martedì 19 ottobre 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno"

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  • martedì | 19 ottobre 2021

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Lectio martedì 19 ottobre 2021

 
Martedì della Ventinovesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
San Paolo della Croce
 
Lettera ai Romani 5,12.15.17-19.20-21
Luca 12, 35 - 38
 
 
1) Preghiera 
O Padre, che hai ispirato a San Paolo della Croce un grande amore per la passione del tuo Figlio, fa' che sorretti dal suo esempio e dalla sua intercessione non esitiamo ad abbracciare la nostra croce.
 
San Paolo della Croce nacque ad Ovada (AL) il 3 gennaio 1694.
Educato in una famiglia cristiana crebbe con un carattere forte e con ideali grandi. Seppe orientare la sua vita con scelte coraggiose ed anticonformiste.
Rifiutando un futuro promettente che gli veniva prospettato dalla famiglia, nel 1720 vestì un abito nero ed iniziò una vita di preghiera e di penitenza nella solitudine del Monte Argentario.
Ordinato sacerdote nel 1727, intraprese una intensissima attività di missionario.
Nel 1737, sul Monte Argentario, inaugurò il primo convento e nel 1741 Benedetto XV approvava la Congregazione passionista. Come fondatore, promosse la crescita dell'Istituto con carità, saggezza e chiarezza di vedute.
Nel 1771 a Tarquinia (VT) aprì il primo monastero delle monache passioniste, che amava chiamare "le colombe del Crocifisso".
Morì a Roma il 18 ottobre 1775 nella casa dei Ss. Giovanni e Paolo, divenuta la sede centrale della Congregazione.
Il 29 giugno 1867 Pio IX lo dichiarò santo.
S. Paolo della Croce è il Santo della Passione di Gesù Cristo. Il Crocifisso è stato il segreto della sua vita di mistico, di apostolo e l'idea ispiratrice della sua Congregazione.
Ai Passionisti, suoi figli, ha affidato il compito di prolungare nei secoli il suo spirito e il suo messaggio.
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2) Lettura: Lettera ai Romani 5,12.15.17-19.20-21
Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.
Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.
Ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia. Di modo che, come regnò il peccato nella morte, così regni anche la grazia mediante la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.
 
3) Commento su Lettera ai Romani 5,12.15.17-19.20-21
La prima lettura di oggi afferma il principio della solidarietà di tutti gli uomini, duplice solidarietà: nel male e nel bene
: "Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato... La grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini".
E un principio che abbiamo difficoltà ad ammettere, soprattutto nell'aspetto negativo: "Per colpa di uno solo si è riversata su tutti la condanna...". Sembra duro e ingiusto e siamo continuamente tentati di sottrarci a questa solidarietà. Non vogliamo essere confusi con i peccatori: possiamo pregare per loro e lo facciamo, ma come separandoci dalla loro condizione. Eppure, se non accettiamo questa solidarietà nel peccato e nella condanna, non riceveremo "l'abbondanza della grazia". Cristo l'ha accettata e si è presentato al Padre carico dei peccati di tutta l'umanità. È un mistero profondo, rivelazione di un amore che la mente umana non può neppure concepire.
La devozione al cuore di Gesù, introducendoci nel mistero della sua offerta solidale con i peccati del mondo affinché dove è abbondato il peccato, sovrabbondasse la grazia "con la giustizia per la vita eterna", ci incoraggia a vivere con lui questa solidarietà e ad offrire con amore le piccole o grandi sofferenze della nostra vita affinché si riversi su tutti gli uomini "la giustificazione che dà vita".
 
Ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia. (Rm 5, 20) - Come vivere questa Parola?
La lettera ai Romani che da qualche giorno ci accompagna, ci porta a meditare su aspetti fondamentali della nostra vita di cristiani. In questa parte dello scritto la dinamica peccato e grazia mette in risalto la miseria dell'umanità solidale con il primo Adamo e la sua salvezza grazie alla solidarietà con il secondo Adamo, Gesù Cristo. 
Miseria e salvezza possono essere la prospettiva di lettura di tutta la lettera. In questo capitolo l'accento è sull'efficacia della presenza solidale di Gesù Cristo. L'entrata nella storia di Gesù, la sua incarnazione permette alla grazia sovrabbondante, all'amore di Dio di riversarsi in ogni uomo e inverte il meccanismo perverso dettato dalla solidarietà nel male. Questo vincolo negativo faceva sì che ogni persona, sottoposta alla legge, vedeva ogni sforzo di bene indebolirsi negli effetti mortiferi del peccato di uno, di pochi. La grazia sovrabbondante, che in Gesù Cristo si riversa sull'umanità, trasforma la solidarietà nel male in solidarietà nel bene. Oggi, grazie a Gesù quello che ci trasmettiamo l'un l'altro non è più la miseria della condizione del primo Adamo, ma la giustificazione e santificazione in Cristo.
La salvezza ci ha riscattato dalla miseria, ci ha tolto dal meccanismo che sviliva la bellezza e la forza del nostro essere persone, creature di Dio autonome e responsabili della promessa affidataci.
Signore, rendici consapevoli del dono della tua grazia. Aiutaci a capire che essa non è magia, ma amore continuo, quotidianamente da incontrare e che se accolto, ricevuto consapevolmente si fa bene anche per chi non ti conosce.
Ecco la voce di un salmista Salmo 33,18-19: Gli occhi del Signore sono su quanti lo temono, su quanti sperano nella sua grazia, per salvare la loro vita dalla morte, per farli sopravvivere in tempo di fame.
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4) Lettura: Vangelo secondo Luca 12, 35 - 38
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».
 
