venerdì 3 settembre 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno"

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  • venerdì | 3 settembre 2021


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Lectio venerdì 3 settembre 2021

 
 
Venerdì della Ventiduesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
San Gregorio Magno
 
Lettera ai Colossesi 1, 15 - 20
Luca 5, 33 - 39
 
 
1) Preghiera 
O Dio, che guidi il tuo popolo con la soavità e la forza del tuo amore, per intercessione del papa san Gregorio Magno dona il tuo Spirito di sapienza a coloro che hai posto maestri e guide nella Chiesa, perché il progresso dei fedeli sia gioia eterna dei pastori.
 
Gregorio (Roma 540 – 12 marzo 604), già prefetto di Roma, divenne monaco e abate del monastero di sant’Andrea sul Celio. Eletto papa, ricevette l’ordinazione episcopale il 3 settembre 590. Nonostante la malferma salute, esplicò una multiforme e intensa attività nel governo della Chiesa, nella sollecitudine caritativa, nella tutela delle popolazioni angariate dai barbari, nell’azione missionaria. Autore e legislatore nel campo della liturgia e del canto sacro, elaborò un Sacramentario che porta il suo nome e costituisce il nucleo fondamentale del Messale Romano. Lasciò scritti di carattere pastorale, morale, omiletica e spirituale, che formarono intere generazioni cristiane specialmente nel Medio Evo.
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2) Lettura: Lettera ai Colossesi 1, 15 - 20
Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.
 
3) Riflessione su Lettera ai Colossesi 1, 15 - 20
 San Paolo esprime la gloria divina di Cristo sotto un duplice aspetto. Afferma prima la sua preesistenza e la sua superiorità su tutta la creazione, comprese le creature la cui grandezza affascinava allora le menti, cioè gli esseri celesti, chiamati con nomi impressionanti: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Poi, nella seconda parte, proclama il primato di Cristo nell'ordine della redenzione e della riconciliazione: Cristo, il primo risuscitato, Cristo capo del corpo, cioè della Chiesa. Le espressioni sono molto forti, nella prima come nella seconda parte: "Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui". Cristo sta all'inizio e sta alla fine di tutto. "Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui", non hanno consistenza al di fuori di lui. E qui Paolo precisa che anche i Troni, le Dominazioni, i Principati, le Potestà sono stati creati per mezzo di lui, quindi gli sono sottomessi. il fascino che esercitava il pensiero di questi esseri non doveva indurre i cristiani a errori: Cristo è il solo Signore.
Meditiamolo dunque con grande gioia nel cuore.
 
