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- martedì | 13 ottobre 2020
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Lectio martedì 13 ottobre 2020
Martedì della Ventottesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
Lettera ai Galati 5, 1 - 6
Luca 11, 37 - 41
1) Preghiera
Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia, Signore, perché, sorretti dal tuo paterno aiuto, non ci stanchiamo mai di operare il bene.
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2) Lettura: Lettera ai Galati 5, 1 - 6
Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Ecco, io, Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla. E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la Legge. Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella Legge; siete decaduti dalla grazia. Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata. Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità.
3) Commento su Lettera ai Galati 5, 1 - 6
• "In Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità". (Gal 5,6) - Come vivere questa Parola?
Vivere in Cristo Gesù è il grande segreto del vero cristiano. E ciò significa non perdersi in straducole polverose di affidamento a ciò che, forse, è stato di aiuto nel passato, ma optare decisamente per la vita di fede.
Ecco, ai tempi di S. Paolo, c'era molta gente convertita dall'ebraismo che dava ancora importanza alla pratica della circoncisione: un rito che inseriva il bambino nel mondo religioso di Israele.
Oggi può succedere qualcosa di analogo: sopravalutare piccole pratiche devozionalistiche e invece lasciar perdere l'approfondimento e la pratica di una fede vera.
Proprio quando la fede "si rende operosa per la carità" si rivela autentica. Al contrario quando la fede è solo dissertazione parolaia o pratica infiltrata di atteggiamenti superstiziosi, non c'è che cambiare strada: imparare il Vangelo e viverlo con l'aiuto di Dio nel quotidiano.
Signore Gesù, concedici Ti preghiamo, un cuore semplice illuminato dal Santo Spirito, perché la nostra fede diventi testimonianza evidente del nostro aderire a Te con tutto il cuore. Dacci dunque sempre il coraggio di praticare la carità verso tutti, cominciando da quelli che vivono con noi, sotto il nostro tetto.
Ecco la voce di uno scrittore mistico Guglielmo di Saint-Therry (XII sec.): "Illuminato dalla grazia, l'amore vivifica la ragione e la pratica della vita. E la ragione chiarifica la pratica di un amore vissuto".
• Una delle schiavitù più assurde a cui ci sottoponiamo, spesso senza che nessuno effettivamente ci costringa, è quella delle pratiche religiose. Non si dirà mai abbastanza che religione non è fede. La religione la costruiamo noi con riti, parole, segni che se non si connettono limpidamente e liberamente con la fede, sono idolatria.
La fede, invece, è un dono. È la condizione costruita da Dio per incontrarlo. È un luogo, posto dentro di noi, dove poterlo riconoscere. È il roveto ardente di ogni esistenza. La fede non se ne fa nulla delle pratiche religiose, perché non sono loro che la esprimono o l'aumentano. La fede si conferma e cresce nella carità, nella disponibilità ad uscire da sé e incontrare Dio e in lui e oltre lui, ogni persona, il nostro prossimo.
Signore, la carità che dice la nostra fede si esprima oggi con azioni di accoglienza e di benevolenza, con parole tolleranti, pazienti, costruttive.
Ecco la voce di papa Benedetto XVI: È il distintivo cristiano: la fede che si rende operosa nella carità. Ciascuno di voi è chiamato a dare il suo contributo affinché l'amore con cui siamo da sempre e per sempre amati da Dio divenga operosità della vita, forza di servizio, consapevolezza della responsabilità.
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4) Lettura: Vangelo secondo Luca 11, 37 - 41
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.
Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».
5) Commento sul Vangelo secondo Luca 11, 37 - 41
• Nel brano che abbiamo ascoltato oggi accanto alle parole di Cristo, di una grandezza decisiva, le parole del fariseo sembrano ancora più meschine. Ai tempi di Gesù a decidere della condotta morale erano solo alcune persone. Tutta una serie di precetti, rispettati minuziosamente, rappresentavano la grandezza dei farisei in confronto agli altri che, non rispettandole allo stesso modo, venivano da loro disprezzati. Il fariseo doveva avere familiarità con molteplici ordini e divieti; la sua vita era caratterizzata da un alto rispetto per la morale “codificata”. Perché Gesù ha dovuto scatenare tali lotte e tali discussioni con i farisei? Perché la legge, quando è pura legge, perde l’uomo. I Romani, che erano giuristi impeccabili, in teoria ed in pratica, facevano notare che la più perfetta legge è la più perfetta ingiustizia (summum ius, summa iniuria). In nome della dignità umana, Gesù accende molte polemiche con i farisei, mostrando loro che l’uomo è per Dio il valore più alto e che la legge deve essere al di sotto dell’uomo. “Voi farisei purificate l’esterno... ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità”. San Paolo, uno tra i farisei, l’ha capito molto bene: per lui agire sull’interiorità è necessario prima di lasciarsi formare da Cristo.
• Un invito a pranzo... da chi?
