Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - lunedì 7 giugno 2021

Dettagli evento

  • lunedì | 7 giugno 2021

___________________________________________________________________________________________________________________

Per prendere visione delle Lectio Divine finora pubblicate 

_____________________________________________________________________________________________________________________

Lectio lunedì 7 giugno 2021

Lunedì della Decima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
 
2 Lettera ai Corinzi 1, 1 - 7
Matteo 5, 1 - 12
 
 
1) Orazione iniziale 
O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita.
______________________________________________________________________________
 
 
2) Lettura: 2 Lettera ai Corinzi 1, 1 - 7
Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, alla Chiesa di Dio che è a Corinto e a tutti i santi dell’intera Acàia: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo. Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio. Poiché, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione. 
Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione, la quale vi dà forza nel sopportare le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo. La nostra speranza nei vostri riguardi è salda: sappiamo che, come siete partecipi delle sofferenze, così lo siete anche della consolazione.
 
3) Commento su 2 Lettera ai Corinzi 1, 1 - 7
 Il tema comune alle letture della Messa odierna è la consolazione dopo la desolazione. "Beati gli afflitti perché saranno consolati" è una delle beatitudini; san Paolo nella lettera ai Corinzi porta l'esempio di se stesso: è appena passato attraverso una grande tribolazione, tanto che più avanti dirà che disperava perfino della vita, ma in questa tribolazione ha ricevuto la consolazione di Dio e ora lo benedice: "Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione". Anche il salmo ha lo stesso tema: "Ho cercato il Signore e mi ha risposto e da ogni timore mi ha liberato... Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo libera da tutte le sue angosce".
Certo, la desolazione pesa ed è insieme una tentazione di non credere più a Dio, di non aver fiducia, quando invece Dio in quella circostanza vuol consolarci, e ci consola se lottiamo con lui, rimanendo fermi nella fede e nella speranza.
Lottare come? Lottare nella preghiera, una preghiera difficile, perché nella vera desolazione non c e più voglia di pregare, ma una preghiera intensa, vera, fatta rimanendo vicino alla croce di Gesù. Allora le nostre sofferenze diventano veramente "le sofferenze di Cristo in noi", preludio della vittoria e della consolazione, che ci fa cantare: "Gustate e vedete quanto è buono il Signore!". Soltanto dopo la vittoria si può avere la certezza gioiosa e beatificante della bontà di Dio.
In san Paolo l'esperienza della tribolazione e della consolazione è una esperienza apostolica: "Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione" perché combattimento e vittoria egli li vive per diffondere e consolidare la fede. E la consolazione "si dimostra nel sopportare con forza le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo". E dunque un cammino che egli traccia per tutti i fedeli, da vero Apostolo.
Domandiamo al Signore la luce per capire il valore delle tribolazioni e l'aiuto a rimanere, nelle prove, fermi nella fede, fermi accanto alla croce di Cristo, finché giunga la vittoria, nella consolazione divina. 
 
 "Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio". (2 Cor 1, 3-4) - Come vivere questa Parola?
Nella seconda lettera agli abitanti di "Corinto Paolo, dopo aver augurato "grazia e pace da Dio" ai suoi destinatari, si effonde in questa bellissima preghiera-augurio che è sempre attuale anche per noi.
A volte si cade in una fede solo consolatoria, in un pregare quasi per "convincere" Dio a fare, in certo senso, da "anestetico" alle nostre sofferenze. Ed è una critica più che mai giusta se il credente si risolve solo in uno scappar via dell'affrontare la fatica di vivere, con le inevitabili prove e sofferenze.
Però, è un fatto che della consolazione di Dio noi tutti abbiamo grande necessità. Ci è sostegno, ci apre alla speranza, ci dà di perseverare nell'amore. "Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi - dice Paolo - così abbonda la nostra consolazione".
E siamo con la seconda delle beatitudini: "Beati gli afflitti perché saranno consolati". Siamo consolati e approdiamo a una pace e una gioia che "nessuno potrà rapire". Non solo ma diventiamo capaci di consolare gli altri.
Signore, donaci la tua forza nei momenti difficili, dacci di non viverle da soli mai, ma in te
Ecco la voce di una filosofa mistica e martire Simone Weil (Quaderni II, 1940/42, postumo, 1953):
La religione in quanto fonte di consolazione è spesso un ostacolo alla vera fede, e in questo senso l'ateismo è una purificazione.
 
