Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - domenica 13 dicembre 2020

Dettagli evento

  • domenica | 13 dicembre 2020

___________________________________________________________________________________________________________________

Per prendere visione delle Lectio Divine finora pubblicate 

_____________________________________________________________________________________________________________________

Per prendere visione della Lectio Divina di oggi

_____________________________________________________________________________________________________________________

Lectio domenica 13 dicembre 2020
 
Domenica della Terza Settimana di Avvento -  Gaudete (Anno B)
Santa Lucia
 
1 Lettera ai Tessalonicesi 5, 16 - 24
Giovanni 1, 6 - 8. 19 - 28
 
 
1) Orazione iniziale 
O Dio, Padre degli umili e dei poveri, che chiami tutti gli uomini a condividere la pace e la gioia del tuo regno, mostraci la tua benevolenza e donaci un cuore puro e generoso, per preparare la via al Salvatore che viene. 
 
Riempi di gioia e di luce il tuo popolo, Signore, per l’intercessione gloriosa della santa vergine e martire Lucia, perché noi, che festeggiamo la sua nascita al cielo, possiamo contemplare con i nostri occhi la tua gloria.
 
Santa Lucia, dal nome evocatore di luce, martirizzata probabilmente a Siracusa sotto Diocleziano (c. 304), fa parte delle sette donne menzionate nel Canone Romano. Il suo culto universalmente diffuso è già testimoniato dal sec. V. Un’antifona tratta dal racconto della sua passione la saluta come «sponsa Christi». La sua «deposizione» a Siracusa il 14 dicembre è ricordata dal martirologio geronimiano (sec. VI).
______________________________________________________________________________
 
 
2) Lettura: 1 Lettera ai Tessalonicesi 5, 16 - 24
Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male.
Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!
 
3) Commento  su 1 Lettera ai Tessalonicesi  5, 16 - 24
? Questa terza domenica di Avvento è detta la domenica del “gaudente”, poiché da tutte le letture si sprigiona la forza della gioia, dell'esultanza a partire dallo splendido brano di Isaia: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio.”
E così l'Apostolo Paolo esorta i cristiani a stare sempre lieti: “Gioite sempre!” e per trasmettere questo messaggio Paolo usa lo stesso verbo greco usato da Luca nel suo Vangelo, per tradurre il saluto augurale dell'Angelo a Maria: chaire, gioisci, rallegrati! Paolo nell'esortazione ai Tessalonicesi usa “chairete”, una espressione che troviamo anche nella lettera ai Filippesi 4,4! 
 
? Ecco, potremmo dire che questa è la prima “beatitudine” della Chiesa cristiana nascente dopo la venuta di Cristo.
State sempre lieti!” e “Rallegratevi nel Signore, sempre!”, bello a dirsi, ma come è possibile? come dare concretezza a queste raccomandazioni paoline?
Semplice. Perché la gioia è Dio, in Dio, con Dio. Dio ci ama sempre, non smette mai di amarci e donarci il bene, anche quando all'apparenza sembra tutto l'incontrario nelle nostre misere vicissitudini umane.
Ecco il nocciolo della gioia: sapere che c'è e sapere che tu, io, noi, lo possiamo trovare, incontrare e gioire nella relazione con Lui.
 
? Siamo immersi nell'umanità che nega il dolore, e che vive un nichilismo assordante, da paura, che cerca falsamente di scacciare ogni negatività nell'illusorietà delle cose, piuttosto che sforzarsi di instaurare relazioni di senso, di sentimento, di amore, di servizio, di solidarietà; relazioni che costano fatica, tempo e mettersi in gioco, ma che alla fine sono quelle che veramente danno la vera gioia e acquietano le nostre inquietudini umane. Lui è la nostra gioia. Il prossimo è la nostra gioia. Rallegriamoci ed esultiamo perché il Signore, nostro amico, è vicino.
______________________________________________________________________________
 
 
4) Lettura: dal Vangelo secondo Giovanni 1, 6 - 8. 19 - 28
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». 
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
 
