Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - giovedì 27 maggio 2021

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  • giovedì | 27 maggio 2021

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Lectio giovedì 27 maggio 2021

 
Giovedì dell’Ottava Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
 
Libro del Siracide 42, 15 - 26
Marco 10, 46 - 52
 
 
1) Orazione iniziale
Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio.
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2) Lettura: Libro del Siracide 42, 15 - 26
Ricorderò ora le opere del Signore e descriverò quello che ho visto. Per le parole del Signore sussistono le sue opere, e il suo giudizio si compie secondo il suo volere. Il sole che risplende vede tutto, della gloria del Signore sono piene le sue opere. Neppure ai santi del Signore è dato di narrare tutte le sue meraviglie, che il Signore, l’Onnipotente, ha stabilito perché l’universo stesse saldo nella sua gloria. Egli scruta l’abisso e il cuore, e penetra tutti i loro segreti. L’Altissimo conosce tutta la scienza e osserva i segni dei tempi, annunciando le cose passate e future e svelando le tracce di quelle nascoste. Nessun pensiero gli sfugge, neppure una parola gli è nascosta. Ha disposto con ordine le meraviglie della sua sapienza, egli solo è da sempre e per sempre: nulla gli è aggiunto e nulla gli è tolto, non ha bisogno di alcun consigliere.
Quanto sono amabili tutte le sue opere! E appena una scintilla se ne può osservare. Tutte queste cose hanno vita e resteranno per sempre per tutte le necessità, e tutte gli obbediscono.
Tutte le cose sono a due a due, una di fronte all’altra, egli non ha fatto nulla d’incompleto.
L’una conferma i pregi dell’altra: chi si sazierà di contemplare la sua gloria?
 
3) Commento sul Libro del Siracide 42, 15 - 26
 “L’Altissimo conosce tutta la scienza” (Siracide).
il Siracide ricorda che soltanto l'Altissimo conosce tutta la scienza. Noi vediamo le cose, ma se non siamo uniti al Signore le vediamo in modo molto superficiale. "L'Altissimo osserva i segni dei tempi, annunziando le cose passate e future e svelando le tracce di quelle nascoste. Nessun pensiero gli sfugge...".
È nella luce di Cristo che noi vediamo la luce. Domandiamogli allora di essere veramente aperti alla sua luce, alla luce della fede, che tante volte ci permette di andare oltre apparenze paradossali, sconcertanti e di vedere il vero senso di tutte le cose. Seguire Cristo per trovare la luce è la vocazione di ogni cristiano. Dobbiamo essere persone illuminate, non nel senso di persone che seguono la luce propria e si credono ispirate mentre sono nell'illusione, ma persone veramente illuminate, persone il cui volto risplende. Un salmo dice che se noi rivolgiamo la faccia verso il Signore saremo illuminati, e la liturgia lo utilizza sovente, perché è una allusione alla bontà del Signore che ci fa gustare i suoi doni. "Che vuoi che io ti faccia?". "Rabbuni, che io veda!". Domandiamo a Gesù che ci faccia vedere sempre di più, perché possiamo lodare Dio con tutto il cuore e attirare tanti alla vera luce.
 
 “Per le parole del Signore sussistono le sue opere e il suo giudizio si compie secondo il suo volere.”
La prima frase che viene detta, ci dice ricordate e descrivete, e poi che Dio parla, che a causa della sua parola sussistono delle opere, che sono prodotti, operazioni, non oggetti semplicemente. Quando troviamo l’espressione frequentissima nella scrittura le opere del Signore si pensa sempre a delle cose, mentre è molto chiaro, da Esodo in avanti, che le opere del Signore sono le sue azioni, la grande opera è la liberazione del suo popolo dall’Egitto.
Certo anche la Creazione, intesa però non come produzione di un oggetto, ma come Dio che tiene in vita il mondo: se Dio abbassasse la mano il mondo cesserebbe di esistere. È la continua opera con cui Dio crea.
È particolarmente bella la triade di parole che qui vengono utilizzate: è la parola che compie opere, e subito attaccato c’è il giudizio. È chiaro che ci vuole una parola potente che non sia semplicemente la chiacchiera, perché la chiacchiera non compie nessuna opera, non sposta niente. Pensiamo nella nostra cultura che peso aveva, fino a non molto tempo fa, la parola data, ad esempio nei contratti: era davvero una parola che compiva un’opera, ed esprimeva un giudizio perché venir meno alla parola data aveva un peso infinito. Qui si sta dicendo proprio questo: Dio è uno di cui ci possiamo fidare perché la sua parola crea un’opera, la parola che crea un’opera formula un giudizio, consente di discernere ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è per me e ciò che è contro di me, ciò che fa il bene del mondo e ciò che non fa il bene del mondo.
 
