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- lunedì | 31 maggio 2021
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Lectio lunedì 31 maggio 2021
Lunedì della Nona Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
Visitazione della Beata Vergine Maria
Lettera ai Romani 12, 9 - 16
Luca 1, 39 - 56
1) Orazione iniziale
Dio onnipotente ed eterno, che nel tuo disegno di amore hai ispirato alla beata Vergine Maria, che portava in grembo il tuo Figlio, di visitare sant'Elisabetta, concedi a noi di essere docili all'azione del tuo Spirito, per magnificare con Maria il tuo santo nome.
Il mistero della Visitazione è il mistero della comunicazione mutua di due donne diverse per età, ambiente, caratteristiche e della rispettosa vicendevole accoglienza.
Due donne, ciascuna delle quali porta un segreto difficile a comunicare, il segreto più intimo e più profondo che una donna possa sperimentare sul piano della vita fisica: l’attesa di un figlio.
Elisabetta fatica a dirlo a causa dell’età, della novità, della stranezza. Maria fatica perché non può spiegare a nessuno le parole dell’angelo. Se Elisabetta ha vissuto, secondo il Vangelo, nascosta per alcuni mesi nella solitudine, infinitamente più grande è stata la solitudine di Maria. Forse per questo parte “in fretta”; ha bisogno di trovarsi con qualcuno che capisca e da ciò che le ha detto l’angelo ha capito che la cugina è la persona più adatta. Quando si incontrano, Maria è regina nel salutare per prima, è regina nel saper rendere onore agli altri, perché la sua regalità è di attenzione premurosa e preveniente, quella che dovrebbe avere ogni donna. Elisabetta si sente capita ed esclama: “Benedetta tu tra le donne”. Immaginiamo l’esultanza e lo stupore di Maria che si sente a sua volta compresa, amata, esaltata. Sente che la sua fede nella Parola è stata riconosciuta.
Il mistero della Visitazione ci parla quindi di una compenetrazione di anime, di un’accoglienza reciproca e discretissima, che non si logora con la moltitudine delle parole, che non richiede un eloquio fluviale ma che con semplici accenni di luci, di fiaccole nella notte, permette una comunicazione perfetta” [Da La donna nel suo popolo, Ed. Ancora, 1984, pp. 77ss].
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2) Lettura: Lettera ai Romani 12, 9 - 16
Fratelli, la carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene; siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità.
Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile.
3) Commento su Lettera ai Romani 12, 9 - 16
«Fratelli, la carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda...» (Rm 12, 9-10) e
«L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva...» (Lc 1, 46-48) - Come vivere questa Parola?
Maria, nella Visitazione alla cugina Elisabetta, c'insegna l'accoglienza a Dio ed ai fratelli. Anzitutto ad accogliere Dio. Non è facile accogliere veramente il Signore nel nostro cuore, come ha fatto Maria. Talvolta noi accogliamo Dio come un venditore ambulante che offre i suoi prodotti. Lo lasciamo sulla soglia di casa, appena sulla porta. Gli chiediamo che cosa ci ha portato di buono, quale grazia ci offre e ci mettiamo d'accordo per ottenere quello che c'interessa in quel momento. Accogliere Dio come ha fatto Maria, significa farlo entrare completamente in casa nostra dandogli il primo posto, metterlo al centro della nostra vita, con gioia, cantando il Magnificat per le meraviglie da Lui operate. Vuol dire dargli pienamente spazio, anche quando Lui scombina i nostri piani e manda in crisi i nostri progetti e le nostre certezze. Così Maria ha accolto il Signore nella sua vita, non per servirsene, ma per consegnarsi totalmente al suo servizio e cantare a Lui il Magnificat con tutta la sua esistenza.
