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- domenica | 28 febbraio 2021
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Lectio domenica 28 febbraio 2021
Domenica della Seconda Settimana di Quaresima (Anno B)
Lettera ai Romani 8, 31 - 34
Marco 9, 2 - 10
1) Orazione iniziale
O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito, perché possiamo godere la visione della tua gloria.
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2) Lettura: Lettera ai Romani 8, 31 - 34
Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?
Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!
3) Commento su Lettera ai Romani 8, 31 - 34
Si tratta di uno stupendo inno trionfale, che però è il canto di vittoria di uomini che si devono confrontare con sofferenze, prove, ostacoli. Come scrive un commentatore, «è il canto trionfale dei crocifissi che vivono saldamente ancorati a una dura ma fondata speranza». Lo sfondo del brano è un processo in cui c’è un accusato, il cristiano, c’è un accusatore, il male, c’è un difensore, Dio, e c’è chi intercede, espia e salva, il Cristo morto e risorto. Il clima di paura del processo si scioglie perché «se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?».
L’amore fecondato dall’amore divino affronta l’oscurità della prova, vince l’assedio delle cose esteriori, supera le crisi. Usando liberamente una frase folgorante di santa Teresa d’Avila – sin amor todo es nada, «senza amore tutto è nulla» – potremmo dire che l’amore dà sapore a tutto ma anche vince tutto. Le persone credenti entrano nel cammino della loro vita consapevoli che esso sarà costellato anche di pietre, di zone desertiche, di notti gelide. Ma sono anche certi che «l’amore è forte come la morte» (Cantico 8,6).
Il grande teologo Dietrich Bonhoeffer, martire nel campo nazista di Flossenburg, pregava così alle soglie della morte per impiccagione: «C’è buio in me, in te invece c’è luce; sono solo, ma tu non mi abbandoni. Non ho coraggio ma tu mi sei d’aiuto; sono inquieto ma in te c’è pace. C’è amarezza in me, in te pazienza, non capisco le tue vie, ma tu sai qual è la mia strada».
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Marco 9, 2 - 10
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
5) Riflessione sul Vangelo secondo Marco 9, 2 - 10
Nel vangelo abbiamo ascoltato che Gesù sul monte si trasfigura. Egli è il Figlio di Dio e la Sua gloria si rende evidente in questa circostanza; Mosè ed Elia parlano con Lui e sono simbolo dell’Antica Alleanza. La scena riprende le teofanie cioè le manifestazioni di Dio nell’Antico testamento come quelle sul monte Sinai. Dio in questa occasione si manifesta con segni visibili della Sua Gloria. La trasfigurazione viene immediatamente dopo l’annuncio della passione; il Signore vuole preparare i suoi allo scandalo della croce: la visione anticipata della Sua gloria li potrà confermare nell’ora della prova. La passione e morte e la resurrezione sono intimamente collegate e non devono essere separate perché sono come le due facce della medaglia: il Risorto è il Crocifisso, ed è risorto proprio perché ha offerto la Sua vita sulla croce donandola per amore.
Così anche nella nostra vita, morte e vita, sofferenze e gioie vanno prese insieme: solo passando attraverso la morte ogni giorno arriveremo alla resurrezione. La lotta contro il peccato e lo sforzo che facciamo per essere migliori sono un aspetto del mistero; l’altro è la gioia e la vita che il Signore già ci dà e ci darà poi. Se non passiamo attraverso la croce non giungeremo alla resurrezione. Il Signore ci dona durante il cammino delle gioie e degli assaggi di quello che avremo alla fine per spronarci e infonderci coraggio: il Padre non ci lascia senza segni e luci di cui abbiamo bisogno, anche se, cammin facendo, chiede via via di fidarsi sulla Sua Parola. Nel cammino quotidiano è comunque utile fare memoria delle gioie vissute con il Signore, perché questo aiuta nel momento della prova: del resto la storia di Israele, che per quarant’anni ha attraversato il deserto, ci insegna, con le luci e le ombre, l’importanza del fare memoria. E allora coraggio, continuiamo con fiducia il cammino!
Gesù trasfigurato e sfigurato.
Racconta l'evangelista Marco che Gesù cominciò a parlare apertamente delle sue sofferenze, della sua passione ai suoi discepoli per chiarire la sua vera identità: è il Messia, sì, come ha confessato Pietro per ispirazione del Padre, ma un Messia che va verso la morte, conforme all'immagine del servo sofferente. Queste due immagini: trasfigurato e sfigurato, Gesù le mostra sul monte in una luce irradiante alla presenza di tre suoi discepoli. Il candore e la luce sfolgorante della sua persona rievocano le visioni del profeta Daniele, mentre la presenza di Elia e di Mosè, che parlavano con lui del suo esodo, indicano in Gesù il compimento della Legge e dei Profeti. Essi avevano avuto al tempo loro il privilegio di vedere la gloria di Dio in vista di una missione difficile da compiere per il popolo. Ora tutto questo si assomma, s'incarna nella persona di Gesù, elevato in autorità dalla voce del Padre: "Questi è il mio Figlio prediletto; ascoltatelo". I tre discepoli raccolgono tale testimonianza per comunicarla ai credenti, come dirà Pietro: "Questa voce noi l'abbiamo udita scendere dal cielo, mentre eravamo con lui sul santo monte". Perché Gesù fece questo? Per imprimere nella mente dei discepoli un'immagine gloriosa, potente che potesse galvanizzare la tragicità degli eventi successivi e nello stesso tempo mostrare che nella povertà, nella sofferenza, nella passione Dio resta onnipotente e potevano credere alla promessa, anche se appariva umanamente impossibile. Come reagiscono gli apostoli? Pietro, ancora una volta esce fuori con una risposta tanto umana: "Facciamo tre tende e restiamo qui". Pietro cede alla tentazione di chi vorrebbe fermare la vita ai momenti belli e straordinari, rifiutando di vivere tutto il cammino della vita umana che include un po' per tutti anche la croce. Cessata la visione, Gesù torna ad essere quello di prima. Qualcosa di confuso e di mesto però rimane nel cuore dei discepoli. In seguito Pietro e i suoi compagni capiranno e crederanno. Gesù è il Figlio di Dio che il Padre ha dato per noi. Egli ci coinvolge come fratelli nel mistero del suo dono, affinché giunga anche per noi la vita nella luce.
