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- domenica | 12 settembre 2021
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Lectio domenica 12 settembre 2021
Domenica della Ventiquattresima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
Lettera di Giacomo 2, 14 - 18
Matteo 8, 27 - 35
1) Orazione iniziale
O Padre, conforto dei poveri e dei sofferenti, non abbandonarci: il tuo Spirito Santo ci aiuti a credere con il cuore, e a confessare con le opere che Gesù è il Cristo, per vivere secondo la sua parola e il suo esempio, certi di salvare la nostra vita solo quando avremo il coraggio di perderla.
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2) Lettura: Lettera di Giacomo 2, 14 - 18
A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta.
Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede».
3) Commento su Lettera di Giacomo 2, 14 - 18
Nella seconda lettura troviamo il brano di san Giacomo che ci fa fare il passo di coerenza tra fede e vita. La fede, se vissuta in modo teorico, è facile, ma quando tocca la vita essa ci sconvolge, poiché si trasforma nel comandamento dell'amore, sull'esempio di Gesù che ha donato la sua vita per noi, in obbedienza alla volontà del Padre, per la nostra salvezza.
Anche in famiglia l'amore e la fiducia sono alla base della relazione, ma se queste rimangono fini a se stesse non ci aiutano a cementare i nostri rapporti; occorre che ci siano anche le azioni, non basta dire "vogliamoci bene", occorre anche fare il necessario affinché questo possa avvenire.
Questa è senz'altro la pagina più famosa della lettera di Giacomo. Nel suo stile concreto egli ci ricorda che la fede è importante per ottenere la salvezza, ma non giova a nulla se non si traduce in gesti concreti di amore verso i fratelli, soprattutto verso coloro che vivono in condizioni di povertà.
Giacomo esorta i suoi interlocutori a riflettere sull'autenticità della loro fede. La fede è un atteggiamento interiore, che deve trovare espressione in qualche gesto, atteggiamento esterno. Una fede troppo intimistica non ha nessun senso. Il riferimento alla salvezza riporta qui al giudizio finale narrato in Matteo 25,31-46, dove sono ammessi al Regno proprio coloro che hanno praticato le opere di misericordia corporale (avevo fame e mi avete dato da mangiare...).
A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma, non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: "Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi", ma non date loro il necessario per il corpo, a che serve? (Gc 2,14-16) - Come vivere questa Parola?
Sembrerebbe quasi che le parole che Giacomo oggi ci offre in questa sua lettera siano in contraddizione con quanto Paolo afferma nella Lettera ai Romani.
Per Paolo è la fede a salvarci, ossia è il realizzare quello che Gesù, attraverso il suo annunzio e il suo operare, ci ha rivelato, ma con la forza che Egli ci dà. Non con la nostra sola forza, dunque, col nostro impegno. È Dio che ti prende sulle sue "ali d'aquila". È Dio che, in Cristo Gesù, Luce del mondo, può perfino ottenerti di realizzare quell'altra parola che egli disse ai discepoli: "Voi siete la luce del mondo".
Secondo Giacomo invece sono le opere che ci salvano. C'è contraddizione tra i due? No! Giacomo oggi fa una preziosa chiarificazione. Perché purtroppo è avvenuto, nell'arco dei secoli (e ancora avviene), che ci siano cristiani apparentemente fervidi nella loro pratica religiosa. Presenti ai riti di culto. Capaci anche di annunciare il vangelo, ma chiusi e avidi dei loro beni e dei loro comodi. Cristiani che si sentono a posto per le pratiche religiose che compiono!
Allora, com'è preziosa e attuale questa parola di Giacomo coniugata con l'altra di san Paolo: "In Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione (diciamo il ritualismo), ma la fede che opera, per mezzo della carità" (Gal 5,6).
L'amore operante è dunque il respiro, il soffio vitale della fede. Senza di esso la nostra fede è inutile. Qui ci fermiamo, oggi, nel nostro rientro al cuore. E preghiamo: Infondici il tuo amore, Spirito di Dio, perché siamo vivi e operanti nel nostro credere. Che il nostro celebrare sia anche servizio generoso e leale.
Ecco la voce di una mistica del secolo scorso Simone Weil: "Tu non m'interessi". È questa un'espressione che un uomo non può rivolgere a un altro uomo senza commettere una crudeltà e ferire la giustizia... Vi è in ogni uomo qualcosa di sacro.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 8, 27 - 35
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 8, 27 - 35
Abbiamo letto la risposta data da Pietro a Gesù, che chiedeva ai discepoli chi ritenevano che Egli fosse: “Tu sei il Cristo”. Questa parola giunge all’ottavo capitolo del vangelo di Marco, dopo che nei capitoli precedenti è tornata più volte la domanda circa l’identità di Gesù: “Chi è costui?”.
Pietro, dunque, dopo aver ascoltato la predicazione del Cristo e dopo aver visto i suoi prodigi, risponde riconoscendo in Gesù il Messia, il Salvatore. Pietro, illuminato dall’alto, riconobbe l’identità di Gesù, ma i fatti che avvennero subito dopo mostrano come egli travisasse il significato e lo stile del messianismo di Gesù. Il Signore, infatti, aggiunse subito che sarebbe stato perseguitato e ucciso e Pietro, presolo in disparte, lo rimproverava. È evidente come l’apostolo intendesse il messianismo di Gesù: gloria, vittoria, forse liberazione politica di Israele. Gesù lo bloccò duramente, ammonendolo di allontanarsi da Lui e di non tentarlo come aveva fatto Satana nel deserto. Gesù poi si mise a insegnare ai discepoli e alla folla le condizioni per seguirlo: rinnegare se stessi, prendere la propria croce ed andare dietro di Lui. La via che si prospettava per Gesù era quella della sconfitta, di rifiuto da parte d’Israele, a partire dai capi del popolo, di sofferenza e di morte obbrobriosa. Il Signore invitava i discepoli a seguirlo su questa via umanamente scandalosa.
Cosa dice a noi oggi questa pagina di Vangelo?
Anzitutto provoca a domandarci: “Chi sei Gesù per noi?”, “Chi sei Gesù per me?”. La risposta potrebbe sembrare scontata, ma proviamo ad interrogarci su quale sia la nostra immagine di Cristo: è il vincitore, Colui che sbaraglia gli avversari? È il Signore che dona una vita piena di successi e soddisfazioni? Sappiamo che Gesù non è così: la Sua vittoria, la risurrezione, passa necessariamente attraverso la morte, e così è per chi lo vuole seguire. Allora possiamo domandarci: “Sono disposto anche a perdere tutto per Gesù?”, “È Egli il sommo bene per me?”.
Riconoscere in Gesù il Cristo significa accettare la croce non come vergogna, bensì come via per amare il Signore come hanno fatto e fanno i santi di tutti i tempi; è una scelta impegnativa questa, ma fonte di gioia e di salvezza: mettiamoci con umiltà dietro a Cristo!
Chi dice la gente che io sia?
Un giorno lo stesso Gesù chiederà ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che io sia?». Egli era quindi ben consapevole che voci e giudizi diversi venivano formulati sulla sua persona. Cristo però non smetterà mai di proclamare la verità circa la sua origine divina. Oggi la proclama, dopo la lettura del brano profetico di Isaia, affermando che quella scrittura, proprio a Lui si riferisce e in Lui trova il pieno adempimento. Egli è l'inviato del Padre, il liberatore dell'uomo, colui che possiede la pienezza dello Spirito e che porta un annuncio di salvezza inaugurando il tempo della redenzione. Conferma la sua affermazione solenne con miracoli e segni, ma nonostante ciò continuano le contestazioni e le visioni miopistiche sulla sua persona e sulla sua dottrina. Vittime di questi limiti e di queste trame sono i soliti scribi e farisei e tutti coloro che in essi in modi diversi si identificano. Formano la schiera di coloro che presumono di guardare Cristo con la sola fioca luce della ragione e fanno tacere, soffocandola, il dono della fede. È impossibile ridurre alle mere categorie umane le cose di Dio: Egli trascende i limiti della nostra migliore intelligenza e se non ci fossero la fede e la rivelazione, resteremmo al buio completo. Gesù visto con gli occhi della carne è il figlio di Maria e di Giuseppe, visto con i bagliori dello Spirito e con l'umiltà della fede è invece il Figlio di Dio, che ha assunto la nostra natura umana nel seno verginale di Maria. È triste costatare che anche quando Gesù cerca di illuminare e scuotere i suoi nemici riceve come risposta la loro indignazione e le loro minacce. Quanto accadeva ai tempi del Signore accade spesso anche oggi: dal buio della fede sgorgano le violenze e le persecuzioni perché la luce divina ha il potere di rendere visibili le cattiverie degli uomini ed essi non gradiscono che vengano svelate. Viene così da pensare che certe dichiarazioni di ateismo sgorghino spesso da un precedente disordine morale ed abbiano la loro radice dall'offuscamento del peccato. Per questo un cantore di Dio, un salmista, afferma: «Nella tua luce, Signore, vediamo la luce». Ed è per la stessa ragione che Gesù stesso si proclamerà Luce del mondo aggiungendo che chi lo segue avrà la luce della vita. La fede è un fuoco che arde solo se alimentato dalla preghiera e dalle buone opere altrimenti inevitabilmente si spegne.
La domanda che ci interroga nel profondo: voi chi dite che io sia?
Gesù interroga i suoi, quasi in un sondaggio d'opinione: La gente chi dice che io sia? E l'opinione della gente è bella e incompleta: Dicono che sei un profeta, uno dei più grandi!
Ma Gesù non è semplicemente un profeta del passato che ritorna, fosse pure il più grande di tutti. Bisogna cercare ancora: Ma voi, chi dite che io sia?
Non chiede una definizione astratta, ma il coinvolgimento personale di ciascuno: "ma voi...". Come dicesse: non voglio cose per sentito dire, ma una esperienza di vita: che cosa ti è successo, quando mi hai incontrato?
E qui ognuno è chiamato a dare la sua risposta. Ognuno dovrebbe chiudere tutti i libri e i catechismi, e aprire la vita.
Gesù insegnava con le domande, con esse educava alla fede, fin dalle sue prime parole: che cosa cercate? (Gv 1,38). Le domande, parole così umane, che aprono sentieri e non chiudono in recinti, parole di bambini, forse le nostre prime parole, sono la bocca assetata e affamata attraverso cui le nostre vite esprimono desideri, respirano, mangiano, baciano.
Ma voi chi dite che io sia? Gesù stimolava la mente delle persone per spingerle a camminare dentro di sé e a trasformare la loro vita. Era un maestro dell'esistenza, e voleva che i suoi fossero pensatori e poeti della vita.
Pietro risponde: Tu sei il Cristo. E qui c'è il punto di svolta del racconto: ordinò loro di non parlare di lui ad alcuno. Perché ancora non hanno visto la cosa decisiva. Infatti: cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Volete sapere davvero qualcosa di me e di voi? Vi do un appuntamento: un uomo in croce. Prima ancora, l'appuntamento di Cristo sarà un altro: uno che si china a lavare i piedi ai suoi.
Adesso capiamo chi è Gesù: è bacio a chi lo tradisce; non spezza nessuno, spezza se stesso; non versa il sangue di nessuno, versa il proprio sangue.
Tu, cosa dici di me? Faccio anch'io la mia professione di fede, con le parole più belle che ho: tu sei stato l'affare migliore della mia vita. Sei per me quello che la primavera è per i fiori, quello che il vento è per l'aquilone. Sei venuto e hai fatto risplendere la vita.
Impossibile amarti e non tentare di assomigliarti, in te mutato / come seme in fiore. (G. Centore).
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
- Con quali opere si manifesta la mia fede?
- Ho a cuore i problemi dei poveri, soprattutto quelli della mia comunità?
- Ci sono delle opere troppo impegnative che nella mia vita hanno avuto il sopravvento sulla preghiera e sull'ascolto della Parola di Dio?
- Gesù "ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno". La fede non va solamente proclamata, ma vissuta anche quando comporta difficoltà e fatiche. Quale proporzione c'è tra le nostre parole di fede e la nostra testimonianza di vita?
- Che senso ha oggi non parlare di Gesù prima dell'esperienza personale: oggi manca coerenza in un mondo fatto di comandamenti, comunicazioni... come entrare nel mondo della coerenza silenziosa?
- Cosa vuol dire concretamente per noi e per la nostra famiglia/Comunità "camminare alla presenza del Signore"? Cosa vuol dire pensare alla maniera del Signore e non a quella dell'uomo?
7) Preghiera: Salmo 114
Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.
Amo il Signore, perché ascolta il grido della mia preghiera.
Verso di me ha teso l’orecchio nel giorno in cui lo invocavo.
Mi stringevano funi di morte, ero preso nei lacci degli inferi,
ero preso da tristezza e angoscia.
Allora ho invocato il nome del Signore:
«Ti prego, liberami, Signore».
Pietoso e giusto è il Signore, il nostro Dio è misericordioso.
Il Signore protegge i piccoli: ero misero ed egli mi ha salvato.
Sì, hai liberato la mia vita dalla morte,
i miei occhi dalle lacrime, i miei piedi dalla caduta.
Io camminerò alla presenza del Signore
nella terra dei viventi.
8) Orazione Finale
Signore, tu che hai sofferto per la nostra salvezza, vieni in nostro aiuto quando siamo nel dolore e ci sentiamo abbandonati, rafforza la nostra fede e rinvigorisci la nostra speranza.