In secondo luogo Maria c'insegna anche ad accogliere i nostri fratelli. É la prima lettura di S. Paolo ai Romani dell'odierna liturgia che c'invita a farlo. Essa costituisce una vera summa della vita di comunità: «Fratelli, la carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda...». È tutto un invito appassionato alla reciprocità dell'amore fraterno in Cristo! Per accogliere il fratello bisogna uscire da sé. Maria esce da sé, anche fisicamente, esce dalla sua casa, si mette in cammino «in fretta», per andare incontro ad Elisabetta. Accogliere i nostri fratelli in comunità è sempre un accogliere ciò che Dio opera in loro, è accogliere la loro vera identità nella loro vocazione divina. Ciò richiede un impegno difficile per uscire da noi stessi e dilatare gli spazi della fede e della carità, per non rinchiudere il nostro sguardo nei limiti ristretti del nostro egoismo, ma allargarlo alle dimensioni di Dio, ben più ampie del nostro modo di pensare gretto ed angusto. Allora ci rendiamo conto che accogliere Dio e accogliere i fratelli si condizionano a vicenda: stanno o cadono insieme. Noi riusciamo ad accogliere i fratelli soltanto se ci apriamo a Dio, se gli facciamo spazio, ma anche se siamo disposti ad accoglierlo negli altri, a riconoscere il disegno di Dio che si compie in loro, a riconoscere la sua voce che ci viene dal fratello. Se rimaniamo chiusi in noi stessi, se non usciamo di casa, come Maria, per andare incontro all'altro, possiamo anche illuderci di essere in rapporto con Dio, di accoglierlo, mentre in realtà i nostri pensieri, le nostre preoccupazioni egoistiche c'impediscono di aprirci agli altri, di vedere nell'altro l'azione di Dio e, in definitiva, di accogliere veramente il Signore.
Ecco la voce di Papa Francesco (dall'omelia del 31 maggio 2013): "È proprio la Madonna che porta le gioie. La Chiesa la chiama "causa della nostra gioia". Perché? Perché porta la gioia nostra più grande, porta Gesù. E portando Gesù fa sì che questo bambino sussulti nel grembo della madre. Dobbiamo pregare la Madonna perché portando Gesù ci dia la grazia della gioia, della libertà, ci dia la gioia di lodare sempre"
Paolo ci raccomanda che ognuno cerchi di fare bene il suo servizio per la crescita di tutta la comunità. L’amore è la scelta di fondo del cristiano (12,9-21): l’amore fraterno e verso tutti.
Ripropone così un aspetto centrale dell’annuncio di Cristo sull’unico comandamento e sul modo concreto di viverlo (vedi Mt 12,28-34; Lc 10,25-37; Gv 13,31-35).
I primi versetti riguardano i rapporti fra cristiani, gli ultimi versetti i rapporti con gli altri. v.9: Il vostro amore sia sincero. Il termine usato da Paolo indica “senza ipocrisia”, senza doppi fini o interessi personali. L’invito è ad amare in modo semplice, schietto, disinteressato. Questo non è (e non sarà mai) né facile né scontato. 24 v.10: Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno. La reciprocità e la fraternità sono i segni dell’amore cristiano.
Questo vuol dire prima di tutto l’eguaglianza fra tutti, senza “padri” o “madri”, capi o padroni, maestri o dottori, perché voi siete tutti fratelli (Mt 23,8-10).
Vuol dire, poi, la stima degli uni verso gli altri, nella varietà dei doni ricevuti e del proprio ruolo nella comunità, senza false umiltà o sottili ricatti, senza passività o ruoli privilegiati, senza svalutazioni o titoli onorifici.
L’amore porta gioia, responsabilità, libertà. vv.11-12: Siate impegnati, non pigri. L’amore non tollera la pigrizia, il dilazionare, lo scaricabarile, la musoneria.
L’amore è servizio sollecito e attento, fatto con costanza, con tenacia, con gioia. La vita del cristiano è vissuta nella serenità, non nell’esaltazione; nella fortezza, non nell’autoritarismo; nella pazienza, non nella rassegnazione; nella fiducia gioiosa in Dio, non nel calcolo interessato. v.13: Siamo pronti ad aiutare chi è nel bisogno.
Chiediamo a Dio di benedire quelli che ci perseguitano.
Ora Paolo allarga il suo sguardo a tutti gli uomini, ad ogni persona che il cristiano incontra nella sua vita quotidiana: rispondere al male con il bene, all’offesa con il perdono, all’ingiustizia con un atteggiamento e delle scelte positive, costruttive.
