Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - venerdì 23 aprile 2021

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  • venerdì | 23 aprile 2021

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Lectio venerdì 23 aprile 2021

 
Venerdì della Prima Settimana di Quaresima (Anno A)
 
Atti degli Apostoli 9, 1 - 20
Giovanni 6, 52 - 59
 
 
1) Preghiera 
Dio onnipotente, che ci hai dato la grazia di conoscere il lieto annunzio della risurrezione, fa’ che rinasciamo a vita nuova per la forza del tuo Spirito di amore.
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2) Lettura: Atti degli Apostoli 9, 1 - 20
In quei giorni, Sàulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damàsco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via.  E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damàsco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Sàulo, Sàulo, perché mi perséguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare».
Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. Sàulo allora si alzò da terra, ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damàsco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda.  C’era a Damàsco un discepolo di nome Ananìa. Il Signore in una visione gli disse: «Ananìa!». Rispose: «Eccomi, Signore!». E il Signore a lui: «Su, va’ nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Sàulo, di Tarso; ecco, sta pregando, e ha visto in visione un uomo, di nome Ananìa, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista». Rispose Ananìa: «Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. Inoltre, qui egli ha l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome». Ma il Signore gli disse: «Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome». Allora Ananìa andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: «Sàulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo». E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono. Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damàsco, e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio.
 
3) Riflessione su Atti degli Apostoli  9, 1 - 20
 Già abbiamo incontrato Saulo, o Paolo, in un’altra scena, al cap. 7, dove viene narrato il martirio di Stefano. Tra la folla, che approvava la morte del diacono testimone di Gesù, c’era anche lui.  Chi era Paolo?
Era un giovane, proveniente dalla città di Tarso, quindi di estrazione urbana, di famiglia agiata, dato che aveva potuto comprarsi la cittadinanza romana, ebreo, allevato alla scuola di Gamaliele (At 22,3) a Gerusalemme, con una formazione di livello superiore.
Un giovane quindi che si colloca tra l’élite della società, con davanti a sé un futuro promettente e la possibilità di una carriera brillante. 
Religiosamente è un ebreo praticante, irreprensibile nella più stretta osservanza della Legge (Fil 3,6; At 22,3), “pieno di zelo per le tradizioni dei miei padri” (Gal 1,14). Per difendere quelle tradizioni arrivò a perseguitare i cristiani, considerati eretici. Difendeva la Tradizione dei suoi padri, che per lui significava la più stretta osservanza della Legge. Ci sono regole da rispettare, orari, riti, parole, gesti, …. tante cose con l’unica finalità di essere GIUSTI di fronte a Dio.

L’entrata di Gesù nella sua vita rivoluzionerà però la sua vita!!!

 
 La caduta sulla via di Damasco.
Paolo aveva all’incirca 28 anni. Aveva potere e prestigio. In nome del Sinedrio comandava la persecuzione contro i cristiani. Chiese l'autorizzazione per perseguitarli anche a Damasco nella Siria, a più di 200 km di distanza (At 9,1-2; 26,9-12). Sette giorni di viaggio. Mentre si dirigeva verso Damasco, all'improvviso, appare una luce. Paolo cade a terra e ode una voce: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» (At 9,4). 
Paolo stava perseguitando la comunità dei cristiani; ma Gesù domanda: «Perché mi perseguiti?». Gesù si identifica con la comunità! Mettendosi al lato del perseguitato disapprova il persecutore. Paolo sembra il Tizio che ha preso l’autobus pensando di poter andare fino alla fine del viaggio. Ma, all'improvviso l’autobus si ferma e il conducente grida: «La corsa è finita! Tutti a terra!». L’autobus si ferma, ma il passeggero deve continuare il suo viaggio. Paolo dovette scendere. Inaspettatamente si ritrovò solo, senza direzione, perso nel mezzo della strada, già vicino a Damasco.
 
 La caduta sulla strada di Damasco costituì lo spartiacque nella vita di Paolo, che lì si divise in prima e dopo. L'entrata di Gesù in essa non fu pacifica; al contrario, fu una violenta tempesta. La Bibbia usa alcune immagini per descrivere quello che avvenne: due di Luca-Atti per suggerire la similitudine tra Paolo e i profeti, e due dello stesso Paolo.
Caduta. Dio non chiese permesso: entrò senza bussare e lo buttò a terra (At 9,4; 22,7; 26,14). Come Geremia, Paolo poteva dire: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e mi hai buttato a terra» (Ger 20,7). Caduto a terra, egli si arrende. Il cacciatore è stato colpito, vinto. È da questa immagine della caduta che nasce l'espressione «cadere da cavallo». Non ci sono cavalli nella storia della conversione di Paolo. C'è solo la caduta. Molto più violenta di una caduta da cavallo!
 
 Cieco. Una luce ravvolse (At 9,3). Come Ezechiele, Paolo cadde a terra quando vide la luce della gloria di Dio (Ez 1,27-28). Luce tanto abbagliante che egli rimase cieco. E cieco rimase tre giorni e senza mangiare né bere (At 9,8-9). Sono i tre giorni di tenebre e morte che precedono la risurrezione. S'invertono i ruoli. Il comandante dovette essere condotto per mano dai suoi sottoposti (Àt 9,8). Paolo ricominciò a vedere solo quando Anania gl'impose le mani e disse: «Saulo, fratello mio!» (At 9,18). Risuscitò nell'istante esatto in cui fu accolto nella comunità come fratello! Morì il persecutore, risuscitò il profeta!
Aborto. L'immagine è dello stesso Paolo che dice: «Ultimo fra tutti apparve anche a me, come a un aborto» (1Cor 15,8). La sua nascita in Cristo non fu normale. Dio lo fece nascere usando la forza. Paolo fu strappato dal suo mondo come si tira fuori un figlio dal ventre di sua madre col taglio cesareo.
 
 «Sono stato catturato!». Anche questa immagine è di Paolo. Egli dice: «Mi sforzo per catturarlo, così come io stesso sono stato catturato da lui» (Fil 3,12). È come se Dio stesse correndo dietro a Paolo con una corda di cowboy in mano, e all'improvviso lo accalappiasse per il piede e lo stendesse a terra.
Caduta, cecità, aborto, cattura! Queste immagini parlano da sé. Lasciano trasparire l'esperienza che Paolo visse. Suggeriscono la rottura che avvenne. Manifestano il fallimento del sistema in cui egli viveva. Apparve il niente di Paolo, da dove nascerà il tutto di Dio! «Senza di me niente potete fare» (Gv 15,5). «Tutto posso in colui che mi da forza» (Fil 4,13).
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4) Lettura: Vangelo secondo Giovanni 6, 52 - 59
In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Giovanni  6, 52 - 59
 Se no... non avrete in voi la vita.
Il discorso di Gesù su se stesso, come pane del mondo e medicina di immortalità, continua. Questo pane è Gesù stesso, la sua persona umano-divina, che reca la vita nuova a chi lo accoglie con fede, ne ascolta la parola, lo ospita in sé. Fino a questo punto l'immagine del pane, nutrimento indispensabile a chi vuol vivere e crescere, è servita a far capire quanto Gesù sia necessario per la vita piena dei suoi discepoli. Con l'accento alla sua carne data a favore del mondo, perché viva, vi è un esplicito riferimento alla passione e morte di Gesù, liberamente accettata, in vista della salvezza dell'umanità. Il passaggio dalla figura del pane a quella della carne offre il supporto sacramentale per il discorso sul pane della vita. Ma la non accettazione dei giudei è ancora molto forte e vanifica tutto: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?" come si poteva credere o accettare una proposta di questo genere? "In verità, in verità vi dico, se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo, e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita". Penso che non ci si possa sorprendere che non si parli di pane e di vino, bensì di carne e di sangue, ma nella fede presupposta da Giovanni gli elementi del banchetto sono visti nella loro effettiva significazione sacramentale, rimandando il tutto alla concreta esistenza storica di Gesù – il suo corpo, carne; la sua morte redentrice, il sangue. Possiamo dire di trovarci dinanzi ad una delle pagine più straordinarie del Vangelo. Sapere che Dio manda il suo Figlio a salvarci, a dare la vita per noi, donandoci perfino la possibilità di partecipare intimamente al mistero del suo Figlio, Gesù.
 
