mercoledì 14 luglio 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno"

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  • mercoledì | 14 luglio 2021

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Lectio mercoledì 14 luglio 2021

 
Mercoledì della Quindicesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
San Camillo De Lellis

 
Esodo 3, 1-6. 9-12 
Matteo 11, 25 - 27 
 
 
1) Preghiera 
O San Camillo, che sopportasti per tanti anni con inalterabile pazienza una dolorosa malattia, ottienici di accettare con spirito di fede le infermità e le tribolazioni che il Signore vorrà mandarci per il nostro bene e la nostra purificazione. Tu che per tutta la vita ti sei dedicato con bontà e amore all'assistenza degli infermi, portando a tutti consolazione e speranza, ottienici la grazia di riconoscere Gesù nel nostro prossimo sofferente e di servirlo con grande generosità di cuore.
 
San Camillo de Lellis (Bucchianico, 25 maggio 1550 – Roma, 14 luglio 1614) è stato un religioso e presbitero italiano. Fu il fondatore dell'Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi (Camilliani). Nel 1746 è stato proclamato santo da papa Benedetto XIV e, insieme con san Giovanni di Dio, patrono universale dei malati, degli infermieri e degli ospedali. È, inoltre, patrono della Sanità militare e della Regione Abruzzo, insieme con San Gabriele dell'Addolorata.
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2) Lettura: Esodo 3, 1-6. 9-12 
In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: «Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». 
Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli Israeliti dall’Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte».
 
3) Commento su Esodo 3, 1-6. 9-12 
 Mosè, che è cresciuto alla corte del Faraone, ha preso coscienza della sua appartenenza al popolo schiavo degli ebrei che lavora per i dominatori, e quindi vive con sofferenza il dover assistere alla violenza, all'ingiustizia ed alla sopraffazione della classe dirigente a cui egli stesso appartiene. Mentre è ancora famoso in autorevolezza, perché appartenente alla corte, si intromette in un episodio di lavoro dove il sovrintendente egiziano maltratta uno schiavo ebreo. Mosè, che ne ha preso le difese, arriva ad uccidere l'aggressore (Es 1,11-15). Ma quando, il giorno dopo, capisce che l'omicidio è stato scoperto e lo si incolpa, ormai, quasi pubblicamente, ha paura e fugge mettendosi in salvo nel deserto
Là si forma la sua famiglia, si inserisce nella cultura del luogo, accetta limiti e si guadagna la sua tranquillità. Ma Dio lo scuote. Davanti all'ingiustizia non si può restare in pace. "Vai a liberare il popolo poiché è il popolo di Abramo, Isacco e Giacobbe, amici a cui ho garantito protezione per loro e i loro discendenti!"
 
 Nella prima lettura tratta dal libro dell'Esodo, ci viene raccontato l'episodio della vocazione di Mosè. 
Mosè, pascolando il gregge del suocero Letro, sacerdote di Madian, conduceva il bestiame sino al monte Oreb, dove gli apparve un angelo, che attraversò il roveto ardente che, però, non bruciava.
Mosè si avvicinò per guardare, ma il Signore lo fermò chiamandolo: “Mosè, Mosè” e Mosè rispose: “Eccomi”, il Signore riprese: “Non avvicinarti oltre, togliti i sandali dai piedi perché il luogo dove tu stai è luogo santo, Io sono il Dio di tuo padre, di Abramo, di Isacco, di Giacobbe”. Il Signore continuò: “Ho visto le sofferenze del mio popolo in Egitto e sono sceso per condurlo verso una terra bella, spaziosa, dove scorre latte e miele”. Mosè preoccupato per cosa doveva dire al popolo chiese al Signore quale fosse il suo nome e il Signore rispose: “Io sono colui che sono, e dirai agli Israeliti che: Io sono mi ha mandato a voi e questo sarà il nome con cui dovrò essere ricordato per sempre di generazione in generazione”.
 
 Il Signore è vicino al suo popolo, vede la sua situazione e vuole intervenire per salvarlo, e sceglie allora Mosè per condurlo fuori dalla terra di Egitto.
Manda Mosè dal faraone e gli comanda di condurre il suo popolo verso la terra promessa.
Dio comprende le debolezze degli uomini, viene in loro aiuto, ci pensa lui, ma perché si compia la sua volontà ha bisogno dell'uomo, lo chiama a collaborare con lui, sceglie qualcuno e lo invia a fare ciò che ha predisposto per la salvezza di tutti.
Mosè si avvicina al roveto per guardare, ma Dio ha predisposto per lui una grande missione e la sua vocazione diventa quella di inviato di Dio.
Mosè ha risposto alla chiamata del Signore con un “Eccomi”; nei momenti di preghiera o di meditazione della nostra vita il Signore ci parla, ma noi siamo pronti ad ascoltare la sua voce o ne abbiamo paura? Dio ci parla nel silenzio della nostra anima.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 11, 25 - 27 
In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 11, 25 - 27
 L'acume dei "piccoli".
Tra i vari criteri di valutazione che noi esseri umani usiamo per stabilire le nostre gerarchie di grandezza, occupa un posto di onore la scienza e la sapienza di cui ci siamo dotati e che facciamo emergere con i vari titoli che la caratterizzano. Tutto ciò viene spesso vissuto, non solo come personale arricchimento culturale, ma in modo più o meno consapevole, lo usiamo come motivo di personale prestigio e perfino come strumento di dominio sugli altri che riteniamo inferiori e meno dotati di noi. Sappiamo e dovremmo sapere i limiti delle scienze umane, non solo in relazione a tutto lo scibile umano, ma ancor più quando ci confrontiamo con la vera sapienza, quella che ci orienta verso il trascendente e l'infinito. In questa prospettiva ci è meglio consentito di scorgere i limiti angusti dello scibile umano e gli spazi che restano inesplorati e persino inaccessibili alla nostra mente. Così comprendiamo l'intensità e il valore della preghiera che oggi il Signore rivolge al Padre per noi: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli". Le cose nascoste di cui ci parla Gesù, sono i misteri del regno, riguardano la sua persona umano - divina, riguardano il suo messaggio di salvezza, il valore recondito dei sui segni e prodigi, valori e verità queste che non possono essere compresi con la fioca luce della ragione umana, ma richiedono quella "piccolezza" interiore del nostro spirito che ci rende umili per essere accoglienti con la luce che Dio stesso ci dona. È una grande lezione di umiltà quella che Cristo ci vuole impartire: il ritorno a Dio implica innanzi tutto il riconoscere il nostro misero stato di poveri peccatori, troppo distanti e oscurati dal male per poterlo vedere, troppo assordati dal fragore delle nostre presunzioni per poterlo sentire. Tornare come bambini significa per noi una interiore rinascita, un recupero della semplicità e dell'umiltà del cuore, vuol dire recuperare la vista e l'udito dell'anima per risollevarci e tornare guardare in alto. È opera dello Spirito la nostra rinascita, è quell'amore infinito e gratuito a rivelarci le verità e lo splendore di Dio e la persona del Figlio suo Gesù Cristo.
 
 Divenire piccolo. L’itinerario più efficace per realizzare questa conversione è diventare «piccoli». Gesù comunica questa strategia della «piccolezza» in una preghiera di riconoscenza (11,27) che ha un parallelo splendido nella testimonianza resa dal Padre in occasione del battesimo (11,27). Gli studiosi amano chiamare questa preghiera un’«inno di giubilo». Il ritmo della preghiera di Gesù inizia con una confessione: «ti rendo lode», «confesso a te». Tale espressione introduttiva rende la parola di Gesù alquanto solenne. La preghiera di lode che Gesù pronuncia presenta le caratteristiche di una risposta rivolta al lettore. Gesù si rivolge a Dio con l’espressione «Signore del cielo e della terra», vale a dire, a Dio come creatore e custode del mondo. Nel giudaismo, invece, si era soliti rivolgersi a Dio con l’invocazione «Signore del mondo», ma non l’aggiunta del termine «Padre», caratteristica distintiva della preghiera di Gesù. 
 
 Il motivo della lode e lo svelarsi di Dio: perché nascondesti…, rivelasti. Il nascondimento riferito ai «sapienti e intelligenti» riguarda gli scribi e i farisei considerati come interamente chiusi e ostili all’avvicinarsi del Regno (3,7ss; 7,29; 9,3.11.34). La rivelazione ai piccoli, il termine greco dice «infanti», coloro che ancora non parlano. Quindi Gesù designa gli uditori privilegiati della proclamazione del regno dei cieli come gli inesperti della legge, i non istruiti.
Quali siano «queste cose» che vengono nascoste o rivelate? Il contenuto di questa rivelazione o nascondimento è Gesù, il Figlio di Dio, il rivelatore del Padre. È evidente per il lettore che lo svelarsi di Dio è legato inscindibilmente alla persona di Gesù, alla sua parola, alle sue azioni messianiche. È lui che permette lo svelarsi di Dio e non la legge o gli eventi premonitori del tempo finale.
 
 Lo svelarsi di Dio dal Padre al Figlio. Nell’ultima parte del discorso Gesù fa un’autopresentazione di se stesso come colui al quale ogni cosa è stata comunicata dal Padre. Nel contesto dell’avvicinarsi del Regno Gesù ha il ruolo e la missione di rivelare il Padre celeste in tutto. In tale compito e ruolo riceve la totalità del potere, del sapere e l’autorità di giudicare. Per confermare questo ruolo così impegnativo Gesù si appella alla testimonianza del Padre, l’unico che possiedo una reale conoscenza di Gesù: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre» e viceversa «e nessuno conosce il Padre se non il Figlio». 
 
 La testimonianza del Padre è insostituibile perché la dignità unica di Gesù come Figlio venga compresa dai suoi discepoli. Inoltre, viene affermata l’unicità di Gesù nel rivelare il Padre; lo affermava già il vangelo di Giovanni: «Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio, ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (1,18). In sintesi. L’evangelista fa capire ai suoi lettori che lo svelarsi di Dio avviene attraverso il Figlio. Di più: il Figlio rivela il Padre a chi vuole-
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6) Per un confronto personale
• La tua preghiera sente il bisogno di esprimere tutta la gratitudine al Padre per i doni con cui cola la tua vita? Ti capita di confessare pubblicamente di esaltare il Signore a motivo delle opere meravigliose che compie nel mondo. Nella chiesa, nella tua vita?
• Nella tua ricerca di Dio fai affidamento sulla tua sapienza e intelligenza o ti lasci guidare dalla sapienza di Dio? Che attenzione poni al tuo rapporto con Gesù? Ascolti la sua Parola? Assumi i suoi sentimenti per scoprire la sua fisionomia di Figlio del Padre celeste?
 
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 102
Misericordioso e pietoso è il Signore.
 
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.
 
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia
 
Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.