Da notare che Paolo non dice: benedite quelli che…, ma dice di chiedere a Dio la forza di farlo, ben sapendo la difficoltà dell’uomo ad assumere questi atteggiamenti.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Luca 1, 39 - 56
In quei giorni, Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
5) Riflessione sul Vangelo secondo Luca 1, 39 - 56
Visitazione della Beata Vergine Maria.
Il mese di maggio in cui in modo particolare ci siamo affidati alla Madonna Santissima volge al termine. E proprio l'ultimo giorno la liturgia ci propone l'esempio di Maria. Il fondamento della festa è il Vangelo. «Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile». «In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda». Nel dare l'annuncio della prodigiosa maternità di Maria, l'angelo Gabriele l'aveva informata di quanto è già accaduto alla sua parente, ed ecco che la futura Madre del Signore, l'umile ancella, come Lei stessa si è definita, sente il dovere impellente di andare a trovare Elisabetta per darle quell'aiuto di cui ogni mamma ha bisogno quando è prossima alla maternità. Chi ama Dio e si sente amato da Lui, ama anche il suo prossimo e allora non c'è dignità o privilegio che possa frenare la concreta espressione della più squisita carità. Sembra poi normale che nella manifestazione operosa dell'amore si svelino anche i misteri reconditi di Dio. Elisabetta, mossa dallo Spirito Santo esclama: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?». Vede in Maria la Madre del Mio Signore, il bambino che da oltre sei mesi porta in grembo, il futuro Giovanni Battista, le sussulta di gioia nel grembo. E Maria, che serbava nel suo cuore l'arcano mistero che stava per compiersi in Lei, esplode in un sublime cantico di lode, intona il suo Magnificat. Che bell'insegnamento per noi! Dio si svela e si fa conoscere dove l'amore trova le sue migliori manifestazioni. Ce lo conferma San Giovanni quando dice: «Dov'è carità e amore, lì c'è Dio». Ma lo stesso Gesù afferma solennemente che quello che facciamo nel suo nome ai nostri fratelli più bisognosi egli lo ritiene e lo premia come se fosse fatto a Lui stesso. Ci è di conforto infine scoprire la materna sollecitudine di Maria nei confronti delle nostre necessità. Ne avremo una conferma alle nozze di Cana; sarà lei ad accorgersi del disagio e a provvedere per la mancanza del vino chiedendo anzitempo un miracolo dal Figlio suo Gesù Cristo.
Oggi è la festa della visitazione della Vergine, e il vangelo narra la visita di Maria a sua cugina Elisabetta. Quando Luca parla di Maria, pensa alle comunità del suo tempo che vivevano sparse nelle città dell’Impero Romano ed offre loro in Maria un modello di come devono rapportarsi alla Parola di Dio. Una volta, udendo Gesù parlare di Dio, una donna del popolo esclamò: "Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte” elogiando la madre di Gesù. Immediatamente, Gesù rispose: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano" (Lc 11,27-28). Maria è il modello della comunità fedele che sa vivere e praticare la Parola di Dio. Nel descrivere la visita di Maria a Elisabetta, lui insegna come devono agire le comunità per trasformare la visita di Dio in servizio ai fratelli e alle sorelle.
L’episodio della visita di Maria ad Elisabetta mostra ancora un altro aspetto tipico di Luca. Tutte le parole e gli atteggiamenti, soprattutto il cantico di Maria, formano una grande celebrazione di lode. Sembra una descrizione di una liturgia solenne. Così, Luca, evoca l’ambiente liturgico e celebrativo, in cui Gesù si formò ed in cui le comunità devono vivere la propria fede.
Luca 1,39-40: Maria va a visitare sua cugina Elisabetta. Luca mette l’accento sulla prontezza di Maria nel rispondere alle esigenze della Parola di Dio. L’angelo le parlò della gravidanza di Elisabetta e Maria, immediatamente, si alza per verificare ciò che l’angelo le aveva annunciato, ed esce di casa per aiutare una persona nel bisogno. Da Nazaret fino alle montagne di Giuda ci sono più di 100 km! Non c’erano pullman, né treni!
? Luca 1,41-44: Il saluto di Elisabetta. Elisabetta rappresenta l’Antico Testamento che termina. Maria, il Nuovo che inizia. L’Antico Testamento accoglie il Nuovo con gratitudine e fiducia, riconoscendo in esso il dono gratuito di Dio che viene a realizzare e completare qualsiasi aspettativa della gente. Nell’incontro delle due donne si manifesta il dono dello Spirito che fa che la creatura salti di gioia nel seno di Elisabetta. La Buona Novella di Dio rivela la sua presenza in una delle cose più comuni della vita umana: due donne di casa che si scambiano la visita per aiutarsi. Visita, gioia, gravidanza, bambini, aiuto reciproco, casa, famiglia: Luca vuol far capire e far scoprire alle comunità (e a noi tutti) la presenza del Regno. Le parole di Elisabetta, fino ad oggi, fanno parte del salmo più conosciuto e più recitato in tutto il mondo, che è l’Ave Maria.
Luca 1,45: L’elogio che Elisabetta fa a Maria. "Beata colei che ha creduto, nell’adempimento delle parole del Signore". È l’avviso di Luca alle Comunità: credere nella Parola di Dio, poiché ha la forza di realizzare ciò che ci dice. È Parola creatrice. Genera una nuova vita nel seno di una vergine, nel seno della gente povera ed abbandonata che l’accoglie con fede.
Luca 1,46-56: Il cantico di Maria. Molto probabilmente, questo cantico, era già conosciuto e cantato nelle comunità. Lei insegna come deve essere pregato e cantato. Luca 1,46-50: Maria inizia proclamando il cambiamento avvenuto nella sua vita sotto lo sguardo amorevole di Dio, pieno di misericordia. Per questo, canta felice: "Esulto di gioia in Dio, mio Salvatore”. Luca 1,51-53: canta la fedeltà di Dio verso il suo popolo e proclama il mutamento che il braccio di Yavé sta producendo a favore dei poveri e degli affamati. L’espressione "braccio di Dio" ricorda la liberazione dell’Esodo. È questa forza salvatrice di Dio ciò che dà vita al mutamento: disperde gli orgogliosi (1,51), rovescia dai troni i potenti ed innalza gli umili (1,52), rimanda a mani vuote i ricchi e ricolma di beni gli affamati (1,53). Luca 1,54-55: Alla fine, lei ricorda che tutto ciò è espressione della misericordia di Dio verso il suo popolo ed espressione della sua fedeltà alle promesse fatte a Abramo. La Buona Novella non è una risposta all’osservanza della Legge, ma espressione della bontà e della fedeltà di Dio alle promesse fatte. È ciò che Paolo insegnava nelle lettere ai Galati e ai Romani.
Il secondo libro di Samuele racconta la storia dell’Arca dell’Alleanza. Davide volle metterla a casa sua, ma si impaurì e disse: "Come potrà venire da me l’Arca del Signore?" (2 Sam 6,9) Davide ordinò così che l’Arca fosse messa nella casa di Obed-Edom. "E l’Arca del Signore rimase tre mesi in casa de Obed-Edom, e il Signore benedisse Obed-Edom e tutta la casa" (2 Sam 6,11). Maria, in attesa di Gesù, è come l’Arca dell’Alleanza che, nell’Antico Testamento, visitava le case delle persone portando benefici. Lei si reca a casa di Elisabetta e vi rimane tre mesi. E mentre si trova in casa di Elisabetta, tutta la famiglia è benedetta da Dio. La comunità deve essere come la Nuova Arca dell’Alleanza. Visitando la casa delle persone, deve portare benefici e la grazia di Dio alla gente.
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6) Per un confronto personale
• Cosa ci impedisce di scoprire e di vivere la gioia della presenza di Dio nella nostra vita?
• Dove e come la gioia della presenza di Dio avviene oggi nella mia vita e in quella della comunità?
7) Preghiera finale: Isaia 12
Grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.
Ecco, Dio è la mia salvezza;
io avrò fiducia, non avrò timore,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza.
Attingerete acqua con gioia
alle sorgenti della salvezza.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere,
fate ricordare che il suo nome è sublime.
Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse,
le conosca tutta la terra.
Canta ed esulta, tu che abiti in Sion,
perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.