5) Commento sul Vangelo secondo Luca 12, 35 - 38
Nessuno di noi sa quando il Signore verrà. Giorno e ora sono stati nascosti ai nostri occhi ed anche alla nostra intelligenza. Quando uno pensa che tutto è a posto, è allora che deve essere vigilante, perché la morte potrebbe giungere da un momento all'altro. Niente è più sicuro della morte. Questa però viene sempre senza preavviso. Viene, miete, raccoglie, porta con sé.
Gesù ci chiede di stare pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese. 
È verità. Dobbiamo lasciare questa terra. Dobbiamo abbandonare il nostro corpo. Ci dobbiamo distaccare da tutto ciò che appartiene al mondo visibile. Anche dagli affetti più cari dobbiamo separarci. Cosa significa allora prepararsi, essere pronti, stare con la lampada accesa? Vuol dire vivere sulla terra come se questa non ci appartenesse. Con la terra ci dobbiamo relazionare con sommo distacco. Essa non può essere per noi una trappola che ci afferra spirito ed anima e li tiene ancorati a sé.
Come si fa ad essere liberi da persone e cose? La via che ci rivela Gesù Signore è semplice: vivere solo e tutta la sua parola. Chi vive la sua parola mai si potrà attaccare alle cose o alle persone. La vita secondo la Parola è la vera palestra della libertà cristiana. Essa ci obbliga ogni giorno di uscire da noi stessi e ad entrare nel mondo di Dio, che è carità, fede, ascolto, obbedienza, misericordia, compassione verso tutti. Chi vive la Parola necessariamente fuggirà da ogni egoismo e si immergerà in una carità universale, che è fondamento indispensabile per acquisire la vera libertà cristiana. Tutto ciò richiede un esercizio quotidiano non indifferente, dal momento che ogni giorno siamo tentati a rintanarci nelle nostre piccole manie di peccato e di vizio.
 
"Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese." (Lc 12, 35) - Come vivere questa Parola?
La vigilanza è l'atteggiamento al centro di questa altra parabola del discorso di Gesù. Egli ha appena terminato la sua articolata osservazione sulla cupidigia e sull'incapacità di fidarsi e affidarsi alla provvidenza di Dio e passa a parlare della necessità di stare in guardia, di essere attenti a quello che accade e vivere sempre come se si fosse in procinto di partire. Gesù infatti dà un'interpretazione della vigilanza che la traduce non come forma di controllo per la sicurezza e difesa di quello che abbiamo e siamo. La vigilanza per Lui ha le vesti ai fianchi e le lampade accese: segni di preparazione ad un viaggio che potrebbe iniziare anche di notte, all'improvviso. La vigilanza di Gesù porta i segni di un'attenzione non tanto a quello che c'è già (da proteggere, tutelare, difendere), ma piuttosto a quello che non c'è ancora, che aspettiamo che arrivi, che vogliamo accogliere, perché è la nostra salvezza. È un atteggiamento escatologico, è espressione della speranza, si riveste di comportamenti incomprensibili, illogici e persino rischiosi per chi non ne capisce il senso.
È un invito ad andare contro alla tendenza a mettere radici e cuore là dove le condizioni di sicurezza e di benessere ci fanno sentire più tranquilli. È la traduzione per noi di quanto, qualche capitolo prima, l'evangelista Luca aveva detto di Gesù stesso: "Il Figlio dell'uomo non ha dove mettere il capo". La vigilanza si manifesta in precarietà e mancanza nella vita di chi vuole seguire Gesù.
Signore, se vogliamo seguirti, anche noi siamo chiamati ad essere vigilanti, cioè attenti ai segni della tua presenza, ma per accorgerci di te, dobbiamo mollare ogni sicurezza e vivere mancanza e precarietà come le dimensioni nelle quali ritrovare il senso della nostra esistenza.
Ecco la voce della liturgia (Lc 21, 36): "Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di comparire davanti al Figlio dell'uomo." 
 
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. (Lc 12,37) - Come vivere questa Parola?
Per spiegare ciò che significa essere cinti, Gesù racconta una piccola parabola. ‘Siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa.Il compito di aspettare l'arrivo del padrone esige una vigilanza costante e permanente, soprattutto di notte, poiché non si sa a che ora il padrone ritorna. Il servo deve essere attento, vigilante.
Di fronte a un compito non sempre facile, al centro della parabola c'è una promessa di inattesa felicità in cui i ruoli si invertono. Il padrone diventa servo e comincia a servire il servo che diventa padrone. Evoca Gesù nell'ultima cena, che pur essendo signore e maestro, si fece servo di tutti (Gv 13,4-17). La promessa di felicità viene ripetuta con parole che sanno di eccesso, che riflettono un'umanità sorprendente, la cura di un Dio misericordioso e umile. Il premio per chi sa attendere vigilante è lo stesso Signore e Maestro.
 
Ecco la voce di canto: Nella notte o Dio noi veglieremo
Con le lampade, vestiti a festa
Presto arriverai e sarà giorno.
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6) Per un confronto personale 
- La vita del cristiano è preparazione all'incontro con il Signore: preghiamo per questo obiettivo?
- Come ci impegniamo a preparare il mondo che ci circonda all'incontro con Dio Padre?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 39
Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.
 
Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo.
 
Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo».
 
Ho annunciato la tua giustizia 
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra, 
Signore, tu lo sai.
 
Esultino e gioiscano in te
quelli che ti cercano;
dicano sempre: «Il Signore è grande!»
quelli che amano la tua salvezza.