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- sabato | 13 marzo 2021
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Lectio sabato 13 marzo 2021
Sabato della Terza Settimana di Quaresima (Anno B)
Profeta Osea 6, 1 - 6
Luca 18, 9 - 14
1) Preghiera
O Dio, nostro Padre, che nella celebrazione della Quaresima ci fai pregustare la gioia della Pasqua, donaci di approfondire e vivere i misteri della redenzione per godere la pienezza dei suoi frutti.
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2) Lettura: Profeta Osea 6, 1 - 6
«Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza.
Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l’aurora. Verrà a noi come la pioggia d’autunno, come la pioggia di primavera che feconda la terra». Che dovrò fare per te, Èfraim, che dovrò fare per te, Giuda? Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce. Per questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della mia bocca e il mio giudizio sorge come la luce: poiché voglio l’amore e non il sacrificio,
la conoscenza di Dio più degli olocàusti.
3) Riflessione su Profeta Osea 6, 1 - 6
"Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza." (Os 6, 2) - Come vivere questa Parola?
Questi numeri e gli effetti raccontati da Osea ci fanno immediatamente pensare al triduo pasquale! Non ci fermiamo al genere letterario che li formula. Il simbolo della morte che passa alla vita in tre giorni di sepolcro, da Gesù Cristo in poi, si è inciso nel nostro DNA, nella speranza che abita nonostante tutto ancora tra le pieghe profonde del nostro pessimismo e delle nostre tentazioni depressive.
In Osea questo rigurgito vitale è l'effetto del ritorno, della teshuvah. L'effetto della capacità esercitata di abbandonare decisamente quello che ci tiene distanti da Dio e fare i passi per colmare quella distanza. Passi facilitati, anche se non ce ne accorgiamo, dal venirci incontro di Dio!! Si tratta del tornare del Figliol prodigo della parabola che trova il Padre già sulla strada, che gli corre incontro e lo abbraccia, soffocando ogni discorso di scuse prima formulato. Si tratta di quella conversione che Gesù racconta con il pubblicano e il fariseo che pregano nel luogo di culto. L'autenticità del cuore pentito che si vergogna di quel che ha fatto e riconsegna a Dio il suo essere, come realtà a immagine e somiglianza di Dio, capace e ora anche disposta a vivere eternamente alla sua presenza!
Signore, questa quaresima sia la nostra teshuvah. Aiutaci a tornare in noi stessi, aiutaci a rivedere come stiamo camminando, programmando, interagendo con gli altri e con le cose. Aiutaci a metterci in discussione per smontare quello che ci separa dall'essere in maniera limpida tua immagine e somiglianza. Aiutaci a risorgere!
Ecco la voce del Nuovo Testamento (Ef 5,14): "Svegliati, tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà"
"Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l'aurora. Verrà a noi come la pioggia d'autunno, come la pioggia di primavera che feconda la terra". (OS.6,3) - Come vivere questa Parola?
Mi diceva un giovane: conoscere il Signore è una bella scommessa ma io devo dirti che la definizione di Dio che ne ha dato Aristotele non mi piace: è come un pezzo di marmo caduto sulla mia strada (Per fortuna non sulla tua testa, amico!)
Sì, pensare dentro categorie filosofiche che Dio è "motore immobile" però muove tutto il cosmo proprio non mi accontenta. Eppure c'è un modo di conoscerlo se mi lascio incontrare da Gesù. Davvero Egli è venuto a rivelare la bontà e la tenerezza di Dio. E i suoi miracoli, soprattutto quello della sua resurrezione dopo la terribile morte in croce a sconto dei nostri peccati, sono conferma storicamente accertata che Egli è venuto tra noi. Ma il bello è che Gesù ancora viene in mezzo a noi. E noi ne conosciamo la presenza (misteriosa ma certa) familiarizzando con tre realtà: la sua PAROLA, L'EUCARESTIA e il PROSSIMO, specie quello che si cela nei più poveri e soli.
È vero Signore, la terra del mio cuore Tu la fecondi anche oggi, se io mi impegno a riconoscerti e ad amarti nella PAROLA e nell'EUCARESTIA, senza mai dimenticarmi di servirti nel mio PROSSIMO
Ecco la voce di Papa Francesco: “Rimanere con Gesù esige uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario."
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4) Lettura: Vangelo secondo Luca 18, 9 - 14
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
5) Riflessione sul Vangelo secondo Luca 18, 9 - 14
O Dio, abbi pietà di me.
