venerdì 20 agosto 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno"

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  • venerdì | 20 agosto 2021

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Lectio venerdì 20 agosto 2021

 
Venerdì della Ventesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
San Bernardo
 
Libro di Rut 1, 1.3-6. 14-16. 22
Matteo 22, 34 - 40
 
 
1) Preghiera 
O Dio, che hai suscitato nella tua Chiesa san Bernardo abate, come lampada che arde e risplende, fa’ che per sua intercessione camminiamo sempre con lo stesso fervore di spirito, come figli della luce.
 
Bernardo (Digione, Francia, 1090 – Chiaravalle-Clairvaux 20 agosto 1153), dopo Roberto, Alberico e Stefano, fu padre dell’Ordine Cistercense. L’obbedienza e il bene della Chiesa lo spinsero spesso a lasciare la quiete monastica per dedicarsi alle più gravi questioni politico-religiose del suo tempo. Maestro di guida spirituale ed educatore di generazioni di santi, lascia nei suoi sermoni di commento alla Bibbia e alla liturgia un eccezionale documento di teologia monastica tendente, più che alla scienza, all’esperienza del mistero. Ispirò un devoto affetto all’umanità di Cristo e alla Vergine Madre.
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2) Lettura: Libro di Rut 1, 1.3-6. 14-16. 22
Al tempo dei giudici, ci fu nel paese una carestia e un uomo, [chiamato Elimèlec,] con la moglie Noemi e i suoi due figli emigrò da Betlemme di Giuda nei campi di Moab. 
Poi Elimèlec, marito di Noemi, morì ed essa rimase con i suoi due figli. Questi sposarono donne moabite: una si chiamava Orpa e l’altra Rut. Abitarono in quel luogo per dieci anni. Poi morirono anche Maclon e Chilion, [figli di Noemi,] e la donna rimase senza i suoi due figli e senza il marito.
Allora intraprese il cammino di ritorno dai campi di Moab con le sue nuore, perché nei campi di Moab aveva sentito dire che il Signore aveva visitato il suo popolo, dandogli pane. 
Orpa si accomiatò con un bacio da sua suocera, Rut invece non si staccò da lei. Noemi le disse: «Ecco, tua cognata è tornata dalla sua gente e dal suo dio; torna indietro anche tu, come tua cognata». Ma Rut replicò: «Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro senza di te, perché dove andrai tu, andrò anch’io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio». Così dunque tornò Noemi con Rut, la moabita, sua nuora, venuta dai campi di Moab. Esse arrivarono a Betlemme quando si cominciava a mietere l’orzo.
 
3) Riflessione su Libro di Rut 1, 1.3-6. 14-16. 22
 La carestia presenta due volti diversi. Nei nostri paesi opulenti, si chiama recessione economica e non implica quasi mai una vera e propria lotta per la sopravvivenza. Nei paesi in via di sviluppo, invece, il suo nome proprio è fame, sete e malattia. E come al tempo di Rut, le cause sono disuguaglianze e guerre, e dunque dipendono da noi, sono colpa nostra. Talvolta causa può essere anche l’inclemenza del clima, che però, purché lo si voglia davvero, si potrebbe fronteggiare almeno in parte con decisi e puntuali investimenti tecnologici.
 
 Vv. 8-14: le difficoltà del viaggio e la scelta di fronte ad esso
a) Noemi non nasconde alle nuore la durezza del viaggio e, in particolare, la preoccupazione per il loro futuro: sono vedove ed è praticamente impossibile trovare un marito in terra straniera. Se al contrario ritornano a Moab, potranno rifarsi una famiglia sposando un uomo della loro razza e religione.
b) Di fronte alla volontà di restare con lei, Noemi prende in considerazione tutte le ipotesi possibili, dimostrando che sono tutte irrealizzabili, perché non portano da nessuna parte. In breve, umanamente “non c’è più niente da fare”.
c) “La mano del Signore è stesa contro di me” (v. 13). Noemi dice quel che pensa, con sincerità spietata.
Però non si scaglia contro Dio: semplicemente descrive, constata. Soprattutto non perde la speranza: se il Signore le è contro, lei, facendo memoria delle promesse divine agli antenati e delle meraviglie da lui compiute, non molla, non demorde, continua a camminare con la certezza di fede che Dio cambierà parere come ha fatto spesso (cfr., ad esempio, Es 32,14; Ger 26,13).
d) Tutto ciò permette a Noemi di implorare l’aiuto del Signore non solo per sé stessa, ma pure per le nuore, sebbene queste appartengano a un’altra razza e professino una fede diversa. Chiede per loro aiuto, protezione e marito. Dio non è forse il Signore di tutti, senza discriminazione alcuna?
e) Mentre Orpa torna al suo paese, Rut rimane. Si noti che nel testo non v’è traccia di disapprovazione della scelta di Orpa. Tuttavia, da questo momento in poi, Orpa non sarà più ricordata nel prosieguo del racconto: scompare e basta.
 
 Vv. 15-18: l’immane potenza dell’amore
a) C’è un ultimo tentativo di dissuadere Rut da parte di Noemi: segui l’esempio di tua cognata!
b) Niente da fare: Rut non cede. La sua scelta è radicale e totalitaria: d’ora in poi ella si considera parte integrante del popolo d’Israele e fedele adoratrice del Dio di Noemi. Il che è assolutamente eccezionale.
c) Vale la pena di analizzare in profondità la decisione di Rut. La sua è una scelta del tutto libera, che appare tale con ogni evidenza dopo la decisione contraria della cognata. Inoltre quella di Rut è una determinazione motivata dall’amore per la suocera. Non ci sono altri interessi o secondi fini, perché voler far parte di un popolo destinato all’estinzione non reca alcun vantaggio. Manca qualsiasi prospettiva di benessere egoistico.
L’amore di Rut verso Noemi ha del prodigioso, tanto da far pensare a un amore coniugale più che a un amore tra nuora e suocera. I vv. 16-17 costituiscono la pointe dell’intero capitolo e forse dell’intero libro, nel senso che configurano il primo passo incomparabilmente decisivo.
d) Preso atto della determinazione di Rut, Noemi smette d’insistere. Suocera e nuora “faranno causa comune in tutto e per tutto: infaticabili, lotteranno insieme per andare avanti, e ci riusciranno, anche se in maniera del tutto inaspettata” (Vilchez Lindez, 60).
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4) Lettura: Vangelo secondo Matteo 22, 34 - 40
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 22, 34 - 40
 Il comandamento dell'amore.
Le interrogazioni degli scribi e dei farisei mirano sempre a "mettere alla prova" il Signore. Si ritenevano arbitri infallibili e insindacabili nei loro giudizi e nelle loro interpretazioni della legge e di conseguenza, ritenevano di poter giudicare lo stesso Cristo. Non si arrendono neanche dinanzi all'evidenza e persistono ostinatamente nelle loro trame. La gente semplice ed umile invece accoglie le parole di Cristo e gli riconosce una speciale "autorità", che mancava invece ai falsi dottori della legge, ma proprio questo ulteriormente li ingelosisce. Le loro interrogazioni, comunque, a prescindere dalle loro perverse intenzioni, ci offrono l'occasione propizia di ascoltare le sapienti ed illuminanti risposte del Cristo. Oggi Egli ci informa sul primo e più importante di tutti i comandamenti, quello che tutta la legge contiene e sublìma: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Dio va messo al primo posto, va amato con la migliore intensità possibile; nulla, assolutamente nulla dobbiamo anteporre a quell'amore. E ciò perché Dio è Amore e vuole inabitare in noi e solo amandoLo gli consentiamo di essere e agire in noi santificandoci con la sua grazia. In virtù di questo amore, che ci rende figli e fratelli in Cristo, diventiamo capaci di amare anche il nostro prossimo come noi stessi. Diventiamo capaci soprattutto di superare la schiavitù della legge e conseguire la vera libertà dei figli di Dio. Così formiamo un solo corpo, "Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati ad un solo Spirito". Non dobbiamo però mai dimenticare che noi amiamo con l'amore che Dio stesso ci dona e di conseguenza non possiamo attingere da noi stessi, è Lui la fonte, da Lui dobbiamo attenderci nell'intensità della preghiera, la capacità e la forza di amarlo e di amare il nostro prossimo e noi stessi nel modo giusto. Sappiamo bene infatti quante deviazioni accadono in nome dell'amore quando questo sgorga soltanto dal cuore inquinato dell'uomo...
 
 Gesù si trova a Gerusalemme e precisamente nel Tempio dove è in corso un processo tra lui e i suoi avversari, sommi sacerdoti e scribi (20,18; 21,15), tra i sommi sacerdoti e anziani del popolo (21,23) e tra i sommi sacerdoti e i farisei (21,45). Il punto di controversia del dibattito è: l’identità di Gesù o del figlio di Davide, l’origine della sua identità, e quindi la questione circa la natura del regno di Dio. L’evangelista presenta questo intreccio di dibattiti con una sequenza di controversie che presentano un ritmo in crescendo: il tributo da pagare a Cesare (22,15-22), la risurrezione dei morti (22,23-33), il comandamento più grande (22,34-40), il messia, figlio e Signore di Davide (22,41-46). I protagonisti delle prime tre discussioni sono esponenti del giudaismo ufficiale che tentano di mettere in difficoltà Gesù su questioni cruciali. Queste dispute sono indirizzate a Gesù in quanto «Maestro» (rabbì), questo titolo dice al lettore la comprensione che gli interlocutori hanno di Gesù. Ma Gesù coglie l’occasione per condurli a porsi una domanda più cruciale: l’ultima presa di posizione circa la sua identità (22,41-46).
 
 Sulla scia dei sadducei che li hanno preceduti di nuovo i farisei pongono una questione a Gesù tra le più scottanti: il comandamento più grande. Premesso che i rabbini sempre evidenziavano la molteplicità delle prescrizioni (248 comandamenti) viene posta la domanda a Gesù su quale sia il precetto fondamentale. Tuttavia gli stessi rabbini avevano creato una vera casistica per ridurli il più possibile.: Davide ne elenca undici (Sal 15,2-5), Isaia sei (Is 33,15), Miche tre (Mi 6,8), Amos due (Am 5,4) e Abacuc solo uno (Ab 2,4). Ma nell0intenzione dei farisei la questione va oltre la pura casistica, si tratta dell’essenza stessa delle prescrizioni. Gesù nel rispondere lega insieme l’amore di Dio e l’amore del prossimo, tanto da unirli in uno solo, pur senza rinunciare a dare la priorità al primo, cui subordina in modo stretto il secondo. Anzi tutte le prescrizioni della legge, ammontavano a 613, vengono messi in rapporto con quest’unico comandamento: l’intera legge trova significato e fondamento in quello dell’amore. 
 
 Gesù opera un processo di semplificazione di tutti i precetti della legge: colui che mette in pratica il solo comandamento dell’amore non solo è in sintonia con la legge, ma anche con i profeti (v.40). Tuttavia la novità della risposta sta non tanto nel contenuto materiale quanto nella sua realizzazione: in Gesù, l’amore di Dio e per il prossimo trovano il suo contesto proprio, la sua ultima solidità. Vale a dire che l’amore per Dio e per il prossimo, mostrato e realizzato in qualche modo nella sua persona, orienta l’uomo a porsi davanti a Dio e agli altri mediante l’amore. L’unico comandamento in due, l’amore per Dio e per il prossimo, diventano le colonne portanti, non solo delle Scritture, ma anche della vita del cristiano.
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6) Per un confronto personale
- L’amore per Dio e per il prossimo è per te solo un vago sentimento, un’emozione, un moto passeggero o una realtà che afferra tutta la tua persona: cuore, volontà, intelligenza e tratto umano?
- Tu sei stato creato per amare. Sei consapevole che la tua realizzazione avviene nell’amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente? Tale amore richiede un riscontro di carità per i fratelli e le loro situazioni esistenziali. Lo vivi nella pratica quotidiana?
 

7) Preghiera finale: Salmo 145
Loda il Signore, anima mia.
 
Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe:
la sua speranza è nel Signore suo Dio,
che ha fatto il cielo e la terra,
il mare e quanto contiene. 
 
Egli rimane fedele per sempre, 
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri. 
 
Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri. 
 
Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.