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- martedì | 24 novembre 2020
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Per prendere visione della Lectio Divina di oggi
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Lectio martedì 24 novembre 2020
Martedì della Trentaquattresima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
Santi Andrea Dung-Lac e compagni
Apocalisse 14, 14 - 19
Luca 21, 5 - 11
1) Preghiera
O Dio, origine e fonte di ogni paternità, che hai reso fedeli alla croce del tuo Figlio fino all'effusione del sangue, i santi Andrea Dung-Lac e compagni martiri, per la loro comune intercessione fa' che diventiamo missionari e testimoni del tuo amore fra gli uomini, per chiamarci ad essere tuoi figli.
Nella regione del Tonchino, Annam e Cocincina – ora Vietnam – ad opera di intrepidi missionari, risuonò per la prima volta nel sec. XVI la parola del Vangelo. Il martirio fecondò la semina apostolica in questo lembo dell’Oriente. Dal 1625 al 1886, salvo rari periodi di quiete, infuriò una violenta persecuzione con la quale gli imperatori e i mandarini misero in atto ogni genere di astuzie e di perfidie per stroncare la tenera piantagione della Chiesa. Il totale delle vittime, nel corso di tre secoli, ammonta a circa 130.000. La crudeltà dei carnefici, non piegò l’invitta costanza dei confessori della fede: decapitati, crocifissi, strangolati, segati, squartati, sottoposti a inenarrabili torture nel carcere e nelle miniere fecero rifulgere la gloria del Signore, «che rivela nei deboli la sua potenza e dona agli inermi la forza del martirio» (M.R., prefazio dei martiri). Giovanni Paolo II, la domenica 19 giugno 1988, accomunò nell’aureola dei santi una schiera di 117 martiri di varia nazionalità, condizione sociale ed ecclesiale: sacerdoti, seminaristi, catechisti, semplici laici fra cui una mamma e diversi padri di famiglia, soldati, contadini, artigiani, pescatori. Un nome viene segnalato: Andrea Dung-Lac, presbitero, martirizzato nel 1839 e beatificato nel 1900, anno giubilare della redenzione, da Leone XIII. Il 24 novembre è il giorno del martirio di alcuni di questi santi.
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2) Lettura: Apocalisse 14, 14 - 19
Io, Giovanni, vidi: ecco una nube bianca, e sulla nube stava seduto uno simile a un Figlio d’uomo: aveva sul capo una corona d’oro e in mano una falce affilata. Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: «Getta la tua falce e mieti; è giunta l’ora di mietere, perché la messe della terra è matura». Allora colui che era seduto sulla nube lanciò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta. Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, tenendo anch’egli una falce affilata. Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, venne dall’altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: «Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature». L’angelo lanciò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e rovesciò l’uva nel grande tino dell’ira di Dio.
3) Commento su Apocalisse 14, 14 - 19
• «Io, Giovanni, vidi: ecco una nube bianca, e sulla nube stava seduto uno simile a un Figlio d'uomo: aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata». (Ap 14,14) - Come vivere questa Parola?
Nella visione di Giovanni si ripresenta il Figlio dell'uomo, con un linguaggio e delle immagini che ci ricordano il libro del profeta Daniele. Qui l'autore ci introduce un personaggio che rappresenta in modo molto evidente Cristo Re e risorto: entra in scena su una nuvola, è vestito di bianco e ha sul capo una corona d'oro. La falce affilata che ha in mano sarà lo strumento che gli permetterà di mietere sulla terra: un giudizio inteso non come un'azione violenta, ma come una piena rivelazione con la raccolta delle sue conseguenze. Come il contadino che finiti mesi di fatica e di investimento può, mietendo, raccogliere il frutto che si è salvato ed è cresciuto, superando intemperie, attacchi di animali, furti di altre persone. Quel frutto è il suo orgoglio, la sua gioia. Quel frutto, per Dio, sono gli uomini creati a sua immagine e somiglianza e che hanno risposto al dono di Dio agendo anche a sua immagine e somiglianza.
