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- martedì | 2 febbraio 2021
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Lectio martedì 2 febbraio 2021
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Martedì della Quarta Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
Presentazione del Signore
Lettera agli Ebrei 2, 14 - 18
Luca 2, 22 - 40
1) Preghiera
Dio onnipotente ed eterno, guarda i tuoi fedeli riuniti nella festa della Presentazione al tempio del tuo unico Figlio fatto uomo, e concedi anche a noi di essere presentati a te pienamente rinnovati nello spirito.
Il vecchio Simeone, certo della promessa ricevuta, riconosce Gesù e la salvezza di cui il Cristo è portatore e accetta il compiersi della sua esistenza.
Anche Anna, questa profetessa ormai avanti negli anni, che aveva però passato quasi tutta la sua vita in preghiera e penitenza riconosce Gesù e sa parlare di lui a quanti lo attendono. Anna e Simeone, a differenza di molti altri, capiscono che quel bimbo è il Messia perché i loro occhi sono puri, la loro fede è semplice e perché, vivendo nella preghiera e nell’adesione alla volontà del Padre, hanno conquistato la capacità di riconoscere la ricchezza dei tempi nuovi.
Prima ancora di Simeone e Anna è la fede di Maria che permette all’amore di Dio per noi di tramutarsi nel dono offertoci in Cristo Gesù.
Giovanni Paolo II nella “Redemptoris Mater” ci ricorda che “quello di Simeone appare come un secondo annuncio a Maria, poiché le indica la concreta dimensione storica nella quale il Figlio compirà la sua missione, cioè nell’incomprensione e nel dolore” (n. 16).
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2) Lettura: Lettera agli Ebrei 2, 14 - 18
Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita.
Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo.
Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.
3) Commento su Lettera agli Ebrei 2, 14 - 18
? Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. (Eb 2,16) - Come vivere questa Parola?
Abbiamo fatto talmente l'abitudine all'incarnazione passione-morte-resurrezione di Cristo, che non ci lasciamo più interpellare da realtà così sconvolgenti. È normale che ciò sia accaduto, che Dio si prenda cura di noi! Quasi quasi lo reputiamo un suo dovere.
L'autore della lettera agli Ebrei viene a scuoterci da questo insano torpore, obbligandoci a riflettere. Anche nel mondo angelico si è registrata una caduta che ha trascinato lontano da Dio parte degli angeli. Eppure Dio ha rivolto la sua attenzione non a loro, ma a noi, offrendoci la possibilità di una riabilitazione unica: possiamo rilanciare il disegno d'amore che lui ha su di noi fin dalla creazione del mondo. Possiamo chiamarlo "Padre!", e non in senso metaforico, ma reale, perché resi figli nel Figlio.
A questa altezza ci ha elevato Dio! Un dono offerto dalla sua munificenza che chiede solo di essere accolto con la stessa disponibilità di Abramo, cioè con fede.
Nelle lettere paoline troviamo esplicitato in che cosa consista essere stirpe di Abramo: non un legame di sangue che, quindi, prescinde dalla nostra libertà, ma un legame spirituale che accomuna a lui nel segno della fede. Chi condivide la solidità del suo ancoraggio in Dio, e come lui sa affrontare le incognite di un cammino fidando dell'autorevolezza della parola di chi glielo addita, è stirpe di Abramo. La solidarietà adamitica è superata in questo gesto di coraggioso abbandono e di fiducia incondizionata che permette a Dio di fare irruzione nella vita e riscattarla.
Due elementi che vengono a sottolineare la grandezza di questo piccolo ed effimero palpito di vita che è l'uomo: l'interesse di Dio per lui è tale da situarlo al di sopra degli angeli nel prendersi cura di lui, e il suo rispetto per la libertà di cui l'ha dotato ne attende il libero e responsabile inserimento nella stirpe di Abramo, per riversare su di lui la pienezza dei suoi doni.
