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- venerdì | 27 agosto 2021
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Lectio venerdì 27 agosto 2021
Venerdì della Ventunesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
Santa Monica
1 Lettera ai Tessalonicesi 4, 1 - 8
Matteo 25, 1 - 13
1) Preghiera
O Dio, consolatore degli afflitti, che hai esaudito le pie lacrime di santa Monica con la conversione del figlio Agostino, per la loro comune preghiera donaci una viva contrizione dei nostri peccati, perché gustiamo la dolcezza del tuo perdono.
Monica (Tagaste, attuale Song-Ahras, Algeria, c. 331 – Ostia, Roma, 387) con l’assidua fiduciosa preghiera e le sue lacrime di implorazione ottenne la trasformazione spirituale del figlio Agostino. Nel libro delle «Confessioni» è delineata la sua figura di madre cristiana e di contemplativa, attenta ai bisogni degli umili e dei poveri. Il colloquio fra Monica e Agostino ci apre la profondità del suo spirito tutto proteso verso la patria del cielo.
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2) Lettura: 1 Lettera ai Tessalonicesi 4, 1 - 8
Fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate –, possiate progredire ancora di più. Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù. Questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impurità, che ciascuno di voi sappia trattare il proprio corpo con santità e rispetto, senza lasciarsi dominare dalla passione, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno in questo campo offenda o inganni il proprio fratello, perché il Signore punisce tutte queste cose, come vi abbiamo già detto e ribadito.
Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste cose non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo santo Spirito.
3) Riflessione su 1 Lettera ai Tessalonicesi 4, 1 - 8
“Sapete che vi ho dato delle prescrizioni.” Ecco, queste prescrizioni non sono delle imposizioni; e qual è la prescrizione fondamentale?
La prima prescrizione è che la volontà di Dio è che noi siamo santi. Santo è l’attributo di Dio esclusivo, che non ha analogia con nessuno, perché Dio è santo perché? Perché è lui solo, è la sua prerogativa che non ha analogie con nessuno. Noi siamo chiamati a diventare come lui, senza analogie con nessuno, cioè unici come lui. E la prerogativa di Dio è che è santo, cioè diverso - santità vuol dire diversità, cioè tagliato fuori, alterità -, siamo chiamati a vivere in modo altro, come vive Dio, appunto cercando di piacere a lui. Ciò che piace a lui: è questa l’alterità.
È interessante questo, perché l’uomo desidera diventare come Dio, Adamo voleva diventare come Dio, non è un peccato, è giusto diventare come Dio, solo che Dio è altro rispetto a quello che pensava Adamo e a quello che pensiamo noi. Allora il principio della morale è piacere a Dio che è “altro”, cioè santo; Matteo dice “perfetto”, siate perfetti come il Padre vostro, e Luca spiega cos’è questa perfezione: è la misericordia. Dio è altro perché è misericordia, perché è amore senza residuati di egoismo ed è questa la santità: questo amore senza egoismo. Codice fondamentale di Israele è siate santi perché io sono santo, e allora questa santità si spiega in infinite leggi minute del codice del Levitico, che significa distinguere tutte le cose, se no diventa impuro mischiare insieme perché una cosa deve essere altra dall’altra che, tra l’altro, è il principio della conoscenza, cioè confondere una cosa con l’altra è pericoloso: vengono fuori ibridi di tutti i tipi.
Però il vero problema della santità è riconoscere l’alterità e accettare che l’altro è altro; accettare l’altro come altro si chiama misericordia, si chiama amore, mentre l’egoismo assimila l’altro a sé e lo uccide, lo distrugge, lo possiede, lo appiattisce. L’amore, che è l’alterità di Dio, difatti Dio vive di alterità: Padre e Figlio sono altro e questa alterità è il luogo della loro unione, cioè dell’amore, dello
Spirito, della vita unica. Così per noi la santità è proprio il vivere l’alterità come luogo di unione e comunione e amore.
