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- mercoledì | 25 agosto 2021
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Lectio mercoledì 25 agosto 2021
Mercoledì della Ventunesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
1 Lettera ai Tessalonicesi 2, 1 - 8
Matteo 23, 23 - 26
1) Preghiera
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia.
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2) Lettura: 1 Lettera ai Tessalonicesi 2, 1 - 8
Voi stessi, fratelli, sapete bene che la nostra venuta in mezzo a voi non è stata inutile. Ma, dopo avere sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come sapete, abbiamo trovato nel nostro Dio il coraggio di annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. E il nostro invito alla fede non nasce da menzogna, né da disoneste intenzioni e neppure da inganno; ma, come Dio ci ha trovato degni di affidarci il Vangelo così noi lo annunciamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori. Mai infatti abbiamo usato parole di adulazione, come sapete, né abbiamo avuto intenzioni di cupidigia: Dio ne è testimone. E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo.
Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari.
3) Commento su 1 Lettera ai Tessalonicesi 2, 1 - 8
Il ministero apostolico di san Paolo non ha seguito un percorso tranquillo, senza ostacoli, anzi tutto il contrario. L'Apostolo ha dovuto in continuazione affrontare situazioni difficili, di persecuzione, spesso drammatiche. Lo ricorda e lo troviamo nella lettura di oggi quando scrive ai Tessalonicesi: "Dopo aver prima sofferto e subito oltraggi a Filippi, come ben sapete, abbiamo avuto nel nostro Dio il coraggio di annunziarvi il Vangelo di Dio in mezzo a molte lotte". A Filippi san Luca lo racconta negli Atti degli apostoli Paolo e i suoi compagni erano stati arrestati, battuti, incarcerati e liberati grazie a un intervento provvidenziale, un terremoto, mentre nella notte Paolo e Sila cantavano inni, ringraziando Dio in questa situazione di persecuzione e di sofferenza.
Chi ha sofferto e subito oltraggi normalmente è scoraggiato, non ha più l'audacia di continuare nella stessa attività pubblica. San Paolo invece dice: "Abbiamo avuto il coraggio di annunziarvi il Vangelo di Dio". Non ha smesso di predicare; arrivato a Tessalonica, subito si è messo di nuovo ad annunciare il Vangelo. Però notiamo che Paolo scrive: "Abbiamo avuto nel nostro Dio il coraggio di annunziarvi il Vangelo". Riconosce che questo atteggiamento umanamente sorprendente è stato un dono di Dio. Paolo è consapevole della propria debolezza, è consapevole di ricevere sempre la forza del Signore. E dal Signore riceve anche la sua integrità morale. In questo brano infatti troviamo due affermazioni: Paolo fa osservare la propria integrità perfetta nel ministero e il suo amore generoso per i Tessalonicesì.
L'integrità perfetta è frutto di una operazione divina che san Paolo chiama "qualificare": "Dio ci ha qualificati per affidare a noi il Vangelo"; non "ci ha trovati degni", come viene tradotto nel lezionario, ma "ci ha resi degni" di affidarci il Vangelo. Dio prova prima di affidare un ministero, prova la persona e per mezzo della prova la migliora, la rende capace di adempiere la missione che egli le affida.
Qualificato da Dio, Paolo è preoccupato di rimanere nelle stesse disposizioni che Dio gli ha dato: "Come Dio ci ha resi degni di affidarci il Vangelo, così lo predichiamo", senza pronunciare parole di adulazione, senza pènsieri di cupidigia, con perfetta purezza di intenzioni, con una assenza completa di manovre ambigue: sarebbe indegno del Vangelo.
E d'altra parte Paolo si impegna generosamente, con tutta la sua affettività nel ministero. Non si atteggia a funzionario di Dio, cioè non scompone la sua vita in due settori, uno in cui è funzionario, ministro di Dio, l'altro in cui vive gli affetti personali, le relazioni personali: Paolo si impegna completamente nel suo ministero e la sua affettività non è per niente ostacolata, ma piuttosto sviluppata dallo slancio del suo zelo apostolico. Scrive ai Tessalonicesi: "Potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo, invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre nutre e ha cura delle proprie creature".
L'affettività di Paolo non è soltanto una affettività maschile, ma anche un'affettività materna. Anche nella lettera ai Galati la esprime con parole commoventi, scrivendo che soffre le doglie del parto, finché essi siano di nuovo generati, partoriti in Cristo. "Così affezionati a voi dice ai Tessalonicesi avremmo desiderato darvi non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari". L'affetto materno è un affetto oblativo quando è autentico, un affetto generoso. E san Paolo lo prova. Non vuol soltanto predicare, dare questo dono di Dio, ma vuole associare al dono di Dio un dono personale, che andrebbe volentieri fino al dono della propria vita.
L'Apostolo ci mostra quindi una via di progresso continuo nella santità e nella carità.