Signore, veramente mi hai fatto come un prodigio chiamandomi alla vita, e te ne ringrazio. Ma ciò che maggiormente mi riempie di gioioso stupore è l'attenzione con cui tu segui questo piccolissimo frammento dell'universo che sono io: per te è come se fossi unico, tanto da valere la tua stessa vita. Dammi di penetrare sempre più nel mistero di questo amore che mi lancia verso orizzonti sempre più vasti.
Ecco la voce di un Dottore della Chiesa S. Giovanni Crisostomo: È veramente grande e meraviglioso e pieno di stupore il fatto che la nostra carne si assiderà in alto e sarà adorata (nell'umanità di Cristo) dagli angeli e dagli arcangeli. Pensando spesso a questo, vado fuori di me, immaginando cose grandiose del genere umano
"Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo." (Eb 2, 17-18) - Come vivere questa Parola?
Oggi, Festa della Presentazione di Gesù al tempio, la lettera agli Ebrei ci offre l'occasione di renderci ben conto di ciò che è stata "l'avventura" del Verbo di Dio in terra.
Il Bambino che Maria e Giuseppe presentano a Dio nel Tempio di Gerusalemme in ossequio alla tradizione religiosa in vigore, diverrà l'Uomo dei dolori che sulla via del calvario e in croce è il "Sommo sacerdote misericordioso". Di lui la lettera agli Ebrei dice che "proprio per essere stato messo alla prova Egli è in grado di aiutare quanti subiscono la prova" (cf Eb 2, 18).
È importante anche il fatto che il testo sacro usa l'espressione "aver sofferto personalmente". Non consegnò ad altri questo importantissimo ma faticoso mandato della salvezza che riguarda noi ciascuno di noi. Personalmente si fece carico di un mistero di dolore: esattamente il prezzo della redenzione di una umanità decaduta e schiava del peccato.
Ecco, Signore, è quel personalmente che riguarda oggi anche la mia persona. Il Mistero di Gesù che accetta patimenti e morte per me non è stato alleggerito da qualsiasi decisione "vicaria".
Gesù, Signore del mio dolore e della mia gioia non permettere che io scrolli dalle mie spalle il fardello delle pene che la vita consegna ad ognuno. Fa' che io lo porti non solo con dignità ma con grande fiducia in Te che, assai prima e molto più duramente di me, hai affrontato la prova il dolore e la morte proprio perché io avessi respiro di libertà coraggio serenità e prospettiva di gioia eterna.
Ecco la voce del Papa Francesco: "Nel Giubileo lasciamoci sorprendere da Dio. Lui non si stanca mai di spalancare la porta del suo cuore per ripetere che ci ama e vuole condividere con noi la sua vita".
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4) Lettura: Vangelo secondo Luca 2, 22 - 40
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
5) Commento sul Vangelo secondo Luca 2, 22 - 40
Andiamo incontro al Signore.
L’incontro con il Signore Gesù è sempre un incontro decisivo per tutti: grazie a lui, conosciamo l’amore di Dio per noi, comprendiamo il significato della nostra vita e dell’intera storia umana, e veniamo resi capaci di agire con potenzialità nuove, nella gratitudine per i doni ricevuti, nell’imitazione di colui che ci ha amato per primo. Se condividiamo questa esperienza dell’incontro con il Signore Gesù, senza dubbio ci aiuteremmo insieme a comprendere come tale incontro può cambiare le nostre vite, e ci sostenteremo vicendevolmente nella missione di testimoniare agli altri la grandezza e la potenza del suo amore. Purtroppo, sovente ci sono incontri non riusciti. Gesù ci insegna che la forza di un incontro riuscito, sta nella gratuità, nella condivisione e nel sevizio. Così il Signore Gesù ci viene incontro, e tale è il progetto divino, motivo che deve suscitare gioia e gratitudine come ad esempio di Maria, Giuseppe, Anna, e il vecchio Simeone. Un vero incontro esige un atteggiamento di apertura e di accoglienza. L’incontro con il Signore, non può attuarsi senza che in noi avvenga una profonda purificazione, l’offerta della nostra vita.
