Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - domenica 8 novembre 2020

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  • domenica | 8 novembre 2020

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Lectio domenica 8 novembre 2020
 
Domenica della Trentaduesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
 
1 Lettera ai Tessalonicesi 4,13 - 18
Matteo 25, 1 - 13
 
 
1) Orazione iniziale 
Dio grande e misericordioso, allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te, perché, nella serenità del corpo e dello spirito, possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio.
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2) Lettura: 1 Lettera ai Tessalonicesi 4,13 - 18
Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti. 
Sulla parola del Signore infatti vi diciamo questo: noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.
 
3) Commento su 1 Lettera ai Tessalonicesi  4,13 - 18
? La comunità di Tessalonica era ancora piuttosto giovane nella fede e non aveva ancora avuto il tempo di approfondire tutti gli aspetti della vita in Cristo. Poiché nella Chiesa delle origini si credeva in un ritorno imminente di Gesù Cristo trionfante e glorioso, uno degli aspetti che più assillavano i Tessalonicesi era la sorte di coloro che si erano convertiti ma erano già morti senza vedere il giorno del Signore. Evidentemente Paolo non aveva avuto il tempo di affrontare anche questo argomento, così recupera lasciandoci una delle pagine più belle riguardanti le realtà ultime della vita cristiana.
 
? Punto di partenza e base solida del ragionamento di Paolo è la fede in Gesù morto e risorto, fede che egli aveva trasmesso ai destinatari della sua lettera. Se il Padre ha fatto risorgere Gesù, ne segue che non lascerà cadere nel vuoto e nelle tenebre i credenti che sono morti. Al contrario, per mezzo di Gesù li condurrà con Lui, nel suo Regno. Gesù e i cristiani hanno la stessa sorte ultima. Gesù non è solo il primo di coloro che vengono liberati dalla morte, ma anche il mediatore e il termine dell'azione divina. Per mezzo suo infatti il Padre opera vivificando i credenti che sono morti e unendoli a lui in un abbraccio di comunione piena.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 25, 1 - 13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».
 
5) Riflessione  sul Vangelo secondo Matteo 25, 1 - 13
? La parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte è inserita nel vangelo di Matteo all’interno della sezione in cui parla delle cose ultime: egli vuole tenere viva l’attesa del ritorno del Signore e dare delle indicazioni su come viverla. Un pericolo, infatti, è quello di lasciarsi prendere dall’ansia e non vivere il tempo presente con gli impegni che comporta; all’opposto, l’altro pericolo è quello di non attendere il ritorno di Cristo, non essere vigilanti e buttarsi anima e corpo nelle occupazioni mondane. La parabola delle vergini invita ad attendere il Signore e ad essere saggi, per poterlo accogliere anche se ritardasse. Nessuno sa quando tornerà Gesù, ma quantomeno ciascuno lo incontrerà nel momento della morte: non conta allora quanto bisognerà attendere ma vivere bene il tempo che ci è dato, perché ogni momento è importante per la salvezza. La parabola dice anche che bisogna preoccuparsi che l’olio non finisca e che la propria lampada non si spegna: cosa significa? Significa che, anche se abbiamo il dono della fede, dobbiamo preoccuparci di alimentare la lampada, perché la fede va continuamente alimentata, non è data una volta per tutte. La saggezza del cristiano sta nell’impostazione della vita: siamo in cammino verso l’incontro con Dio e dobbiamo preparaci seriamente, pena il non essere ammessi alla festa. Ecco allora che fin da oggi ci è richiesto impegno e saggezza: la sapienza di cui parlano le Scritture è al tempo stesso dono che viene da Dio e tesoro che va implorato e cercato. Per acquisire sapienza bisogna riflettere e vegliare senza perdersi in comportamenti vani e sterili e avere una sana tensione del cuore verso l’aldilà; si tratta di essere “fedeli al cielo” che va però unita anche alla “fedeltà alla terra”, per non perdersi in elucubrazioni ed essere umili e concreti negli impegni di ogni giorno, che, come cristiani, dobbiamo vivere con responsabilità.
 
? In attesa dello sposo.
Come le dieci vergini del Vangelo di questa Domenica, anche noi siamo in attesa dell'arrivo dello Sposo. È l'attesa della beata speranza e del nostro Salvatore, Gesù Cristo. Egli arriva quando meno ce l'aspettiamo, anche nel cuore della notte, e noi non conosciamo né il momento né l'ora. Siamo perciò sollecitati a vegliare, ad attendere con la lucerna accesa e con il buon rifornimento dell'olio della fede. La vigilanza deve essere urgente e assidua, sia per l'importanza dell'incontro, sia per il rischio, sempre attuale, di restare senz'olio. Nulla di ciò che ci è dato in dono è definitivo per noi. Dobbiamo far fruttificare i talenti, dobbiamo alimentare la lampada. Dobbiamo essere sempre desti, vivificati dalla grazia divina. Tutta la nostra vita la viviamo in prospettiva di un incontro finale e gioioso; viviamo nella speranza di poter celebrare le nostre nozze eterne con Cristo nostro Sposo. È incalcolabile ed irreparabile il danno che potremmo subire a causa di un colpevole ritardo. Quando è indispensabile essere nella luce per incontrare la Luce, la mancanza di olio potrebbe risultare fatale. Innumerevoli volte nel corso della vita terrena il Signore interviene generosamente a rifornire le nostre lampade quando le ha viste spente o senz'olio. Poi arriva il momento in cui dobbiamo rendere conto di tutti i doni, soprattutto del dono della fede. Come la sapienza cristiana s'identifica con la saggezza e la previdenza delle cinque vergini che hanno preso con sé l'olio, così la stoltezza ci assomiglia alle cinque stolte, che hanno sì, preso con sé le lampade, ma non si sono rifornite di olio sufficiente. Ciò ci fa pensare a tanti che dicono di credere, ma non agiscono in conformità alla fede che professano. Così la lampada lentamente si spegne perché non rifornita a sufficienza. Viene da pensare anche a coloro che abusano del tempo e con ottusità non ne considerano la fine. Vivono come se la loro fissa ed ultima dimora dovesse essere per sempre quaggiù. È inevitabile poi che si trovino impreparati quando il grido di amore dello sposo che sopraggiunge, ci trova al buio, impreparati, distratti. È molto triste la sorte delle cinque stolte e di tutti i ritardatari; si sentono dire dallo sposo quando bussano alla porta del banchetto nuziale: «In verità vi dico: non vi conosco». Se, alla luce della fede, pensiamo alla fine della nostra vita, coma ad un incontro con lo Sposo, ad una celebrazione pasquale, ad un invito alle nozze eterne, possiamo fugare la paura, alimentare la nostra speranza e far ardere costantemente la nostra fede, non resteremo mai al buio, ma saremo figli della luce.
  
? Nella notte, la voce dello sposo che risveglia la vita.
Una parabola difficile, che si chiude con un esito duro («non vi conosco»), piena di incongruenze che sembrano voler oscurare l'atmosfera gioiosa di quella festa nuziale. Eppure è bello questo racconto, mi piace sentire che il Regno è simile a dieci ragazze che sfidano la notte, armate solo di un po' di luce. Di quasi niente. Che il Regno è simile a dieci piccole luci nella notte, a gente coraggiosa che si mette per strada e osa sfidare il buio e il ritardo del sogno; e che ha l'attesa nel cuore, perché aspetta qualcuno, uno sposo, un po' d'amore dalla vita, lo splendore di un abbraccio in fondo alla notte. Ci crede.
Ma qui cominciano i problemi. Tutti i protagonisti della parabola fanno brutta figura: lo sposo con il suo ritardo esagerato che mette in crisi tutte le ragazze; le cinque stolte che non hanno pensato a un po' d'olio di riserva; le sagge che si rifiutano di condividere; e quello che chiude la porta della casa in festa, cosa che è contro l'usanza, perché tutto il paese partecipava all'evento delle nozze... Gesù usa tutte le incongruenze per provocare e rendere attento l'uditorio.
Il punto di svolta del racconto è un grido. Che rivela non tanto la mancata vigilanza (l'addormentarsi di tutte, sagge e stolte, tutte ugualmente stanche) ma lo spegnersi delle torce: Dateci un po' del vostro olio perché le nostre lampade si spengono... La risposta è dura: no, perché non venga a mancare a noi e a voi. Andate a comprarlo.
Matteo non spiega che cosa significhi l'olio. Possiamo immaginare che abbia a che fare con la luce e col fuoco: qualcosa come una passione ardente, che ci faccia vivere accesi e luminosi. Qualcosa però che non può essere né prestato, né diviso. Illuminante a questo proposito è una espressione di Gesù: «risplenda la vostra luce davanti agli uomini e vedano le vostre opere buone» (Mt 5,16). Forse l'olio che dà luce sono le opere buone, quelle che comunicano vita agli altri. Perché o noi portiamo calore e luce a qualcuno, o non siamo. «Signore, Signore, aprici!». Manca d'olio chi ha solo parole: «Signore, Signore...» (Mt 7,21), chi dice e non fa.
Ma il perno attorno cui ruota la parabola è quella voce nel buio della mezzanotte, capace di risvegliare la vita. Io non sono la forza della mia volontà, non sono la mia resistenza al sonno, io ho tanta forza quanta ne ha quella Voce, che, anche se tarda, di certo verrà; che ridesta la vita da tutti gli sconforti, che mi consola dicendo che di me non è stanca, che disegna un mondo colmo di incontri e di luci. A me basterà avere un cuore che ascolta e ravvivarlo, come fosse una lampada, e uscire incontro a chi mi porta un abbraccio. 
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
Talvolta ci sentiamo soli, infelici, oppressi nel proprio buio, creato tante volte dalla troppa cura per la materialità e la conseguente trascuratezza della propria lampada. Che forse stiamo sbagliando nell'adoperare altre lampade (fasulle) scartando la sola vera lampada, la nostra vita? 
O stiamo usando dell'olio sbagliato, mistificato? 
O magari né una, né l'altra, e non ci si pone neanche il problema? Lampada o lampade? 
E.… lampade per cosa? 
Come si può verificare? 
Con l'esame della propria vita: è entrata alle nozze, o è rimasta fuori, dietro la soglia, la porta della felicità?
  
  
7) Preghiera: Salmo 62
Ha sete di te, Signore, l’anima mia.
 
O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua. 
 
Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.
 
Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.     
 
Quando nel mio letto di te mi ricordo
e penso a te nelle veglie notturne,
a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
 
 
8) Orazione Finale
Donaci o Signore la lampada viva della fede, per attendere e riconoscere la tua venuta in tutte le circostanze della vita, anche quelle difficili e dolorose.