La vocazione cristiana è unire sempre santità e carità. L'integrità personale, la perfetta purezza d'intenzione, l'assenza completa di manovre ambigue segnano questa aspirazione alla santità e, d'altra parte, l'impegno generoso di tutta l'affettività rivela che la santità non restringe il cuore, ma lo apre e gli permette di dare tutto per testimoniare la carità di Cristo.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 23, 23 - 26
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello! Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 23, 23 - 26
La giustizia, la misericordia e la fedeltà.
L'insegnamento di Gesù è sempre rivolto all'uomo completo e lo riguarda nella sua interezza, come figlio dell'uomo, nella nascita naturale e come figlio di Dio, nella rinascita battesimale. Nel brano di oggi, Gesù si scaglia contro l'ipocrisia nel seguire solo esteriormente la legge di Dio. È una legge, anche se può variare in alcune manifestazioni esterne, è una legge eterna e che riguarda anche noi. Gesù si rivolge anche a noi stessi ed è, comunque e sempre, interessato alla nostra adesione piena, totale e convinta, nel rispetto della nostra stessa umanità. La legge Dio, scritta nei nostri cuori, è una legge d'amore che deve essere vissuta nella sincerità e nella verità e diventa così impegno concreto per nostra vita. La coerenza del nostro agire rispetto alla legge dell'amore significa una vita cristianamente e pienamente vissuta. La giustizia è alla base di ogni comportamento umano e significa dare a tutti quello che è giusto nel riconoscere nell'altro il volto di Gesù che chiede aiuto. La giustizia non è l'applicazione meccanica di una legge ma si rivolge al cuore di ognuno interpellando le coscienze nel nome di Cristo. La stessa "legge del taglione", dell'"occhio per occhio e dente per dente", contiene un nucleo di giustizia sociale che però Gesù stesso scardina in base alla misericordia di Dio. Nessun conflitto umano, per quanto retto da principi giusti, potrà mai terminare se non vi è la capacità del perdono reciproco. Solo così si può veramente vivere cristianamente. La fedeltà a questa legge significa l'aderenza totale all'amore che Cristo ci dona e che rende la nostra vita pienamente realizzata. A noi quindi trovare la possibilità di vivere, nel nostro quotidiano la legge di Cristo come realizzazione di un piano di salvezza che passa attraverso il rispetto ed il perdono.
Il vangelo di oggi riporta altri due ‘Guai a voi…’ di cui Gesù parla contro i capi religiosi del suo tempo. I due ‘Guai a voi…’ di oggi denunciano la mancanza di coerenza tra parola ed atteggiamento, tra esterno ed interno. Continuiamo oggi la nostra riflessione iniziata ieri.
Matteo 23,23-24: Il quinto Guai a voi…! contro coloro che insistono nell’osservanza e dimenticano la misericordia: “Che pagate la decima della menta, dell’aneto e del cumino, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà”. Questo quinto Guai a voi! di Gesù è contro i capi religiosi di quell’epoca, può essere ripetuto contro molti religiosi dei secoli successivi, fino ad oggi. Molte volte, in nome di Gesù, insistiamo su i dettagli e dimentichiamo la misericordia. Per esempio, il giansenismo ridusse ad arido il vissuto della fede, insistendo in osservanze e penitenze che deviarono la gente dal cammino dell’amore. La suora carmelitana Teresa di Lisieux crebbe nell’ambiente giansenista che marcava la Francia della fine del XIX secolo. A partire da una dolorosa esperienza personale, seppe recuperare la gratuità dell’amore di Dio, forza che deve animare dal di dentro l’osservanza delle norme. Poiché, senza l’esperienza dell’amore, le osservanze fanno di Dio un idolo.
Matteo 23,25-26: Il sesto ‘Guai a voi…’ contro coloro che puliscono le cose fuori e sono sporchi dentro: “che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto mentre all’interno sono pieni di rapina e d’intemperanza”. Nel Discorso della Montagna, Gesù critica coloro che osservano alla lettera la legge e trasgrediscono lo spirito della legge. Lui dice: "Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Avete inteso che fu detto: non commettere adulterio, ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt 5,21-22.27-28). Non basta osservare alla lettera la legge. Non basta non uccidere, non rubare, non commettere adulterio, non giurare, per essere fedeli a ciò che Dio ci chiede. Osserva pienamente la legge di Dio solo colui che, oltre alla lettera, va fino alla radice e strappa da dentro di sé “i desideri di rapina e intemperanza” che possono condurre all’assassinio, alla rapina, all’adulterio. La pienezza della legge si realizza nella pratica dell’amore.
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6) Per un confronto personale
• Sono due espressioni di ‘Guai a voi…’, due motivi per ricevere una critica da parte di Gesù. Quale dei due si applica a me?
• Osservanza e gratuità: quali delle due si applica in me?
7) Preghiera finale: Salmo 138
Signore, tu mi scruti e mi conosci.
Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,
osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie.
La mia parola non è ancora sulla lingua
ed ecco, Signore, già la conosci tutta.
Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
Meravigliosa per me la tua conoscenza,
troppo alta, per me inaccessibile.