L'ineffabile luce di Dio per noi mendicanti di senso.
La Quaresima ci sorprende con il Vangelo della Trasfigurazione, pieno di sole e di luce, che mette ali alla nostra speranza. Una pagina di teologia per immagini: si tratta di vedere Gesù come il sole della nostra vita, e la nostra vita muoversi sotto il sole di Dio. Gesù chiama di nuovo con sé i primi chiamati: tutto è narrato dal punto di vista dei discepoli, di ciò che accade loro, del percorso che loro e noi possiamo compiere per giungere a godere la bellezza della luce. Li porta su di un alto monte e fu trasfigurato davanti a loro: i monti nella Bibbia sono dimora di Dio, ma offrono anche la possibilità di uno sguardo nuovo sul mondo, colto da una nuova angolatura, osservato dall'alto, da un punto di vista inedito, il punto di vista di Dio.
La nostra comprensione, la nostra intelligenza, la nostra luce non ci bastano, le cose attorno a noi non sono chiare, la storia e i sentieri del futuro per nulla evidenti. Come Pietro e i suoi due compagni, anche noi siamo mendicanti di luce, mendicanti di senso e di cielo. E la fede che cerchiamo è «visione nuova delle cose» (G. Vannucci), «vedere il mondo in altra luce» (M. Zambrano).
Pietro ci apre la strada con la sua esclamazione straordinaria: maestro che bello qui! E vorrei, balbettando come il primo dei discepoli, dire che anch'io ho sfiorato, qualche volta almeno, la bellezza del credere. Che anche per me credere è stato acquisire bellezza del vivere. La fede viva discende da uno stupore, da un innamoramento, da un «che bello!» che trema negli occhi e nella voce. La forza del cuore di Pietro è la scoperta della bellezza di Gesù, da lì viene la spinta ad agire (facciamo, qui, subito...). Succede anche a me: la vita non avanza per ordini o divieti, ma per una seduzione. E la seduzione nasce da una bellezza, almeno intravista, anche se per poco, anche solo la freccia di un istante: il volto bello di Gesù, sguardo gettato sull'abisso di Dio. Guardano i tre, si emozionano, sono storditi: davanti a loro si è aperta la rivelazione stupenda di un Dio luminoso, bello, solare. Un Dio da godere, un Dio da stupirsene. E che in ogni figlio ha seminato la sua grande bellezza.
Venne dal cielo una nube, e dalla nube una voce: ascoltate lui. Gesù è la Voce diventata volto. Il mistero di Dio è ormai tutto dentro Gesù. E per noi cercatori di luce è tracciata la strada maestra: ascoltatelo, dare tempo e cuore alla Parola, fino a che diventi carne e vita. E poi seguirlo, amando le cose che lui amava, preferendo coloro che lui preferiva, rifiutando ciò che lui rifiutava. Allora vedremo la goccia di luce nascosta nel cuore vivo di tutte le cose, vedremo un germoglio di luce spuntare e arrampicarsi in noi.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
- La nostra famiglia è “puntuale” nel cogliere i “segni dei tempi”?
- Conserviamo nel nostro cuore la capacità di meravigliarci (delle cose belle che vediamo, dell'ingenuità di un bimbo, dei ricordi belli che ci possono guidare nel nostro esodo)?
- Siamo rassegnati al dato, all'esistente, oppure siamo capaci di coltivare delle utopie, di combattere perché queste utopie possano essere realizzate?
- Siamo disposti a “scendere dal monte” e ritornare in mezzo alla “gente”, cioè ai nostri fratelli in ricerca con noi?
- Anche noi ci chiediamo, come gli Apostoli, che cosa significa risorgere dai morti?
- Che cosa significa per me fidarmi di Dio? Quanto sono disposto a lasciarmi sorprendere da Lui?
- Quando ho potuto sperimentare, nel grande o nel piccolo, che affidarsi a Lui permette di superare ogni ostacolo, soprattutto quelli che sono in me?
7) Preghiera: Salmo 115
Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.
Ho creduto anche quando dicevo:
«Sono troppo infelice».
Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.
Ti prego, Signore, perché sono tuo servo;
io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo,
negli atri della casa del Signore,
in mezzo a te, Gerusalemme.
8) Orazione Finale
Ascolta, Signore, la nostra preghiera. Tu che conosci il nostro cuore, non farci mancare il tuo sostegno nella nostra storia e accompagnaci all'incontro glorioso con il tuo Figlio Gesù.