Ogni alterità, cominciando dall’alterità che è il mio corpo, dall’alterità che sono le cose, dall’alterità che sono le persone. Cioè l’abolire l’alterità è abolire Dio, è abolire la santità e distruggere sé stessi, che siamo a immagine di Dio. Quindi la santificazione non è fare cose strane, sempre più perfette, ma è questo saper vivere le altre cose come altre, con amore, tutte le cose.
Dio non vi ha chiamati per l’impurità, ma per la santificazione, cioè ci ha chiamati a essere come lui. E chi disprezza queste cose non disprezza un uomo, ma disprezza quel Dio che vi ha dato il suo Spirito Santo. Qui adesso introduce un tema - che è il tema dello Spirito Santo che è in noi – e il principio del nostro comportamento, della nostra morale, è lo stesso Spirito Santo. Lo Spirito Santo è l’amore che c’è tra il Padre e il Figlio, con il quale ci sentiamo amati anche noi e diventiamo figli, e con il quale amiamo gli altri ed è questo il principio nuovo della morale. Tu disprezzi lo Spirito Santo, tu sei tempio dello Spirito, ma vivi contro di lui, vivi contro lo Spirito; quindi ciò che non vivi nell’amore è una tua autodistruzione, lo vivi fuori dallo Spirito - Spirito vuol dire vita -, lo vivi nella morte.
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4) Lettura: Vangelo secondo Matteo 25, 1 - 13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 25, 1 - 13
Ecco lo Sposo, andategli incontro.
Alcuni elementi della nota parabola di oggi ci offrono spunti interessanti di riflessione. Il tema dominante rimane ancora quello della vigilanza nell'attesa dello sposo che viene. Viene ribadito che non ci è dato di conoscere il momento e l'ora della sua venuta. Non possiamo perciò abbandonarci al sonno e ancor meno restare al buio perché privi di olio per alimentare le lampade. Vengono definite con chiarezza stolte o sagge le due categorie di vergini, tutte chiamate ad accogliere con puntualità e con il dovuto onore lo sposo in arrivo nel cuore della notte. Tutte e dieci hanno la lampada, tutte hanno avuto, come noi, il dono della fede. Tutte sono in attesa dello sposo e al grido che annuncia il suo arrivo tutte si destano per andargli incontro e illuminare il suo cammino verso la casa della sposa. Tutte sono consapevoli che la loro attesa non sarà priva di un premio adeguato: c'è per loro un invito ed una partecipazione al banchetto nuziale. La differenza è data da un particolare che però risulterà di fondamentale importanza: l'avere o non con sé l'olio per alimentare le lampade. San Giacomo così ammoniva i suoi fedeli: "Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo?". E a conclusione del suo discorso affermava categoricamente: "La fede senza le opere è morta". È appunto come una lampada senz'olio. Le conseguenze del ritardo e del mancato appuntamento con lo sposo sono davvero tragiche: solo le vergini che erano pronte entrano nel banchetto nuziale, le altre si sentono dire: "In verità vi dico: non vi conosco". Sono escluse dalla festa, restano fuori perché la porta per loro era già chiusa. Dobbiamo riflettere sui nostri ritardi e sulle nostre sprovvedutezze, potrebbero significare per noi l'esclusione dalla festa finale che attendiamo da tutta la vita.
Il vangelo di oggi narra la parabola delle dieci vergini che dovevano dare il benvenuto allo sposo, quando fosse giunto per le nozze.
Matteo 25,1ª: L’ inizio: “In quel tempo”. La parabola inizia con queste due parole: “In quel tempo”. Si tratta della venuta del Figlio dell’Uomo (cf Mt 24,37). Nessuno sa quando verrà questo giorno, questo tempo, “nemmeno gli angeli del cielo, né il figlio stesso, ma solamente il Padre” (Mt 24, 36). Non ci riusciranno gli indovini a fare calcoli. Il Figlio dell’Uomo verrà di sorpresa, quando la gente meno se lo aspetta (Mt 24,44). Può essere oggi, può essere domani, per questo l’avviso finale della parabola delle dieci vergini è: “Vigilate!” Le dieci fanciulle devono essere preparate per qualsiasi eventualità. Quando la polizia nazista bussò alla porta del monastero delle Suore Carmelitane di Echt nella provincia di Limburgia, nei Paesi Bassi, Edith Stein, suor Teresa Benedetta della Croce, era preparata. Assunse la Croce e prese il cammino del martirio nel campo di sterminio per amore verso Dio ed il suo popolo. Era una delle vergini prudenti della parabola.
Matteo 25,1b-4: Le dieci vergini disposte per aspettare lo sposo. La parabola inizia così: “Il Regno del Cielo è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo”. Si tratta di fanciulle che dovevano accompagnare lo sposo per la festa delle nozze. Per questo, dovevano portare con sé le lampade, sia per illuminare il cammino, sia per rendere più luminosa la festa. Cinque di loro erano prudenti e cinque erano stolte. Questa differenza appare nel modo in cui si preparano alla funzione che dovranno svolgere. Insieme alle lampade accese, le prudenti avevano portato con sé l’olio di riserva, preparandosi per qualsiasi eventualità. Le stolte portarono solo le lampade e non pensarono a portare con sé un poco di olio di riserva.
Matteo 25,5-7: Il ritardo imprevisto dell’arrivo dello sposo. Lo sposo ritarda. Non aveva precisato l’ora dell’arrivo. Nell’attesa, le fanciulle sono prese dal sonno. Ma le lampade continuano a consumare olio e si spengono poco a poco. Improvvisamente, nel mezzo della notte, si alza un grido: “Ecco lo sposo. Andategli incontro”. Tutte si svegliano, e cominciano a preparare le lampade che stavano già per spegnersi. Dovevano mettere olio di riserva per evitare che le lampade si spegnessero.
Matteo 25,8-9: Le diverse reazioni dinanzi al ritardo dello sposo. Solo ora le stolte si rendono conto che avrebbero dovuto portare con loro olio di riserva. Andarono a chiederlo alle prudenti: “Datemi un poco di olio per noi, perché le nostre lampade si stanno spegnendo”. Le prudenti non potettero rispondere a questa loro richiesta, perché in quel momento l’importante non era che le prudenti condividessero il loro olio con le stolte, ma che loro stessero pronte ad accompagnare lo sposo fino al luogo della festa. Per questo consigliarono: Andate piuttosto dai venditori e compratevene.
Matteo 25,10-12: Il destino delle fanciulle prudenti e di quelle senza giudizio. Le stolte seguiranno il consiglio delle prudenti e vanno a comprare l’olio. Durante questa loro breve assenza arriva lo sposo e le prudenti possono accompagnarlo ed entrare con lui alla festa delle nozze. Ma la porta si chiude dietro di loro. Quando giungono le altre, busseranno alla porta e diranno: “Signore, Signore, apri la porta per noi!” e riceveranno la risposta: “In verità vi dico: io non vi conosco.”
Matteo 25,13: La raccomandazione finale di Gesù per tutti noi. La storia di questa parabola è molto semplice e la lezione è evidente: “Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”. Morale della storia: non siate superficiali, guardate oltre il momento presente, cercate di scoprire la chiamata di Dio fin nelle minime cose della vita, perfino nell’olio che può mancare nel lumicino.
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6) Per un confronto personale
• Ti è successo qualche volta nella vita di pensare all’olio di riserva della tua lampada?
• Riusciamo a trattare il nostro corpo con rispetto, con equilibrio?
7) Preghiera finale: Salmo 96
Gioite, giusti, nel Signore.
Il Signore regna: esulti la terra,
gioiscano le isole tutte.
Nubi e tenebre lo avvolgono,
giustizia e diritto sostengono il suo trono.
I monti fondono come cera davanti al Signore,
davanti al Signore di tutta la terra.
Annunciano i cieli la sua giustizia,
e tutti i popoli vedono la sua gloria.
Odiate il male, voi che amate il Signore:
egli custodisce la vita dei suoi fedeli,
li libererà dalle mani dei malvagi.
Una luce è spuntata per il giusto,
una gioia per i retti di cuore.
Gioite, giusti, nel Signore,
della sua santità celebrate il ricordo.