 "La nostra speranza nei vostri riguardi è salda: sappiamo che, come siete partecipi delle sofferenze, così lo siete anche della consolazione." (2 Cor 1,7) - Come vivere questa parola?
Per le prossime due settimane la liturgia ci propone la seconda lettera di san Paolo ai Corinzi. Una lettera molto bella, forse frutto della fusione di quattro lettere, due più lunghe e due definibili come "biglietti". Qui Paolo non risponde a domande, come nella prima lettera sempre ai Corinti. È invece preoccupato di ridisegnare i confini del bene e del male nella testa e nel cuore dei Corinti, che si sono lasciati abbagliare da altri eloquenti personaggi, arrivati, a dir loro in nome di Cristo, a mettere in cattiva luce Paolo stesso. Paolo conosce e ama questa comunità e sa che sarà efficace usare parole dure ma anche riconoscere la volontà di conversione di questa entusiasta popolazione. 
La redazione attuale della lettera ci fa leggere al primo capitolo questa proclamazione della consolazione. Un sentimento profondo che Paolo vive guardando al crescere e al maturare dei Corinti e che gli stessi Corinti partecipano, approdando di giorno in giorno in modo migliore alla verità che è Cristo. Consolazione, per entrambi, non è uno stato di mediocre soddisfazione che si gode non potendo aspirare ad altro, (il premio di consolazione!). È piuttosto il dono di Cristo Parola, che pervade il cuore del credente e si fa in lui esortazione, incoraggiamento, sostegno nella tribolazione, forza per affrontare il male e discernere ciò che buono da ciò che non lo è. È paraklesis, il segno della presenza e l'effetto dello Spirito Santo in noi.
Oggi, Signore, viviamo il dono della tua consolazione. Lo Spirito Santo in noi ci permetta di affrontare serenamente ma con coraggio le ambiguità che attraversiamo nel nostro lavoro, nelle nostre relazioni.
Ecco la voce di un santo San Filippo Neri: "Chi cerca consolazione fuori di Cristo non la troverà mai. "
______________________________________________________________________________
 
 
4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 5, 1 - 12
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi».
 
