Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - domenica 15 novembre 2020

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  • domenica | 15 novembre 2020

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Lectio domenica 15 novembre 2020
 
 
Domenica della Trentatreesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
 
1 Lettera ai Tessalonicési 5, 1 - 6
Matteo 25, 14 - 30
 
 
1) Orazione iniziale 
O Padre, che affidi alle mani dell’uomo tutti i beni della creazione e della grazia, fa’ che la nostra buona volontà moltiplichi i frutti della tua provvidenza; rendici sempre operosi e vigilanti in attesa del tuo giorno, nella speranza di sentirci chiamare servi buoni e fedeli, e così entrare nella gioia del tuo regno.
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2) Lettura: 1 Lettera ai Tessalonicési 5, 1 - 6
Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.
 
3) Commento su 1 Lettera ai Tessalonicési  5, 1 - 6
- Paolo, nella lettura odierna, sembra commentare questo brano evangelico. Ci invita a vigilare nell'attesa di quel momento in cui siamo chiamati a rendere conto dei talenti ricevuti. Il giorno del Signore verrà ‘viene come un ladro nella notte’. Ci invita pure a non fidarci di quanti sembrano sereni nella pace terrena perché ‘improvvisamente la rovina si abbatterà su di essi, come i dolori del parto sulla donna incinta, e non sfuggiranno’. È questo il destino di chi pensa di nascondere e mantenere i talenti per la vita terrena.
 
- Paolo cerca di essere ancora più esplicito. Costoro non sono come gli uomini di fede e vivono nelle tenebre. ‘Ma voi, o fratelli, non siete delle tenebre, perché questo giorno vi sorprenda come un ladro’. Noi dobbiamo essere partecipi della luce. Il Cristo ha più volte ammonito i suoi seguaci di camminare nella luce e finché c'è la luce, cioè di camminare nei suoi insegnamenti. Questo è necessario perché, conclude Paolo, ‘noi non siamo della notte, né delle tenebre... ma vegliamo e siamo sobri’.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 25, 14 - 30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”».
  
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 25, 14 - 30
- La parabola dei talenti, contenuta nel vangelo di oggi, la conosciamo tutti: non dobbiamo però accostarla con superficialità, dando per scontato ciò che insegna, ma vogliamo riflettere su di essa con attenzione perché parli alla nostra vita.
Anzitutto si parla di un uomo che lascia dei talenti ai suoi servi; i talenti di allora corrispondono a milioni di oggi. Ogni persona ha dei talenti da Dio e questo rimanda ad un elemento ancora più fondamentale: ogni persona ha un valore immenso, incommensurabile, e ognuno ha un compito nella vita; anche chi è handicappato o menomato è un dono prezioso di Dio ed è stato creato per amare, per donarsi a propria volta. Ognuno è un dono di Dio.
Un secondo aspetto sul quale riflettere è la diversità dei doni di Dio: Egli distribuisce i doni con diversità di misura. Questo non significa che Dio sia ingiusto: questo fatto dimostra piuttosto la Sua fantasia e rimanda alla vocazione specifica di ciascuno, che ha doni particolari per una missione particolare. Non solo questo, però: il Signore vuole che mettiamo i doni che abbiamo a disposizione degli altri e, quindi, se facciamo questo, ciò che ciascuno ha andrà a beneficio degli altri e attraverso la comunione e la condivisione si creerà una vera uguaglianza: questo è il miracolo della carità! Se uno ha salute, o creatività, o sensibilità, ad esempio, questi talenti non sono solo per se stesso, ma gli sono dati perché li metta a disposizione degli altri.
Se una persona trattiene per sé i doni che ha, vive nell’egoismo e sarà triste; se, invece, li spende per gli altri sperimenterà la gioia dell’amore.
C’è un ultimo particolare della parabola che voglio sottolineare: il dialogo tra il padrone e il servo che, per paura, ha sotterrato il talento. Di questo servo è caratteristico il ragionamento: egli ha paura del padrone, non ha un rapporto di fiducia con lui; è pigro ed egoista e non s’impegna per trafficare ciò che ha ricevuto. Questo servo rappresenta coloro che non hanno fiducia e amore per Dio e non si danno da fare per gli altri. Gesù condanna il servo che ha rifiutato di amare e questo rappresenta un ammonimento per noi. Diamoci da fare, allora: riconosciamo l’amore di Dio, che ci ha donato la vita ed i talenti che abbiamo e spendiamo ciò che siamo e ciò che abbiamo per gli altri: di questi gesti il Signore si ricorderà, mentre i nostri atti di egoismo finiranno nella banca dell’accumulo, che lascia poveri e desolati.
 
