mercoledì 4 agosto 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno"

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  • mercoledì | 4 agosto 2021

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Lectio mercoledì 4 agosto 2021

 
Mercoledì della Diciottesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
San Giovanni Maria Vianney

 
Libro dei Numeri 13,1-3.25 - 14,1.26-30.34-35
Matteo 15, 21 - 28  
 
 
1) Preghiera 
Dio onnipotente e misericordioso, che in san Giovanni Maria Vianney ci hai offerto un mirabile pastore, pienamente consacrato al servizio del tuo popolo, per la sua intercessione e il suo esempio fa’ che dedichiamo la nostra vita per guadagnare a Cristo i fratelli e godere insieme con loro la gioia senza fine.
 
Giovanni (Lione, Francia, 1786 – Ars 4 agosto 1859), «curato» di Ars per un quarantennio, attirò moltitudini di persone di ogni estrazione sociale con le sue catechesi e con il ministero della riconciliazione. Uomo di austera penitenza, unì alla profonda vita interiore, incentrata nell’Eucaristia, un generoso impulso caritativo. È modello della cura d’anime nella dimensione parrocchiale attraverso l'esempio della sua bontà e carità anche se lui fu sempre tormentato dal pensiero di non essere degno del suo compito. Trascorreva le giornate dedicandosi a celebrare la Messa e a confessare, senza risparmiarsi. Morì nel 1859. 
Papa Pio XI lo proclamerà santo nel 1925. Verrà indicato patrono del clero parrocchiale.
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2) Lettura: Libro dei Numeri 13,1-3.25 - 14,1.26-30.34-35 
In quei giorni, il Signore parlò a Mosè [nel deserto di Paran] e disse: «Manda uomini a esplorare la terra di Canaan che sto per dare agli Israeliti. Manderete un uomo per ogni tribù dei suoi padri: tutti siano prìncipi fra loro». Mosè li mandò dal deserto di Paran, secondo il comando del Signore.
Al termine di quaranta giorni tornarono dall’esplorazione della terra e andarono da Mosè e Aronne e da tutta la comunità degli Israeliti nel deserto di Paran, verso Kades; riferirono ogni cosa a loro e a tutta la comunità e mostrarono loro i frutti della terra. Raccontarono: «Siamo andati nella terra alla quale tu ci avevi mandato; vi scorrono davvero latte e miele e questi sono i suoi frutti. Ma il popolo che abita quella terra è potente, le città sono fortificate e assai grandi e vi abbiamo anche visto i discendenti di Anak. Gli Amaleciti abitano la regione del Negheb; gli Ittiti, i Gebusei e gli Amorrei le montagne; i Cananei abitano presso il mare e lungo la riva del Giordano». Caleb fece tacere il popolo davanti a Mosè e disse: «Dobbiamo salire e conquistarla, perché certo vi riusciremo». Ma gli uomini che vi erano andati con lui dissero: «Non riusciremo ad andare contro questo popolo, perché è più forte di noi». E diffusero tra gli Israeliti il discredito sulla terra che avevano esplorato, dicendo: «La terra che abbiamo attraversato per esplorarla è una terra che divora i suoi abitanti; tutto il popolo che vi abbiamo visto è gente di alta statura. Vi abbiamo visto i giganti, discendenti di Anak, della razza dei giganti, di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste, e così dovevamo sembrare a loro». Allora tutta la comunità alzò la voce e diede in alte grida; quella notte il popolo pianse. Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Fino a quando sopporterò questa comunità malvagia che mormora contro di me? Ho udito le mormorazioni degli Israeliti contro di me. Riferisci loro: “Come è vero che io vivo, oracolo del Signore, così come avete parlato alle mie orecchie io farò a voi! I vostri cadaveri cadranno in questo deserto. Nessun censito tra voi, di quanti siete stati registrati dai venti anni in su e avete mormorato contro di me, potrà entrare nella terra nella quale ho giurato a mano alzata di farvi abitare, a eccezione di Caleb, figlio di Iefunnè, e di Giosuè, figlio di Nun. Secondo il numero dei giorni che avete impiegato per esplorare la terra, quaranta giorni, per ogni giorno un anno, porterete le vostre colpe per quarant’anni e saprete che cosa comporta ribellarsi a me”. Io, il Signore, ho parlato. Così agirò con tutta questa comunità malvagia, con coloro che si sono coalizzati contro di me: in questo deserto saranno annientati e qui moriranno».
 
3) Commento su Libro dei Numeri  13,1-3.25 - 14,1.26-30.34-35
 Nella prima lettura il popolo manca di fede. Dio gli ha promesso una terra; pochi mesi dopo averlo fatto uscire dall'Egitto lo invita a prenderne possesso: 
"Il Signore disse a Mosè: Manda uomini a esplorare il paese di Canaan che sto per dare agli Israeliti". La relazione degli esploratori presenta aspetti contrastanti: il paese è davvero magnifico, è "un paese dove scorre latte e miele"; ma "il popolo che abita il paese è potente, le città sono fortificate e immense". Come reagire a questo stato di cose? Ci sono due possibilità: aver fede nella promessa del Signore e andare avanti, oppure fissarsi sulle difficoltà, sugli ostacoli e perdersi di coraggio. Quando però ci si lascia abbacinare dalle difficoltà, esse ingrandiscono, ed è proprio quello che succede al popolo degli Israeliti, i quali "alzarono la voce e diedero in alte grida; il popolo pianse tutta quella notte". E un pianto che è solo desolazione provocata dalla propria vigliaccheria. 
 
 Dio non può sopportare questa mancanza di fede nelle sue promesse, che lo ferisce nel cuore, e prende una decisione che corrisponde a quella degli Israeliti: 
Non volete entrare nel paese? E non vi entrerete! "Io vi farò quello che ho sentito dire da voi. Sconterete le vostre iniquità per quarant'anni, nessuno di voi potrà entrare nel paese nel quale ho giurato di farvi abitare". 
 
 Nel nostro tempo purtroppo questo atteggiamento di sfiducia nei riguardi del Signore è molto diffuso. I giovani in particolare non hanno più il coraggio di prendere impegni duraturi perché non si fidano del Signore. Accettano di dedicarsi per un po' di tempo a qualche opera generosa, ed è già un bene, però non hanno il coraggio di impegnarsi in modo definitivo contando sulla grazia di Dio. E chiaro, senza la grazia divina nessuno è capace di mantenere un impegno per tutta la vita: tante cose cambiano, noi stessi cambiamo... però con il dono del Signore possiamo portare a termine in modo positivo ogni impegno preso nel suo nome. 
Molti giovani non si sposano, ma convivono, perché non hanno il coraggio di impegnarsi in un matrimonio indissolubile: non fanno conto della grazia del Signore. 
Egli propone loro un dono bellissimo: una vita di amore fedele, costante, che può sempre crescere ed essi dicono: "E impossibile, le difficoltà sono troppo grandi". E quando si sposano, spesso il divorzio rappresenta una soluzione dello stesso genere: è un abbandonare l'impegno preso perché si giudica che le difficoltà siano troppo grandi.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 15, 21 - 28  
In quel tempo, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, – disse la donna – eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 15, 21 - 28  
 Avvenga per te come desideri.
La fede, quando arde in noi ed è ben alimentata dalla preghiera, è come una luminosissima lampada che ci consente di immergerci nella luce stessa di Dio. Fa nascere in noi la fiducia incondizionata, la certezza che l'amore di Dio viene riversato nei nostri cuori in abbondanza. Siamo certi che quello che il Signore vuole si compie in cielo e sulla terra, ma abbiamo anche la certezza che la nostra preghiera verrà esaudita perché siamo in perfetta sintonia con il Signore: quello che il Signore vuole da noi, noi lo facciamo e quello che noi umilmente chiediamo ci viene accordato. «Sia fatta la Tua volontà» ci fa pregare Gesù nel Padre nostro, quando ciò davvero avviene nella nostra vita, lo stesso Signore è disposto a fare la nostra volontà. A darci cioè quanto chiediamo con fede nella preghiera. Esattamente quello che Gesù dice alla mamma che l'invoca: «Ti sia fatto come desideri». La donna Cananea che incontriamo nel vangelo odierno è uno splendido esempio di preghiera fervida ed appassionata e di fede limpida. L'esempio rifulge particolarmente perché ci viene offerto da una persona che viene dal paganesimo. È bello pensare che l'amore materno è talmente intenso e sacro che quasi naturalmente fa esplodere la preghiera e la fede migliori. Questa mamma che implora la guarigione della propria figlia «crudelmente tormentata da un demonio», la vediamo come un prototipo di tutte le mamme affrante per la salute fisica e spirituale dei propri figli. Ci induce a pensare alla Vergine Madre, addolorata ai piedi della croce. Ci fa ricordare che un granello di fede è sufficiente a spostare le montagne e a strappare autentici miracoli al Signore. Dobbiamo rivolgere una duplice invocazione a Cristo Gesù: «accresci in noi la fede» e «Signore, insegnaci a pregare».
 