 «Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti». (Col 1, 16) - Come vivere questa Parola?
I re non vanno molto di moda nel nostro mondo occidentale, anche se ne esistono ancora, magari un po' espropriati dei segni tradizionali di regalità e di sacralità.
Anche al tempo di Gesù, tutto sommato, l'essere re non aveva rappresentazioni granché nobili e ammirevoli: pensiamo ad Erode il grande, quello della strage degli innocenti o ad Antipa, quello della decapitazione di Giovanni battista. Figure meschine, autoreferenziali, legati al potere e ai privilegi, personaggi non liberi, costruiti su un modello faticoso da sostenere e giustificare.
Il modello di regalità che Gesù propone è altrettanto faticoso da sostenere, ma più che giustificabile. Il suo modo di essere re è secondo giustizia, verità e misericordia; egli si fa servo, e guida dal basso il suo popolo, facendosi carico dei problemi, dei limiti di tutti. È come un padre, un fratello, è il pastore della sua gente, ma anche il servo sofferente, il goel, colui che riscatta ed espia per l'altro. È il prossimo più prossimo e, come dice la lettera ai Colossesi qui citata, è il principio, il primogenito. Con la sua massima prossimità ci avvicina e ci riporta nell'intimità con il Padre. 
E qui emerge un altro aspetto della sua regalità, non tanto legato alle sue funzioni, al suo agire in qualità di re. Questo altro aspetto è dato dalla relazione che si stabilisce tra lui e noi, non dalle cose che ci può ottenere e dare. Egli è il principio anche qui: è il primo, la relazione prioritaria che dà senso alla nostra vita. "Gesù prima di tutto", "Gesù al centro". Lo diciamo in tanti modi, ma fatichiamo a capire cosa significhi e come ciò si renda evidente nella nostra vita.
Signore, aiutaci oggi a non rendere vuota la centralità di Cristo nella nostra vita. Aiutaci a non tradirla con interpretazioni bigotte e sentimentali. Cristo capo, Cristo principio ci aiuti a ordinare le nostre relazioni, i valori che fondano le nostre scelte e a vivere con libertà e responsabilità.
Ecco la voce di una donna credente Suzanne Giuseppi Testut: La vera domanda è la seguente: voglio o no fare di Cristo il maestro della mia vita? Il "sì" è alla nostra portata perché lo Spirito agisce in ogni uomo e donna. Non importa quale sia la nostra storia.
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4) Lettura: Vangelo secondo Luca 5, 33 - 39
In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!». 
Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno». 
Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Luca 5, 33 - 39
 I discepoli di Gesù.
Ancora una volta il comportamento di Gesù fa scandalo. I suoi discepoli non si comportano come i discepoli di Giovanni Battista e i discepoli dei farisei e non vivono le loro stesse mortificazioni. Gesù risponde a questo che sembra essere un rimprovero diretto non tanto a suoi discepoli ma allo stesso Gesù, nel quale non si riconosce una vera guida illuminata. La risposta di Gesù allora si pone proprio sul piano della comprensione della sua persona. L'incomprensione sul comportamento dei discepoli, in realtà nasconde l'incomprensione sulla figura di Gesù. Egli usa l'immagine dello sposo per indicare l'attesa per la seconda venuta sua venuta, quando nella gloria egli ricapitolerà in sé tutto l'universo. L'immagine del vestito nuovo e del vino nuovo sono simboli della venuta di Cristo, che offre in abbondanza i suoi doni nella novità dell'annuncio del suo Regno. Gesù parla anche di uno sposo "strappato" ai suoi discepoli per annunziare il suo mistero pasquale di Morte e Risurrezione. In queste immagini, Gesù parla di se stesso e della sua missione e richiama anche le esigenze del nuovo discepolato da Lui stesso inaugurato. Il vino nuovo ha bisogno di nuovi otri indica la necessità, per noi di una vera conversione del cuore perché possiamo godere fruttuosamente degli abbondanti e prelibati doni messianici. Non possiamo accontentarci di una vita spesa nell'indifferenza e riducendo al minimo indispensabile il nostro incontro con il Signore, tanto per poterci chiamare dei bravi cristiani! L'amore dello Sposo per la sposa è così totalizzante che richiede una risposta d'amore completa. È uno Sposo di misericordia ma anche esigente, che chiede la fedeltà assoluta. È questa l'esortazione per noi: scoprire questo amore infinito dello Sposo che chiede la nostra corrispondenza nella sincerità del cuore.
 
 Nel vangelo di oggi vediamo da vicino un conflitto tra Gesù e le autorità religiose dell’epoca, scribi e farisei (Lc 5,3). Questa volta, il conflitto è attorno alla pratica del digiuno. Luca racconta diversi conflitti attorno alle pratiche religiose dell’epoca: il perdono dei peccati (Lc 5,21-25), mangiare con i peccatori (Lc 5,29-32), il digiuno (Lc 5,33-36), e due conflitti sull’osservanza del sabato (Lc 6,1-5 e Lc 6,6-11).
 
 Luca 5,33: Gesù non insiste nella pratica del digiuno. Qui il conflitto ha a che vedere con la pratica del digiuno. Il digiuno è un’usanza molto antica, praticata da quasi tutte le religioni. Gesù stesso la segue durante quaranta giorni (Mt 4,2). Ma non insiste con i discepoli per fare lo stesso. Li lascia liberi. Per questo, i discepoli di Giovanni Battista e dei farisei, che erano obbligati a digiunare, vogliono sapere per quale motivo Gesù non insiste nel digiuno.
 
 Luca 5,34-35: Quando lo sposo è con loro non hanno bisogno di digiunare. Gesù risponde con un paragone. Quando lo sposo è con gli amici dello sposo, cioè, durante la festa delle nozze, loro non devono digiunare. Gesù si considera lo sposo. Durante il tempo in cui, Gesù, è con i discepoli, è la festa delle nozze. Un giorno, poi, lo sposo non sarà più lì. Ed allora, se vogliono, possono digiunare. Gesù allude alla sua morte. Lui sa e si rende conto che se vuole continuare lungo questo cammino di libertà, le autorità lo uccideranno.
Nell’Antico Testamento, varie volte, Dio stesso si presenta come lo sposo della gente (Is 49,15; 54,5.8; 62,4-5; Os 2,16-25). Nel Nuovo Testamento, Gesù è considerato lo sposo del suo popolo (Ef 5,25). L’Apocalisse parla della celebrazione delle nozze dall’Agnello con la sua sposa, la Gerusalemme celeste (Ap 19,7-8; 21,2.9).
 
 Luca 5,36-39: Vino nuovo in otre nuovo! Queste parole pronunciate sulla toppa nuova su un vestito vecchio e sul vino nuovo nell’otri vecchi devono essere capite come una luce che getta chiarezza sui diversi conflitti, narrati da Luca, prima e dopo la discussione attorno al digiuno. Chiariscono l’atteggiamento di Gesù rispetto a tutti i conflitti con le autorità religiose. Al giorno d’oggi sarebbero conflitti quali: il matrimonio tra persone divorziate, l’amicizia con prostitute ed omosessuali, fare la comunione senza essere sposati in chiesa, non andare a messa la domenica, non digiunare il venerdì santo, ecc.
 
 Non si mette la toppa nuova su un vestito vecchio. Perché quando si lava la toppa nuova si restringe e strappa ancora di più il vestito vecchio. Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi, perché il vino nuovo per la fermentazione fa scoppiare l’otre vecchio. Vino nuovo in otre nuovo! La religione diffusa dalle autorità religiose era come un vestito vecchio, come un otre vecchio. Non bisogna voler combinare la novità portata da Gesù con vecchie usanze. O l’uno, o l’altro! Il vino nuovo che Gesù porta fa scoppiare l’otre vecchio. È necessario saper separare le due cose. Molto probabilmente, Luca riporta queste parole di Gesù per orientare le comunità degli anni 80. C’era un gruppo di giudei cristiani che volevano ridurre la novità di Gesù al giudaismo di prima. Gesù non è contro ciò che è “antico”. Ma non vuole che l’antico si imponga sul nuovo, impedendogli di manifestarsi. Sarebbe come se la chiesa cattolica riducesse il messaggio del Concilio Vaticano II alla chiesa prima del concilio, come oggi molte persone sembrano voler fare.
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6) Per un confronto personale
• Quali sono i conflitti attorno alle pratiche religiose che oggi recano sofferenza alle persone e sono motivo di molta discussione e polemica? Qual’è l’immagine di Dio soggiacente a tutti questi preconcetti, norme e proibizioni?
• Come capire oggi la frase di Gesù: “Non mettere toppa nuova su un vestito vecchio”? Qual’è il messaggio che puoi estrarre da questo per la tua vita e per la vita della tua comunità?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 99
Presentatevi al Signore con esultanza.
 
Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza
 
Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo. 
 
Varcate le sue porte con inni di grazie,
i suoi atri con canti di lode,
lodatelo, benedite il suo nome. 
 
Buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione.