Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - venerdì 21 agosto 2020

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  • venerdì | 21 agosto 2020

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Lectio venerdì 21 agosto 2020
 
Venerdì della Ventesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
San Pio X
 
Profeta Ezechiele 37, 1 - 14
Matteo 22, 34 - 40
 
 
1) Preghiera 
O Dio, che per difendere la fede cattolica e unificare ogni cosa nel Cristo hai animato del tuo Spirito di sapienza e di fortezza il papa san Pio X, fa’ che, alla luce dei suoi insegnamenti e del suo esempio, giungiamo al premio della vita eterna.
 
Giuseppe Sarto (Treviso 1835 – Roma 20 agosto 1914), vescovo di Mantova (1884) e patriarca di Venezia (1893), sale alla cattedra di Pietro con il nome di Pio X. È il pontefice che nel Motu proprio «Tra le sollecitudini» (1903) affermò che la partecipazione ai santi misteri è la fonte prima e indispensabile della vita cristiana. Difese l’integrità della dottrina della fede, promosse la comunione eucaristica anche dei fanciulli, avviò la riforma della legislazione ecclesiastica, si occupò positivamente della questione romana e dell’Azione Cattolica, curò la formazione dei sacerdoti, fece elaborare un nuovo catechismo, favorì il movimento biblico, promosse la riforma liturgica e il canto sacro.
Pio XII lo beatifico? nel 1951 e lo canonizzo? nel 1954. Il suo corpo e? venerato nella basilica Vaticana.
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2) Lettura: Profeta Ezechiele 37, 1 - 14
In quei giorni, la mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare accanto a esse da ogni parte. Vidi che erano in grandissima quantità nella distesa della valle e tutte inaridite. 
Mi disse: «Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annuncia loro: “Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete. Saprete che io sono il Signore”». Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l’uno all’altro, ciascuno al suo corrispondente. Guardai, ed ecco apparire sopra di esse i nervi; la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c’era spirito in loro. 
Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza, figlio dell’uomo, e annuncia allo spirito: “Così dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano”». Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato.
Mi disse: «Figlio dell’uomo, queste ossa sono tutta la casa d’Israele. Ecco, essi vanno dicendo: “Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti”. Perciò profetizza e annuncia loro: “Così dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò”». Oracolo del Signore Dio.
 
3) Riflessione su Profeta Ezechiele 37, 1 - 14
La prima lettura è tratta dal libro di Ezechiele, indica la promessa di Dio: "Aprirò le vostre tombe", questa è l'opera dello Spirito di Dio. La vera rinascita dell'uomo avviene perché Dio comunica a noi il suo Spirito. Il profeta Ezechiele, dopo aver proposto la visione delle ossa aride, che per intervento dello Spirito di Dio riprendono vita, riferisce il lamento dei deportati in Babilonia, i quali ossessivamente ripetono: "Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti". Sembra che i lamenti degli esuli tolgano forza alla vigorosa visione della risurrezione delle ossa aride. Non è così. La parola divina interviene con il comando rivolto al profeta Ezechiele perché trasmetta agli esuli il messaggio della visione ricevuta.
L'immagine del cimitero con le tombe sigillate, che vengono scoperchiate e i morti sorgono da queste tombe si riferisce al ritorno dei deportati nella loro terra. Il profeta vuol dire che questo ritorno non è una semplice conseguenza di circostanze storiche, ma una manifestazione prodigiosa dell'amore del Signore per il suo popolo.
 
La spiegazione della visione prosegue nel riposo nella terra e nel dono dello Spirito di vita. Ancora una volta riappare la formula di riconoscimento della sovranità potente di Yahwhè, il quale non si limita a parlare, ma con la parola realizza efficacemente quanto promette: "Saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò".
Ezechiele, da portavoce dell'impotenza umana, diventa messaggero dell'onnipotenza divina, che fa di un popolo desolato, preda del potere ossessivo della morte, una comunità ricca di speranza.
Il linguaggio di Ezechiele inaugura un linguaggio davvero nuovo, le cui potenzialità si svilupperanno nel tempo, si esplicheranno in situazioni in cui la risurrezione dei morti apparirà come la vera risposta di Dio alla sofferenza dei giusti e dei martiri. Si fa largo la speranza della vittoria sulla morte, la restituzione dell'uomo all'integrità del suo essere, fatto non solo di spirito ma anche di corpo.
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4) Lettura: Vangelo secondo Matteo 22, 34 - 40
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 22, 34 - 40
Il primo dei comandamenti.
La frantumazione della legge aveva fatto degenerare in uno sterile formalismo la religiosità del popolo d'Israele. Finalmente c'è qualcuno che cerca l'essenziale e vuole scoprire una gerarchia nella selva dei precetti: "Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?" L'interrogante non è mosso proprio da zelo autentico; è un dottore della legge che ritiene ancora una volta di mettere in imbarazzo il Signore. La richiesta conserva comunque tutta la sua validità ed importanza. Gesù, sapendo di parlare con un fariseo, riprende un testo del Deuteronomio, dove è contenuta la Torah, il cammino della vita. Secondo Gesù tutto s'incentra nell'appello all'amore a Dio e al prossimo: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». È un'anticipazione del comandamento nuovo che lo stesso Gesù scandirà. Ci appaiono evidenti le motivazioni teologiche del comando del Signore: Dio è amore nella sua essenza, egli è il nostro creatore e Signore, ci ha creati per sé, per amore e ci ha quindi legati a se con vincoli indissolubili da vivere, sperimentare e godere nel tempo e nell'eternità. Creatore e creatura, come genitore e figlio, istintivamente, salvo aberranti deviazioni, sono uniti dall'amore. Quando poi prendiamo coscienza che quell'amore si spinge fino all'immolazione, al dono della vita in una ineguagliabile passione, fino alla morte, il bisogno di ricambiare quell'immenso dono diventa urgenza insopprimibile. Facciamo un prodigioso passaggio dalla somiglianza connaturale, impressa in noi con la creazione, a quella soprannaturale scaturita dalla redenzione. Non siamo quindi più schivi ed estranei di Dio, ma figli ed eredi e come tali abbiamo l'onore e l'ardire di chiamarlo con l'appellativo di Padre. È poi normale che in lui ci scopriamo anche fratelli, essendo figli dell'unico Signore che sta nei cieli. Accomunati dall'unica fede, amati dall'unico Padre, in cammino verso lui insieme come umanità e come chiesa, la nostra fraternità non può non essere vissuta che nell'amore, in Dio, nostro Padre, Padre di tutti.
 
Il testo s’illumina. Gesù si trova a Gerusalemme e precisamente nel Tempio dove è in corso un processo tra lui e i suoi avversari, sommi sacerdoti e scribi (20,18; 21,15), tra i sommi sacerdoti e anziani del popolo (21,23) e tra i sommi sacerdoti e i farisei (21,45). Il punto di controversia del dibattito è: l’identità di Gesù o del figlio di Davide, l’origine della sua identità, e quindi la questione circa la natura del regno di Dio. L’evangelista presenta questo intreccio di dibattiti con una sequenza di controversie che presentano un ritmo in crescendo: il tributo da pagare a Cesare (22,15-22), la risurrezione dei morti (22,23-33), il comandamento più grande (22,34-40), il messia, figlio e Signore di Davide (22,41-46). I protagonisti delle prime tre discussioni sono esponenti del giudaismo ufficiale che tentano di mettere in difficoltà Gesù su questioni cruciali. Queste dispute sono indirizzate a Gesù in quanto «Maestro» (rabbì), questo titolo dice al lettore la comprensione che gli interlocutori hanno di Gesù. Ma Gesù coglie l’occasione per condurli a porsi una domanda più cruciale: l’ultima presa di posizione circa la sua identità (22,41-46).
 
Il comandamento più grande. Sulla scia dei sadducei che li hanno preceduti di nuovo i farisei pongono una questione a Gesù tra le più scottanti: il comandamento più grande. Premesso che i rabbini sempre evidenziavano la molteplicità delle prescrizioni (248 comandamenti) viene posta la domanda a Gesù su quale sia il precetto fondamentale. Tuttavia gli stessi rabbini avevano creato una vera casistica per ridurli il più possibile.: Davide ne elenca undici (Sal 15,2-5), Isaia sei (Is 33,15), Miche tre (Mi 6,8), Amos due (Am 5,4) e Abacuc solo uno (Ab 2,4). Ma nell’intenzione dei farisei la questione va oltre la pura casistica, si tratta dell’essenza stessa delle prescrizioni. Gesù nel rispondere lega insieme l’amore di Dio e l’amore del prossimo, tanto da unirli in uno solo, pur senza rinunciare a dare la priorità al primo, cui subordina in modo stretto il secondo. Anzi tutte le prescrizioni della legge, ammontavano a 613, vengono messi in rapporto con quest’unico comandamento: l’intera legge trova significato e fondamento in quello dell’amore. Gesù opera un processo di semplificazione di tutti i precetti della legge: colui che mette in pratica il solo comandamento dell’amore non solo è in sintonia con la legge, ma anche con i profeti (v.40). Tuttavia la novità della risposta sta non tanto nel contenuto materiale quanto nella sua realizzazione: in Gesù, l’amore di Dio e per il prossimo trovano il suo contesto proprio, la sua ultima solidità. Vale a dire che l’amore per Dio e per il prossimo, mostrato e realizzato in qualche modo nella sua persona, orienta l’uomo a porsi davanti a Dio e agli altri mediante l’amore. L’unico comandamento in due, l’amore per Dio e per il prossimo, diventano le colonne portanti, non solo delle Scritture, ma anche della vita del cristiano.
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6) Per un confronto personale
• L’amore per Dio e per il prossimo è per te solo un vago sentimento, un’emozione, un moto passeggero o una realtà che afferra tutta la tua persona: cuore, volontà, intelligenza e tratto umano?
• Tu sei stato creato per amare. Sei consapevole che la tua realizzazione avviene nell’amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente? Tale amore richiede un riscontro di carità per i fratelli e le loro situazioni esistenziali. Lo vivi nella pratica quotidiana?
 
  
7) Preghiera finale: Salmo 106
Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre.
 
Lo dicano quelli che il Signore ha riscattato,
che ha riscattato dalla mano dell’oppressore
e ha radunato da terre diverse,
dall’oriente e dall’occidente, 
dal settentrione e dal mezzogiorno. 
 
Alcuni vagavano nel deserto su strade perdute,
senza trovare una città in cui abitare.
Erano affamati e assetati,
veniva meno la loro vita. 
 
Nell’angustia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angosce.
Li guidò per una strada sicura,
perché andassero verso una città in cui abitare. 
 
Ringrazino il Signore per il suo amore,
per le sue meraviglie a favore degli uomini,
perché ha saziato un animo assetato,
un animo affamato ha ricolmato di bene.