Mercoledì 30 dicembre 2020: Per la preghiera personale e familiare - Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno

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  • mercoledì | 30 dicembre 2020

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Lectio mercoledì 30 dicembre 2020

 Mercoledì fra l’Ottava di Natale (Anno B)

 
1 Lettera di Giovanni 2, 12 - 17
Luca 2, 36 - 40  
 
 
1) Preghiera 
Dio grande e misericordioso, la nuova nascita del tuo unico Figlio nella nostra carne mortale ci liberi dalla schiavitù antica, che ci tiene sotto il giogo del peccato.
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2) Lettura: 1 Lettera di Giovanni 2, 12 - 17
Scrivo a voi, figlioli, perché vi sono stati perdonati i peccati in virtù del suo nome. Scrivo a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è da principio. Scrivo a voi, giovani, perché avete vinto il Maligno. Ho scritto a voi, figlioli, perché avete conosciuto il Padre. Ho scritto a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è da principio. Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti e la parola di Dio rimane in voi e avete vinto il Maligno. Non amate il mondo, né le cose del mondo! 
Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo – la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita – non viene dal Padre, ma viene dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!
 
3) Commento su  1  Lettera di Giovanni  2, 12 - 17  
• “Scrivo a voi, figlioli, perché vi sono stati perdonati i peccati in virtù del suo nome”. Figlioli (teknia) sono i destinatari della lettera esposti alle insidie dei falsi maestri, perché la prima evangelizzazione data ai padri non era più sufficiente. Per i pericoli sopraggiunti era necessaria una nuova evangelizzazione, ancora più potente della già ricevuta, e questo fece Giovanni, l’ultimo degli apostoli restato in vita. Essi avevano ricevuto il Battesimo, ma avevano bisogno di padri che li generassero ad una vita cristiana capace di vincere le eresie e di promuovere il Vangelo pur in mezzo alle difficoltà. Anche oggi tantissimi battezzati hanno bisogno di padri che li generino ad una vita cristiana intensa. 
“Scrivo a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è da principio”. I padri sono i capifamiglia. La famiglia ha una sua unità intrinseca che non va toccata, ma solo lievitata. I padri non hanno anteposto se stessi ai figli poiché hanno “conosciuto colui che è da principio” (Cf. Mt 10,37). 
“Scrivo a voi, giovani, perché avete vinto il Maligno”. I giovani “neaniscoi” hanno vinto il Maligno con le sue tentazioni agitanti la carne. 
“Ho scritto a voi, figlioli, perché avete conosciuto il Padre”. I figlioli “Paidia”, si potrebbe tradurre con figliolini. Essi hanno conosciuto il Padre, e grazie a ciò hanno un rapporto con il padre terreno secondo lo Spirito (Mt 11,37). 
“Ho scritto a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è da principio”. Ora Giovanni passa al tempo passato che è il tempo del lettore nei suoi confronti, cioè il lettore si rapporta al momento nel quale Giovanni scrisse. 
“Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti e la parola di Dio rimane in voi e avete vinto il Maligno”. Giovanni cambia il tempo dal presente al passato anche con i giovani “neaniscoi”, certo che essi sono “forti e la parola di Dio rimane in voi”. Essi ora hanno vinto il Maligno perché hanno accolto la Parola ed essa rimane in loro (Cf. Gv15,7).
 
• “Non amate il mondo, né le cose del mondo!”. Il mondo per Giovanni è la realtà sociale degli uomini segnata dal peccato. In sé e per sé la realtà sociale è una cosa buona perché viene da Dio, ma gli uomini la vivono nelle deformazioni del peccato. Questa realtà non va amata perché appiattisce alla terra con le seduzioni di cui è capace: “le cose del mondo”. 
Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui”. Amare il mondo significa credere che esso dia appagamento, riposo, successo, gloria. In tal modo, si misconosce fino al rifiuto tutto ciò che è di Dio e che Dio propone e dona. Amare il mondo è accettare di ascoltare la carne, le astuzie che suggerisce, le sue posizioni di orgoglio, la lotta mossa dall’invidia camuffata per lotta di giustizia, infatti il mondo è bugiardo. Rende lieto un attimo di carne e poi rende tragica la fine. Satana ti dà un’ora di trionfo sulla terra, ma ti chiede di dargli l’eternità. 
Perché tutto quello che è nel mondo - la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita - non viene dal Padre, ma viene dal mondo”. La carne brama il soddisfacimento dei suoi impulsi disordinati. Così gli occhi bramano il luccichio delle ricchezze, e perciò perseguono l’illeceità, l’invidia, l’avarizia, l’oppressione, la violenza. “La superbia della vita” è la scelta di innalzarsi sugli altri per asservirli, per godere dei loro applausi, della loro invidia; è la ricerca della notorietà, del culto, più o meno ostentato o più o meno camuffato, della propria persona. 
“E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!”. Ma il mondo passa, non è eterno. Passa non solo perché il tempo terminerà alla fine del mondo, ma passa perché dopo avere dato un istante di falsa gloria, fugge beffardo da chi ha illuso, e gli dà spaventi di vuoto e di morte. Chi si fonda in Dio e gli obbedisce rimane in eterno, poiché Dio non delude, le sue promesse non vengono meno mai.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Luca 2, 36 - 40  
[Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore.] C’era una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Luca 2, 36 - 40  
Nonostante che Anna, protagonista, con Simeone, di questo brano del Vangelo di Luca, venisse da una tribù insignificante, si faceva notare per le sue grazie spirituali (il suo nome stesso significa “grazia”). 
Aveva ricevuto il dono della preghiera perseverante e della profezia; il suo stile di vita, fatto di abnegazione, di digiuno e di veglia, aggiungeva importanza alla sua preghiera di intercessione per il suo popolo. Anna e Simeone ci mostrano che gli uomini e le donne sono uguali davanti a Dio e che tutti possono ricevere i doni dello Spirito Santo. Anna aveva consacrato a Dio la sua vedovanza, divenendo un modello per molte vedove cristiane. La sua vita illustra alcune verità importanti: tutti hanno il loro posto nel progetto divino di salvezza; Dio fa spesso appello a persone che non se lo sarebbero certo aspettato perché siano suo strumento scelto; le virtù di distacco e di umiltà ottengono sempre l’approvazione di Dio, perché egli può colmare solo un cuore puro da ogni attaccamento materiale. Lo spirito ebraico era affascinato dall’etimologia dei nomi; può essere interessante, allora, sapere che Fanuele significa “volto di Dio”: Anna, sua figlia, ha davvero visto il volto di Dio in quello di Cristo.
 
Vedere per testimoniare.
Non è possibile vedere il Bambino senza avere poi l'urgenza di parlare di lui. È stata per prima la stessa Madre ad intonare un canto del Magnificat che ancora risuona ogni giorno nella chiesa. Zaccaria, prima muto, poi diventa anch'egli cantore della misericordia di Dio. Il vecchio Simeone, che dopo tanta fiduciosa attesa, ha la gioia di vedere con i suoi occhi e di stringere tra le sue braccia il Messia promesso, intona anch'egli il suo cantico. Si dichiara ormai pronto a chiudere per sempre i suoi occhi perché hanno visto la salvezza. Oggi è la volta della profetessa Anna. Il Vangelo ci dice di lei: «Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere». Anche lei alla vista del Bambino si mise a lodare Dio e a parlare di Lui«a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme». La Vergine Madre, Zaccaria, Simeone, Anna sono i primi testimoni di Cristo, i primi annunciatori della salvezza che egli è venuto a portare sulla terra. Ai loro nomi ora doverosamente dobbiamo aggiungere i nostri, anche noi infatti abbiamo visto e udito ciò che ha detto e fatto per noi l'autore della vita. È un impegno che deriva dal nostro battesimo. È un dovere di gratitudine. È la nostra risposta alla gratuità dei doni ricevuti. È infine il più squisito atto di carità fraterna. In questa prospettiva comprendiamo in un significato diverso la frase conclusiva del brano evangelico di oggi: «Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui». Cristo oggi si fortifica e cresce nella misura in cui è conosciuto, accolto, testimoniato e amato.
 
• Luca 2,36-37: La vita della profetessa Anna. “In quel tempo, c’era una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.” Come Giuditta (Gd 8,1-6), anche Anna è vedova. Come Debora (Jz 4,4), anche lei è profetessa. Cioè, è una persona che comunica qualcosa di Dio e che ha un’apertura speciale verso le cose della fede fino al punto di poterle comunicare agli altri. Anna si è sposata giovane, ha vissuto da sposata sette anni, è rimasta vedova e continua a dedicarsi a Dio fino all’età di ottantaquattro anni. Oggi, in quasi tutte le nostre comunità, nel mondo intero, si incontrano un gruppo di signore di una certa età, molte di loro vedove, la cui vita si riassume nella preghiera e nell’essere presenti alle celebrazioni e nel servizio al prossimo.
 
• Luca 2,38: Anna e il bambino Gesù. “Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”. Giunse al tempio nel momento in cui Simeone abbracciava il bambino e conversava con Maria sul futuro del figlio (Lc 2,25-35). Luca suggerisce che Anna prenda parte a questo gesto. Lo sguardo di Anna è uno sguardo di fede. Lei vede un bambino nelle braccia di sua madre e scopre in lui il Salvatore del mondo.
 
• Luca 2,39-40: La vita di Gesù a Nazaret. “Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui”. In queste poche parole, Luca comunica qualcosa del mistero dell’incarnazione. “Il Verbo si fece carne e fissò tra di noi la sua dimora” (Gv 1,14). Il Figlio di Dio si fece uguale a noi in tutto ed assunse la condizione di servo (Filip 2,7). Fu obbediente fino alla morte ed alla morte di croce (Filip 2,8). Visse trentatre anni fra di noi, e di questi trenta li visse a Nazaret. Se vogliamo sapere come fu la vita del Figlio di Dio durante gli anni che visse a Nazaret, dobbiamo cercare di conoscere la vita di qualsiasi nazareno di quell’epoca, cambiare il nome, dargli il nome di Gesù e conosceremo la vita del Figlio di Dio nei trenta e tre anni della sua vita, in tutto uguale a noi, tranne che nel peccato (Eb 4,15). In questi anni della sua vita, “il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui”. 
 
In un altro passaggio, Luca afferma la stessa cosa con altre parole. Dice che il bambino “cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,52). Crescere in sapienza significa assimilare la conoscenza, l’esperienza umana accumulata lungo i secoli: i tempi, le feste, le medicine, le piante, le preghiere, le usanze, ecc. Ciò si impara vivendo e convivendo nella comunità naturale della gente. Crescere in età significa nascere piccolo, crescere e diventare adulto. È il processo di ogni essere umano con le sue gioie e le sue tristezze, le sue scoperte e frustrazioni, le sue rabbie e i suoi amori. Ciò si impara vivendo e convivendo in famiglia, con i genitori, i fratelli e le sorelle, i parenti. Crescere in grazia significa: scoprire la presenza di Dio nella vita, la sua azione in tutto ciò che succede, la vocazione, la sua chiamata. La lettera agli Ebrei dice che: “Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì” (Eb 5,8).
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6) Per un confronto personale
• Conosci persone come Anna, che hanno uno sguardo di fede sulle cose della vita?
• Crescere in sapienza, età e grazia: come avviene questo nella mia vita?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 95
Gloria nei cieli e gioia sulla terra.
 
Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.
 
Portate offerte ed entrate nei suoi atri,
prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
 
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
È stabile il mondo, non potrà vacillare!
Egli giudica i popoli con rettitudine.