Un fariseo invita Gesù a pranzo. Gesù è motivo di inquietudine perché, contravvenendo ad una norma religiosa divenuta ormai solo convenzione sociale, non si lava le mani. La reazione del fariseo è di sorpresa se non addirittura di scandalo per questo comportamento. Il fariseo non si pone il problema di chi sia Gesù Cristo; lo riterrà senz'altro una persona notevole - almeno per la popolarità che suscita. Il fariseo, quindi ha stimato Gesù degna della sua tavola. Egli, ritenendo Gesù il gratificato della sua magnanimità, non mostra allora gratitudine perché nella sua casa entrerà il vero Salvatore. Non dimostra, infatti quella gioia che ha mostrato Zaccheo nell'accogliere Gesù. Il fariseo forse ha soltanto compiuto un calcolo di convenienza sociale nell'accogliere quel Gesù così popolare. Possiamo immaginare allora il pensiero del fariseo quando si rende conto che Gesù non è quello che lui si immaginava. Probabilmente il non rispetto della norma delle abluzioni prima del pranzo lo avrà fatto pentire di quest'invito. Il fariseo non è interessato a delle norme igieniche figlie del nostro tempo, ma di quella che può essere ritenuta una violazione della legge. La reazione di Gesù è allora ancora più sdegnata. Non ha paura di confrontarsi con lo stesso fariseo che lo aveva invitato. Notiamo questo particolare: Gesù non dimostra quella soggezione che il fariseo si sarebbe aspettato e non si lascia sfuggire nessuna occasione per insegnare la vera legge, quella dell'amore e della carità. Chiediamo, allora di accogliere nel nostro cuore Gesù con gioia, liberandoci da ogni ipocrisia, perché anche noi riusciamo a dire con Gesù "oggi è entrata la salvezza in questa casa".
• Luca 11,37-38: L’ammirazione del fariseo dinanzi alla libertà di Gesù. “In quel tempo, dopo che Gesù ebbe finito di parlare, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli entrò e si mise a tavola. Il fariseo si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo”. Gesù accetta l’invito a pranzo a casa del fariseo, ma non cambia il suo modo di agire, sedendosi a tavola senza lavarsi le mani. Ma nemmeno il fariseo cambia il suo atteggiamento davanti a Gesù, poiché esprime la sua ammirazione per il fatto che Gesù non si lava le mani. A quel tempo, lavarsi le mani prima del pasto era un obbligo religioso, imposto alla gente in nome della purezza, voluta dalla legge di Dio. Il fariseo rimase meravigliato dal fatto che Gesù non osservasse questa norma religiosa. Ma malgrado la loro totale diversità, il fariseo e Gesù hanno qualcosa in comune: per loro la vita è seria. Il modo di fare dei farisei era il seguente: ogni giorno, dedicavano otto ore allo studio ed alla meditazione della legge di Dio, altre otto ore al lavoro per poter sopravvivere con la famiglia ed otto ore al riposo. Questa testimonianza seria della loro vita dà loro una grande leadership popolare. Forse per questo, malgrado il fatto di essere totalmente diversi, i due, Gesù e i farisei, si capivano e si criticavano a vicenda, senza perdere la possibilità del dialogo.
• Luca 11,39-41: La risposta di Gesù. “Voi farisei purificate l’esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Piuttosto date in elemosina quel che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà mondo”. I farisei osservavano la legge alla lettera. Guardavano solo la scrittura e per questo erano incapaci di percepire lo spirito della legge, l’obiettivo che l’osservanza della legge voleva raggiungere nella vita delle persone. Per esempio, nella legge c’era scritto: “Ama il prossimo tuo come te stesso” (Lv 19,18). E loro commentavano: “Dobbiamo amare il prossimo, sì, ma solo il prossimo, non gli altri!” E da lì nasceva la discussione attorno alla questione: “Chi è il mio prossimo?” (Lc 10,29) L’apostolo Paolo scrive nella sua seconda lettera ai Corinzi: “La lettera uccide, lo spirito dà vita” (3,6). Nel Discorso della Montagna, Gesù critica coloro che osservano la lettera della legge però ne trasgrediscono lo spirito (Mt 5,20). Per essere fedeli a ciò che Dio ci chiede non basta osservare letteralmente la legge. Sarebbe la stessa cosa che pulire il bicchiere all’esterno e lasciare la parte dentro piena di sporcizia: rapina e iniquità. Non basta non uccidere, non rubare, non commettere adulterio, non giurare. Osserva solo pienamente la legge di Dio colui che, oltre ciò che legge, va fino alla radice e strappa dal di dentro i desideri di “rapina ed iniquità” che possono portare all’assassinio, alla rapina, all’adulterio. È nella pratica dell’amore che si compie la pienezza della legge (cf. Mt 5,21-48).
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6) Per un confronto personale
• La nostra Chiesa merita oggi questa accusa di Gesù contro gli scribi ed i farisei? Io la merito?
• Rispettare la serietà di vita di coloro che pensano in modo diverso da noi può facilitare il dialogo oggi così necessario e difficile. Come pratico il dialogo in famiglia, nel lavoro ed in comunità?
7) Preghiera finale: Salmo 118
Venga a me, Signore, il tuo amore.
Venga a me, Signore, il tuo amore,
la tua salvezza secondo la tua promessa.
Non togliere dalla mia bocca la parola vera,
perché spero nei tuoi giudizi.
Osserverò continuamente la tua legge,
in eterno, per sempre.
Camminerò in un luogo spazioso,
perché ho ricercato i tuoi precetti.
La mia delizia sarà nei tuoi comandi,
che io amo.
Alzerò le mani verso i tuoi comandi che amo,
mediterò i tuoi decreti.