 Stiamo giungendo quasi alla fine del Discorso del Pane di Vita. Qui comincia la parte più polemica. I giudei si chiudono in se stessi e cominciano a discutere sulle affermazioni di Gesù.
 
 Giovanni 6,52-55: Carne e sangue: espressione della vita e del dono totale. I giudei reagiscono: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?" Era vicina la festa di Pasqua. Dopo pochi giorni, tutti avrebbero mangiato la carne dell’agnello pasquale nella celebrazione della notte di pasqua. Loro non capiscono le parole di Gesù, perché le prendono letteralmente. Ma Gesù non diminuisce le esigenze, non ritira nulla di ciò che ha detto ed insiste: "In verità, in verità vi dico: se non mangiate le carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ed il lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui”. 
(a) Mangiare la carne di Gesù significa accettare Gesù come il nuovo Agnello Pasquale, il cui sangue ci libera dalla schiavitù. La legge dell’Antico Testamento, per rispetto verso la vita, proibiva di mangiare il sangue (Dt 12,16.23; At 15.29). Sangue era il segno della vita. 
(b) Bere il sangue di Gesù significa assimilare lo stesso modo di vivere che ha marcato la vita di Gesù. Ciò che dà vita non è celebrare la manna del passato, ma mangiare questo nuovo pane che è Gesù, la sua carne ed il suo sangue. Partecipando alla Cena Eucaristica, assimiliamo la sua vita, la sua donazione, il dono di sé. “Se non mangiate la carne del Figlio dell’Uomo e non bevete il suo sangue non avrete in voi la vita”. Devono accettare Gesù come messia crocifisso, il cui sangue sarà sparso.
 
 Giovanni 6,56-58: Colui che mangia di me, vivrà per me. Le ultime frasi del Discorso del Pane di Vita sono di una grande profondità e cercano di riassumere tutto quanto è stato detto. Evocano la dimensione mistica che avvolge la partecipazione all’eucaristia. Esprimono ciò che Paolo dice nella lettera ai Galati: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2,20). E ciò che dice l’Apocalisse di Giovanni: “Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). E Giovanni stesso nel Vangelo: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). E termina con la promessa della vita che marca la differenza con l’antico esodo: “Questo è il pane disceso dal cielo. Non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno."
 
 Giovanni 6,59: Termina il discorso nella sinagoga. Fin qui la conversazione tra Gesù e la gente ed i giudei nella sinagoga di Cafarnao. Come è stato detto prima, il Discorso del Pane di Vita ci offre un’immagine di come era la catechesi in quel tempo della fine del primo secolo nelle comunità cristiane dell’Asia Minore. Le domande della gente e dei giudei rispecchiano le difficoltà dei membri delle comunità. E la risposta di Gesù rappresenta i chiarimenti per aiutarli a superare le difficoltà, per approfondire la loro fede e vivere più intensamente l’eucaristia che era celebrata soprattutto nella notte tra sabato e domenica, il Giorno del Signore.
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6) Per un confronto personale
 Anche tu sei chiamato a “bere al pozzo” delle tue esperienze, dei tuoi incontri. Qual è la tua esperienza personale di Gesù di Nazareth? C’è stato un incontro, una “conversione”?
 “Io sono Gesù, che tu perseguiti”: le nostre scelte quotidiane, nel mangiare, nel vestire, nell’uso del tempo e delle cose, condannano a morte i ¾ dell’umanità, perseguitano Gesù. Che passi pratici puoi fare già ora per “far scendere i crocifissi dalla croce”?
 Anania è per Saulo un “accompagnatore spirituale”: si avvicina, accoglie, aiuta Saulo a vedere cosa sta succedendo in lui. Ti stai facendo accompagnare? Se sì, che frutti ne stai ricavando? Cosa “vedi”? Cosa ti provoca?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 116
Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.
 
Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.
 
Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.