La parabola odierna ci racconta un brano evangelico pungente, che scuote fortemente e totalmente la vita cristiana e religiosa. Due uomini che vanno al tempio per pregare. Con la preghiera, la persona si manifesta ed emerge sia nel suo modo di rapportarsi con Dio, mostrando la sua disponibilità spirituale, sia nel modo di relazionarsi con il prossimo, indicando la sua sensibilità sociale ed ecclesiale. Infine essa pone l’uomo in relazione con se stesso, con i sentimenti più veri, con i pensieri più intimi. Nel racconto si inserisce un terzo personaggio, quello principale: Dio, che guarda, ascolta, scruta, giudica. Nel santuario: il fariseo “sta in piedi”, non ha timore di Dio, è sicuro della sua giustizia, è un osservatore scrupoloso della legge. Nel suo pregare il fariseo sembra rivolgere le parole a se stesso, compiacendosi con sé e mostrando di essere soddisfatto. Il discorso comincia con queste parole: “O Dio ti ringrazio”, l’atto di ringraziare, presuppone il riconoscimento del dono ricevuto, mentre poi non si rivolge al Signore, si auto-compiace di tutto ciò che ha fatto di bene e non loda Dio. In lui non c’è spazio per ringraziare e riconoscere la generosità divina. La sua preghiera, al contrario, contiene un elenco di ciò che egli ha fatto. In questo modo pensa di ottenere meriti da Dio, con l’unica intenzione di essere da lui apprezzato e ricompensato della sua bravura. Dall’altra parte, il pubblicano sta in piedi, come il fariseo, però si ferma a distanza; sa di essere un indegno per stare in quel luogo. Si pone lontano anche dagli altri fedeli, consapevole delle sue miserie. Con lo sguardo abbassato in terra per la vergogna. Il suo cuore è diretto verso Dio per chiedere misericordia. In segno di pentimento e di dolore si batte il petto, la sede dei sentimenti del suo peccato. Questo proviene da lui solo; non si auto-giustifica né incolpa gli altri. Con questi gesti esterni egli vuole esprimere una profonda disposizione interiore alla contrizione. Infine il pubblicano dirige al Signore una invocazione, ridotta all’essenziale: “O Dio, abbi pietà di me, il peccatore”. Con il cuore contrito e umiliato, si rimette semplicemente a Dio, con la fiducia trepida che Egli, che scruta i cuori degli uomini, gli perdonerà tutto. Così il pubblicano discende dal tempio e torna a casa giustificato. Il Signore è propizio a lui peccatore, sinceramente pentito, e lo rende giusto, riammettendolo nella sua divina amicizia. Ne esce un uomo trasformato, sanato, purificato, restituito alla vita di fede. La preghiera del misero è stata ascoltata da Dio, che dona a lui la totale salvezza.
Nel Vangelo di oggi, Gesù racconta la parabola del fariseo e del pubblicano per insegnarci a pregare. Gesù ha un modo diverso di vedere le cose. Lui vedeva qualcosa di positivo nel pubblicano, di cui tutti dicevano: “Non sa pregare!” Gesù viveva così unito al Padre per mezzo della preghiera, che tutto diventava per lui espressione di preghiera.
Il modo di presentare la parabola è molto didattico. Luca dà una breve introduzione che serve da chiave di lettura. Poi Gesù racconta la parabola ed alla fine Gesù stesso applica la parabola alla vita.
Luca 18,9: L’introduzione. La parabola viene presentata dalla frase seguente: "Gesù disse questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri!" La frase è di Luca. Si riferisce al tempo di Gesù. Ma si riferisce anche al nostro tempo. Ci sono sempre persone e gruppi di persone che si considerano giusti e fedeli e che disprezzano gli altri, considerandoli ignoranti ed infedeli.
Luca 18,10-13: La parabola. Due uomini vanno al tempio a pregare: un fariseo ed un pubblicano. Secondo l’opinione della gente d’allora, i pubblicani non erano assolutamente considerati e non potevano rivolgersi a Dio, perché erano persone impure. Nella parabola, il fariseo ringrazia Dio perché è migliore degli altri. La sua preghiera non è altro che un elogio di se stesso, un’esaltazione delle sue buone qualità ed un disprezzo per gli altri e per il pubblicano. Il pubblicano non alza neanche gli occhi, ma si batte il petto dicendo: "Dio mio, abbi pietà di me che sono un peccatore!" Si mette a posto suo davanti a Dio.
Luca 18,14: L’applicazione. Se Gesù avesse lasciato esprimere la sua opinione per dire chi dei due ritornò giustificato verso casa, tutti avrebbero risposto: "Il fariseo!" Poiché era questa l’opinione comune a quel tempo. Gesù pensa in modo diverso. Per lui, chi ritorna giustificato a casa, in buoni rapporti con Dio, non è il fariseo, bensì il pubblicano. Gesù gira tutto al rovescio. Alle autorità religiose dell’epoca certamente non è piaciuta l’applicazione che lui fa di questa parabola.
Gesù prega. Soprattutto Luca ci informa sulla vita della preghiera di Gesù. Presenta Gesù in preghiera costante. Ecco un elenco di testi del vangelo di Luca, in cui Gesù appare in preghiera: Lc 2,46-50; 3,21: 4,1-12; 4,16; 5,16; 6,12; 9,16.18.28; 10,21; 11,1; 22,32; 22,7-14; 22,40-46; 23,34; 23,46; 24,30. Leggendo il vangelo di Luca, tu potrai trovare altri testi che parlano della preghiera di Gesù. Gesù viveva in contatto con il Padre. La respirazione della sua vita era fare la volontà del Padre (Gv 5,19). Gesù pregava molto ed insisteva, affinché la gente ed i suoi discepoli facessero lo stesso, poiché nel contatto con Dio nasce la verità e la persona si incontra con se stessa, in tutta la sua realtà ed umiltà. In Gesù, la preghiera era intimamente legata ai fatti concreti della vita ed alle decisioni che doveva prendere. Per poter essere fedele al progetto del Padre, cercava di rimanere da solo con Lui per ascoltarlo. Gesù pregava i Salmi. Come qualsiasi altro giudeo pio, li conosceva a memoria. Gesù giunse a comporre il suo proprio salmo. È il Padre Nostro. La sua vita era una preghiera permanente: "Non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre!" (Gv 5,19.30). A lui si applica ciò che dice il Salmo: "Io sono in preghiera!" (Sal 109,4).
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6) Per un confronto personale
• Guardandomi allo specchio di questa parabola, io sono come il fariseo o come il pubblicano?
• Ci sono persone che dicono che non sanno pregare, ma parlano tutto il tempo con Dio. Tu conosci persone così?
7) Preghiera finale: Salmo 50
Voglio l’amore e non il sacrificio.
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.
Tu non gradisci il sacrificio;
se offro olocàusti, tu non li accetti.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.
Nella tua bontà fa’ grazia a Sion,
ricostruisci le mura di Gerusalemme.
Allora gradirai i sacrifici legittimi,
l’olocàusto e l’intera oblazione.