 16 “Neppure il sole che risplende vede tutto, della gloria del Signore sono piene le sue opere. 
17 Neppure ai santi del Signore è dato di narrare tutte le sue meraviglie, che il Signore, onnipotente, ha stabilito perché l'universo stesse saldo nella sua gloria.”
In altre parti della scrittura si dice: neppure i santi, neppure i sapienti dicono di conoscere le sue opere, invece qui si dice di narrare. 
È il tema della parola che consente, che crea la condizione necessaria perché un segno diventi segno dei tempi, che possa trovare consenso, dell’ascoltarsi, del parlarsi, del perder tempo a confrontarsi affinché un po’ alla volta emerga una lettura comune. Ecco perché qui si parla di narrazione e per narrare ci vuole tempo, e neppure ai santi è dato di narrare le sue opere. Tutto il nostro sforzo come credenti dovrebbe essere quello non tanto di spiegare o di convincere, ma di narrare il Dio che si mette dalla parte degli uomini.
 
 18 “Egli scruta l'abisso e il cuore e penetra tutti i loro segreti. L'Altissimo conosce tutta la scienza e osserva i segni dei tempi.”
Qui si dice che la verità della conoscenza, l’abisso della storia, tutto il mistero e il futuro che non è nelle nostre mani, sta tutto nelle mani di Dio, e che noi non possiamo avvicinarci neanche per approssimazione. La verità sta davanti a noi, non dietro, non l’abbiamo ricevuta, è da farsi. È scoprire progressivamente nella conversazione una verità che non ci era data da sola. Altrimenti si arriva alla sordità dell’Ottocento in cui gli altri sono solo occasione di peccato o perché mi tentano o perché mi fanno arrabbiare e dunque devo esercitare una tale pazienza che rischio sempre di peccare. Se tutto è dentro di me, se noi la verità già la sappiamo tutta, gli altri sono solo occasione che mette alla prova. È un’idea assurda. Invece è esattamente il contrario: solo per Dio noi siamo di fatto una prova, gli siamo costati suo figlio, ma lui ha scelto che noi fossimo e quindi ci tiene così. Noi gli uni per gli altri siamo il luogo dove la verità si fa, perché solo Dio ha di suo tutta la verità e non ha bisogno di noi.
 
 19 “Annunciando le cose passate e future e svelando le tracce di quelle nascoste.”
Questo versetto contiene tutta la nostra fatica, il nostro essere pellegrini. Abbiamo bisogno che qualcuno ci annunci le cose passate e quelle future, perché per il resto dovremmo riuscire a svelare il presente, cioè le cose nascoste. C’è un passato che rischiamo di dimenticare, un futuro che rischiamo di non saper sognare perché c’è un presente che risulta nascosto a noi stessi. Non è un caso che il Vangelo metterà tra gli apici delle virtù la vigilanza, la capacità di riconoscere i segni dei tempi, di svelare il presente nascosto.
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4) Lettura: dal Vangelo di Marco 10, 46 - 52
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
 
5) Riflessione sul Vangelo di Marco 10, 46 - 52
 La vista degli occhi e dell'anima.
La contemplazione del creato, la visione delle grandi opere che il Signore ha fatto, lo splendore del sole, tutto quello che ci circonda e vive, ci aiutano a comprendere la sua altissima grandezza, la sua divina onnipotenza, la sua onniscienza e tutte le sue eccelse virtù. Tutto egli conosce. Tutto egli vede e scruta, anche i segreti dei cuori. Egli riempie di sé l'universo: tutto è per la sua gloria. L'uomo, il creato, tutto è suo! "Quanto sono amabili tutte le sue opere" e "chi si sazierà nel contemplare la sua gloria" esclama pieno di stupore e meraviglia l'autore del libro del Siracide. 
Gesù sulla sua strada, siamo al Vangelo, incontra un povero, un mendicante. È cieco e non può essere un contemplatore delle opere di Dio. Vive nel buio degli occhi e forse in parte anche della fede. Egli grida la sua preghiera, non è infatti in grado di vedere la distanza che lo separa dal Maestro che sta per sopraggiungere. Sì, la preghiera va gridata talvolta anche se sappiamo che anche il gemito di un neonato è ben percepito dal Signore. "Figlio di Davide, abbi pietà di me", ripete più volte con voce sempre più forte. Non bada a chi lo sgrida imponendogli di tacere. Occorre fede e perseveranza virtù che vengono subito premiate. Gesù si fermò e disse: "Chiamatelo!". E chiamarono il cieco dicendogli: "Coraggio! Alzati, ti chiama!". Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Quello del cieco è un balzo verso la vita, verso Cristo, verso la salvezza. Allora Gesù gli disse: "Che vuoi che io ti faccia?". E il cieco a lui: "Rabbunì, che io riabbia la vista!". E Gesù gli disse: "Và, la tua fede ti ha salvato". E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada". Riacquista la vista degli occhi e dono assai più importante, anche la vista dell'anima: la fede non illumina soltanto, ma diventa garanzia di salvezza per la vita eterna.
 
 Il vangelo di oggi descrive la guarigione del cieco Bartimeo (Mc 10,46-52) che chiude il lungo insegnamento di Gesù sulla Croce. All’inizio dell’insegnamento, c’era la guarigione di un cieco anonimo (Mc 8,22-26). Le due guarigioni di ciechi sono il simbolo di ciò che avveniva tra Gesù e i discepoli.
 
? Marco 10,46-47: Il grido del cieco Bartimeo. Finalmente, dopo una lunga traversia, Gesù ed i discepoli giungono a Gerico, ultima fermata prima di salire verso Gerusalemme. Il cieco Bartimeo è seduto lungo la strada. Non può partecipare alla processione che accompagna Gesù. Ma lui grida, invocando l’aiuto di Gesù: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!” Lungo i secoli, mediante la pratica dei monaci del deserto, questa invocazione del povero Bartimeo divenne ciò che si è soliti chiamare “La preghiera di Gesù”. I monaci la ripetono verbalmente, tutto il tempo, e scende dalla bocca al cuore. La persona, dopo un poco di tempo, non prega più, nel senso che lei stessa diventa preghiera.
 
 Marco 10,48-51: Gesù ascolta il grido del cieco. Il grido del povero disturba. Coloro che vanno in processione cercano di farlo tacere. Ma “egli gridava più forte!” E Gesù, cosa fa? Ascolta il grido del povero, si ferma e lo manda a chiamare! Coloro che volevano far tacere il grido incomodo del povero, ora, a richiesta di Gesù, sono obbligati a portare il povero verso Gesù: “Coraggio, alzati, perché Gesù ti sta chiamando". Bartimeo lascia tutto e si dirige verso Gesù. Non aveva quasi niente. Appena un mantello. Ciò che aveva per coprire il suo corpo (cf. Es 22,25-26). Era la sua sicurezza, l’unica cosa che possedeva. Gesù chiede: “Cosa vuoi che io faccia?” Non basta gridare. Bisogna sapere perché si grida! “Rabbunì, Maestro mio! Che io riabbia la vista!” Bartimeo aveva invocato Gesù con pensieri non del tutto giusti, poiché il titolo di “Figlio di Davide” non era del tutto appropriato. Gesù stesso l’aveva criticato (Mc 12,35-37). Ma Bartimeo aveva più fede in Gesù di quanto esprimessero le sue idee su Gesù. Non esprime esigenze come fece Pietro. Sa dare la sua vita accettando Gesù senza imporre condizioni, ed il miracolo avvenne.
 
 Marco 10,52: La tua fede ti ha salvato. Gesù gli disse: "Va’, la tua fede ti ha salvato." In quello stesso istante Bartimeo iniziò a vedere di nuovo e seguiva Gesù lungo il cammino. La sua guarigione è frutto della sua fede in Gesù. Guarito, lui lascia tutto, segue Gesù lungo il cammino e sale con lui verso il Calvario a Gerusalemme. Bartimeo diventa discepolo modello per tutti noi che vogliamo “seguire Gesù lungo il cammino” in direzione verso Gerusalemme. In questa decisione di camminare con Gesù si trova la sorgente di coraggio e il seme della vittoria sulla croce. Poiché la croce non è una fatalità, né un’esigenza di Dio. È la conseguenza dell’impegno assunto con Dio, di servire i fratelli e di rifiutare il privilegio.
 
 La fede è una forza che trasforma le persone. La guarigione del cieco Bartimeo chiarisce un aspetto molto importante di come deve essere la fede in Gesù. Pietro aveva detto a Gesù: “Tu sei il Cristo!” (Mc 8,29). La sua dottrina era giusta, poiché Gesù è il Cristo, il Messia. Ma quando Gesù disse che il Messia doveva soffrire, Pietro reagì e non accettò. Pietro aveva una giusta dottrina, ma la sua fede in Gesù non era molto giusta. Bartimeo, al contrario, aveva invocato Gesù con il titolo di “Figlio di Davide!” (Mc 10,47). A Gesù non piaceva molto questo titolo (Mc 12,35-37). Per questo, pur invocando Gesù con una dottrina non del tutto corretta, Bartimeo aveva fede e fu guarito! Diversamente da Pietro (Mc 8,32-33), credette più in Gesù che nelle idee che lui aveva su Gesù. Si convertì e seguì Gesù lungo il cammino verso il Calvario! (Mc 10,52). 
 
 La comprensione totale della sequela di Gesù non si ottiene per mezzo di un insegnamento teorico, ma con l’impegno pratico, camminando con lui lungo il cammino del servizio e della gratuità, dalla Galilea fino a Gerusalemme. Chi insiste nel mantenere l’idea di Pietro, cioè, del Messia glorioso senza la croce, non capirà nulla di Gesù e non giungerà mai ad avere l’atteggiamento del vero discepolo. Chi crede in Gesù e si “dona” (Mc 8,35), accetta di “essere l’ultimo” (Mc 9,35), di “bere il calice e portare la croce” (Mc 10,38). Costui/costei come Bartimeo, pur avendo idee non del tutto corrette, riuscirà a percepire e “seguirà Gesù lungo il cammino” (Mc 10,52). In questa certezza di camminare con Gesù si trova la fonte di coraggio e il seme della vittoria sulla croce.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
• Una domanda indiscreta: “Nel mio modo di vivere la fede, sono come Pietro o come Bartimeo?
• Oggi, nella chiesa, la maggioranza della gente è come Pietro o come Bartimeo?
 
 
7) Preghiera: Salmo 32
Dalla parola del Signore furono fatti i cieli.
 
Lodate il Signore con la cetra, con l’arpa a dieci corde a lui cantate.
Cantate al Signore un canto nuovo, con arte suonate la cetra e acclamate.
 
Perché retta è la parola del Signore e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto; dell’amore del Signore è piena la terra.
 
Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
Come in un otre raccoglie le acque del mare, chiude in riserve gli abissi.
 
Tema il Signore tutta la terra, tremino davanti a lui gli abitanti del mondo,
perché egli parlò e tutto fu creato, comandò e tutto fu compiuto.,