Signore, che ciascuno di noi sia la tua gioia. Che tu possa raccogliere con soddisfazione i frutti delle tue fatiche nei confronti dell'umanità, trovando ciascuno di noi disponibile ad essere un frammento di te sulla terra.
Ecco la voce di un teologo P. Ermes Ronchi osm: L'argomento del giudizio universale, l'argomento del contendere cosmico con Dio, non sarà il male ma il bene. Dio non ci chiederà conto di quanto male abbiamo commesso, ma di quanto bene abbiamo compiuto.
• "Un altro Angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: "Getta la tua falce e mieti; e giunta l'ora di mietere, perché la messe della terra è matura". E colui che era seduto sulla nuvola getto la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta" (Ap 14, 15-16): Come vivere questa Parola?
Si miete ciò che ha raggiunto un compimento o almeno si spera che sia avvenuto.
Il seme, a suo tempo, nel profondo della terra si è come disfatto poi, ha germogliato, poi e diventato una pianticella. Poi si sono succedute giornate di sole e di pioggia, di bel tempo e di bufera. Finalmente il grano ha spigato e si è offerto maturo e biondo alla falce; oppure oggi a strumenti meccanici appositi. Ma il tempo della mietitura è ineludibile. E beate le spighe sane e ricche di buon grano, infelici quelle che ne sono prive e finiranno a bruciare come paglia!
La mietitura è una bella immagine della fine di questa vita che già sta passando. Così pure la vendemmia dell'uva da cui verrà buon vino. Ma questi due lieti momenti agresti devono avere a che fare con l'operazione della falce affilata per il frumento e con quella del torchio per l'uva.
Ecco, è così anche non solo alla fine ma durante la nostra vita. Per poter godere di momenti in cui mietiamo la riuscita del bene, la vittoria sulla tentazione di "mollare" tutto, la risposta positiva alle nostre attese buone, bisogna che non temiamo i momenti di mietitura e torchiatura.
Il pane e il vino di un quotidiano sereno sono frutti di una "vita buona" in cui si è saputo valorizzare, con ardimento fiducioso, anche i tempi di "mietitura e torchiatura", che - ce lo dice la Fede - sono ordinati al bene, mai a un finale disastroso.
Signore Gesù, Tu che sulla Croce hai vissuto per noi la passione e la morte: momenti tutt'altro che facili, ma finalizzati al tuo dono di amore e alla tua Risurrezione, dacci di vivere con Te i momenti di dolore e di fatica; perché sono mietitura e torchiatura necessarie per avere sulla mensa della propria esistenza il pane e il vino della gioia.
Ecco la voce di un profeta indù Gandhi: Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre.
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4) Lettura: Vangelo secondo Luca 21, 5 - 11
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
5) Commento sul Vangelo secondo Luca 21, 5 - 11
• Questo brano di Vangelo ci mostra che Gesù non è venuto per provocare la rovina completa del giudaismo. Infatti, la legge e i profeti gli rendono omaggio: i patriarchi di Israele (Abramo, Isacco, Giacobbe, ecc.) hanno trovato in Dio la dimensione profonda della loro vita (Lc 20,27-40), la gioia dell’eternità, della vita che non ha fine.
Tuttavia Israele si è chiuso nelle sue frontiere e non accetta la purificazione che Gesù gli propone (cf. Lc 19,45-48). Poiché il suo tempio è diventato una realtà terrestre, ha già cominciato ad avanzare verso la caduta (Lc 21,5-6): la sua distruzione è simbolo del modo con cui funziona questo mondo, ed è destinato a scomparire.
Nonostante il suo splendore e tutto ciò che esso significa, il tempio di Sion porta in se stesso la prospettiva della morte. Quando si sarà prodotta la sua distruzione, quando sopraggiungerà la fine dei tempi, che ne sarà della morte?
