Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - mercoledì 16 settembre 2020

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  • mercoledì | 16 settembre 2020

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Lectio mercoledì 16 settembre 2020
 
Mercoledì della Ventiquattresima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
Santi Cornelio e Cipriano

 
1 Lettera ai Corinzi 12, 12-14.27-31
Luca 7, 11 - 17    
 
 
1) Preghiera 
O Dio, che hai dato al tuo popolo i santi Cornelio e Cipriano, pastori generosi e martiri intrepidi, con il loro aiuto rendici forti e perseveranti nella fede, per collaborare assiduamente all'unità della Chiesa.
 
Cornelio (210 c. - 253), pontefice e pastore di animo grande e misericordioso, molto operò per il recupero e la riconciliazione dei cristiani che avevano ceduto alle persecuzioni, mentre difese l’unità della Chiesa contro gli scismatici novaziani, confortato dalla solidarietà di san Cipriano. Morì a Civitavecchia (Roma), esiliato dall’imperatore Gallo, e fu sepolto nel cimitero di Callisto.
Cipriano (Cartagine, Tunisia, 210 c. - Sesti, presso Cartagine, 14 settembre 258), convertitosi dal paganesimo nel 245, divenne vescovo di Cartagine nel 249. Fra i massimi esponenti, insieme a Tertulliano, della prima latinità cristiana, nel suo magistero diede un notevole contributo alla dottrina sull’unità della Chiesa raccolta intorno all’Eucaristia sotto la guida del vescovo. Morì martire nella persecuzione di Valeriano. 
I loro nomi sono nell’elenco del Canone Romano.
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2) Lettura: 1 Lettera ai Corinzi 12, 12-14.27-31
Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra.
Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? Desiderate invece intensamente i carismi più grandi.
 
3) Commento su  1  Lettera ai Corinzi  12, 12-14.27-31  
• "Voi siete corpo di Cristo e ognuno, secondo la propria parte, sue membra" (1 Cor 12,27) - Come vivere questa Parola?
La Liturgia ci aiuta a vivere quella ricchezza della Chiesa che sono i suoi Santi. Cornelio e Cipriano non solo furono generosi pastori nella Chiesa primitiva ma testimoniarono la loro Fede col martirio. Ora questa loro identità, vissuta in pienezza tanti secoli fa, non cessa di comunicare vita anche a noi che, come loro, per Grazia siamo membra del Corpo di Cristo.
Ecco, rimotivare a fondo il nostro vivere come chi conosce bene il senso del proprio Battesimo, significa tener ben presente questo nostro essere membra vive di un corpo vivo: il Corpo stesso di Gesù. Il testo dice: "secondo la propria parte". Ed è davvero consolante!
 
• Se la nostra parte è di essere ingegnere o artigiano o contadino, donna casalinga o donna pediatra o infermiera o dedita a qualche arte, non abbiamo che da vivere felicemente quello che siamo. Perché in forza del nostro Battesimo, noi non siamo "un'isola" ma un membro vivo di quel vivente Corpo Mistico che è la Chiesa.
In essa, tramite la Parola di Dio e i Sacramenti, circola il sangue: la vita di Cristo. Chi oserebbe dire che è poco?
Signore, siamo membri vivi - per Grazia - del Tuo Corpo Mistico. Che la Tua vita divina e semplicissima circoli dunque abbondante in noi e dia impulso vitale anche attorno a noi.
Ecco la voce di uno che si scopre grande in Gesù, Anonimo: "Sono determinato con infinita pazienza a diventare ciò che sono. So che ne vale la pena. Essere se stessi in Cristo Gesù: un membro di Lui. Che forte!"
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Luca 7, 11 - 17  
In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. 
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Luca 7, 11 - 17  
Il vangelo di oggi ci presenta l’episodio della risurrezione del figlio della vedova di Nain. Il contesto letterario del VII capitolo di Luca ci aiuta a capire questo episodio. L’evangelista vuole dimostrare che Gesù apre il cammino, rivelando la novità di Dio che ci viene presentata nell’annuncio della Buona Notizia. E così avvengono la trasformazione e l’apertura: Gesù accoglie la richiesta di uno straniero non giudeo (Lc 7,1-10) e risuscita il figlio di una vedova (Lc 7,11-17). Il modo in cui Gesù rivela il Regno sorprende i fratelli giudei che non erano abituati a tanta apertura. Perfino Giovanni Battista rimane sorpreso ed ordina di chiedere: “È lui il Signore o dobbiamo aspettare un altro?” (Lc 7,18-30). Gesù denuncia l’incoerenza dei suoi patrizi: "Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!" (Lc 7,31-35). Ed alla fine, l’apertura di Gesù verso le donne (Lc 7,36-50).
 
