lunedì 27 settembre 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno"

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  • lunedì | 27 settembre 2021


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Lectio lunedì 27 settembre 2021


   Lunedì della Ventiseiesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
San Vincenzo de’ Paoli
 
Zaccaria 8, 1 - 8
Luca 9, 46 - 50
 
 
1) Orazione iniziale 
O Dio, che per il servizio dei poveri e la formazione dei tuoi ministri hai donato al tuo sacerdote san Vincenzo de’ Paoli lo spirito degli Apostoli, fa’ che, animati dallo stesso fervore, amiamo ciò che egli ha amato e mettiamo in pratica i suoi insegnamenti.
 
Vincenzo (Pony presso Dax, Francia, 1581 – Parigi, Francia, 27 settembre 1660), sacerdote, parroco si dedicò dapprima all’evangelizzazione delle popolazioni rurali, fu cappellano delle galere e apostolo della carità in mezzo ai poveri, i malati e i sofferenti. Alla sua scuola si formarono sacerdoti, religiosi e laici che furono gli animatori della Chiesa di Francia, e la sua voce si rese interprete dei diritti degli umili presso i potenti. Promosse una forma semplice e popolare di evangelizzazione. Fondò i Preti della Missione (Lazzaristi – 1625) e insieme a santa Luisa de Marillac, le Figlie della Carità (1633).
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2) Lettura: Zaccaria 8, 1 - 8
La parola del Signore degli eserciti fu rivolta in questi termini: «Così dice il Signore degli eserciti: Sono molto geloso di Sion, un grande ardore m’infiamma per lei. Così dice il Signore: Tornerò a Sion e dimorerò a Gerusalemme. Gerusalemme sarà chiamata “Città fedele” e il monte del Signore degli eserciti “Monte santo”. Così dice il Signore degli eserciti: Vecchi e vecchie siederanno ancora nelle piazze di Gerusalemme, ognuno con il bastone in mano per la loro longevità. Le piazze della città formicoleranno di fanciulli e di fanciulle, che giocheranno sulle sue piazze. Così dice il Signore degli eserciti: Se questo sembra impossibile agli occhi del resto di questo popolo in quei giorni, sarà forse impossibile anche ai miei occhi? Oracolo del Signore degli eserciti. Così dice il Signore degli eserciti: Ecco, io salvo il mio popolo dall’Oriente e dall’Occidente: li ricondurrò ad abitare a Gerusalemme; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio, nella fedeltà e nella giustizia.
 
3) Commento su Zaccaria 8, 1 - 8
 "Se questo sembra impossibile agli occhi del resto di questo popolo in quei giorni, sarà forse impossibile anche ai miei occhi?" (Zc 8, 6) - Come vivere questa Parola?
"In quei giorni": è una frase vaga, che non definisce scadenze e termini di tempo.
É la frase tipica dei profeti che non parlano mai con il calendario in mano né si preoccupano di rispondere alla nostra curiosità.
Ciò che conta, loro lo sanno, è che la parola che esce dalle loro labbra venga da Dio: questo basta, questa è la sicurezza. Sicurezza che nella lettura odierna assume il tono della gioia ritrovata: "Vecchi e vecchie siederanno ancora nelle piazze di Gerusalemme, ognuno con il bastone in mano per la loro longevità. Le piazze della città formicoleranno di fanciulli e di fanciulle, che giocheranno sulle sue piazze”. (Zc 8, 4-5)
Ma quando lo sguardo è pieno del dolore e della fatica degli uomini si può credere in una terra e in un tempo in cui gli anziani potranno sostare sicuri nelle piazze insieme a bambini che giocheranno spensierati? Si può sperare in una serenità così tangibile per tutte le generazioni, per i vecchi che si sentono ormai, a causa la loro debolezza, preda delle decisioni altrui e per i bambini che dipendono dalle mani così insicure degli adulti?
 