Gesù parla all’interno del tempio (Lc 19,47-48; 21,37-38). Da quel luogo con le sue parole divine egli supera tutto ciò che, come questo edificio, è soltanto realtà passeggera e ci conduce, ci trasporta verso la verità autentica e definitiva, cioè in altre parole verso l’eternità. Gesù attira la nostra attenzione sull’universalità di tutte le cose, l’universalità della storia.
Così, dunque, dobbiamo essere attenti ai segni dei tempi, per mezzo dei quali Dio ci indica il cammino verso la vita che non ha fine, verso la gioia eterna.
• Non resterà pietra su pietra...
Lo splendore del tempio affascina i discepoli che seguono Gesù; è l'occasione opportuna per un insegnamento che riguarda proprio il valore del tempo e di tutto ciò che è destinato a finire con il tempo. Gesù ha sempre dimostrato un grande rispetto per il tempio. Sappiamo che Egli preferiva luoghi solitari per pregare, per ricercare i momenti per manifestare, nella sua umanità, un rapporto così fondamentale con il Padre; ciò non gli fa diminuire, anzi, aumenta il valore della preghiera nel tempio. Cristo però sembra dare un valore preciso a tutto perché riferito a Lui. Così le pietre ed il decoro della costruzione del luogo di preghiera, che Gesù non hai disprezzato, non sono fini a se stessi ma sono proprio lo strumento per avere l'opportunità per un rapporto pieno ed efficace con Dio. Gesù parla del tempio anche in riferimento del corpo che, distrutto risorgerà a vita nuova; così noi siamo pietre vive per la costruzione del corpo di Cristo che è la Chiesa abbiamo iscritto lo stesso destino nella prospettiva della vita eterna: un destino d'Amore con il Padre. È qui proprio l'invito di Gesù; non considerare solo la temporalità e tutto quello che è soggetto all'usura del tempo ma proiettare il nostro sguardo laddove vi è l'incorruttibilità che travalica le leggi del tempo; in Dio stesso possiamo trovare questa opportunità che è in definita l'attuazione, nella nostra vita del progetto di Dio. Guardiamo con meraviglia allora le costruzioni dell'uomo, apprezziamone l'ingegno e le capacità artistiche ma non fermiamoci solo all'aspetto esterno e consideriamo, in Cristo, tutto in Lui e nel suo Amore!
• Luca 21,5-7: Introduzione al Discorso Apocalittico. Nei giorni precedenti il Discorso Apocalittico, Gesù aveva rotto con il tempio (Lc 19,45-48), con i sacerdoti e con gli anziani (Lc 20,1-26), con i sadducei (Lc 20,27-40), con gli scribi che sfruttavano le vedove (Lc 20,41-47) ed alla fine, come abbiamo visto nel vangelo di ieri, termina elogiando la vedova che da in elemosina tutto ciò che possedeva (Lc 21,1-4). Ora, nel vangelo di oggi, ascoltando che “mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, Gesù disse: “Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta”. Nell’ascoltare questo commento di Gesù, i discepoli domandarono: “Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?” Loro chiedono più informazione. Il Discorso Apocalittico che segue è la risposta di Gesù a questa domanda dei discepoli sul quando e sul come avviene la distruzione del Tempio. Il vangelo di Marco informa quanto segue sul contesto in cui Gesù pronuncia questo discorso. Dice che Gesù era uscito dalla città ed era seduto sul Monte degli Olivi (Mc 13,2-4). Lì, dallo alto del monte aveva una visione maestosa sul tempio. Marco informa inoltre che c’erano solo quattro discepoli ad ascoltare l’ultimo discorso. All’inizio della sua predicazione, tre anni prima, lì a Galilea, le moltitudini seguivano Gesù per ascoltare le sue parole. Ora, nell’ultimo discorso, ci sono appena quattro uditori: Pietro, Giacomo, Giovanni ed Andrea (Mc 13,3). Efficienza e buon risultato non sempre sono misurati dalla quantità!
• Luca 21,8: Obiettivo del discorso: "Guardate di non lasciarvi ingannare!" I discepoli avevano chiesto: "Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?” Gesù comincia la sua risposta con un’avvertenza: “Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: ‘‘Sono io’’ e: ‘‘Il tempo è prossimo’’; non seguiteli”. In epoca di mutamenti e di confusione compaiono sempre persone che vogliono trarre vantaggi dalla situazione ingannando gli altri. Ciò avviene oggi e successe anche negli anni 80, epoca in cui Luca scrive il suo vangelo. Dinanzi ai disastri ed alle guerre di quegli anni, dinanzi alla distruzione di Gerusalemme dell’anno 70 ed alla persecuzione dei cristiani da parte dell’impero romano, molti pensavano che la fine dei tempi stesse per avvenire. C’era gente che diceva: “Dio non controlla più i fatti! Siamo perduti!” Per questo, la preoccupazione principale dei discorsi apocalittici è sempre la stessa: aiutare le comunità a discernere meglio i segni dei tempi per non essere ingannati dalle conversazioni della gente sulla fine del mondo: "Guardate di non lasciarvi ingannare!". Poi viene il discorso che offre segni per aiutarli a discernere e, così, aumenta in loro la speranza.
• Luca 21,9-11: Segni per aiutarli a leggere i fatti. Dopo questa breve introduzione, inizia il discorso propriamente detto: “Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine”. Poi disse loro: “Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo”. Per capire bene queste parole, bisogna ricordare quanto segue. Gesù vive e parla nell’anno 33. I lettori di Luca vivono e ascoltano nell’anno 85. Ora, nei cinquanta anni tra l’anno 33 e l’anno 85, la maggioranza delle cose menzionate da Gesù erano già avvenute e da tutti conosciute. Per esempio, in diverse parti del mondo c’erano guerre, spuntavano falsi profeti, c’erano malattie e pesti e, in Asia Minore, i terremoti erano frequenti.
• D’accordo con lo stile ben apocalittico, il discorso enumera tutti questi avvenimenti, uno dopo l’altro, quali segni o tappe del progetto di Dio nella storia del Popolo di Dio, dall’epoca di Gesù fino ai nostri tempi:
1º segnale: i falsi messia (Lc 21,8);
2º segnale: guerra e rivoluzioni (Lc 21,9);
3º segnale: nazioni che lottano contro altre nazioni, un regno contro un altro regno (Lc 21,10);
4º segnale: terremoti in diversi luoghi (Lc 21,11);
5º segnale: fame, peste e segni nel cielo (Lc 21,11);
Fin qui, il vangelo di oggi. Quello di domani ci presenta un altro segnale: la persecuzione delle comunità cristiane (Lc 21,12). Il vangelo di dopo domani due segnali: la distruzione di Gerusalemme e l’inizio della disintegrazione della creazione. Così, per mezzo di questi segnali del Discorso Apocalittico, le comunità degli anni ottanta, epoca in cui Luca scrive il suo vangelo, potevano calcolare a che altezza si trovava l’esecuzione del piano di Dio, e scoprire che la storia non era scappata dalla mano di Dio. Tutto avveniva secondo quanto previsto ed annunciato da Gesù nel Discorso Apocalittico.
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6) Per un confronto personale
• Qual è il sentimento che hai provato durante la lettura del vangelo di oggi? Pace o timore?
• Pensi che la fine del mondo è vicina? Cosa rispondere a coloro che dicono che la fine del mondo è vicina? Cosa spinge oggi la gente a resistere ed avere speranza?
7) Preghiera finale: Salmo 95
Vieni, Signore, a giudicare la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
È stabile il mondo, non potrà vacillare!
Egli giudica i popoli con rettitudine.
Gioiscano i cieli, esulti la terra, risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.
Davanti al Signore che viene: sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia e nella sua fedeltà i popoli.