5) Riflessione  sul Vangelo secondo Giovanni  1, 6 - 8. 19 - 28
? Oggi la liturgia ci propone un brano composito del vangelo secondo Giovanni: sono uniti due versetti del prologo e alcuni versetti successivi; l’ultimo versetto dice che il Battista svolgeva il suo ministero in Betania: questo nome significa “casa della testimonianza” e potrebbe assumere un valore simbolico, indicando ciò che ogni Comunità è chiamata a diventare. Tutta la pagina evangelica di oggi spiega che cosa è la testimonianza.
Come abbiamo letto i Giudei inviarono una specie di “commissione d’inchiesta” a Giovanni il Battista per sapere chi egli fosse; il precursore rispose: “Non sono io il Cristo… Io sono voce”. Per l’evangelista il Battista non è un predicatore o un asceta, bensì un testimone: questo è l’atteggiamento che deve contrassegnare ogni membro di una comunità cristiana. Nessuno può dire: “Sono io”, ma ciascuno è chiamato a rimandare a Gesù Cristo. Ognuno deve essere un segno per l’altro, ed essere disposto anche a scomparire come il Battista; un segno può essere anche necessario, ma non definitivo. Nel vangelo di Giovanni si racconta la vicenda di Gesù come lo svolgimento di un grande processo in cui i credenti sono chiamati ad essere dalla Sua parte di fronte al mondo, invitati a testimoniarLo con le parole e con le opere. La testimonianza è frutto dello Spirito di Dio effuso prima sul profeta e su Gesù e poi su tutti i credenti, Spirito che manda a dire la buona novella ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi e dei prigionieri, come si dice nel libro del profeta Isaia. Questa missione è stata di Gesù, che nella sinagoga ha applicato a sé il brano di Isaia, ma oggi è di tutti noi cristiani. Non si tratta di fare miracoli ma di farsi a fianco di chi è povero, di chi è ferito nella vita e di chi è in qualche modo prigioniero e di essere testimoni e portatori della Grazia di Dio con la parola che abbiamo udito dal Cristo e con la carità che Egli ci ha insegnato e ci dona di vivere: così porteremo la misericordia del Signore e la gioia dell’incontro con Lui, che per primi sperimentiamo e che possiamo e dobbiamo trasmettere agli altri.
 
? Un uomo mandato da Dio.
Tutta la storia d’Israele è percorsa dal susseguirsi di voci di profeti, messaggeri di Dio, araldi della sua parola, uomini che parlano al popolo in suo nome, che preannunziano tempi futuri, che hanno il compito di preparare la strada per gli interventi diretti del Signore. Sono definiti “voce” dell’Altissimo. È quanto dice di sé anche Giovanni Battista, il protagonista di questa gioiosa domenica di avvento. “Voce di uno che grida nel deserto...” Giovanni Battista ha esultato ed è stato pervaso dallo steso Spirito sin dal seno materno, da quando la Madre del Signore incontrò Elisabetta, già al sesto mese. L’importanza della missione voluta da Dio stesso e la certezza della speciale protezione divina per il prescelto, non solo sono garanzia e suggello di vittoria finale, ma costituiscono motivo di grande gioia per tutto il popolo. Gli interventi divini infatti hanno sempre il fine ultimo di ricondurre all’ovile i dispersi, di redimere, di perdonare, di muovere alla conversione, di portare a tutti la salvezza. Ecco perché già oggi, domenica in “gaudere”, siamo tutti invitati a rallegrarci nel Signore, quasi godendo anticipatamente della gioia del santo natale. San Paolo opportunamente ci suggerisce i comportamenti che possono garantirci la gioia vera, santa e soprattutto durevole: “Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male”. Sono le semplici ed essenziali regole di vita cristiana. Una consapevolezza ci muove alla speranza: è Dio con noi l’autore primo della nostra santificazione: “Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo”. È la stessa via che additava con la forza della voce e dell’esempio il precursore del Signore. Egli si presenta in tutta umiltà e verità, senza deviare, a svolgere il suo ruolo di testimone della luce. Invita a rendere diritta la via del Signore. Le umane storture infatti rendono inefficace l’azione divina. Raddrizzare la via significa convertirsi, significa ritrovare la strada diritta, quella che conduce al presepio, e ci fa prostrare umili ed esultanti, dinanzi al Re Bambino.
 
? E noi chi siamo? Solo voce di un Dio innamorato.
Venne Giovanni mandato da Dio, venne come testimone, per rendere testimonianza alla luce. Non al dominio, alla giustizia, al trionfo di Dio, il profeta rende testimonianza all'umiltà e alla pazienza della luce.
Ognuno di noi è «uomo mandato da Dio», piccolo profeta inviato nella sua casa, ciascuno pur con il suo cuore d'ombra è in grado di lasciarsi irradiare, di accumulare, di stivare dentro di sé la luce, per poi vedere la realtà «in altra luce» (M. Zambrano). Ognuno testimone non tanto dei comandi, o dei castighi, o del giudizio di Dio, ma della luce del Dio liberatore, che fascia le piaghe dei cuori feriti, che va in cerca di tutti i prigionieri per tirarli fuori dalle loro carceri e rimetterli nel sole.
Giovanni è testimone non tanto della verità, quanto della luce della verità: perché se il vero e il buono non sono anche belli e non emanano fascino e calore, non muovono il cuore e non lo seducono.
Infatti il Precursore prepara la strada a Uno che «è venuto e ha fatto risplendere la vita» (2 Timoteo 1,10), è venuto ed ha immesso splendore e bellezza nell'esistenza. Come un sole tanto a lungo atteso, è venuto un Dio luminoso e innamorato in mezzo a noi, guaritore del freddo, ha lavato via gli angoli oscuri del cuore. Dopo di lui è più bello vivere.
Ed è la positività del Vangelo che fiorisce e invade gli occhi del cuore. E «mi copre col suo manto», dice Isaia, e farà germogliare una primavera di giustizia, una primavera che credevamo impossibile. Mi abbandono, allora, nelle sue mani, come il profeta, come cuore ferito, ma anche come diadema; mi abbandono nelle sue mani come vaso spezzato che egli sanerà, e come gioiello; come schiavo e come corona, testimone di una religione solare e felice.
Giovanni afferma che il mondo si regge su un principio di luce e non sulla prevalenza del male, che vale molto di più accendere la nostra lampada nella notte che imprecare e denunciare il buio.
Per tre volte gli domandano: Tu, chi sei? Domanda decisiva anche per me. Io non sono l'uomo prestigioso che vorrei essere né l'insignificante che temo di essere; non sono ciò che gli altri credono di me, né santo, né solo peccatore; non sono il mio ruolo, non sono ciò che appaio.
Io sono voce. Abitata e attraversata da parole più alte di me, strumento di qualcosa che viene da prima di me, che sarà dopo di me. Io sono voce. Solo Dio è la Parola. Il mio segreto è in sorgenti d'acqua viva che non mi appartengono, che non verranno mai meno, alle quali potrò sempre attingere. Io sono voce quando sono profeta, quando trasmetto parole lucenti e parlo del sole, gridando nel deserto di queste città, come Giovanni, o sussurrando al cuore ferito, come Isaia.
______________________________________________________________________________
 
  
6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
- Per me come singolo, so rallegrarmi anche per i piccoli segni positivi che Dio mi dona nel mare delle mie tristi inquietudini personali? 
Per me come famiglia o Comunità, quanto so accettare la difficoltà della relazione cercando di avere un atteggiamento positivo?
- Per me come famiglia o Comunità, so trasmettere la gioia della solidarietà, dell'amore, dell'attenzione a chi si sente povero e solo?
 
 
7) Preghiera: Luca 1
La mia anima esulta nel mio Dio.
 
L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
 
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.        
 
Ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia.
 
 
8) Orazione Finale
O Padre, che hai mandato Gesù a salvarci dal peccato e dalla morte, aiuta tutti noi a ricevere con gioia il dono della salvezza, e ad essere segno nel mondo della salvezza che Gesù ci ha conquistato a caro prezzo.