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- domenica | 11 aprile 2021
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Lectio domenica 11 aprile 2021
Domenica della Seconda Settimana di Pasqua (Anno B)
1 Lettera di Giovanni 5, 1 - 6
Giovanni 20, 19 - 31
1) Orazione iniziale
O Dio, che in ogni Pasqua domenicale ci fai vivere le meraviglie della salvezza, fa’ che riconosciamo con la grazia dello Spirito il Signore presente nell’assemblea dei fratelli, per rendere testimonianza della sua risurrezione.
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2) Lettura: 1 Lettera di Giovanni 5, 1 - 6
Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato. In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.
Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità.
3) Commento su 1 Lettera di Giovanni 5, 1 - 6
In queste domeniche di Pasqua dell'anno B ci accompagna la prima lettera di Giovanni. L'autore della lettera non dichiara mai il proprio nome, ma la tradizione antica e i contenuti della lettera ci orientano verso Giovanni apostolo ed evangelista. Sono forti infatti le somiglianze con il IV vangelo. La lettera sarebbe stata scritta poco dopo il vangelo di Giovanni ed era destinata alle comunità dell'Asia Minore, in particolare a quella di Efeso.
Nella lettera si parla soprattutto di Dio. Dio è luce, è giusto, è amore; da queste caratteristiche derivano i dettami riguardanti la vita concreta: occorre evitare il peccato, vivere la retta fede, praticare il comandamento dell'amore.
La nostra lettura comincia da un brano dell'ultimo capitolo, il gran finale, che indica in modo esplicito i temi fondamentali di tutta la lettera.
In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti.
Grazie alla fede si è ammessi ad essere figli di Dio e si è capaci di amare i propri fratelli. Anzi, l'amore per i fratelli diventa una prova dell'amore che abbiamo verso Dio. Però questo non può essere ridotto a filantropia. L'amore per i fratelli è accompagnato anche dall'osservanza dei comandamenti. È questo un tema che ritroviamo anche nel vangelo di Giovanni.
Ama veramente Dio chi osserva i suoi comandamenti. Per comandamenti non intendiamo solo quelli dati a Mosè sul Sinai, ma quelli che ritroviamo nel Vangelo. Sono le guide che ci insegnano il vero bene del fratello, il vero amore verso Dio. Non sono gravosi perché non sono fini a se stessi, ma ci fanno entrare in una comunione di amore, nel conforto di una famiglia.
Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l'acqua soltanto, ma con l'acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità.
Qui si fa riferimento alla crocifissione di Gesù e al sangue e acqua che sono sgorgati dal suo costato trafitto dalla lancia (Gv 19,33). Il sangue ci riporta al sangue del vero Agnello, immolato per la salvezza del mondo. L'acqua è lo Spirito Santo, che ci viene donato nel mistero della Pasqua. Non c'è solo l'acqua, l'aspetto più spirituale, c'è anche il sangue, il sacrificio cruento sulla croce. Questi due aspetti sono ugualmente necessari. Senza l'aiuto dello Spirito, l'uomo non comprenderebbe il significato della morte in croce. Anche questo è un tema molto ricorrente in Giovanni, soprattutto nei discorsi di addio (capitoli 14-17).
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Giovanni 20, 19 - 31
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
5) Riflessione sul Vangelo secondo Giovanni 20, 19 - 31
I due episodi narrati nel vangelo di oggi sono accomunati dall’unico tema della fede e ci rimandano a quanto hanno vissuto gli apostoli dopo la morte di Gesù.
Nel primo episodio Gesù appare agli undici ancor rinchiusi nel cenacolo, nonostante l’annuncio di Maria di Magdala. Il Signore entra a porte chiuse, manifestando che la Sua condizione è completamente nuova, anche se nulla viene cancellato della sofferenza patita nella carne. I discepoli, al vederlo, sono pieni di gioia ed Egli, effondendo su di loro lo Spirito Santo, affida loro il compito di prolungare la Sua missione e dà loro il potere divino di perdonare i peccati.
Le difficoltà del credere da parte della comunità cristiana sono evidenziate nell’incontro del risorto con Tommaso: egli rappresenta coloro che fanno fatica a credere... Per la Bibbia è difficile credere, spesso è una conquista che passa attraverso crisi, non è un atteggiamento semplice. Ma credere è possibile, riempie la vita di significato e dà forza. Nei confronti di Tommaso Gesù va incontro alla sua incredulità alla sua resistenza a credere e fa così anche con noi, non ci lascia soli. Ringraziamo Gesù che viene incontro alla nostra debolezza e ci fornisce generosamente i segni di cui abbiamo bisogno perché possiamo credere: non scandalizziamoci per la fatica che facciamo. fa parte del cammino.
Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto.
Le piaghe alle mani e al costato identificano Gesù e lo fanno riconoscere nel suo primo saluto alla comunità dei discepoli, ancora timorosa e sbigottita. Certamente la fede nella risurrezione fa fatica a prendere consistenza. È una verità inimmaginabile per la mente umana. È l’evento che completerà la nuova creazione, che Gesù è venuto a costituire per l’umanità. Allora è plausibile ritrovarci anche noi dalla parte di Tommaso all’annuncio degli altri: “Abbiamo visto il Signore”. Perché si crei questa sicurezza occorre smontare o sfumare le nostre convinzioni, giacché il disfacimento del corpo, il nostro annientamento costituiscono una vera tomba sepolcrale. Riconosciamo sì l’immortalità dell’anima, tuttavia, la sua impalpabilità, il suo essere spirituale ci porta nell’astratto. L’esigenza di Tommaso di “vedere per credere” per sé è legittima. Non si crede per leggerezza. Ma è disapprovabile il suo modo di pretendere, di condizionare il suo credere a una richiesta di un segno tangibile, rifiutando anche apertamente la testimonianza unanime della sua comunità. “Se non vedete segni e prodigi non credete”, era stato già un lamento precedente di Gesù. Il Maestro, pur riservando una beatitudine particolare per coloro che credono: “beati quelli che pur non avendo visto crederanno”, si accosta benevolmente a questo fuggitivo discepolo “otto giorni dopo”, per illuminarlo con la sua presenza e con la sua parola. Tommaso si sente umiliato a tale vista e professa energicamente più degli altri la sua fede: “Mio Signore e mio Dio”. Questo credo pasquale è l’attestato più alto della risurrezione. A questa fede si può giungere per vie più o meno diritte, ma per la maggior parte dei casi per vie contorte, come Tommaso. “Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli”, li fa ancora il Signore nel tempo, che è occasione di salvezza, “perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché credendo, abbiate la vita eterna nel suo nome”.
Quelle ferite di Gesù sono l'alfabeto dell'amore.
I discepoli erano chiusi in casa per paura dei Giudei. La paura è la paralisi della vita. Ciò che apre il futuro e fa ripartire la vita sono invece gli incontri. Gesù lo sa bene.
I suoi sono scappati tutti, l'hanno abbandonato: che cosa di meno affidabile di quel gruppetto allo sbando? E tuttavia Gesù viene.
È una comunità dove non si può stare bene, porte e finestre sbarrate, dove manca l'aria e si respira dolore. Una comunità chiusa, ripiegata su se stessa, che non si apre, che si sta ammalando. E tuttavia Gesù viene.
E non al di sopra, non a distanza, ma "viene e sta in mezzo a loro". Non nell'io, non nel tu soltanto, lo Spirito abita nel cuore delle relazioni, è come il terzo tra i due, collante delle vite.
Viene e sta in mezzo. Lui, il maestro dei maestri, ci insegna a gestire l'imperfezione delle vite. Il suo metodo non consiste nel riproporre l'ideale perfetto, nel sottolineare la nostra distanza dal progetto, ma nell'avviare processi: a chi sente i morsi della paura, porta in dono la pace; a chi non crede, offre un'altra occasione: guarda tocca metti il dito; a chi non ha accolto il soffio del vento dello Spirito, lui spalanca orizzonti.
Il suo metodo umanissimo, che conforta la vita, sta nell'iniziare percorsi, nell'indicare il primo passo, perché un primo passo è possibile sempre, per tutti, da qualsiasi situazione.
Il gruppo degli apostoli aveva tentato di coinvolgere Tommaso: abbiamo visto il Signore. Ma lui, che era il più libero di tutti, lui che aveva il coraggio di entrare e uscire da quella casa, non ci sta: io non mi accontento di parole. Se lui è vivo, come fate ad essere ancora qui rinchiusi, invece di uscire nel sole del mondo? Se lui è vivo, la nostra vita cambia!
Ed ecco Gesù che entra, sta in mezzo, e dice: Pace a voi. Non un augurio, non una promessa, è molto di più, una affermazione: la pace è con voi, è qui, è iniziata; non è merito, è dono.
Poi si rivolge a Tommaso: Metti qui il tuo dito. Gesù aveva educato Tommaso alla libertà interiore, a dissentire, l'aveva fatto coraggioso e grande in umanità. Per farlo ancora più grande, gli fa un piccolo rimprovero, ma dolcemente, come si fa con gli amici: non essere incredulo... Rispetta i suoi tempi, e invece di imporsi, si propone: Metti, guarda, tocca.
La risurrezione non ha richiuso i fori dei chiodi, non ha rimarginato le labbra delle ferite. Perché la morte di croce non è un semplice incidente da superare: quelle ferite sono la gloria di Dio, il punto più alto dell'amore, la grande bellezza della storia. Su quel corpo l'amore ha scritto il suo racconto con l'alfabeto delle ferite, le uniche che non ingannano. Indelebili ormai come l'amore stesso.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
- Mi sono mai sentito in famiglia con Dio Padre e il Figlio? In quali occasioni?
- In cosa mi sembrano gravosi i comandamenti di Dio?
- In quali situazioni la mia fede ha vinto il mondo?
7) Preghiera: Salmo 117
Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».
La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.
Il Signore mi ha castigato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!
8) Orazione Finale
Signore Gesù, morto e risorto per la nostra salvezza, ascolta la preghiera della tua Chiesa e manifesta ancora a tutti i prodigi del tuo amore.