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 5, 1 - 12
 La "Carta Magna del Regno".
Essere "beati", felici di una felicità piena e duratura è la naturale aspirazione dell'uomo già durante la sua esperienza terrena. Ci si illude quando si ritiene di poter ottenere piacere e gioia andando contro la volontà divina realizzando progetti propri. Si rischia ancora le più amare delusioni quando si spera di poter conseguire la piena beatitudine in questo mondo. Ecco perché Gesù oggi ci proietta verso una dimensione ultraterrena, verso la meta ultima e finale, verso il Regno a cui siamo chiamati dalla bontà del Signore. La vita nel tempo ci occorre per allenare il nostro spirito ai valori autentici che Cristo ci propone. Le beatitudini, accolte nella fede, ci risuonano nel cuore come la via sicura per raggiungere la patria celeste. I poveri in spirito, gli afflitti, i miti sono coloro che nella semplicità e nella purezza della vita sanno accogliere e gustare i veri beni di Dio, ponendoli al disopra di ogni altra aspirazione. Essi anelano alla giustizia e la testimoniano con la vita. Sperimentano la misericordia divina nella gratuità e allo stesso modo la donano ai fratelli, diventano così operatori di pace. Sono puri nel cuore e l'occhio della loro anima è aperto alla visione di Dio che inibita e dimora in essi. Anche se perseguitati, anzi proprio perché perseguitati, hanno la certezza di essere accolti con Cristo nel suo regno di amore e di pace. L'immedesimazione con Cristo, martire e vittima di espiazione per noi, li riempie del migliore gaudio nella certezza di poter essere partecipi della sua stessa gloria. Vengono così descritte le sublimi virtù dei santi e dei martiri della chiesa, vengono enumerati i migliori ideali di cui Cristo ha adornato la sua sposa, ci viene indicata la via aurea alla santità e i percorsi del regno. Il nostro mondo fa molta fatica a comprendere le beatitudini del Vangelo, risuonano perfino assurdi rispetto ai canoni di cui l'uomo si è dotato. Se provassimo a scrivere le beatitudini del mondo di oggi ci troveremo a invertire letteralmente quelle proclamate da Cristo e ciò nonostante che appaia evidente che, mentre quelle evangeliche conducono davvero alla pienezza della gioia, quelle del mondo inesorabilmente deludono e ingannano. Entrano in gioco il tempo e l'eternità, il tutto e subito e l'attesa nella fede di un mondo diverso e migliore; s'intrecciano ancora la visione umana della gioia e la proposta divina della felicità senza fine e ancora il calcolo umano e la visione dei valori visti con l'occhio della fede. Fin quando restiamo proni sulla terra e non alziamo gli occhi verso l'alto ogni nostra ricerca di benessere e di gioia è purtroppo destinata a naufragare sul nascere. È triste poi costatare che l'ansia non si smorza e le brame crescono a dismisura e la morsa dell'angoscia ci opprime e tutto ciò mentre Cristo seguita a ripeterci la via del vero bene.
 
 Nel vangelo di Matteo, scritto per le comunità di giudei convertiti della Galilea e Siria, Gesù è presentato come il nuovo Mosè, il nuovo legislatore. Nell’AT la Legge di Mosè venne codificata in cinque libri: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Imitando l’antico modello, Matteo presenta la Nuova Legge in cinque grandi discorsi sparsi nel vangelo
a) Il Discorso della Montagna (Mt 5,1 a 7,29); 
b) Il Discorso della Missione (Mt 10,1-42); 
c) Il Discorso delle Parabole (Mt 13,1-52); 
d) Il Discorso della Comunità (Mt 18,1-35); 
e) il Discorso del Futuro del Regno (Mt 24,1 a 25,46). 
Le parti narrative, intercalate tra i cinque Discorsi, descrivono la pratica di Gesù e mostrano come osservava la nuova Legge e la incarnava nella sua vita.
 
? Matteo 5,1-2: Il solenne annuncio della Nuova Legge. D’accordo con il contesto del vangelo di Matteo, nel momento in cui Gesù pronuncia il Discorso della Montagna, c’erano appena quattro discepoli con lui (cf. Mt 4,18-22). Poca gente. Ma una moltitudine immensa stava dietro di lui (Mt 4,25). Nell’AT, Mosè salì sul monte Sinai per ricevere la Legge di Dio. Come avvenne con Mosè, Gesù sale sulla Montagna e, guardando la folla, proclama la Nuova Legge. È significativo il modo solenne con cui Matteo introduce la proclamazione della Nuova Legge: “Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola li ammaestrava dicendo: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. Le otto Beatitudini aprono in modo solenne il “Discorso della Montagna”. In esse Gesù definisce chi può essere considerato beato, chi può entrare nel Regno. Sono otto categorie di persone, otto porte di ingresso per il Regno, per la Comunità. Non ci sono altre entrate! Chi vuole entrare nel Regno dovrà identificarsi almeno con una di queste otto categorie.
 