Alla nostra sfiducia Dio risponde opponendo i nostri occhi ai suoi: i nostri vedono "impossibile", i suoi vedono: "possibile".
E chi siamo noi per dire al Signore ciò che è possibile e ciò che non lo è?
Dio non ci chiede un sguardo ingenuo ma uno sguardo che sappia aprirsi al positivo e allo stupore.
Sapendo però che questo sguardo è frutto di un lungo lavorio in se stessi, di tanti atti di fede, di tanta preghiera e soprattutto di tanto, tanto lavoro, per servire questo desiderio di Dio.
Guarisci, Signore, il mio sguardo, liberami da quella mancanza di fede che mi convince che non tutto ti è possibile. Il mio limite più grande, mio Dio, è porre limiti a Te.
Ecco la voce di Papa Francesco: "La fede capisce che la parola, una realtà apparentemente effimera e passeggera, quando è pronunciata dal Dio fedele diventa quanto di più sicuro e di più incrollabile possa esistere, ciò che rende possibile la continuità del nostro cammino nel tempo"
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Luca 9, 46 - 50
In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande. Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande». 
Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Luca 9, 46 - 50
La vera grandezza a la vera appartenenza.
Gesù quando vuole rendere più incisivo il suo insegnamento, ricorre spesso a segni e parabole, con l'intento di smuovere gli ascoltatori a riflessioni più profonde e ad un confronto più efficace. Alla disputa dei suoi apostoli su chi di loro fosse il più grande, il Signore risponde con una efficacissima gestualità. Prende un fanciullo, se lo mette vicino e poi pronunzia il suo insegnamento: «Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Poiché chi è il più piccolo tra tutti voi, questi è grande». La grandezza Gesù l'identifica con la semplicità e l'innocenza di un bambino e con la capacità di accoglierlo. È davvero sconvolgente per noi, spesso affascinati da manìe di grandezza, sentirci dire che «il più piccolo» è davvero grande agli occhi di Dio. Dobbiamo allora concludere che per essere grandi, bisogna essere capaci di amare e di servire gli altri nella gratuità completa. Bisogna dotarsi della virtù dell'umiltà, che ci rende semplici come bambini. Nell'ultima cena Gesù offrì un luminoso esempio di grandezza ai suoi discepoli: si prostrò dinanzi a tutti per lavare loro i piedi, come fa lo schiavo con il suo padrone. Poi pronunciò la sua sentenza: «Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi». In altra occasione ci darà la misura più sublime dell'amore che è il dono della vita. L'umiltà del cuore e la semplicità dei bambini ci liberano anche da assurde gelosie, come quella che nutre Giovanni nei confronti di quell'anonimo, che scaccia i demoni nel nome di Cristo, senza appartenere alla schiera dei discepoli. Gesù conclude: «non glielo impedite, perché chi non è contro di voi è per voi». Probabilmente quell'esorcista aveva solo ascoltato e preso sul serio quanto Gesù aveva affermato: «Qualunque cosa chiederete nel mio nome, il Padre celeste ve lo concederà».
 
La persona di Gesù non monopolizza più l’attenzione delle folle ma ci viene presentato come colui che lentamente viene sottratto ai suoi per andare verso il Padre. Tale itinerario prevede l’andata a Gerusalemme. E mentre sta per intraprendere un tale viaggio Gesù svela loro il destino che lo attende (9,22). Poi si trasfigura davanti a loro come a indicare il punto di partenza del suo «esodo» verso Gerusalemme. Ma subito dopo la luce sperimentata nell’evento della trasfigurazione, Gesù riprende nuovamente ad annunciare la sua passione lasciando i discepoli nell’incertezza e nel turbamento. Le parole di Gesù sull’evento della sua passione, «il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini», incontrano nei discepoli incomprensione (9,45) e silenzioso timore (9,43).
Gesù prende un bambino. L’enigma della consegna di Gesù scatena una disputa tra i discepoli per decidere a chi spetterà il primo posto. Senza che venga richiesto il suo parere Gesù, che come Dio stesso legge nei cuori, interviene con un gesto simbolico. In un primo momento prende un bambino e lo pone accanto a sé. Tale gesto è indizio di elezione, privilegio che si estende al momento in cui si diventa cristiani (10,21-22). Perché il gesto non resti nella sua incertezza Gesù fa seguire una parola di spiegazione: non si pone l’enfasi sulla «grandezza» del bambino ma nella sua inclinazione all’«accoglienza». Il Signore considera «grande» chi come il bambino sa accogliere Dio e i suoi messaggeri. 
 