- I talenti, doni per la vita da far fruttificare.
Nella fede noi credenti riconosciamo il buon Dio come creatore e signore; Lui è la fonte di ogni bene e da Lui provengono i doni che adornano l'esistenza di ogni essere vivente. Tutto ciò viene illustrato dalla parabola dei talenti che leggiamo in questa Domenica. Diverse verità importanti emergono da questo brano evangelico: i doni divini sono affidati in modo e misura diversi ad ognuno di noi, ma tutti devono tendere ad un fine unico, quello di restituirli moltiplicati a Colui che ce li ha gratuitamente elargiti; il datore di ogni bene ripone una grande stima e fiducia in ciascuno di noi, una fiducia che non dovrebbe essere tradita; la legittima attesa da parte di Dio di un rendimento proporzionato a quanto ci viene dato non sminuisce la nostra libertà, ma la esalta e la finalizza a qual progetto universale di salvezza a cui tutto deve tendere. Il rendimento dei conti ci richiama al giudizio finale, all'incontro con il Signore, all'esame sulla nostra fedeltà e sulla nostra operosità: è l'esame finale della nostra vita. Già nel tempo però dovremmo spesso esaminarci per valutare nella luce del Signore l'andamento della nostra vita. È opportuno riconoscere con la migliore gratitudine, senza falsa umiltà, tutti i talenti che Dio ci ha dato; dopo questa scoperta dobbiamo interrogarci sull'uso che ne facciamo, ricordando che colui che sotterra il proprio dono è meritevole di condanna.
 
- Il talento di coltivare e custodire la felicità degli altri.
Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. Dio ci consegna qualcosa e poi esce di scena. Ci consegna il mondo, con poche istruzioni per l'uso, e tanta libertà. Un volto di Dio che ritroviamo in molte parabole: ha fiducia in noi, ci innalza a con-creatori, lo fa con un dono e una regola, quella di Adamo nell'Eden ' coltiva e custodisci' il giardino dove sei posto, vale a dire: ama e moltiplica la vita, sacerdote di quella che è la liturgia primordiale del mondo. Nessun uomo è senza giardino, perché ciò che è stato vero per Adamo è vero da allora per ogni suo figlio.
I talenti dati ai servi, dal padrone generoso e fiducioso, oltre a rappresentare le doti intellettuali e di cuore, la bellezza interiore, di cui nessuno è privo, di cui la luce del corpo è solo un riflesso, annunciano che ogni creatura messa sulla mia strada è un talento di Dio per me, tesoro messo nel mio campo. E io sono l'Adamo coltivatore e custode della sua fioritura e felicità. Il Vangelo è pieno di una teologia semplice, la teologia del seme, del lievito, di inizi che devono fiorire. A noi tocca il lavoro paziente e intelligente di chi ha cura dei germogli: «l'essenza dell'amore non è in ciò che è comune, è nel costringere l'altro a diventare qualcosa, a diventare infinitamente tanto, a diventare il massimo che gli consentono le forze». (Rilke). Arriva il momento del rendiconto, e si accumulano sorprese. La prima: colui che consegna dieci talenti non è più bravo di chi ne consegna solo quattro. Non c'è una tirannia o un capitalismo della quantità, perché le bilance di Dio non sono quantitative, ma qualitative. Occorre solo sincerità del cuore e fedeltà a se stessi, per dare alla vita il meglio di ciò che possiamo dare. La seconda sorpresa: Dio non è un padrone esigente che rivuole indietro i suoi talenti con gli interessi. La somma rimane ai servitori, anzi è raddoppiata: sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto.
I servi vanno per restituire, e Dio rilancia. Questo accrescimento di vita è il Vangelo, questa spirale d'amore crescente è l'energia di Dio incarnata in tutto ciò che vive.
Si presentò infine colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: ho avuto paura. La parabola dei talenti è un invito a non avere paura delle sfide della vita, perché la paura paralizza, ci rende perdenti: quante volte abbiamo rinunciato a vincere solo per la paura di finire sconfitti! Il Vangelo è maestro della sapienza del vivere, della più umana pedagogia che si fonda su tre regole: non avere paura, non fare paura, liberare dalla paura. E soprattutto da quella che è la paura delle paure: la paura di Dio.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
a) Quale è il punto di questo testo che mi è piaciuto di più o che mi ha maggiormente colpito? Perché? 
b) Nella parabola, i tre impiegati ricevono secondo le loro capacità. Quale è l'atteggiamento di ognuno di loro rispetto al dono ricevuto? 
c) Quale è la reazione del padrone? Cosa esige dai suoi impiegati?
d) Come capire la frase: "A chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha"?
e) Quale immagine di Dio ci rivela questa parabola?
 
 
7) Preghiera: Salmo 127
Beato chi teme il Signore.
 
Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.            
 
La tua sposa come vite feconda nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa.         
 
Ecco com’è benedetto l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!
 
 
8) Orazione Finale
Ascolta le nostre preghiere, o Padre, e sostienici con il tuo aiuto, perché ogni nostra azione abbia in te il suo inizio e in te il suo compimento.