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- domenica | 22 agosto 2021
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Lectio domenica 22 agosto 2021
Domenica della Ventunesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
Beata Maria Vergine Regina
Lettera agli Efesini 5, 21 - 32
Giovanni 6, 60 - 69
1) Orazione iniziale
O Padre, che ci hai dato come nostra madre e regina la Vergine Maria, dalla quale nacque il Cristo, tuo Figlio, per sua intercessione donaci la gloria promessa ai tuoi figli nel regno dei cieli.
La cristianità primitiva ha visto nel bambino portatore di speranza Gesù di Nazaret. Avendo Maria dato alla luce la speranza fatta carne, è onorata come Regina del cielo.
Gesù non fu un guerriero né un eroe. Però, insegnò la sapienza. Si dedicò al popolo. Proclamò una pace che il mondo non può dare. Non fu il tipo di re che il popolo si era immaginato, ma trasformò le tenebre in luce.
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2) Lettura: Lettera agli Efesini 5, 21 - 32
Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo.
Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!
3) Commento su Lettera agli Efesini 5, 21 - 32
L'apostolo Paolo nella seconda lettura parlando agli Efesini paragona l'amore degli sposi all'amore che Cristo ha per la sua Chiesa ed è proprio attraverso questo amore che può realizzarsi l'amore umano.
Esorta i fratelli a essere sottomessi gli uni agli altri, le mogli siano sottomesse ai mariti e questi amino le proprie mogli ‘come amano il proprio corpo, perché nessuno odia il proprio corpo anzi lo nutre e lo cura come Cristo ama e cura la sua Chiesa. Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una cosa sola.’
Il termine ‘sottomesso’ non va inteso come lo intendiamo noi, ma piuttosto riguarda la cultura di allora: enorme è l'abisso fra l'amore dei mariti nei confronti delle mogli e l'amore che Cristo ha avuto e ha anche oggi per la sua Chiesa, che non potranno mai essere simili.
Siamo noi che dobbiamo deciderci ad amare la Chiesa, santa ed immacolata, quella che Cristo ci ha lasciato tornando al Padre e quindi perfetta, ma la Chiesa è formata da uomini, quindi a volte è imperfetta e debole nei suoi rappresentanti. Proprio per queste deficienze della chiesa umana dobbiamo amarla e seguire gli insegnamenti che ci dà, insegnamenti che possono sembrarci difficili e incomprensibili.
La Chiesa ci offre e ci porta senz'altro la presenza di Dio, ma spesso ce lo fa solo intravvedere come avvolto in definizioni per noi irreali; la chiesa infatti è fatta di peccatori, gli uomini, ma bella e santa perché voluta dal Cristo.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Giovanni 6, 60 - 69
In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
5) Riflessione sul Vangelo secondo Giovanni 6, 60 - 69
Oggi ci viene proposta nel vangelo l’ultima parte del discorso di Gesù a Cafarnao. Il brano inizia con una affermazione sconvolgente: molti dei discepoli di Gesù gli dissero che il suo linguaggio era duro e incomprensibile. Gesù li prese di petto: “Questo vi scandalizza?” Egli disse poi che credere in Lui era opera dello Spirito Santo, e anche un dono del Padre che attirava le persone al Figlio. Gesù sapeva chi era che non credeva in Lui e chi l’avrebbe tradito e non ammorbidì il suo discorso. Egli chiedeva di credere e non riteneva di dover dare altri segni:
Enoch ed Elia nell’Antico Testamento era stati assunti in Cielo, ma Gesù non ritenne di dare segni prodigiosi come quelli: Egli domandava ai discepoli di credere, di lasciarsi guidare dallo Spirito e non dalla “carne”. A questo suo discorso molti se ne andarono e cessarono di seguirlo. A questo punto Gesù interpellò direttamente i Dodici, quelli che Egli stesso aveva scelto tra i suoi discepoli perché stessero con Lui e per inviarli a predicare. Egli voleva una presa di posizione chiara da parte dei Dodici. Come altre volte fu Pietro a prendere la parola e a rispondere: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”. Da questa risposta emerge come anche i Dodici non avessero capito molto del discorso di Gesù: essi però lo conoscevano, lo avevano ascoltato, avevano visto molti segni e credevano in Lui; Pietro interpretando i loro sentimenti espresse la loro fede e il loro legame con Gesù nonostante l’incomprensione del discorso.
Quanto Gesù annunciava non era certo facilmente accettabile allora e non lo è nemmeno oggi: non si fondava sulla ragione ma esigeva ed esige la fede per essere accettato, una fede “sulla parola” del Maestro e del Signore. Il linguaggio di Gesù è spesso duro, chiede di fare delle scelte, di uscire dalla massa… Anche noi possiamo essere tentati di cercare la strada più comoda, di dire che la Chiesa chiede troppo, ecc… Facciamo nostra allora l’espressione di Pietro, riaffermiamo con l’apostolo la nostra fede in Gesù, perché Egli ha parole di vita eterna: questa fede è un gettarsi nelle braccia del Signore in forza non della comprensione piena delle Sue parole, ma piuttosto del legame che c’è con Lui, delle tante esperienze di salvezza vissute insieme e delle Sue parole che nessun altro ha: parole di vita eterna!! Serve fiducia, serve coraggio: chiediamoli come doni allo Spirito per restare decisamente con Gesù.
Signore, e dove andremo?
Chi mangia la mia carne, beve il mio sangue, dice il Signore, dimora in me ed io in lui. Proseguiamo oggi con il discorso di Giovanni, sono alcune domeniche, ormai, che Giovanni ci accompagna, è il cosiddetto discorso eucaristico del vangelo di Giovanni. E oggi Gesù giunge al cuore della sua catechesi, sul pane di vita, giunge al massimo e fa una grande rivelazione: chi hafede in lui, in Gesù, come inviato dal Padre, come messia, non solo crederà in lui, non solo professerà la fede in lui, ma si nutrirà di lui, mangerà il suo corpo, berrà il suo sangue. E nell'antichità più o meno lontana, ci sono stati dei personaggi che insegnarono che Gesù pensava solo in termini simbolici, che non si trattava del vero suo corpo ma solo del pane che simboleggiava il corpo... del vino che "non è" suo sangue ma che "significa" suo sangue... Tutte queste teorie sono state sempre condannate perché Gesù parla molto chiaramente, usa i verbi "mangiare", "bere", gli stessi che venivano usati per mangiare, bere un pranzo o una cena. E i discepoli, sentendolo parlare così, sentendo che dovranno mangiare il corpo del Maestro, bere il sangue di Gesù, sono rimasti perplessi, e non solo loro ... Si sono quasi scandalizzati. Dicono: «come lui può darci il suo corpo (la sua carne) da mangiare? Probabilmente anche noi ci saremmo scandalizzati, se non avessimo l'esperienza di Cristo risorto, con il suo vero corpo, risorto. Ecco, ciò che il Signore vuole dirci oggi è quel suo antico ma mai spento desiderio, abitare in mezzo agli uomini che egli ama, di farsi, diventare, egli stesso cibo, non come la manna del deserto, il cibo per il cammino verso la pienezza della vita, che uomo può trovare solo in lui. Già nella prima lettura, dal Libro dei Proverbi leggiamo dei preparativi. La sapienza che costruisce la casa, che imbandisce la tavola, che invita i commensali: «venite e mangiate il mio pane, venite e bevete il mio vino». Ciò che leggiamo qualche secolo prima di Gesù viene applicato a proprio a lui, a Cristo. È lui la sapienza eterna del Padre... Ma potremo chiederci: chi sono gli invitati? chi sono i commensali della sapienza? Per essere invitato, per essere idoneo a ricevere il suo invito alla festa, sono indispensabili, sono necessarie alcune condizioni: la consapevolezza di non possedere la sapienza... di non avere il discernimento..., di non avere l'intelligenza per percorrere la via della vita con le proprie forze... Il cuore dell'uomo deve essere aperto a Dio, al desiderio di Dio e non presuntuoso di sapere tutto e di saper fare tutto da solo. Solo colui che sente dentro di sé la fame di Dio, il desiderio di Dio, può essere invitato, può essere sfamato da lui. Domandiamoci: quante volte abbiamo cercato di costruire sulla nostra sapienza, come sono finite queste prove, questi tentativi? Che cosa abbiamo costruito? La Scrittura dice: «se il Signore non costruisce la casa invano vi faticano i costruttori» ... E Gesù ci ripete ancora: «chi mangia la mia carne, chi beve il mio sangue, dimora il me e in lui. Colui che mangia di me, vivrà per me...»
Domandiamo al Signore, perché la nostra vita testimoni sempre la verità di queste parole, che noi viviamo per lui, a causa di lui, e che insieme a tutti i cristiani sappiamo ricevere Gesù. E non solo nel pane eucaristico, ma riceverlo anche nel malato, nel bisognoso, nel povero, nel sofferente...
Gesù è maestro di libertà, non di imposizioni.
Il Vangelo riporta la cronaca di un insuccesso di Gesù, e proprio nella sua terra, tra i suoi, non tra i farisei o i funzionari della vecchia religione. Succede a Cafarnao, teatro di tanti miracoli e insegnamenti: molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.
E motivano l'abbandono: questa parola è dura. Chi può ascoltarla? Dura non perché indichi un'altra parete vertiginosa da scalare (sul tipo: amate i vostri nemici), ma perché ti chiama a pensare in grande, a volare alto, a capovolgere l'immagine di Dio: un Dio che si fa lieve come un'ala o una parola, piccolo come un pezzo di pane, che ama l'umiltà del pane, e il suo silenzio e il suo scomparire... Un Dio capovolto.
La svolta del racconto avviene attorno alla domanda: forse volete andarvene anche voi? Gesù non suggerisce risposte, non impartisce ordini o lezioni: ‘ecco cosa devi oppure non devi fare’, ma ti porta a guardarti dentro, a cercare la verità del cuore: che cosa vuoi veramente? Qual è il desiderio che ti muove? Sono le domande del cuore, le sole che guariscono davvero. Appello alla libertà ultima di ogni discepolo: siete liberi, andate o restate; io non costringo nessuno; ora però è il momento di decidersi.
Meravigliosa la risposta di Pietro, che contiene l'essenza gioiosa della mia fede: Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna.
Attorno a te ricomincia la vita, tu tocchi il cuore e lo fai ripartire, con la delicatezza potente della tua parola. Che è povera cosa, un soffio, una vibrazione nell'aria, una goccia d'inchiostro, che puoi ascoltare o rifiutare, fare tua o relegare nel repertorio delle follie. Tu hai parole: qualcosa che non schiaccia e non si impone, ma si propone e ti lascia libero. Gesù è maestro di libertà. E se l'accogli spalanca sepolcri, accende il cuore, insegna respiri, apre strade e carezze e incendi. Mette in moto la vita.
Parole che danno vita ad ogni parte di me. Danno vita al cuore, allargano, dilatano, purificano il cuore, ne sciolgono la durezza. Danno vita alla mente, perché la mente vive di verità altrimenti si ammala, vive di libertà altrimenti patisce. Danno vita allo spirito, perché custodiscono il nostro cromosoma divino. Danno più vita anche al corpo, agli occhi, alle mani, all'andare e al venire. Al dono e all'abbraccio.
Parole di vita eterna, che è la vita dell'Eterno, che ora è qui a creare con noi cose che meritano di non morire.
Volete andarvene anche voi? Io no, io non me ne vado, Signore. Io non ti lascio, io scelgo te.
Come Pietro, pronuncio anch'io la mia dichiarazione di amore: io voglio te, voglio vivere, e tu solo hai parole che fanno viva, finalmente, la vita.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
- Gesù ci dice di essere il ‘pane disceso dal cielo’; per noi questo pane che cosa è?
- La comunione che Dio Padre ci ha dato come dono ci rende capaci di percorrere il cammino, anche se cosparso di difficoltà, per arrivare alla meta finale?
- Il popolo di Israele ha scelto di ‘servire’ il Signore riconoscente per tutto quello che avevano ricevuto da Lui: noi siamo riconoscenti a Dio per la vita che ogni giorno ci dà?
- Siamo capaci di ‘servire’ come ci indica Cristo?
- S. Paolo ci dice di essere ‘sottomessi gli uni agli altri’: siamo sicuri, nelle nostre relazioni umane, di non prevaricare mai sugli altri?
- Gesù ci invita a mangiare il suo corpo per entrare in relazione con il Padre attraverso di lui: crediamo veramente che questo Gesù è colui che il Padre ha mandato per la nostra salvezza? Abbiamo ancora dei dubbi?
- Eucaristia significa ringraziamento: sappiamo dire grazie al Signore per aver voluto condividere la sua vita con la nostra?
7) Preghiera: Salmo 33
Gustate e vedete com’è buono il Signore.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore: i poveri ascoltino e si rallegrino.
Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.
Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Molti sono i mali del giusto, ma da tutti lo libera il Signore.
Custodisce tutte le sue ossa: neppure uno sarà spezzato.
Il male fa morire il malvagio e chi odia il giusto sarà condannato.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.
8) Orazione Finale
O Padre, salva il tuo popolo che pone in te la sua fiducia, e abbi pietà di noi, quando la nostra debolezza esita di fronte ai tuoi inviti e ai tuoi comandi.