Giovinetto, dico a te, alzati!
Gesù risuscita il figlio di una vedova di Nain. Stavolta, nell'episodio, così com'è raccontato, manca un'esplicita richiesta rivolta a Gesù per compiere il miracolo. Egli stesso prende l'iniziativa, sicuro dei risultati. Gesù sa guardare ai cuori delle persone e la sua compassione si muove quando riconosce cuori retti e puliti. Egli è venuto a guarire, a dare conforto e portare la salvezza per tutti gli uomini. I miracoli sono segni della potenza Divina ma hanno sempre, alla base, dei sentimenti di compassione umani. È il Divino fatto uomo, che agisce come uomo, ha gli stessi sentimenti degli uomini e prova dolore e compassione.
Anche stavolta possiamo trarre un insegnamento chiaro per noi, che viviamo tempi dove si preconfezionano figure d'uomini stereotipate. La nostra vera umanità, d'uomini e donne, si esprime anche nell'essere partecipi dei dolori altrui, nel cercare le strade migliori per alleviarli: ecco perché diciamo cha la sequela di Cristo non solo ci prepara un posto per la Vita Eterna ma migliora proprio il nostro essere uomini.
 
• Luca 7,11-12: L’incontro delle due processioni. “Gesù si recò a una città chiamata Nain. E facevano la strada con lui i discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei”. Luca è come un pittore. Con poche parole riesce a pitturare un quadro molto bello sull’incontro delle due processioni: la processione della morte che esce dalla città ed accompagna la vedova che porta il suo figlio unico verso il cimitero; la processione della vita che entra in città ed accompagna Gesù. Le due si incontrano nella piccola piazza accanto alla porta della città di Nain.
 
• Luca 7,13: La compassione entra in azione. “Vedendola il Signore ne ebbe compassione e le disse: non piangere!" È la compassione che spinge Gesù a parlare e ad agire. Compassione significa letteralmente “soffrire con”, assumere il dolore dell’altra persona, identificarsi con lei, sentire con lei il dolore. È la compassione che mette in azione in Gesù il potere, il potere della vita sulla morte, il potere creatore.
 
• Luca 7,14-15: "Giovinetto, dico a te, alzati!" Gesù si avvicina alla bara e dice: "Giovinetto, dico a te, alzati!" Ed il morto si levò a sedere e cominciò a parlare. Ed egli lo diede a sua madre”. A volte, nel momento di un grande dolore causato dalla morte di una persona amata, la gente dice: “Al tempo di Gesù, quando Gesù camminava su questa terra c’era speranza di non perdere una persona amata perché Gesù poteva risuscitarla”. Queste persone considerano l’episodio della risurrezione del figlio della vedova di Naim come un evento del passato che suscita nostalgia ed anche una certa invidia. L’intenzione del vangelo, non è invece quella di suscitare nostalgia o invidia, bensì di aiutarci a sperimentare meglio la presenza viva di Gesù in mezzo a noi. È lo stesso Gesù, capace di vincere la morte ed il dolore della morte che continua vivo in mezzo a noi. Lui è con noi oggi e dinanzi ai problemi del dolore che ci abbattono, ci dice: “Dico a te, alzati!”
 
• Luca 7,16-17: La ripercussione. “Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo”. La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.” È il profeta che fu annunciato da Mosè (Dt 18,15). Il Dio che viene a visitarci è il “Padre degli orfani ed il protettore delle vedove” (Sal 68,6; cf. Giu 9,11).
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6) Per un confronto personale
• La compassione spinse Gesù a risuscitare il figlio della vedova. Il dolore degli altri produce in me la stessa compassione? Cosa faccio per aiutare l’altro a vincere il dolore ed a creare una vita nuova?
• Dio visitò il suo popolo. Percepisco le molte visite di Dio nella mia vita e nella vita della gente?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 99
Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.
 
Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza. 
 
Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo. 
 
Varcate le sue porte con inni di grazie,
i suoi atri con canti di lode,
lodatelo, benedite il suo nome.
 
Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione.