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- domenica | 11 luglio 2021
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Lectio domenica 11 luglio 2021
Domenica della Quindicesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
San Benedetto
Lettera agli Efesini 1, 3 - 14
Marco 6, 7 - 13
1) Orazione iniziale
O Dio, che hai scelto san Benedetto abate e lo hai costituito maestro di coloro che dedicano la vita al tuo servizio, concedi anche a noi di non anteporre nulla all’amore del Cristo e di correre con cuore libero e ardente nella via dei tuoi precetti.
Benedetto è stato scelto come uno dei patroni d'Europa per richiamare tutti noi al primato dell'interiorità e della preghiera nella vita sociale e politica. Lo seguissimo...
Il periodo storico in cui Benedetto costruisce la sua opera è mlto simile a quello che stiamo vivendo: una Chiesa in difficoltà e lontana dall'ideale evangelico, un Impero allo sbando sotto la pressione di nuove popolazioni e nuove culture, l'impressione di vivere alla fine di un'epoca... Ma, diversamente da come accade a molti oggi, Benedetto non fugge, né si rassegna, né cerca di trarre profitto dalla situazione: si rimbocca le maniche e torna all'essenziale. Se tutto crolla bisogna costruire la casa sulla roccia e così egli fa', all'inizio osteggiato dagli uomini di Chiesa. L'intuizione è semplice e geniale: alcuni fratelli vivono insieme senza anteporre nulla all'amore di Cristo, mettendosi all'ascolto di Dio, dedicando del tempo alla preghiera e vivendo con il sudore della propria fronte, senza barattare il vangelo con denari, cariche od onori. Seguendo una regola che è una sintesi di esperienze simili già vissute in oriente, Benedetto costruisce una nuova società: il monachesimo occidentale diventerà l'ancora di salvezza per la fede e il baluardo della civiltà, con le sue biblioteche e i suoi amanuensi. Ma Benedetto non vuole e forse non sa, che sta fondando una nuova civiltà: lui mette solo Cristo al centro della sua ricerca e della sua vita.
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2) Lettura: Lettera agli Efesini 1, 3 - 14
Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra.
3) Commento su Lettera agli Efesini 1, 3 - 14
Da Amos, nel pronunciarsi nella sua missione di Dio, passiamo ad un altro annunciatore della parola di Dio: Paolo apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, annuncia un inno di benedizione al Signore che attraverso Gesù ci fa conoscere il Suo disegno di salvezza. Dove ne esalta la persona di Cristo nel suo rapporto con il mondo. Dove troviamo la fede dei cristiani che si riuniscono per celebrare insieme la memoria del Signore crocifisso e risorto, attraverso la preghiera, la contemplazione e la benedizione.
Paolo implicitamente ci dice che prima della creazione del mondo esisteva già un disegno, una volontà di amore. Prima della creazione del mondo, ciascuno di noi, ognuno di noi, per nome, è stato desiderato, è stato voluto, è stato scelto, è stato amato da Dio. Questo ce lo dice solo la parola di Dio. Si racconta che un giorno una persona che aveva da sempre vissuto una vita lontana da Dio e dalla Chiesa, andò a trovare padre Pio e che questi, appena lo vide, pur non sapendo chi fosse, lo chiamò per nome e gli disse: "Ti stavo aspettando". Ci fa sempre impressione sapere che qualcuno ha pensato a noi, ha preceduto i nostri desideri, ci ha aspettato, ha desiderato il nostro arrivo.
Fa impressione pensare che c'è un Dio che ci ha attesi, ci ha desiderati, che ci ha voluti. Certo, la Scrittura ci dice, metaforicamente, che per Dio mille anni sono come un giorno e sappiamo che in Dio il tempo non è una realtà come la percepiamo noi. Fa bene pensare a tutto questo. Fa bene pensare che di fronte alle dimensioni sterminate del cosmo, sia da un punto di vista spaziale che temporale, di fronte allo sterminato numero di stelle, di galassie, di fronte alla meravigliosa armonia tra l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande, fa bene pensare a questo disegno d'amore che percorre, che attraversa tutto questo universo.
Dovremmo ritornare al Salmo 8 che ci dice: Se guardo al tuo cielo, opera delle tue dita, se guardo la luna e le stelle che tu hai fissate, non posso non esclamare: Signore, che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi. Che cosa è l'uomo? L'uomo è colui per il quale il Signore ha creato tutto questo universo, colui per il quale non ha esitato a dispiegare un tale, incommensurabile, prodigioso investimento di energie e di potenza. L'uomo è colui che il Signore ha voluto da sempre, non solo per essere una sua creatura, come lo sono gli animali, come lo sono i pianeti, come lo sono le stelle - non solo per essere il suo interlocutore, ma per essere suo figlio, in Gesù Cristo.
Questo ci rivela la lettera agli Efesini: In Gesù il Padre ci ha scelti, prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a lui nell'amore, destinandoci a essere figli, a essere suoi figli secondo il disegno d'amore della sua volontà. I nostri scienziati e tutta l'umanità possono essere giustamente orgogliosi della prodigiosa intelligenza dell'uomo. È un'intelligenza straordinaria quella che ci permette di superare i nostri limiti per andare all'infinitamente grande e all'infinitamente piccolo. Pur così insignificante rispetto a tutto il cosmo, l'uomo può capirlo, può interpretarlo, e con il tempo certamente arriverà a percorrerlo in lungo e in largo, ma Paolo ci ricorda che una tale intelligenza non è feconda se non diventa sapienza. L'intelligenza infatti trova solo il "come": come funziona l'universo, come si è sviluppato, come è composto. Ma solo la sapienza, la sapienza del cuore, trova il "perché": perché questo universo? Solo la sapienza trova da dove venga questo universo. E soprattutto solo la sapienza capisce dove vada e che destino abbia.
Ecco la differenza tra intelligenza e sapienza. Questa sapienza è un dono di Dio che riceviamo in Cristo Gesù. I nostri scienziati hanno molta intelligenza, ma a volte manca loro questa sapienza del cuore. È quanto ci dice ancora Paolo nella lettera agli Efesini: Dio ha riversato tutti questi doni su di noi con abbondanza e li ha riversati con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, facendoci conoscere il perché di questo universo. Questa è la sapienza della fede, la sapienza dell'amore, la sapienza della preghiera. I nostri scienziati esplorano il come dell'universo con i telescopi e con gli acceleratori di particelle. Il cristiano esplora il perché dell'universo attraverso la parola di Dio e la preghiera. E se - per concludere - l'esplorazione del come dell'universo ci riempie giustamente di orgoglio e di entusiasmo sarà solo quando capiremo il perché di questo stesso universo, alla luce della fede, sarà solo quando leggeremo in esso un segno dell'amore del Padre per ciascuno di noi alla luce della parola di Dio, sarà allora che troveremo non solo entusiasmo e orgoglio, ma riceveremo anche la consolazione, troveremo la pace, scopriremo la gioia, ci sarà svelato il senso delle nostre vite e potremo allora unirci alla lode del salmista che dice: O Dio, o Signore nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Marco 6, 7 - 13
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
5) Riflessione sul Vangelo secondo Marco 6, 7 - 13
Nel vangelo di oggi, dopo il rifiuto degli abitanti di Nazareth, Gesù continua ad annunciare il Regno di Dio e anzi manda gli apostoli; Egli li aveva chiamati a stare con Lui e per mandarli a predicare ed ora fa questo. I discepoli annunciano la Parola e scacciano i demoni con l’autorità di Gesù. Essi devono andare a svolgere il ministero nella sobrietà fidandosi della parola che predicano: è attraverso il suo annuncio gratuito che Dio provvederà loro il cibo. Gesù non ha assicurato il successo immediato, anzi ha parlato di persecuzione, ma ha dato un compito preciso. Anche noi, discepoli di oggi, dobbiamo annunciare la vicinanza di Gesù senza la pretesa di essere bene accolti. Abbiamo desiderio di annunciare la buona novella, la lieta notizia della salvezza in Cristo? Lo facciamo quando ce ne è data l’occasione nei luoghi in cui viviamo?
Per i genitori, in famiglia, questo compito diventa molto concreto e ne va della identità cristiana: trasmettere ai figli la fede, educarli nella vita cristiana, insegnare a pregare e farlo con loro senza aspettare che lo facciano il catechista o il sacerdote.
A volte però testimoniare a parole non è possibile, ma chi vive senza nascondere la propria fede annuncia il Vangelo con la vita. È vero anche che è necessario annunciare, perché la Parola sia recepita; San Paolo in una sua lettera dice: come potranno credere gli altri se non ne sentiranno parlare; e come potranno sentirne parlare se nessuno lo annuncia? Certo non è detto che l’annuncio abbia successo... può darsi che sia rifiutato e, Dio non voglia, diventi persecuzione per noi. Ad ogni modo siamo invitati a crescere nella testimonianza di ciò in cui crediamo e questo non è qualcosa di opzionale, bensì un compito che il Signore ci ha affidato: sempre l’apostolo Paolo diceva: non è per me un vanto predicare il Vangelo, è per me un dovere. Giovanni Paolo II diceva spesso che la fede cresce donandola: ecco, allora, non vergogniamoci della fede!
I missionari della buona novella.
Anche oggi la parola di Dio ci parla dei profeti, dei missionari. Gesù nel Vangelo invia i suoi, i Dodici, coloro che sono stati con lui, sono stati nella sua scuola. Qualcuno potrebbe chiedersi: ma come mai li manda a due a due...? Non potevano andare da soli?? Avrebbero potuto raggiungere più paesi...Forse la ragione di questo la dobbiamo cercare nella cultura del tempo e del popolo ebreo. A che cosa Gesù li manda? Li manda a dare la loro testimonianza. E nella cultura giudaica la testimonianza era valida, era credibile, attendibile solo se erano presenti due testimoni. Ecco allora i due testimoni, due apostoli. E qual è il messaggio che devono portare? Loro avevano sentito parlare Gesù, lo avevano sentito parlare del Padre, del regno dei celi, avevano sentito le beatitudini. Avevano visto la gioia dei malati guariti. Ecco ora devono comunicare questa gioia, questa gioiosa esperienza. Sono mandati non tanto per predicare la teologia, la dottrina quanto annunziare una persona, la persona che è Gesù. Non tanto a dire: Venite con noi, vedrete grandi miracoli, troverete il Messia che vi siete costruiti, il Messia che aspettate, il Messia che risolverà tutti i vostri problemi. Il loro messaggio è molto semplice: guardate, noi abbiamo incontrato un uomo, Gesù. Gesù ci ha detto e fatto cose meravigliose, e di questo noi siamo testimoni. Ci ha ridato la gioia di credere in Dio, nostro padre, che ci fa una promessa, che se saremo con lui, lui non ci lascerà mai e vivremo in eterno. Che cosa impariamo da questo vangelo di oggi. Credo che la cosa più importante è capire che tutti siamo missionari. Tutti noi il Signore manda, ci manda ad annunziare la gioia di essere cristiani, di essere uomini della speranza, uomini redenti da lui. Non tutto nella vita andrà sempre bene. Anche noi troveremo sul nostro cammino delle persone davanti alle quali scuoteremo, con amore, la polvere dai nostri piedi. Ma proprio in quei momenti difficili, in quei momenti salvifici potremo unirci più profondamente a lui. Facciamoci un proposito, un piccolo proposito per questa settimana. Proveremo ad essere i missionari nelle nostre piccole cose d'ogni giorno.
I discepoli partono due a due, non soli.
Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli... Ogni volta che Dio ti chiama, ti mette in viaggio. L'ha fatto con Abramo da Ur dei Caldei (alzati e va'); con il popolo in Egitto (lo condurrai fuori, nel deserto...); con il profeta Giona (alzati e va' a Ninive); con Israele ormai installato al sicuro nella terra promessa.
Dio viene a snidarci dalla vita stanca, dalla vita seduta; mette in moto pensieri nuovi, ci fa scoprire orizzonti che non conoscevamo. Dio mette in cammino. E camminare è un atto di libertà e di creazione, un atto di speranza e di conoscenza: è andare incontro a se stessi, scoprirsi mentre si scopre il mondo, un viaggio verso un altro mondo possibile.
Partono i discepoli a due a due. E non ad uno ad uno. Il loro primo annuncio non è trasmesso da parole, ma dall'eloquenza del camminare insieme, per la stessa meta.
E ordinò loro di non prendere nient'altro che un bastone. Solo un bastone a sorreggere il passo e un amico a sorreggere il cuore.
Un elogio della leggerezza quanto mai attuale: per camminare bisogna eliminare il superfluo e andare leggeri. Né pane né sacca né denaro, senza cose, senza neppure il necessario, solo pura umanità, contestando radicalmente il mondo delle cose e del denaro, dell'accumulo e dell'apparire.
Per annunciare un mondo altro, in cui la forza risiede nella creatività dell'umano: «l'annunciatore deve essere infinitamente piccolo, solo così l'annuncio sarà infinitamente grande» (G. Vannucci).
Entrati in una casa lì rimanete. Il punto di approdo è la casa, il luogo dove la vita nasce ed è più vera. Il Vangelo deve essere significativo nella casa, nei giorni delle lacrime e in quelli della festa, quando il figlio se ne va, quando l'anziano perde il senno o la salute... Entrare in casa altrui comporta percepire il mondo con altri colori, profumi, sapori, mettersi nei panni degli altri, mettere al centro non le idee ma le persone, il vivo dei volti, lasciarsi raggiungere dal dolore e dalla gioia contagiosa della carne.
Se in qualche luogo non vi ascoltassero, andatevene, al rifiuto i discepoli non oppongono risentimenti, solo un po' di polvere scossa dai sandali: c'è un'altra casa poco più avanti, un altro villaggio, un altro cuore.
All'angolo di ogni strada, l'infinito.
Gesù ci vuole tutti nomadi d'amore, gente che non confida nel conto in banca o nel mattone, ma nel tesoro disseminato in tutti i paesi e città: mani e sorrisi che aprono porte e ristorano cuori.
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Dio chiama e mette in viaggio per guarire la vita, per farci guaritore del disamore, laboratori di nuova umanità.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
- Noi ci sentiamo missionari di Dio del Suo progetto di vita?
- Quali sono gli argomenti che trattiamo e le azioni che facciamo verso il prossimo per annunciare il disegno di Dio?
7) Preghiera: Salmo 84
Mostraci, Signore, la tua misericordia.
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.
Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.
Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.
8) Orazione Finale
O Padre, tu doni sempre all'umanità profeti e testimoni del tuo amore. Rendici sempre coscienti del tuo dono e responsabili del compito che ci hai affidato dal giorno del nostro Battesimo.