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- venerdì | 29 ottobre 2021
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Lectio venerdì 29 ottobre 2021
Venerdì della Trentesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
Lettera ai Romani 9, 1 - 5
Luca 14, 1 - 6
1) Preghiera
Dio onnipotente ed eterno, accresci in noi la fede, la speranza e la carità, e perché possiamo ottenere ciò che prometti, fa’ che amiamo ciò che comandi.
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2) Lettura: Lettera ai Romani 9, 1 - 5
Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua.
Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.
3) Riflessione su Lettera ai Romani 9, 1 - 5
Un altro meraviglioso esempio di carità ce lo dà Paolo nella lettera ai Romani. Dai suoi compatrioti egli non ha ricevuto che opposizioni fortissime, vere e proprie persecuzioni, e lo vediamo molto bene negli Atti degli Apostoli e nelle sue stesse lettere. Eppure non nutre sentimenti di rancore o di odio, ma soltanto il desiderio di condurre a salvezza questi suoi fratelli. "Ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua" scrive, perché essi non credono in Cristo, sono separati da lui. E giunge veramente all'estremo: se queste parole non fossero scritte nel Nuovo Testamento il sentimento che esse esprimono assomiglierebbe a un grave peccato. "Vorrei essere io stesso anatema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli". Anatema, maledetto. Paolo non dice Sono due lezioni profondissime: ecco dove giunge l'amore del cuore di Cristo, dove giunge la carità che lo Spirito Santo ha effuso nel cuore di Paolo.
Apriamo il nostro cuore, noi che così sovente siamo piccini ed egoisti, spalanchiamolo, in modo che il Signore possa mettervi, se vuole, una continua sofferenza per la sorte di tanti uomini, vicini o lontani da noi, che non credono in lui, che non camminano sulla via della salvezza.
Ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti io stesso essere anatema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne? (Rm 9,2-3) - Come vivere questa Parola?
Quel che Paolo giunge a dire, sulle prime, sembra un eccesso, a tal punto che, in altri contesti e in bocca a persone non sante come lui, potrebbe esprimere quasi una sfida a Dio, un allontanamento da Lui. Invece, nel contesto di questa lettera, sgorgata dal cuore di un grande innamorato di Dio in Cristo Gesù, sono espressioni di appassionato amore fraterno. Egli infatti innanzitutto riconosce che gli Israeliti, “suoi consanguinei secondo la carne possiedono l'adozione a figli, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi”. Lo stesso Cristo “che è sopra ogni cosa” quanto alla sua natura umana è uno di loro, è nato in mezzo a loro. Ecco, proprio qui sta il grande dolore, la sofferenza continua di Paolo: il fatto che i suoi conterranei non hanno riconosciuto in Gesù il Messia, si sono chiusi a Dio che in Cristo aveva offerto l'ultimo forte anello della salvezza. La lezione di questa pericope provoca il nostro cuore a interpellarci. Quando nelle nostre giornate maciniamo, forse a lungo, tristezze e ci lamentiamo, a causa di che cosa soffriamo? Quale nome diamo alle nostre sofferenze?
Nella nostra preghiera chiediamo allo Spirito Santo che ci aiuti a fare chiarezza. Non siamo a volte tentati di ripiegarci su sofferenze che hanno radici di egoismo e che ci tengono raggomitolati nel guscio di una vita incapace di aprirsi, anche con dolore, al fatto che tanti fratelli sono lontani dal Signore?
Gesù, tu hai dato la vita per la salvezza di ogni uomo. È ogni uomo è nostro fratello. Spalancaci il cuore al desiderio che tutti ti conoscano e camminino con te.
Ecco la voce di un santo dottore della Chiesa San Gregorio Magno: Il cuore dell'uomo è fatto per amare; se non amerà Dio, amerà il mondo.
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4) Lettura: Vangelo secondo Luca 14, 1 - 6
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.
5) Riflessione sul Vangelo secondo Luca 14, 1 - 6
La liturgia della parola ci propone oggi due esempi della carità divina. Gesù, diremmo, ha fretta di guarire quest'uomo, la sua carità lo spinge e non può aspettare il primo giorno della settimana per fare del bene. Così lo guarisce in giorno di sabato, sapendo benissimo che per questo sarà criticato, combattuto e alla fine condannato. Proprio questi saranno i motivi che le autorità del suo popolo metteranno avanti per condannano: atti di bontà e di misericordia compiuti subito, senza rispettare la tradizione. Ma per lui è come se nel pozzo fosse caduto non un asino o un bue, ma un figlio, e bisogna tirarlo fuori immediatamente. Il suo cuore è ricolmo della carità che viene dal Padre e Gesù non fa che obbedire a questa volontà di amore.
Dinanzi a Gesù oggi vi è un malato. Gesù deve amarlo. L'amore non è universale, uguale per tutti. Ognuno deve amare secondo il suo proprio essere, i suoi personali doni di grazia e di verità, di potenza e di onnipotenza divina. Nessun uomo può amare allo stesso modo degli altri uomini. Anche se il ministero è uguale, non è uguale il dono dello Spirito Santo, non è uguale la grazia di Cristo Gesù, non è uguale l'amore del Padre e neanche è uguale la fede con la quale una persona vive. Questa verità va messa in ogni cuore. Un teologo deve amare da teologo, un presbitero da presbitero, un contadino da contadino, un professore da professore, un medico da medico. Cristo Gesù deve amare da Cristo Gesù. Non può amare come il capo della sinagoga o come il fariseo. Deve amare secondo pienezza di verità e carità. Chi non ama secondo tutto il suo essere particolare, è omissivo. Gesù non può peccare di omissione. Deve amare con tutta la potenza della sua grazia, ma anche con tutta la ricchezza della sua sapienza. Ama e spiega, non ciò che ha fatto Lui, ma ciò che tutti i presenti fanno ogni giorno di sabato. Sciolgono e legano gli animali. Se una figlia o un figlio cade in un pozzo subito li tirano su, anche se è sabato. Di sabato non si lascia morire una persona. Il sabato allora non è poi così assoluto come i farisei vogliono fare intendere. Sempre Gesù è stato salvato dalla sua sapienza.
«Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui era un uomo malato di idropisia. Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò». (Lc 14, 1-4) - Come vivere questa Parola?
È il secondo episodio in cui viene messo in discussione da parte di Gesù il vero significato del riposo sacro nel giorno di sabato (vedi la lectio su Lc 13, 11-14).
Nel nostro caso specifico il Maestro ci insegna che compie veramente la Volontà di Dio chi si fa prossimo all'uomo bisognoso così com'è, lì dove si trova, senza tante sottigliezze e disquisizioni casistiche! I rappresentanti del giudaismo ufficiale e ortodosso, i farisei, erano molto bravi a vivisezionare la Volontà di Dio in una quantità di pratiche minuziose, ma erano chiusi nel loro schematismo giuridico. Orbene, Gesù risponde alla sua stessa domanda: «È lecito o no guarire di sabato?», prima con un gesto concreto di misericordia in favore dell'uomo malato, e poi - come era solito fare - con una nuova contro-domanda, ponendo il problema in una ottica concreta.
Ed ecco la risposta: ciò che si può fare per salvare i propri interessi (il figlio o il bue che cadono nel pozzo in giorno di sabato) vale anche per aiutare il prossimo che si trova nel bisogno. È da questo angolo di visuale che si può scoprire la genuina Volontà di Dio.
Questo insegnamento del Signore è ancora di grande attualità anche per i cristiani del nostro tempo, perché tutti noi corriamo sempre il rischio di fossilizzarci in schematismi rigidi, astratti e in tradizioni inveterate.
Ti preghiamo, o Signore, illumina le nostre menti e rendici docili al tuo amore, capaci di giudicare le cose senza preconcetti astratti e donaci un cuore libero, aperto, puro e magnanimo.
Ecco la voce di un grande compositore e direttore d'orchestra Gustav Mahler: "La tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri."
«Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?» (Lc 14,3-5) - Come vivere questa Parola?
Gesù non vuole che gli uomini siano insensibili e duri di cuore, né tanto meno che siano incapaci di discernimento e di comprensione nell'aiutare gli altri, appellandosi a leggi che impediscono il vero bene della persona, in nome di un legalismo esasperato e rigido. Egli ci dimostra che per Dio ogni tempo è adatto per guarire l'uomo dai suoi mali fisici e morali, per riportare l'uomo al vero significato della Legge, che sempre deve donare all'uomo dignità e vita.
Anche oggi ogni situazione umana ci interpella profondamente per una risposta coraggiosa e innovativa: che cosa o possiamo fare in questo momento particolare per questa persona umana, fratello o sorella, che incontriamo sul nostro cammino? Come possiamo dimostrare concretamente e subito l'aiuto di cui ha bisogno? La Parola di Dio e la voce dello Spirito ci aiutano ad essere strumento di carità, a non chiuderci nelle nostre indifferenze e nel nostro perbenismo.
Signore, illuminaci con la tua divina sapienza, perché viviamo con amore e la nostra mente e il nostro cuore siano sempre aperti alle necessità del prossimo.
Ecco la voce di papa Benedetto XVI (Angelus 1luglio 2012): Gesù che si fa attento alla sofferenza umana ci fa pensare anche a tutti coloro che aiutano gli ammalati a portare la loro croce (...). Essi sono «riserve di amore», che recano serenità e speranza ai sofferenti.
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6) Per un confronto personale
- Preghiamo perché l’indifferenza di fronte alla sofferenza e ai disagi dei popoli in via di sviluppo, si tramuti in solidarietà che dà diritto a tutti di partecipare all'unica mensa del mondo?
- Preghiamo perché la forza del pane spezzato dell'eucaristia ci porti a vivere la carità del Cristo per le strade del nostro quartiere?
7) Preghiera finale: Salmo 147
Celebra il Signore, Gerusalemme.
Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.
Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.
Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.