La salvezza presenta due aspetti: l’elezione da parte di Dio e che viene simboleggiata dal gesto di Gesù che accoglie il bambino: e l’accoglienza di colui che lo ha inviato, il Padre, di Gesù (il Figlio) e di ogni uomo. Il bambino incarna Gesù e tutti e due insieme, nella loro piccolezza e sofferenza realizzano la presenza di Dio (Bovon). Ma i due aspetti della salvezza sono indicativi anche della fede: nel dono dell’elezione emerge l’elemento passivo; nel servizio, quello attivo; due pilastri dell’esistenza cristiana. Accogliere Dio o Cristo nella fede ha come conseguenza l’accoglienza totale del piccolo da parte del credente o della comunità. L’«essere grandi» di cui discutevano i discepoli non è una realtà dell’al di là, ma riguarda il momento presente e si esprime nella diaconia del servizio. 
 
L’amore e la fede vissuta svolgono due funzioni: siamo accolti da Cristo (prendere il bambino); ma anche abbiamo il dono singolare di riceverlochi accoglie il bambino, accoglie lui, il Padre», v.48). Segue poi un breve dialogo tra Gesù e Giovanni (vv.49-50). Quest’ultimo discepolo è annoverato tra gli intimi di Gesù. L’esorcista che non appartiene alla cerchia degli intimi di Gesù è affidato lo stesso ruolo che viene dato ai discepoli. È un esorcista che da un lato, è esterno al gruppo, ma dall’altro, si trova all’interno perché ha compreso l’origine cristologica della forza divina che lo guida («nel tuo nome»). L’insegnamento di Gesù è chiaro: un gruppo cristiano non deve ostacolare l’attività missionaria di altri gruppi. Non ci sono cristiani più «grandi» degli altri, ma si è «grandi» nell’essere e diventare cristiani. E poi l’attività missionaria deve essere al servizio di Dio e non per accrescere la propria notorietà. È cruciale quell’inciso sulla potenza del nome di Gesù: è un’allusione alla libertà dello Spirito Santo, la cui presenza è certa all’interno della chiesa, ma può estendersi al di là dei ministeri istituiti o ufficiali.
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6) Per un confronto personale
• Tu, in quanto credente, battezzato, come vivi il successo e la sofferenza?
• Che tipo di «grandezza» vivi nel tuo servizio alla vita, alle persone? Sei capace di trasformare la concorrenza in cooperazione?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 101
Il Signore ha ricostruito Sion ed è apparso nel suo splendore.
 
Le genti temeranno il nome del Signore e tutti i re della terra la tua gloria,
quando il Signore avrà ricostruito Sion e sarà apparso in tutto il suo splendore.
Egli si volge alla preghiera dei derelitti, non disprezza la loro preghiera.
 
Questo si scriva per la generazione futura e un popolo, da lui creato, darà lode al Signore:
Il Signore si è affacciato dall’alto del suo santuario, dal cielo ha guardato la terra,
per ascoltare il sospiro del prigioniero, per liberare i condannati a morte.
 
I figli dei tuoi servi avranno una dimora, la loro stirpe vivrà sicura alla tua presenza,
perché si proclami in Sion il nome del Signore e la sua lode in Gerusalemme,
quando si raduneranno insieme i popoli e i regni per servire il Signore.