I primi due capitoli del Vangelo di Luca non sono storia secondo il significato che noi diamo oggi alla storia. Servono più che altro da specchio in cui i cristiani convertiti dal paganesimo, scoprirono che Gesù era venuto a compiere le profezie dell’Antico Testamento ed a rispondere alle aspirazioni più profonde del cuore umano. Sono, quindi, simbolo e specchio di ciò che stava succedendo tra i cristiani del tempo di Luca. Le comunità giunte dal paganesimo erano nate dalle comunità di giudei convertiti, ma erano diverse. Il Nuovo non corrispondeva a ciò che l’Antico immaginava ed aspettava. Era "segno di contraddizione" (Lc 2,34), causava tensioni ed era fonte di molto dolore. Nell’atteggiamento di Maria, immagine del Popolo di Dio, Luca rappresenta un modello di come perseverare nel Nuovo, senza essere infedeli all’Antico.
In questi due primi capitoli del Vangelo di Luca, tutto gira attorno alla nascita di due bambini: Giovanni e Gesù. I due capitoli ci fanno sentire il profumo del vangelo di Luca. In essi, l’ambiente è di tenerezza e di lode. Dall’inizio alla fine, si loda e si canta, perché, finalmente, la misericordia di Dio si è rivelata in Gesù; lui compì le promesse fatte ai padri. E Dio le compì a favore dei poveri, quali Elisabetta e Zaccaria, Maria e Giuseppe, Anna e Simeone, i pastori. Tutti loro seppero aspettare la sua venuta.
L’insistenza di Luca nel dire che Maria e Giuseppe adempirono tutto quello che la Legge prescrive, evoca ciò che Paolo scrisse nella lettera ai Galati: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4-5).
La storia del vecchio Simeone insegna che la speranza, anche se non subito, un giorno si realizza. Non si frustra, viene realizzata. Ma la forma non sempre corrisponde a ciò che noi immaginiamo. Simeone aspettava il Messia glorioso di Israele. Giungendo al tempio, in mezzo a tante coppie che portano i loro figli, lui vede una coppia giovane di Nazaret. Ed in questa coppia povera, con il loro bambino, vede la realizzazione della sua speranza e della speranza del popolo: “I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele."
Nel testo del vangelo di oggi, appaiono i temi preferiti di Luca, cioè, una forte insistenza sull’azione dello Spirito Santo, sulla preghiera e sull’ambiente di preghiera, un’attenzione continua all’azione e partecipazione delle donne ed una preoccupazione costante verso i poveri e del messaggio per i poveri.
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6) Per un confronto personale
a) Perché mai Gesù, figlio dell’Altissimo, e sua madre Maria, concepita senza peccato, devono sottomettersi alla prescrizione di Mosè? Forse perché Maria non aveva ancora coscienza della sua innocenza e santità?
b) Oltre alle parole di Simeone, in tutto il suo atteggiamento, come anche in quello della profetessa Anna, c’è un significato speciale? Il loro agire e la loro gioia non richiamano forse lo stile degli antichi profeti?
c) Come spiegare questa "spada che trafigge": si tratta di una lacerazione delle coscienze davanti alle sfide e alle richieste di Gesù? Oppure si tratta solo di una sofferenza intima della Madre?
d) Può significare qualche cosa questa scena per i genitori di oggi: per la formazione religiosa dei loro figli; per il progetto che Dio ha su ciascuno dei loro figli, per le paure e le angosce che i genitori si portano nel cuore pensando a quando i figli saranno grandi?
7) Preghiera finale: Salmo 23
Vieni, Signore, nel tuo tempio santo.
Alzate, o porte, la vostra fronte,
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria.
Chi è questo re della gloria?
Il Signore forte e valoroso,
il Signore valoroso in battaglia.
Alzate, o porte, la vostra fronte,
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria.
Chi è mai questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria.