Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - giovedì 13 maggio 2021

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  • giovedì | 13 maggio 2021

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Lectio giovedì 13 maggio 2021

 
Giovedì della Sesta Settimana di Pasqua (Anno B)
Beata Vergine Maria di Fatima
 
Atti degli Apostoli 18, 1 - 8
Giovanni 16, 16 - 20
 
 
1) Orazione iniziale
O Dio, tu hai voluto che Maria, Madre del tuo Figlio, e Vergine di Fatima, fosse anche nostra Madre; fa’ che, perseverando nella penitenza e nella preghiera per la salvezza del mondo, ci adoperiamo con tutte le forze per la crescita del regno di Cristo.
 
Giovanni Paolo II si era recato il 13 maggio 1981 al santuario di Fatima per ringraziare la Madonna di avergli salvato la vita dopo l'attentato subito il 13 maggio dell’anno prima.
Ecco il testo della preghiera di affidamento alla Vergine di Fatima di Giovanni Paolo II.
 
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio”!
 
1. Pronunciando le parole di questa antifona, con la quale la Chiesa di Cristo prega da secoli, mi trovo oggi in questo luogo da te scelto e da te, Madre, particolarmente amato.
Sono qui, unito con tutti i Pastori della Chiesa in quel particolare vincolo, mediante il quale costituiamo un corpo e un collegio, così come Cristo volle gli Apostoli in unità con Pietro.
Nel vincolo di tale unità, pronunzio le parole del presente Atto, in cui desidero racchiudere, ancora una volta, le speranze e le angosce della Chiesa nel mondo contemporaneo.
Quaranta anni fa e poi ancora dieci anni dopo il tuo servo, il Papa Pio XII, avendo davanti agli occhi le dolorose esperienze della famiglia umana, ha affidato e consacrato al tuo Cuore Immacolato tutto il mondo e specialmente i popoli che erano particolare oggetto del tuo amore e della tua sollecitudine.
Questo mondo degli uomini e delle nazioni ho davanti agli occhi anch’io oggi, nel momento in cui desidero rinnovare l’affidamento e la consacrazione compiuta dal mio predecessore nella Sede di Pietro: il mondo del secondo millennio che sta per terminare, il mondo contemporaneo, il nostro mondo odierno!
La Chiesa memore delle parole del Signore: “Andate . . . e ammaestrate tutte le nazioni . . . Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 19-20), ha rinnovato, nel Concilio Vaticano II, la coscienza della sua missione in questo mondo.
E perciò, o Madre degli uomini e dei popoli, tu che “conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze”, tu che senti maternamente tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre, che scuotono il mondo contemporaneo, accogli il nostro grido che, come mossi dallo Spirito Santo, rivolgiamo direttamente al tuo Cuore e abbraccia, con l’amore della Madre e della Serva, questo nostro mondo umano, che ti affidiamo e consacriamo, pieni di inquietudine per la sorte terrena ed eterna degli uomini e dei popoli.
In modo speciale ti affidiamo e consacriamo quegli uomini e quelle nazioni, che di questo affidamento e di questa consacrazione hanno particolarmente bisogno.
“Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio”!
Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova!
Non disprezzare!
Accogli la nostra umile fiducia - e il nostro affidamento!
 
2. “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16). Proprio questo amore ha fatto sì che il Figlio di Dio abbia consacrato se stesso: “Per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità” (Gv 17, 19).
In forza di quella consacrazione i discepoli di tutti i tempi sono chiamati a impegnarsi per la salvezza del mondo, ad aggiungere qualcosa ai patimenti di Cristo a favore del suo Corpo che è la Chiesa (cf. 2 Cor 12, 15; Col 1, 24).
Davanti a te, Madre di Cristo, dinanzi al tuo Cuore Immacolato, io desidero oggi, insieme con tutta la Chiesa, unirmi col Redentore nostro in questa sua consacrazione per il mondo e per gli uomini, la quale solo nel suo Cuore divino ha la potenza di ottenere il perdono e di procurare la riparazione.
La potenza di questa consacrazione dura per tutti i tempi ed abbraccia tutti gli uomini, i popoli e le nazioni, e supera ogni male, che lo spirito delle tenebre è capace di ridestare nel cuore dell’uomo e nella sua storia e che, di fatto, ha ridestato nei nostri tempi.
A questa consacrazione del nostro Redentore, mediante il servizio del successore di Pietro, si unisce la Chiesa, Corpo mistico di Cristo.
Oh, quanto profondamente sentiamo il bisogno di consacrazione per l’umanità e per il mondo: per il nostro mondo contemporaneo, nell’unità con Cristo stesso! L’opera redentrice di Cristo, infatti, deve essere partecipata dal mondo per mezzo della Chiesa.
Oh, quanto ci fa male, quindi, tutto ciò che nella Chiesa e in ciascuno di noi si oppone alla santità e alla consacrazione! Quanto ci fa male che l’invito alla penitenza, alla conversione, alla preghiera, non abbia riscontrato quell’accoglienza che doveva!
Quanto ci fa male che molti partecipino così freddamente all’opera della Redenzione di Cristo! Che così insufficientemente si completi nella nostra carne “quello che manca ai patimenti di Cristo” (Col 1, 24).
Siano quindi benedette tutte le anime, che obbediscono alla chiamata dell’eterno Amore! Siano benedetti coloro che, giorno dopo giorno, con inesausta generosità accolgono il tuo invito, o Madre, a fare quello che dice il tuo Gesù (cf. Gv 2, 5) e danno alla Chiesa e al mondo una serena testimonianza di vita ispirata al Vangelo.
Sii benedetta sopra ogni cosa tu, Serva del Signore, che nel modo più pieno obbedisci alla Divina chiamata!
Sii salutata tu, che sei interamente unita alla consacrazione redentrice del tuo Figlio!
Madre della Chiesa! Illumina il Popolo di Dio sulle vie della fede, della speranza e della carità! Aiutaci a vivere con tutta la verità della consacrazione di Cristo per l’intera famiglia umana del mondo contemporaneo.
 
3. Affidandoti, o Madre, il mondo, tutti gli uomini e tutti i popoli, ti affidiamo anche la stessa consacrazione per il mondo, mettendola nel tuo Cuore materno.
Oh, Cuore Immacolato! Aiutaci a vincere la minaccia del male, che così facilmente si radica nei cuori degli stessi uomini d’oggi e che nei suoi effetti incommensurabili già grava sulla nostra contemporaneità e sembra chiudere le vie verso il futuro!
Dalla fame e dalla guerra, liberaci!
Dalla guerra nucleare, da una autodistruzione incalcolabile, da ogni genere di guerra, liberaci!
Dai peccati contro la vita dell’uomo sin dai suoi albori, liberaci!
Dall’odio e dall’avvilimento della dignità dei figli di Dio, liberaci! Da ogni genere di ingiustizia nella vita sociale, nazionale e internazionale, liberaci!
Dalla facilità di calpestare i comandamenti di Dio, liberaci! Dai peccati contro lo Spirito Santo, liberaci! liberaci!
Accogli, o Madre di Cristo, questo grido carico della sofferenza di tutti gli uomini! Carico della sofferenza di intere società!
Si riveli, ancora una volta, nella storia del mondo l’infinita potenza dell’Amore misericordioso! Che esso fermi il male! Trasformi le coscienze! Nel tuo Cuore Immacolato si sveli per tutti la luce della Speranza!
Una speciale preghiera voglio ancora rivolgerti, o Madre che conosci le ansie e le preoccupazioni dei tuoi figli.
Con invocazione accorata ti supplico di interporre la tua intercessione per la pace nel mondo, tra i popoli che, in diverse regioni, contrasti di interessi nazionali o atti di ingiusta prepotenza oppongono sanguinosamente fra di loro.
Ti supplico, in particolare, perché abbiano fine le ostilità che dividono ormai da troppi giorni due grandi Paesi nelle acque dell’Atlantico meridionale, cagionando dolorose perdite di vite umane. Fa’ che si trovi finalmente una soluzione giusta e onorevole fra le due parti, non solo per la controversia che le divide e minaccia con imprevedibili conseguenze, ma anche e soprattutto per il ristabilimento fra esse della più alta e profonda armonia, quale conviene alla loro storia, alla loro civiltà, alle loro tradizioni cristiane.
Che la grave e preoccupante controversia sia presto superata e conclusa: così che anche il progettato mio viaggio pastorale in Gran Bretagna possa aver luogo felicemente, in adempimento non solo del mio desiderio, ma anche di quello di tutti coloro che questa visita ardentemente attendono ed hanno con tanto impegno e con tanto cuore preparato.
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2) Lettura: Atti degli Apostoli 18, 1 - 8
In quei giorni, Paolo lasciò Atene e si recò a Corìnto. Qui trovò un Giudeo di nome Aquila, nativo del Ponto, arrivato poco prima dall’Italia, con la moglie Priscilla, in seguito all’ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo si recò da loro e, poiché erano del medesimo mestiere, si stabilì in casa loro e lavorava. Di mestiere, infatti, erano fabbricanti di tende. Ogni sabato poi discuteva nella sinagoga e cercava di persuadere Giudei e Greci.
Quando Sila e Timòteo giunsero dalla Macedònia, Paolo cominciò a dedicarsi tutto alla Parola, testimoniando davanti ai Giudei che Gesù è il Cristo. Ma, poiché essi si opponevano e lanciavano ingiurie, egli, scuotendosi le vesti, disse: «Il vostro sangue ricada sul vostro capo: io sono innocente. D’ora in poi me ne andrò dai pagani».
Se ne andò di là ed entrò nella casa di un tale, di nome Tizio Giusto, uno che venerava Dio, la cui abitazione era accanto alla sinagoga. Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia; e molti dei Corìnzi, ascoltando Paolo, credevano e si facevano battezzare.
 
3) Commento su Atti degli Apostoli 18, 1 - 8
 Paolo se ne andò di là ed entrò nella casa di un tale, di nome Tizio Giusto, uno che venerava Dio, la cui abitazione era accanto alla sinagoga. (At 18,7) - Come vivere questa Parola?
Paolo è a Corinto, ospite di due coniugi giudei, convertiti al cristianesimo, di cui condivide il mestiere. Il suo impegno principale è tuttavia la diffusione del vangelo, a cui si dedica rivolgendosi primariamente ai suoi antichi correligionari. La reazione negativa di questi lo porta a rivolgersi più apertamente ai pagani. 
Il suo entrare nella casa di Tizio Giusto, proprio accanto alla sinagoga, è un gesto provocatorio: Paolo infrange così le più rigide prescrizioni ebraiche che ritenevano si contraesse impurità con il varcare le soglie di casa di un pagano. Dichiara in tal modo la sua completa adesione a Cristo e il conseguente rigetto di pratiche discriminanti che la croce del Risorto avevano ormai definitivamente abolito: non c'è più né Giudeo né Greco, né schiavo né libero, né uomo né donna scriverà alle comunità da lui fondate.
Come già la dispersione seguita alla persecuzione mossa contro i cristiani nella Giudea, anche questa nuova tempesta finisce col servire il progetto di Dio. La Parola si diffonde oltre i confini nazionali, oltre le limitazioni religiose. 
 
 La Chiesa nascente non esclude nessuno: lo stesso Crispo, capo della sinagoga, quindi membro rappresentativo del mondo religioso ebraico, si converte insieme a tutta la sua famiglia, ma neppure si lascia incapsulare in prescrizioni che elevano barriere di incomunicabilità: Cristo è morto per tutti e a tutti è ormai spalancata la porta della salvezza.
La chiusura, l'indurimento di alcuni, come scriverà Paolo stesso ai Romani, diviene occasione di abbattimento di frontiere così che la Parola prende a correre per il mondo, tutto vivificando con la sua azione.
Tutto concorre al bene, ci ricorda Paolo, sollecitandoci a guardare la storia con ottimismo. Il male c'è, ma non può frenare la travolgente e vittoriosa corsa della redenzione in atto. Lo crediamo, Signore, anche nel disorientamento di oggi. Sì, tutto concorre al bene di chi, fidandosi di te e della tua Parola, affronta le varie vicissitudini senza temere il giudizio altrui, anzi diventando, a sua insaputa, elemento di giudizio che svela il senso profondo delle cose e spalanca su orizzonti di luce.
Ecco la voce del papa emerito Benedetto XVI: La perseveranza nel bene, anche se incompresa e contrastata, alla fine giunge sempre a un approdo di luce, di fecondità e di pace.
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4) Lettura: dal Vangelo di Giovanni 16, 16 - 20
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».
 
5) Riflessione sul Vangelo di Giovanni 16, 16 - 20 
 La tristezza che si cambierà in gioia.
"Voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia". Solo alla luce della storia di Cristo e della sua Chiesa ci è dato di comprendere il significato recondito di queste parole di Cristo, che risuonano ancora come paradosso e piene di contraddizioni. Il pianto e l'afflizione, nella nostra esperienza umana, sono sempre generati da uno stato di malessere interiore, dal sentirsi inadeguati dinanzi agli impegni della vita, da tutto ciò che contraddice ed ostacola le nostre migliori aspirazioni, ma nessuno di noi è in grado di tramutare la tristezza in gioia e l'afflizione in gaudio. Gesù velatamente fa riferimento alla sua passione, alla sua morte, al suo pianto, ma vuole orientarci verso la gioia della risurrezione, della sua e nostra pasqua. Vuole dirci ancora una volta che misteriosamente, per un disegno arcano di Dio, tutta la fatica dell'uomo, tutto il peso della vita, tutto il dolore del mondo è ormai definitivamente innestato al sacrificio di Cristo, da cui attingiamo, liberati dal peccato, la vera gioia e la definitiva salvezza. Ci parlano di ciò, dopo Cristo, la schiera innumerevole dei santi e dei martiri.
 
 Giovanni 16,16: Assenza e presenza. Gesù dice un «poco» (un mikròn), vale a dire, un tempo brevissimo, forse un «attimo». Al di là delle molteplici sfumature si vuole sottolineare l’esiguità del tempo. Se molto breve è stato il tempo che Gesù ha trascorso in mezzo ai suoi come verbo incarnato cos’ altrettanto, breve sarà il tempo che intercorrerà tra la sua partenza e il suo ritorno. Non ci sarà mutamento nella situazione interiore dei suoi discepoli perché la relazione con Gesù non cambia: è di vicinanza permanente. Quindi la visione di Gesù non subirà interruzione ma sarà caratterizzata dalla comunione di vita con lui (Gv 14,19).
 
 Interessante è l’uso reiterato del verbo «vedere» nel v.16: «Un poco e non mi vedrete più, un poco ancora e mi vedrete». L’espressione «un poco e non mi vedrete più» richiama la modalità con cui i discepoli vedono nel Gesù storico il Figlio di Dio; l’altra espressione «un poco ancora e mi vedrete» rimanda all’esperienza del Cristo risorto. Gesù sembra voler dire ai discepoli che ancora per brevissimo tempo saranno nella condizione di vederlo, riconoscerlo nella sua carne visibile, ma, poi, lo vedranno con una visione diversa in quanto si mostrerà a loro trasformato, trasfigurato.
 
 Giovanni 16,17-19: L’incomprensione dei discepoli. Intanto alcuni discepoli non riescono a comprendere cosa significhi questa sua assenza, vale a dire, la sua andata dal Padre. Provano un certo sconcerto di fronte alle parole di Gesù e lo esprimono con quattro interrogativi, tutti accomunati da una stessa espressione: «che significa questo che ci dice?». Altre volte il lettore ha ascoltato gli interrogativi di Pietro, di Filippo, Tommaso, Giuda non l’Iscariota, ora quelli dei discepoli che chiedono delle spiegazioni. I discepoli non riescono a comprendere di cosa parli. I discepoli non hanno compreso come Gesù possa essere rivisto da loro se va al Padre (vv.16-19). Ma l’interrogativo sembra concentrarsi su quel «poco» che per il lettore sembra essere un tempo lunghissimo che non termina mai, soprattutto quando si è nell’angoscia e nella tristezza. Di fatti il tempo della tristezza non passa. Una risposta da parte di Gesù è attesa ma l’evangelista la fa precedere da una ripresa della domanda: «State indagando tra voi perché: “Un poco e non mi vedrete: un poco ancora e mi vedrete?». (v.19).
 
 Giovanni 16,20: La risposta di Gesù. Di fatto Gesù non risponde alla domanda che gli rivolgono: «che cosa significa quel entro breve tempo?», ma li invita alla fiducia. È vero che i discepoli saranno provati, soffriranno molto, saranno soli in una situazione ostile, abbandonati a un mondo che gioisce della morte di Gesù, ma, assicura che la loro tristezza si cambierà in gioia. Alla tristezza è contrapposta un tempo in cui tutto sarà capovolto. Quell’inciso avversativo «ma la vostra tristezza si trasformerà in gioia», sottolinea tale cambiamento di prospettiva. Per il lettore è evidente che l’espressione «un poco», «entro breve tempo» corrisponde a quell’attimo o momento in cui la situazione viene rovesciata, ma fino a quell’istante tutto sa di tristezza e di prova.
In definitiva i discepoli ricevono da Gesù una promessa di felicità, di gioia; in virtù di quell’attimo che capovolge la situazione difficile in cui «i suoi», la comunità ecclesiale sono sottoposti, essi entreranno in una realtà di mondo illuminata dalla resurrezione.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
• Sono convinto che il momento della prova passerà ed Egli tornerà a stare con me?
• «Voi sarete afflitti, ma la vostra tristezza si trasformerà in gioia». Queste parole di Gesù quale effetto hanno nella tua vicenda umana? Come vivi i tuoi momenti di tristezza e di angoscia?
 
 
7) Preghiera: Salmo 97
La tua salvezza, Signore, è per tutti i popoli.
 
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.
 
Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.
 
Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!