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- venerdì | 16 luglio 2021
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Lectio venerdì 16 luglio 2021
Venerdì della Quindicesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
Beata Vergine Maria Vergine del Carmelo
Esodo 11, 10 - 12, 14
Matteo 12, 1 - 8
1) Preghiera
O Dio, nella solenne memoria della Beata Vergine Maria Vergine del Carmelo, mostra agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme.
La Sacra Scrittura esalta la bellezza del monte Carmelo, là dove il profeta Elia difendeva la purezza della fede d'Israele nel Dio vivente. In quei luoghi, all'inizio del XIII secolo ebbe giuridicamente origine l'Ordine Carmelitano, sotto il titolo di S. Maria del Carmelo.
Questo titolo, quasi compendio dei benefici della Patrona, cominciò a venir celebrato fin dal secolo XIV, dapprima in Inghilterra, quindi gradatamente in tutto l'Ordine Carmelitano. Raggiunse il massimo splendore ai primi del secolo XVII, allorché il Capitolo generale lo dichiarò festa principale e speciale dell'Ordine Carmelitano, e Paolo V lo riconobbe come titolo distintivo della Confraternita dello Scapolare.
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2) Lettura: Esodo 11, 10 - 12, 14
In quei giorni, Mosè e Aronne avevano fatto tutti quei prodigi davanti al faraone; ma il Signore aveva reso ostinato il cuore del faraone, il quale non lasciò partire gli Israeliti dalla sua terra.
Il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d’Egitto: «Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne.
Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con àzzimi e con erbe amare. Non lo mangerete crudo, né bollito nell’acqua, ma solo arrostito al fuoco, con la testa, le zampe e le viscere. Non ne dovete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato, lo brucerete nel fuoco. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto.
Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne”».
3) Riflessione su Esodo 11, 10 - 12, 14
Il sacrificio dell’agnello aveva un antecedente nella cultura degli antichi nomadi o seminomadi pastori, che sacrificavano un agnello prima della migrazione stagionale. Era un sacrificio notturno, fatto in casa, all’inizio della primavera, nel plenilunio della primavera. Col sangue tingevano l’ingresso della tenda, come uso apotropaico, per scongiurare le insidie degli spiriti avversi. Anche le erbe amare e i pani azzimi cotti su lastre di pietra ricordano gli usi dei nomadi. Questi elementi erano noti agli Israeliti che conoscevano la transumanza.
Gli Israeliti celebrarono così un rito di partenza, di una partenza che era di liberazione. Il sangue negli stipiti aveva il significato di protezione dal flagello della morte dei primogeniti.
Si potrebbe vedere un certo contrasto tra le minuziose prescrizioni dell'Esodo riguardanti l'agnello pasquale e le parole di Gesù nel Vangelo di oggi: "Misericordia voglio e non sacrifici".
Parlando così Gesù esprime lo spirito dell'Antico Testamento, tutto simboli. Per esempio, il sangue di un agnello non è capace di salvare, così tutte le prescrizioni del sacrificio non sono cose essenziali, ma precisano il significato del simbolo. L'agnello è precisato due volte deve essere mangiato "non crudo, né bollito nell'acqua, ma solo arrostito al fuoco". Qui possiamo trovare qualcosa che mette in rapporto "sacrificio" e "misericordia". La morte di Gesù è totale dono di sé, supremo sacrificio, atto di misericordia. Ora, Gesù nella sua passione è trasformato dallo Spirito Santo che è il vero fuoco, fuoco di carità e di misericordia. La carne "arrostita al fuoco" suggerisce questo vero sacrificio.
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4) Lettura: Vangelo secondo Matteo 12, 1 - 8
In quel tempo, Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato». Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 12, 1 - 8
Leggiamo nel vangelo come i farisei si sono scandalizzati contro i discepoli di Gesù che, in giorno di festa, coglievano spighe per sfamarsi. I farisei erano certi di essere nel giusto, di fare la volontà di Dio perché compivano alla lettera le innumerevoli prescrizioni legali. Ma questo non è saggezza evangelica, non è caratteristica cristiana. Dio si è manifestato come liberatore e vuole che il nostro slancio verso di lui sia obbedienza, ma non un’obbedienza legalistica ma piuttosto l’obbedienza dei figli, l’obbedienza figliale. Noi siamo obbedienti ai suoi comandamenti proprio perché egli ci ha reso liberi, capaci di conoscere le situazioni, capaci di giudicarle, capaci di prendere le decisioni giuste per il bene nostro e degli altri. Il Signore vuole che viviamo nella carità ed ogni precetto, ogni comandamento è subordinato ad essa. Così la nostra vita renderà testimonianza a lui, Dio che crea gli uomini liberi.
Nel vangelo di oggi vediamo da vicino molti conflitti tra Gesù e le autorità religiose dell’epoca. Sono conflitti attorno alle pratiche religiose di quel tempo: digiuno, purezza, osservanza del sabato, etc. In termini odierni, sarebbero conflitti riguardanti per esempio, il matrimonio tra persone divorziate, l’amicizia con prostitute, l’accoglienza degli omosessuali, la comunione senza sposarsi in chiesa, il non andare a messa la domenica, non digiunare il venerdì della settimana santa. Sono molti i conflitti: in casa, a scuola, nel lavoro, in comunità, in chiesa, nella vita personale, nella società. Conflitti di crescita, di relazione, di età, di mentalità. Tanti! Vivere la vita senza conflitto è impossibile! Il conflitto fa parte della vita e spunta fin dalla nascita. Nasciamo con dolori di parto. I conflitti non sono incidenti lungo il percorso, ma fanno parte del cammino, del processo di conversione. Ciò che colpisce è il modo in cui Gesù affronta i conflitti. Nella discussione con gli avversari, non si trattava di aver ragione contro di loro, ma di far prevalere l’esperienza che lui, Gesù, aveva di Dio, Padre e Madre. L’immagine di Dio che gli altri avevano era quella di un giudice severo che minacciava e condannava solamente. Gesù cerca di far prevalere la misericordia sull’osservanza cieca delle norme e della legge che non avevano nulla a che vedere con l’obiettivo della Legge che è la pratica dell’amore.
Matteo 12,1-2: Raccogliere grano il giorno di sabato e la critica dei farisei. In un giorno di sabato, i discepoli passavano lungo le piantagioni e si aprivano il cammino cogliendo spighe per mangiarle. Avevano fame. I farisei giungono ed invocano la Bibbia per dire che i discepoli stanno commettendo una trasgressione della legge del sabato (cf Es 20,8-11). Anche Gesù usa la Bibbia e risponde invocando tre esempi tratti dalla Scrittura:
(a) di Davide,
(b) dalla legislazione sul lavoro dei sacerdoti nel tempio e
(c) dall’azione del profeta Osea, ossia, cita un libro storico, un libro legislativo e un libro profetico.
Matteo 12,3-4: L’esempio di Davide. Gesù ricorda che Davide stesso fece una cosa proibita dalla legge, perché tolse il pane sacro dal tempio e lo dette da mangiare ai soldati che avevano fame (1 Sam 21,2-7). Nessun fariseo ebbe il coraggio di criticare il re Davide!
Matteo 12,5-6: L’esempio dei sacerdoti. Accusato dalle autorità religiose, Gesù argomenta partendo da ciò che loro stesse, le autorità religiose, fanno il giorno di sabato. Nel tempio di Gerusalemme, il giorno di sabato, i sacerdoti lavoravano molto di più degli altri giorni della settimana, poiché dovevano sacrificare gli animali per i sacrifici, dovevano, pulire, scopare, caricare pesi, sgozzare gli animali, etc., e nessuno diceva che era contro la legge, pensavano che fosse normale! La legge stessa li obbligava a fare questo (Num 28,9-10).
Matteo 12,7: L’esempio del profeta. Gesù cita la frase del profeta Osea: Misericordia voglio e non sacrificio. La parola misericordia significa avere il cuore (cor) nella miseria (miseri) degli altri, ossia, la persona misericordiosa deve stare molto vicino alla sofferenza delle persone, deve identificarsi con loro. La parola sacrificio significa fare (fício) che una cosa sia consacrata (sacri), ossia chi offre un sacrificio separa l’oggetto sacrificato dall’uso profano e lo distanzia dalla vita giornaliera della gente. Se i farisei avessero avuto questo modo di guardare la vita del profeta Osea, avrebbero saputo che il sacrificio più gradito a Dio non è che la persona consacrata viva lontano dalla realtà, ma che disponga interamente il suo cuore consacrato al servizio dei fratelli e delle sorelle per sollevarli dalla miseria. Non avrebbero considerato colpevoli coloro che in realtà erano innocenti.
Matteo 12,8: Il Figlio dell’Uomo è padrone del sabato. Gesù termina con questa frase: il Figlio dell’Uomo è padrone perfino del sabato! Gesù stesso è il criterio dell’interpretazione della Legge di Dio. Gesù conosceva la Bibbia a memoria e la invocava per indicare che gli argomenti degli altri non avevano fondamento. In quel tempo, non c’erano Bibbie stampate come le abbiamo oggi. In ogni comunità c’era solo una Bibbia scritta a mano, che rimaneva nella sinagoga. Se Gesù conosceva così bene la Bibbia, vuol dire che durante i trenta anni della sua vita a Nazaret, aveva partecipato intensamente alla vita di comunità, dove ogni sabato si leggevano le scritture. La nuova esperienza di Dio Padre, faceva sì che Gesù riuscisse a scoprire meglio l’intenzione di Dio nel decretare le leggi dell’Antico Testamento.
Vivendo trenta anni a Nazaret e sentendo nella sua pelle l’oppressione e l’esclusione di tanti fratelli e sorelle, in nome della Legge, Gesù deve aver percepito che non poteva essere questo il senso della legge. Se Dio è Padre, allora accoglie tutti come figli e figlie. Se Dio è Padre, allora noi dobbiamo essere fratelli e sorelle tra di noi. Gesù visse questo e pregò per questo, dal principio fino alla fine. La Legge deve stare al servizio della vita e della fraternità. “L’essere umano non è fatto per il sabato, ma il sabato per l’essere umano” (Mc 2,27). Per la sua fedeltà a questo messaggio Gesù fu condannato a morte. Lui scomodò il sistema, e il sistema si difese, usando la forza contro Gesù, poiché lui voleva che la Legge fosse messa al servizio della vita, e non viceversa. Ci manca molto per conoscere a fondo la Bibbia e per partecipare a fondo alla comunità, come fece Gesù.
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6) Per un confronto personale
• Che tipo di conflitti vivi in famiglia, nella società e nella Chiesa? Quali sono i conflitti riguardo alle pratiche religiose che oggi, recano sofferenza alle persone e sono motivo di discussione e di polemica? Qual è l’immagine di Dio che è dietro tutti questi preconcetti, dietro tutte queste norme e proibizioni?
• Cosa ti ha insegnato il conflitto in tutti questi anni? Qual è il messaggio che trai da tutto questo per le nostre comunità di oggi?
7) Preghiera finale: Salmo 115
Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore.
Che cosa renderò al Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.
Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.
Io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo.