domenica 18 luglio 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno"

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  • domenica | 18 luglio 2021

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Lectio domenica 18 luglio 2021

 
Domenica della Sedicesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
 
Lettera agli Efesini 2, 13 - 18
Marco 6, 30 - 34
 
 
1) Orazione iniziale 
Sii propizio a noi tuoi fedeli, Signore, e donaci i tesori della tua grazia, perché, ardenti di speranza, fede e carità, restiamo sempre fedeli ai tuoi comandamenti.
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2) Lettura: Lettera agli Efesini 2, 13 - 18
Fratelli, ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne.
Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito.
 
3) Commento su Lettera agli Efesini 2, 13 - 18
 14 Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, 15 annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace,
«Egli infatti è la nostra pace»: la divisione esistente fra Ebrei e Gentili è stata abolita da Gesù mediante la sua morte in Croce. I Gentili, che erano lontani da Dio, dalla sua Alleanza e dalle sue promesse, sono divenuti partecipi, come gli Ebrei, della Nuova Alleanza sigillata col sangue di Cristo. Perciò Egli «è la nostra pace». In Cristo gli uomini trovano l’unità perché, con la sua donazione obbediente fino alla morte, Gesù ha posto riparo alla disobbedienza di Adamo, causa di divisioni e guerre fra gli uomini. «Il Figlio incarnato infatti, principe della pace, per mezzo della sua Croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio e, ristabilendo l’unità di tutti in un solo po­polo e in un solo corpo, ha ucciso nella sua carne l’odio e, nella gloria della sua risurrezione, ha diffuso lo Spirito di amore nel cuore degli uomini». Il disegno di Dio, per chiamare a sé l’umanità e ristabilire la pace, contemplava l’elezione del popolo ebraico, in seno al quale doveva nascere il Messia, in cui sarebbero stati benedetti tutti i popoli della terra: Egli porta il nome di «Principe della pace». 
  Molti Ebrei consideravano la loro elezione con tale particolarismo, da porre insormontabili barriere con i Gentili, tanto che alcuni rabbini del tempo di Gesù manifestavano apertamente il loro disprezzo, e persino il loro odio, verso i Gentili. Con la sua morte in Croce, Gesù ha infranto le barriere tra Ebrei e Gentili, tra gli uomini e Dio. San Paolo esprime questa verità metaforicamente, dicendo che Cristo ha abbattuto «il muro di separazione», con allusione al muro del Tempio. Ma l’esprime anche realisticamente, soprattutto quando scrive che Cristo ha annullato «per mezzo della sua carne la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti», Gesù, infatti, per la sua obbedienza al Padre fino alla morte, ha portato la Legge al suo compimento, divenendo da allora la via di accesso al Padre aperta per tutti gli uomini. Cristo, con la grazia, ha creato un uomo nuovo che può ormai adempiere la Legge nella sua essenza più profonda: l’obbedienza e l’amore. 
 
 L’ «uomo nuovo» di cui parla san Paolo è Gesù, nel quale sono rappresentati Ebrei e Gentili, perché è Lui il nuovo Adamo, capo di una nuova umanità: «creò in sé stesso, dei due, un solo uomo nuovo». Spiega san Tommaso che l’ «uomo nuovo si riferisce al medesimo Cristo, chiamato “uomo nuovo” per la sua nuova concezione […], per la novità della grazia che ci concede […] e per il comandamento nuovo che reca». Il Figlio di Dio, assumendo la natura umana e compiendo l’opera della Redenzione, diviene la fonte di salvezza per tutti gli uomini, senza distinzione fra Ebrei e Greci, schiavi e liberi, uomini e donne. Ecco perché la pace tra gli uomini può essere acquisita solo tramite la grazia di Cristo. Papa Giovanni XXIII, nella sua enciclica Pacem in terris dice: la pace è «un’impresa tanto nobile e alta, che le forze umane, anche se animate da ogni lodevole buo­na volontà, non possono da sole portare a effetto. Affinché l’umana società sia uno specchio il più fedele possibile del Regno di Dio, è necessario l’aiuto dall’alto. 
Per questo la Nostra invocazione in questi giorni sacri sale più fervorosa a Colui, che ha vinto nella sua dolorosa passione e morte il peccato, elemento disgregatore e apportatore di lutti e squilibri e ha riconciliato l’umanità col Padre Celeste nel suo sangue: “Poiché Egli è la nostra pace, Egli, che dei due [popoli] ne ha fatto uno solo” (Ef 2,14)».
 
 16 e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia.
Cristo, mediante la sua morte in Croce, ristabilisce l’amicizia dell’uomo con Dio, rotta dal peccato. Suggerisce Giovanni Paolo II: «Lo sguardo fisso al mistero del Golgota deve farci ricordare sempre quella dimensione “verticale” della divisione e della riconciliazione riguardante il rapporto uomo-Dio, che in una visione di fede prevale sempre sulla dimensione “orizzontale”, cioè sulla realtà della divisione e sulla necessità della riconciliazione tra gli uomini. Noi sappiamo, infatti, che una tale riconciliazione tra loro non è e non può essere che il frutto dell’atto redentivo di Cristo, morto e risorto per sconfiggere il regno del peccato, ristabilire l’alleanza con Dio e abbattere così il muro di separazione, che il peccato aveva innalzato tra gli uomini». 
L’espressione «in un solo corpo» può essere intesa in un duplice senso: riferita al corpo fisico di Cristo in Croce e al Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa. Il sacrificio del Corpo e del Sangue di Cristo, «memoriale della morte e della risurrezione del Signore, nel quale si perpetua nei secoli il Sacrificio della Croce, è culmine e fonte di tutto il culto e della vita cristiana, mediante il quale è significata e prodotta l’unità del popolo di Dio e si compie l’edificazione del Corpo di Cristo».
 
 18 Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito.
Dio inviò il Figlio suo perché ricevessimo lo spirito di filiazione per mezzo del quale possiamo chiamare Dio nostro Padre. Per i peccatori sarebbe chiusa la via che conduce al trono della grazia se Gesù Cristo non ne avesse spalancato la porta. Egli, infatti, ci apre la porta, ci introduce al Padre e, per gli stessi meriti della sua passione, ci ottiene dal Padre il perdono dei peccati e tutte le grazie che riceviamo da Dio. L’Apostolo delinea qui l’azione dello Spirito Santo nell’opera di salvezza, decretata dal Padre e realizzata dal Figlio. La formula «in un solo Spirito», oltre a indicare la via di accesso al Padre, segnala un altro fatto fondamentale: la profonda unione che i cristiani vivono fra loro riceve la sua forza vivificante ed efficace dall’azione dello Spirito, il quale, unito al Figlio e al Padre, è sempre pre­sente e agisce nella Chiesa, Corpo mistico di Cristo. 
 
 Cristo ha realizzato la salvezza e, perché tutti gli uomini la raggiungano, li chiama a far parte del suo Corpo, che è la Chiesa. Lo Spirito Santo è come l’anima di questo Corpo mistico; Egli dà vita e unità alle diverse membra. «Se Cristo è il capo della Chiesa, lo Spirito Santo ne è l’anima: “Quel che l’anima è nel nostro corpo, lo Spirito Santo è nel Corpo di Cristo, che è la Chiesa” (Sant’Agostino, Discorso 187)». Lo Spirito Santo è inseparabilmente congiunto alla Chiesa, perché, con parole di sant’Ireneo, «dove è la Chiesa, lì è anche lo Spirito di Dio; e dove è lo Spirito di Dio, lì è anche la Chiesa e ogni grazia».
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Marco 6, 30 - 34
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. 
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Marco 6, 30 - 34
 Il vangelo di oggi presenta il racconto degli apostoli a Gesù circa la loro missione, vissuta su suo mandato. Essi hanno predicato, guarito dei malati e scacciato demoni. Gesù li invita a ritirarsi in disparte per riposare: è una proposta che ricorda le Sue nottate solitarie in dialogo col Padre.
Mentre il gruppo si allontana, la gente ne intuisce la destinazione e lo precede. Quando Gesù e gli apostoli scendono dalla barca li attende una folla: Gesù prova compassione per loro, perché sono come pecore senza pastore e si mette a insegnare loro. Egli si dimostra così vero Pastore, che pasce il gregge anzitutto con la Sua Parola, mentre coloro che avrebbero dovuto curare il popolo non l’hanno fatto.
Cosa dice a noi questo brano oggi? La prima riflessione è che tutti abbiamo bisogno di fermarci, rispetto ai ritmi sfrenati che la società c’impone: abbiamo bisogno di riposare, non solo fisicamente, di ricaricarci a livello morale e spirituale. Il riposo permette di prendere un po’ di distanza dall’attività quotidiana e permette di vedere le cose in maniera più oggettiva, di ridimensionare l’importanza del nostro “fare”, aiutandoci a capire che non conta tanto la quantità bensì la qualità delle iniziative. Il riposo inoltre permette di vivere una preghiera più sentita e distesa, di coltivare il rapporto con Dio. Benedetto XVI ha detto in un’occasione: “Bisogna avere l’umiltà di concedersi degli spazi di riposo”.
Una seconda riflessione riguarda Gesù buon Pastore e gli altri pastori: oggi si rifiuta di aderire alla Verità rivelata, ma si beve tutto quello che dice il mito di turno; ci si ribella all’autorità legittima ma si va dietro al personaggio più in voga; si rivendica la libertà, ma poi si va ad intrupparsi. In altre parole si va dietro a falsi pastori e si perde di vista il Vero Pastore, Colui che si è messo a servizio della gente e che non ha solo insegnato la Verità, ma ha dato la Sua vita per il gregge. Questi è il Pastore di cui abbiamo bisogno, il Pastore che cerchiamo nell’intimo ma che spesso rifiutiamo; chiediamo la grazia di una vista e di un cuore purificati per riconoscere il Pastore che veramente ci ama e conduce alla Vita.
 
Venite in disparte, in luogo solitario, e riposatevi un po'.
Il brano di oggi è commovente per la delicatezza che Gesù mostra verso i discepoli ed i suoi seguaci. Gesù, il buon Pastore, si mostra sempre attento alle necessita materiali e spirituali di tutti. Il suo intervento è in due direzioni, che potrebbero sembrare in opposizione: una verso i discepoli e l'altra verso le persone che sono «come pecore senza pastore». In tutte e due i casi è la stessa misericordia di Gesù che opera. Gesù ha inviato i suoi discepoli con un mandato ben preciso; Egli è consapevole che l'impegno che richiede è totale e completo. Anche gli spiriti più pronti e ferventi hanno però bisogno di un momento di riposo per poter adempiere al mandato con dedizione assoluta. Gesù vuole stare un momento con i suoi discepoli proprio per poterli rinfrancare. È un momento di riposo con Gesù; non di totale ozio improduttivo. Nel momento in cui i discepoli sentono la necessità di rallentare il ritmo delle loro attività stanno però sempre con il Signore; possiamo dire che, in questo momento, sono a Lui più vicini di quando sono inviati in missione di villaggio in villaggio. Gesù però non si dimentica di tutti gli altri; sente che tra i suoi seguaci vi è un momento di sbandamento che può produrre rilassatezza; ed ecco che di nuovo si riprendere la missione ed è Gesù che opera in prima persona, come un pastore che guarda prima di tutto al bene del suo gregge. In questa dinamica leggiamo delle utili indicazioni per noi che ricerchiamo un momento di legittimo riposo dopo un anno di lavoro. Le vacanze estive sono un periodo di riposo ma possiamo dimenticarci di essere cristiani. Lo spirito non va in vacanza e non possiamo trascurare che ha sempre bisogno di essere alimentato dalla presenza del Signore. 
 
 La compassione di Gesù, sguardo d'amore.
Gesù vide una grande folla ed ebbe compassione di loro. Appare una parola bella come un miracolo, filo conduttore dei gesti di Gesù: la compassione. Gesù vide: lo sguardo di Gesù va a cogliere la stanchezza, gli smarrimenti, la fatica di vivere. E si commuove. Perché per Lui guardare e amare sono la stessa cosa. Quando anche tu impari la compassione, quando ritrovi la capacità di commuoverti, il mondo si innesta nella tua anima.
Se ancora c'è chi si commuove per l'uomo, questo mondo può ancora sperare. Gesù aveva mostrato una tenerezza come di madre anche nei confronti dei suoi discepoli: C'era tanta gente che non avevano neanche il tempo di mangiare. E lui: Andiamo via, e riposatevi un po'. C'è tanto da fare in Israele, tanto da annunciare e guarire, eppure Gesù, invece di buttare i suoi discepoli dentro la fornace del mondo, dentro il frullatore dell'apostolato, li porta via con sé. C'è un tempo per agire e un tempo per ritemprare le forze e ritrovare i motivi del fare. Si vis omnia bene facere, aliquando ne feceris (Sant'Ambrogio). Se vuoi fare bene tutte le cose, ogni tanto smetti di farle, stacca e riposati. Un sano atto di umiltà: non siamo eroi, le nostre vite sono delicate, fragili, le nostre energie sono limitate. Gesù vuole bene ai suoi discepoli, non li vuole spremere e sfruttare per uno scopo fosse pure superiore, li vuole felici come tutti gli altri: riposatevi. E come loro io non devo sentirmi in colpa se qualche volta ho bisogno, e tanto, di riposo e di attenzioni.
Venite in disparte con me, per un po' di tempo tutto per noi. Un tempo per stare con Dio e imparare il cuore di Dio. E poi dopo ritornare nella grande folla, ma portando con sé un santuario di bellezza e di forza che solo Dio può accendere. Cosa c'è di più creativo che riscoprire le grandi stelle polari che guidano il viaggio dell'uomo?
Ma qualcosa cambia i programmi del gruppo: sbarcando, Gesù vide molta folla ed ebbe compassione di loro. Gesù è preso fra due commozioni contrapposte: la stanchezza degli amici e lo smarrimento della folla.
E si mise a insegnare loro molte cose. Gesù cambia i suoi programmi, ma non quelli dei suoi amici. Rinuncia al suo riposo, non al loro.
E ciò che offre è la compassione, il provare dolore per il dolore dell'altro; il moto del cuore, che ti porta fuori da te.
Gesù sa che nell'uomo non è il dolore che annulla la speranza, neppure il morire, ma l'essere senza conforto nel giorno del dolore.
Ed è questo che Gesù insegna ai dodici. Insegna per prima cosa "come guardare". Prima ancora di come parlare, di che cosa fare, insegna uno sguardo che abbia commozione e tenerezza. Poi, le parole verranno e sapranno di cielo.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
a) Qual è l’aspetto dell’atteggiamento di Gesù che più ti è piaciuto e che ha destato più ammirazione tra la gente al tempo di Gesù?
b) La preoccupazione di Gesù verso i discepoli e la preoccupazione di accogliere bene la gente: le due sono importanti. Quale delle due prevale nell’atteggiamento di Gesù?
c) Paragona l’atteggiamento di Gesù all’atteggiamento del Buon Pastore del Salmo 23. Cosa colpisce maggiormente? 
d) L’atteggiamento della nostra comunità è lo stesso di Gesù?
e) Mi sono mai sentito un po' lontano da Dio, separato da Lui? Per quali motivi? 
f) Cosa mi ha fatto riconciliare? 
g) Il Vangelo per me è stato motivo di aggregazione o di separazione?
 
 
7) Preghiera: Salmo 22
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
 
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.           
 
Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
 
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
 
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.
 
 
8) Orazione Finale
Signore, che hai avuto pietà dei tanti uomini senza pastore e li hai istruiti a lungo, donaci pastori che sappiano imitare la tua carità, e rendici docili agli insegnamenti che essi ci trasmettono in tuo nome.