 Il pane dei figli e la grande fede di una cananea è il tema che presenta il brano liturgico tratto dal cap.15 di Matteo e che propone al lettore del suo vangelo un ulteriore approfondimento della fede in Cristo. L’episodio è preceduto da un’iniziativa dei farisei e scribi che scendono da Gerusalemme e danno luogo a uno scontro con Gesù, che è di breve durata, in quanto insieme ai suoi discepoli si allontanò per recarsi nella regione di Tiro e Sidone. Mentre è in cammino viene raggiunto da una donna proveniente da qui luoghi pagani. Questa donna viene presentata da Matteo con l’appellativo di «cananea» che alla luce dell’At, appare in tutta la sua durezza. Nel libro del Deuteronomio gli abitanti di Canaan sono ritenuti gente piena di peccato per antonomasia, popolo cattivo e idolatrico.
 
 La dinamica del racconto. Mentre Gesù svolge in Galilea la sua attività ed é in cammino verso Tiro e Sidone, una donna gli si avvicina e inizia a importunarlo con una richiesta di aiuto per la sua figlia ammalata. La donna rivolge a Gesù con il titolo «figlio di Davide», un titolo che risuona strano sulla bocca di una pagana a che potrebbe essere giustificato per la situazione estrema che vive la donna. Si potrebbe pensare che questa donna creda già in qualche modo alla persona di Gesù come il salvatore finale, ma lo si esclude perché solo nel v.28 viene riconosciuto il suo atto di fede, proprio da Gesù. Nel dialogo con la donna Gesù sembra mostrare quella scontata distanza e diffidenza che vigeva fra il popolo d’Israele e i pagani. Da un lato Gesù conferma alla donna la priorità per Israele di accedere alla salvezza, e davanti all’insistente preghiera della sua interlocutrice Gesù sembra prendere le distanze; un atteggiamento incomprensibile al lettore ma nell’intenzione di Gesù esprime un alto valore pedagogico. 
 
 Alla prima invocazione «Pietà di me, Signore, figlio di Davide» (v.22) Gesù non risponde. Al secondo intervento questa volta da parte dei discepoli che lo invitano ad esaudire la preghiera della donna, esprime solo un rifiuto che sottolinea quella secolare distanza fra il popolo eletto e i popoli pagani (vv.23b-24) Ma all’insistenza della preghiera della donna che si prostra davanti a Gesù, segue una risposta dura e misteriosa: «non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini» (v.26). La donna và oltre la durezza delle parole di Gesù e vi coglie un piccolo segnale di speranza: la donna riconosce che il piano di Dio portato avanti da Gesù interessa inizialmente il popolo eletto e Gesù chiede alla donna il riconoscimento di tale priorità; la donna sfrutta tale priorità per presentare un motivo forte per ottenere il miracolo: «Anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni» (v.27). La donna ha superato la prova della fede: «Donna, davvero grande e la tua fede» (v.28); infatti, all’umile insistenza della sua fede risponde con un gesto di salvezza.
 
 Da questo episodio viene rivolto ad ogni lettore del Vangelo un invito ad avere quell’atteggiamento interiore di «apertura» verso tutti, credenti o no, vale a dire, disponibilità e accoglienza senza riserve verso qualsiasi uomo.
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6) Per un confronto personale
• La parola inquietante di Dio ti invita a spezzare le tue chiusure e i tuoi piccoli schemi. Sei capace di accogliere tutti i fratelli che si accostano a te?
• Sei consapevole della tua povertà per essere capace come la cananea di affidarti alla parola salvifica di Gesù?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 105
Ricòrdati di noi, Signore, per amore del tuo popolo.
 
Abbiamo peccato con i nostri padri,
delitti e malvagità abbiamo commesso.
I nostri padri, in Egitto,
non compresero le tue meraviglie.
 
Presto dimenticarono le sue opere,
non ebbero fiducia del suo progetto,
arsero di desiderio nel deserto
e tentarono Dio nella steppa.
 
Dimenticarono Dio che li aveva salvati,
che aveva operato in Egitto cose grandi,
meraviglie nella terra di Cam,
cose terribili presso il Mar Rosso.
 
Egli li avrebbe sterminati,
se Mosè, il suo eletto,
non si fosse posto sulla breccia davanti a lui
per impedire alla sua collera di distruggerli.