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- giovedì | 4 marzo 2021
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Lectio giovedì 4 marzo 2021
Giovedì della Seconda Settimana di Quaresima (Anno B)
Geremia 17, 5 - 10
Luca 16, 19 - 31
1) Orazione iniziale
O Dio, che ami l’innocenza, e la ridoni a chi l’ha perduta, volgi verso di te i nostri cuori e donaci il fervore del tuo Spirito, perché possiamo esser saldi nella fede e operosi nella carità.
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2) Lettura: Geremia 17, 5 - 10
Così dice il Signore: «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.
Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti. Niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce! Chi lo può conoscere? Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per dare a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni».
3) Commento su Geremia 17, 5 - 10
Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia (Ger 17,7) - Come vivere questa Parola?
Il brano di Geremia (17,5-10) trova l'eco nel Salmo responsoriale (cf Salmo 1). Insieme, ci illustrano l'effetto delle opere compiute con giustizia o con intenzioni poco trasparenti: il Signore che scruta le menti e saggia i cuori, darà a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni (cf Ger 17,10). Per questo la benedizione dell'uomo che confida nel Signore viene opposta alla maledizione di chi si fida solo del umano e si allontana dalla via del Signore. Ma si sottolinea soprattutto il fatto che "confidare nel Signore" significa non solo mettere in pratica i suoi comandamenti, ma anche trovare in Lui la fonte di quell'acqua fresca e permanente che gli permette di "portare frutti" in qualsiasi stagione della vita. La persona che agisce in questo modo, allora, nella Legge del Signore trova anche la fonte di gioia, la medita, giorno e notte e si affida pienamente a Colui che veglia sul suo cammino.
Non è riuscito a trovare questa fonte il ricco presentato da Luca nel Vangelo (cf Lc 16,19-31). Appagato dalle sue ricchezze e bramosie, non ascoltava le ammonizioni della Legge e dei Profeti, e giorno dopo giorno ignorava il povero Lazzaro davanti alla porta della sua casa: gli chiedeva solo le briciole che cadevano dalla mensa abbondantemente apparecchiata. Lazzaro era per lui il segno e l'esempio di quella fiducia che apre la felicità eterna. Se l'avesse guardato...
Veglia, o Signore, sul cammino di chi confida in te, spalanca i nostri cuori e le nostre menti ai tuoi insegnamenti, sostienici nella condivisione quotidiana.
Ecco le parole dal messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2013: «...La priorità spetta sempre al rapporto con Dio e la vera condivisione evangelica deve radicarsi nella fede».
Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia. Egli è come un albero piantato lungo l'acqua, verso la corrente stende le radici, non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi: nell'anno della siccità non intristisce, non smette di produrre i suoi frutti. (Ger17, 7-9) - Come vivere questa Parola?
L'immagine dell'albero, ricco di foglie e con lunghe radici che raggiungono la corrente d'acqua, è un simbolo vivo e parlante dell'uomo benedetto da Dio. Si tratta di una realtà diversa nell'immaginario del profeta Geremia, testimone drammatico del crollo del regno di Giuda e della rovina di Gerusalemme. La fedeltà a Dio e alla sua legge è principio di vita, di fecondità, di freschezza interiore. Spesso, anche noi, quando le cose vanno male, quando ci sentiamo incompresi e abbandonati dagli amici, sperimentiamo la desolazione del deserto. Abbiamo fame e sete di vita, che ci sembra sfuggire dai nostri giorni. Abbandonarsi con fiducia al Signore, alla vena segreta e profonda della sua acqua d'amore, può farci rifiorire. Possiamo godere di un senso primaverile di gemme, magari sconosciute, che ci aprono ad una nuova visione.
La fedeltà a Dio, la fiducia nella sua Parola possono donarci quella speranza che ci fa indovinare nell'albero spoglio della nostra esistenza, ‘il verde a venire’. Sappiamo, come afferma uno scrittore contemporaneo, che ‘Le anime hanno le loro stagioni, ma Dio ci lesina forse le sue primavere’.
Oggi, nella preghiera, chiederò al Signore di conservarmi lo stupore e la meraviglia di fronte alla Sua creazione.
Ecco la voce del profeta Isaia: Il Signore farà scorrere su Gerusalemme un fiume di pace e di salvezza...i suoi bimbi saranno portati in braccio, sulle ginocchia saranno accarezzati.
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4) Lettura: dal Vangelo di Luca 16, 19 - 31
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
5) Riflessione sul Vangelo di Luca 16, 19 - 31
Beato chi confida nel Signore.
La liturgia odierna ci presenta un episodio drammatico del ricco epulone e Lazzaro, il povero. Un incontro che tocca la nostra coscienza, soprattutto nella nostra vita o esperienza quotidiana e, quindi, ci proietta nel nostro domani. In questo episodio troviamo il ricco epulone che ha trascurato completamente il primo dei comandamenti del Signore, cioè quello di amare Dio ed il prossimo. Per lui, la vita era fondata sui suoi beni materiali: soldi e ricchezze. Niente da offrire al suo Signore e al suo prossimo. L’uomo ricco ci fa intendere che non portava nel cuore la legge della carità o dell’amore ma quella antica, cioè quella del taglione, occhio per occhio e dente per dente. Era un ricco veramente cieco e sordo al grido amaro del prossimo. “Maledetto dunque, l’uomo che confida in se stesso, canta il salmista”. Di fronte alla morte il ricco e il povero sono però uguali. La morte colpisce entrambi. Muore l’uno, il mendicante, come muore l’altro, il benestante. La novità è che i loro destini sono differenti, anzi si invertono rispetto alle loro situazioni sulla terra, solo che questa volta per l’eternità. La parabola si eleva dall’orizzonte terrestre a contemplare ciò che avviene dopo la morte. Il ricco non l’ha curato, Dio al contrario lo tratta con tutti gli onori: è scortato dagli spiriti celesti nel suo viaggio verso il seno di Abramo. Si capisce che per il Signore la vita di questo poveraccio, toccato da un duro destino terrestre, è molto preziosa e merita ogni rispetto. La parola di Gesù rivela una grande verità e offre un’indiscussa consolazione per i poveri, che sulla terra non ricevono altro che la sofferenza e indifferenza, ma che possono contare pienamente sulla bontà di Dio. Con l’immagine del banchetto festoso viene descritta la pienezza e la gioia di cui è intessuta la vita dell’aldilà. Abramo, amico di Dio e padre del popolo d’Israele, è colui che presiede alla mensa celeste. Lazzaro, che giaceva tra la sporcizia della strada e che aveva come compagni i cani, riceve ora un posto d’onore, accanto ad Abramo, in comunione cordiale e fiduciosa con lui. Il cristiano deve ricordare sempre che la vita non si esaurisce nel breve scorcio dell’esistenza terrena, nel possesso delle ricchezze, ma dura in eterno nella comunione con Dio in cielo.
Ogni volta che Gesù ha una cosa importante da comunicare, crea una storia e racconta una parabola. Così, attraverso la riflessione su una realtà invisibile, conduce coloro che lo ascoltano a scoprire le chiamate invisibili di Dio, presenti nella vita. Una parabola è fatta per far pensare e riflettere. Per questo è importante fare attenzione anche ai minimi dettagli. Nella parabola del vangelo di oggi appaiono tre persone: il povero Lazzaro, il ricco senza nome ed il padre Abramo. Nella parabola, Abramo rappresenta il pensiero di Dio. Il ricco senza nome rappresenta l’ideologia dominante dell’epoca. Lazzaro rappresenta il grido silenzioso dei poveri del tempo di Gesù e di tutti i tempi.
Luca 16,19-21: La situazione del ricco e del povero. I due estremi della società. Da un lato la ricchezza aggressiva, dall’altro il povero senza risorse, senza diritti, coperto di piaghe, senza nessuno che lo accoglie, tranne i cani che vengono a leccare le sue ferite. Ciò che separa i due è la porta chiusa della casa del ricco. Da parte del ricco non c’è accoglienza né pietà per il problema del povero alla sua porta. Ma il povero ha un nome ed il ricco non lo ha. Ossia, il povero ha il suo nome scritto nel libro della vita, il ricco no. Il povero si chiama Lazzaro. Significa Dio aiuta. E attraverso il povero Dio aiuta il ricco che potrà avere il suo nome nel libro della vita. Ma il ricco non accetta di essere aiutato dal povero, poiché mantiene la porta chiusa. Questo inizio della parabola che descrive la situazione, è uno specchio fedele di ciò che stava avvenendo nel tempo di Gesù e nel tempo di Luca. È lo specchio di quanto avviene oggi nel mondo!
Luca 16,22: Il mutamento che rivela la verità nascosta. Il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Muore anche il ricco e viene sepolto. Nella parabola, il povero muore prima del ricco. Ciò è un avviso per i ricchi. Fino a quando il povero è ancora vivo e sta alla porta, per il ricco c’è ancora possibilità di salvezza. Ma dopo che il povero muore, muore anche l’unico strumento di salvezza per il ricco. Ora, il povero sta nel seno di Abramo. Il seno di Abramo è la fonte di vita, da dove nasce il popolo di Dio. Lazzaro, il povero, fa parte del popolo di Abramo, da cui era escluso, quando stava davanti alla porta del ricco. Il ricco che crede di essere figlio di Abramo non va verso il seno di Abramo! Qui termina l’introduzione della parabola. Ora inizia la rivelazione del suo significato, mediante le tre conversazioni tra il ricco ed il padre Abramo.
Luca 16,23-26: La prima conversazione. Nella parabola, Gesù apre una finestra sull’altro lato della vita, il lato di Dio. Non si tratta del cielo. Si tratta della vita che solo la fede genera e che il ricco senza fede non percepisce. Solamente alla luce della morte si disintegra l’ideologia dell’impero ed appare per lui ciò che è il vero valore nella vita. Da parte di Dio, senza la propaganda ingannatrice dell’ideologia, le carte cambiano. Il ricco vede Lazzaro nel seno di Abramo e chiede di essere aiutato nella sofferenza. Il ricco scopre che Lazzaro è il suo unico benefattore possibile. Ma ora è troppo tardi! Il ricco senza nome è pietoso, poiché riconosce Abramo e lo chiama Padre. Abramo risponde e lo chiama figlio. Questa parola di Abramo, nella realtà, va indirizzata a tutti i ricchi vivi. In quanto vivi, hanno la possibilità di diventare figli e figlie di Abramo, se sapessero aprire la porta a Lazzaro, il povero, l’unico che in nome di Dio può aiutarli. La salvezza per il ricco non è che Lazzaro gli dia una goccia di acqua fresca per rinfrescargli la lingua, ma che lui, il ricco, apra al povero la porta chiusa per così colmare l’abisso.
Luca 16,27-29: La seconda conversazione. Il ricco insiste: "Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli!" Il ricco non vuole che i suoi fratelli finiscano nello stesso luogo di tormento. Lazzaro, il povero, è l’unico vero intermediario tra Dio ed i ricchi. È l’unico, perché è solo ai poveri che i ricchi devono restituire ciò che hanno e, così, ristabilire la giustizia pregiudicata! Il ricco è preoccupato per i fratelli, ma mai si è preoccupato dei poveri! La risposta di Abramo è chiara: "Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro!" Hanno la Bibbia! Il ricco aveva la Bibbia. La conosceva a memoria. Ma non si rese mai conto del fatto che la Bibbia avesse qualcosa a che vedere con i poveri. La chiave che il ricco ha per poter capire la Bibbia è il povero seduto alla sua porta!
Luca 16,30-31: La terza conversazione. "No, Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvedranno!" Il ricco riconosce che è nell’errore, poiché parla di ravvedimento, cosa che durante la vita non ha sentito mai. Lui vuole un miracolo, una risurrezione! Ma questo tipo di resurrezione non esiste. L’unica resurrezione è quella di Gesù. Gesù risorto viene a noi nella persona del povero, di coloro che non hanno diritti, di coloro che non hanno terra, di coloro che non hanno cibo, di coloro che non hanno casa, di coloro che non hanno salute. Nella sua risposta finale, Abramo è chiaro e contundente: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi!" Termina così la conversazione! Fine della parabola!
La chiave per capire il senso della Bibbia è il povero Lazzaro, seduto davanti alla porta! Dio ci si presenta nella persona del povero, seduto alla nostra porta, per aiutarci a colmare l’abisso enorme che i ricchi hanno creato. Lazzaro è anche Gesù, il Messia povero e servo, che non fu accettato, ma la cui morte cambiò radicalmente tutte le cose. E tutto cambia alla luce della morte del povero. Il luogo del tormento è la situazione della persona senza Dio. Anche se il ricco pensa di avere religione e fede, di fatto non sta con Dio, perché non apre la porta al povero, come fece Zaccheo (Lc 19,1-10).
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
• Come trattiamo noi i poveri? Hanno un nome per noi? Negli atteggiamenti che assumo nella vita, sono come Lazzaro o come il ricco?
• Entrando in contatto con noi, i poveri percepiscono qualcosa di diverso? Percepiscono una Buona Novella? Ed io, verso quale lato inclino il mio cuore: verso il miracolo o verso la Parola di Dio?
7) Preghiera: Salmo 1
Beato l’uomo che confida nel Signore.
Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.
È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.
Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.