dio. Non è commovente questo vecchio saggio che si complimenta con il giovane Rabbì, senza nemmeno sospettare che è con Dio stesso che si complimenta? Gesù ne è commosso. Accoglie con gioia l'osservazione di quest'uomo che è un vero credente, senza risparmio (Gv 1,47). Allora, gli apre il regno. Gesù risponde alle sue lodi con un'osservazione che ciascuno di noi vorrebbe sentirsi fare. Conferma lo scriba nella sua fede e, dandogli una garanzia come non ce ne sono altre, lo rassicura che non si sta sbagliando.

L'unica misura dell'amore è amare senza misura.
Qual è, nella Legge, il più grande comandamento? Lo sapevano tutti in Israele qual era: il terzo, quello che prescrive di santificare il Sabato, perché anche Dio lo aveva osservato (Genesi 2,2).
La risposta di Gesù, come al solito, spiazza e va oltre: non cita nessuna delle dieci parole, ma colloca al cuore del Vangelo la stessa cosa che sta nel cuore della vita: tu amerai. Un verbo al futuro, come per un viaggio mai finito... che è desiderio, attesa, profezia di felicità per ognuno.
Il percorso della fede inizia con un «sei amato» e si conclude con un «amerai». In mezzo germoglia la nostra risposta al corteggiamento di Dio.
Amerai Dio con tutto il tuo cuore e il prossimo tuo come te stesso. Gesù non aggiunge nulla di nuovo: la prima e la seconda parola sono già scritte nel Libro. La novità sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, la prima. L'averle separate è l'origine dei nostri mali, dei fondamentalismi, di tutte le arroganze, del triste individualismo.
Ma amare che cosa? Amare l'Amore stesso. Se amiamo Dio, amiamo ciò che lui è: vita, compassione, perdono, bellezza; ogni briciola di pane buono, un atto di coraggio, un abbraccio rassicurante, un'intuizione illuminante, un angolo di armonia. Ameremo ciò che Lui più ama: l'uomo, di cui è orgoglioso.
Ma amare come? Mettendosi in gioco interamente. Lasciando risuonare e agire la forza di quell'aggettivo «tutto», ribadito quattro volte. Il tutto di cuore, mente, anima, forza. Noi pensiamo che la santità consista nella moderazione delle passioni. Ma dov'è mai questa moderazione nella Bibbia? L'unica misura dell'amore è amare senza misura.
Amerai con tutto, con tutto, con tutto... Fare così è già guarigione dell'uomo, ritrovare l'unità, la convergenza di tutte le facoltà, la nostra pienezza felice: «Ascolta, Israele. Questi sono i comandi del Signore... perché tu sia felice» (Deuteronomio 6,1-3). Non c'è altra risposta al desiderio profondo di felicità dell'uomo, nessun'altra risposta al male del mondo che questa soltanto: amerai Dio e il prossimo.
Per raccontare l'amore verso il prossimo Gesù regala la parabola del samaritano buono (Luca 10,29-37). Per indicare come amare Dio con tutto il cuore, non sceglie né una parabola, né una immagine, ma una donna, Maria di Betania «che seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola» (Luca 10, 38). Gesù ha trovato che il modo di ascoltare di Maria fosse la «scelta migliore», la più idonea a raccontare come si ami Dio: come un'amica che siede ai suoi piedi, sotto la cupola d'oro dell'amicizia, e lo ascolta, rapita, e non lascerà cadere neppure una delle sue parole. Amare Dio è ascoltarlo, come bambini, come innamorati.

Amare Dio per amare l'umanità.
Amerai Dio con tutto il tuo cuore. Amerai il prossimo tuo come te stesso. Che cosa c'è al centro della fede? Ciò che più di ogni cosa dona felicità all'uomo: amare. Non obbedire a regole né celebrare riti, ma semplicemente, meravigliosamente: amare.
Gesù non aggiunge nulla di nuovo rispetto alla legge antica: il primo e il secondo comandamento sono già nel Libro. Eppure il suo è un co-mando nuovo. La novità sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l'unico comandamento. L'averli separati è l'origine dei nostri mali.
La risposta di Gesù inizia con la formula: shemà Israel, ascolta popolo mio. Fa tenerezza un Dio che chiede: «Ascoltami, per favore. Voglimi bene, perché io ti amo. Amami!» Invocazione, desiderio di Dio. Cuore del comandamento, sua radice è un'invocazione accorata, non una ingiunzione. Dio prega di essere amato.
Amare «è tenere con tenerezza e passione Dio e l'uomo dentro di sé: se uno ama, l'altro è come se dimorasse dentro di lui» (A. Casati). Amare è desiderio di fare felice qualcuno, coprirlo di un bene che si espande oltre lui, va verso gli altri, inonda il mondo... Amare è avere un fuoco nel cuore.
Ma amare che cosa? Amare l'Amore stesso. Se amo Dio, amo ciò che lui è: vita, compassione, perdono, bellezza. Amerò ogni briciola di cosa bella che scoprirò vicino a me, un atto di coraggio, un abbraccio rassicurante, un'intuizione illuminante, un angolo di armonia. Amerò ciò che Lui più ama: l'uomo, di cui è orgoglioso.
Ma amare come? Mettendosi in gioco interamente, cuore, mente, anima, forza. Gesù sa che fare questo è già la guarigione dell'uomo. Perché chi ama così ritrova l'unità di se stesso, la sua pienezza felice: «Questi sono i comandi del Signore vostro Dio... Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice' (Dt 6,1-3). Non c'è altra risposta al desiderio profondo di felicità dell'uomo, nessun'altra risposta al male del mondo che questa soltanto: amare.
Ama il tuo prossimo come te stesso. Quasi un terzo comandamento: ama anche te stesso, insieme a Dio e al prossimo. Come per te ami libertà e giustizia così le amerai anche per tuo fratello, sono le orme di Dio. Come per te desideri amicizia e dignità, e vuoi che fioriscano talenti e germogli di luce, questo vorrai anche per il tuo prossimo. Ama questa polifonia della vita, e farai risplendere l'immagine di Lui che è dentro di te. Perché l'amore trasforma, ognuno diventa ciò che ama. Se Lo amerai, sarai simile a Lui, cioè creatore di vita, perché «Dio non fa altro che questo, tutto il giorno: sta sul lettuccio della partoriente e genera» (M. Eckhart). Amerai, perché l'amore genera vita sul mondo.
 
 
6)  Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
- Rinnova o Signore la nostra fede nella vita oltre la morte; ti preghiamo per coloro che hanno concluso il cammino terreno: concedi ad essi la pienezza della tua felicità in Paradiso.
- Dona alla nostra nazione e a tutti popoli il coraggio di vivere e sperare, la forza della carità e della condivisione; dona alla nostre famiglie/Comunità fede, unità, amore.
- Io, come persona, quante volte ho mancato di attenzione, di cura, di ascolto verso me stesso, ogni volta che mi sono creato pregiudizi e convinzioni prima, durante e dopo l'aver udito o sentito, ma non ascoltato, il prossimo??
- Io, come coppia, famiglia, Comunità, quanto so ascoltare l'altro/a senza preclusioni personali dettate dal proprio retroterra socio-culturale?
- Io, come comunità, interpreto l'amore di Dio come slogan tornacontista o mi impegno in azioni di coinvolgimento per "lavare i piedi" nella quotidianità della disperazione umana che bussa alla coscienza di ciascuno di noi?

7)  Preghiera: Salmo 17
Ti amo, Signore, mia forza.
Ti amo, Signore, mia forza,
Signore, mia roccia,
mia fortezza, mio liberatore.
Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo. Invoco il Signore, degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici.
Viva il Signore e benedetta la mia roccia, sia esaltato il Dio della mia salvezza.
Egli concede al suo re grandi vittorie, si mostra fedele al suo consacrato.

8)     Orazione Finale
Dio onnipotente ed eterno, tu sei l'unico Signore, e ci dai i tuoi comandamenti perché ci accompagnino in tutte le nostre vie; fa' che ti amiamo con tutto il nostro cuore, tutta la nostra intelligenza e tutte le nostre forze, e che amiamo il nostro prossimo come noi stessi.