 Matteo 5,4-9: Il nuovo progetto di vita. Ogni volta che nella Bibbia si cerca di rinnovare l’Alleanza, si ricomincia ristabilendo il diritto dei poveri e degli esclusi. Senza di questo, l’Alleanza non si rifà! Così facevano i profeti, così fa Gesù. Nelle beatitudini, Gesù annuncia il nuovo Progetto di Dio che accoglie i poveri e gli esclusi. Denuncia il sistema che esclude i poveri e che perseguita coloro che lottano per la giustizia. La prima categoria dei “poveri in spirito” e l’ultima categoria dei “perseguitati per causa della giustizia” ricevono la stessa promessa del Regno dei Cieli. E la ricevono fin da ora, nel presente, poiché Gesù dice “di essi è il Regno!” Il Regno è già presente nella loro vita. Tra la prima e l’ultima categoria, ci sono sei altre categorie che ricevono la promessa del Regno. In esse appare il nuovo progetto di vita che vuole ricostruire la vita nella sua totalità mediante un nuovo tipo di rapporto: con i beni materiali (1a coppia); con le persone tra di loro (2a coppia); con Dio (3a coppia). La comunità cristiana deve essere un esempio di questo Regno, un luogo dove il Regno comincia a prendere forma fin da ora.
 
 Le tre coppie: 
a) Prima coppia: i miti e gli afflitti: I miti sono i poveri di cui parla il salmo 37. Loro sono stati privati delle loro terre e le erediteranno di nuovo (Sal 37,11; cf Sal 37.22.29.34). Gli afflitti sono coloro che piangono dinanzi all’ingiustizia nel mondo e nella gente (cf. Sal 119,136; Ez 9,4; Tb 13,16; 2Pd 2,7). Queste due beatitudini vogliono ricostruire il rapporto con i beni materiali: il possesso della terra ed il mondo riconciliato.
b) Seconda coppia: coloro che hanno fame e sete di giustizia ed i misericordiosi: Coloro che hanno fame e sete di giustizia sono coloro che desiderano rinnovare la convivenza umana, in modo che sia di nuovo d’accordo con le esigenze della giustizia. I misericordiosi sono coloro che hanno il cuore nella miseria degli altri perché vogliono eliminare le disuguaglianze tra fratelli e sorelle. Queste due beatitudini vogliono ricostruire il rapporto tra le persone mediante la pratica della giustizia e della solidarietà.
c) Terza coppia: i puri di cuore ed i pacifici: I puri di cuore sono coloro che hanno uno sguardo contemplativo che permette loro di percepire la presenza di Dio in tutto. Coloro che promuovono la pace saranno chiamati figli di Dio, perché si sforzano affinché una nuova esperienza di Dio possa penetrare il tutto e riesca ad integrare il tutto. Queste due beatitudini vogliono ricostruire il rapporto con Dio: vedere la presenza di Dio che agisce in tutto, ed essere chiamati figlio e figlia di Dio.
 
 Matteo 5,10-12: I perseguitati per causa della giustizia e del vangelo. Le beatitudini dicono esattamente il contrario di ciò che dice la società in cui viviamo. Infatti, nella società il perseguitato per la giustizia è considerato un infelice. Il povero è un infelice. Beato è colui che ha denaro e può andare al supermercato e spendere come vuole. Beato è colui che ha fama e potere. Gli infelici sono i poveri, coloro che piangono! In televisione, i teleromanzi divulgano questo mito della persona felice e realizzata. E senza che ce ne rendiamo conto, diventano il modello di vita per molti di noi. C’è ancora posto nella nostra società per queste parole di Gesù: “Beati i perseguitati per causa della giustizia e del vangelo! Beati i poveri! Beati coloro che piangono!”? E per me, che sono cristiano o cristiana, di fatto chi è beato?
______________________________________________________________________________
 
 
6) Per un confronto personale
• Tutti vogliamo essere felici. Tutti e tutte! Ma siamo veramente felici? Perché sì? Perché no? Come capire che una persona possa essere povera e felice allo stesso tempo?
• Quali sono i momenti nella tua vita in cui ti sei sentito/a veramente felice? Era una felicità come quella che fu proclamata da Gesù nelle beatitudini, o era di un altro tipo?
 
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 33
Gustate e vedete com’è buono il Signore.
 
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.
 
Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.
 
Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.
 
L’angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete com’è buono il Signore;
beato l’uomo che in lui si rifugia.