Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - martedì 11 agosto 2020

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  • martedì | 11 agosto 2020

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Lectio martedì 11 agosto 2020
 
Martedì della Diciannovesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
Santa Chiara
 
Profeta Ezechiele 2, 8 – 3, 4
Matteo 18,1-5.10.12-14
 
 
1) Preghiera 
Dio misericordioso, che hai ispirato a santa Chiara un ardente amore per la povertà evangelica, per sua intercessione concedi anche a noi di seguire Cristo povero e umile, per godere della tua visione nella perfetta letizia del tuo regno.
 
Chiara (Assisi 1193 – 11 agosto 1253) «seguì in tutto le orme di colui che per noi si è fatto povero e via, verità e vita». Fedele discepola di san Francesco, fondò con lui il secondo Ordine (Clarisse). Esercitò il suo ufficio di guida e madre, studiandosi «di presiedere alla altre più per virtù e santità di vita che per ufficio, affinché le sorelle obbedissero più per amore che per timore». Seppe trasformare i suoi lunghi anni di malattia in apostolato della sofferenza. Attinse dalla sua fede eucaristica una forza straordinaria che la rese intrepida anche di fronte alle incursioni dei Saraceni (1230).
In un certo modo essa preannuncia la forte iniziativa femminile che il suo secolo e il successivo vedranno svilupparsi nella Chiesa.
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2) Lettura: Profeta Ezechiele 2, 8 – 3, 4
Così dice il Signore: «Figlio dell’uomo, ascolta ciò che ti dico e non essere ribelle come questa genìa di ribelli: apri la bocca e mangia ciò che io ti do». Io guardai, ed ecco, una mano tesa verso di me teneva un rotolo. Lo spiegò davanti a me; era scritto da una parte e dall’altra e conteneva lamenti, pianti e guai. Mi disse: «Figlio dell’uomo, mangia ciò che ti sta davanti, mangia questo rotolo, poi va’ e parla alla casa d’Israele». Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, dicendomi: «Figlio dell’uomo, nutri il tuo ventre e riempi le tue viscere con questo rotolo che ti porgo». Io lo mangiai: fu per la mia bocca dolce come il miele. Poi egli mi disse: «Figlio dell’uomo, va’, rècati alla casa d’Israele e riferisci loro le mie parole».
 
3) Commento sul  Profeta Ezechiele 2, 8 – 3, 4
Ezechiele nacque verso la fine del regno di Giuda intorno al 620 A.C., apparteneva ad una famiglia di sacerdoti ma visse ed operò da profeta. Fu deportato in Babilonia nel 597 e cinque anni più tardi ricevette la chiamata alla missione di profeta: doveva rincuorare il popolo di Israele in esilio e quelli rimasti a Gerusalemme.
Era una personalità dotata di una fervida immaginazione e possedeva la capacità di vedere i fatti che si verificavano a Gerusalemme, pur essendone distante quasi 2.000 Km. Vedeva sé stesso come pastore che doveva vegliare sul popolo, guidandolo dall’interno. Si considerava come anticipatore del Messia. Si presentava anche come guardiano del popolo poiché doveva annunciargli l’imminente giudizio di Dio. Accusava gli israeliti per i loro peccati e li invitava alla conversione.
 
Centro del messaggio di Ezechiele era la trascendenza di Dio e la Sua "preoccupazione" per il popolo che si era scelto come eredità; egli era, inoltre, l’unico profeta a dare attenzione allo Spirito di Dio. Lo Spirito lo "solleva" e lo "trasporta", come faceva per Elia, in Ezechiele questo antico linguaggio carismatico si riferisce a una esperienza spirituale molto meglio precisata, cioè alla visione (8,3; 11,11; 40,1-2), dove questo vedere "al di là delle cose", "al di là del presente", questo sguardo sull’invisibile è attribuito a un’operazione dello Spirito. 
Seguiamo la parola e non più la visione. Il Signore parla a Ezechiele.
Il primo atto è quello di donargli uno “spirito” che lo renda capace di “stare in piedi”, ascoltare e trasmettere poi la parola. Duro sarà il suo servizio! Israele infatti è sempre stato testardo: non ha voluto ascoltare “fino ad oggi” (2,3). Ma il profeta non deve temere. Dovrà trasmettere la parola di Dio con la speranza che Israele l’accolga. “Se ascoltassero e smettessero di essere ribelli!” [E’ questo il senso dell’espressione un po’ sbrigativa “ascoltino o non ascoltino” (2,5.7)].
Per donare la parola il profeta deve prima nutrirsene. Per questo “mangia un rotolo” (3,3) accogliendo la parola nel cuore (3,10). Ora è un profeta o una sentinella. Deve illuminare e ammonire il popolo dalla testa dura!
Con e su Ezechiele è la gloria di Dio e la forza della sua mano (3,22-27). Ma la prima testimonianza non è fatta di parole … perché “tu resterai muto” (3,26).
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4) Lettura: Vangelo secondo Matteo 18,1-5.10.12-14
In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.
Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. 
Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda».
 
5) Commento sul Vangelo secondo Matteo  18,1-5.10.12-14
L'ignominia della croce.
La settimana scorsa abbiamo trovato nel medesimo vangelo questa espressione: "Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini" (Mt 14, 21). Questo era senz'altro un segno della scarsa considerazione in cui venivano messe non solo le donne, ma anche i bambini nell'antichità. Erano categorie senza diritti e senza dignità, tanto da non doverli contare nemmeno quando si mangia. Oggi, c'è quasi un'inversione di tendenza, almeno così sembrerebbe: Gesù mette al centro del Regno dei cieli proprio un bambino. Ma, non è un cambio di rotta, siamo sulla medesima scia! Infatti, non si vuole esaltare i bambini per la loro ingenuità o perché sono ammantati da un'aura di purezza, no, il motivo del porre in evidenza tale figura è un altro: chi vuole entrare nel Regno dei cieli, deve affrontare il disprezzo e mettersi all'ultimo posto. Ritorna, quindi, prepotentemente la logica della croce, che si staglia sì come simbolo di ignominia, ma altresì come rotta obbligata per arrivare alla piena realizzazione dell'essere cristiano maturo e consapevole della scelta di fede fatta.
 
• Qui nel capitolo 18º di Matteo inizia il quarto grande discorso sulla Nuova Legge, il Discorso della Comunità. Come già è stato detto in precedenza (lunedì della 10a Settimana dell’Anno), il vangelo di Matteo scritto per le comunità dei giudei cristiani della Galilea e della Siria, presenta Gesù come il nuovo Mosè. Nel VT, la Legge di Mosè venne codificata nei cinque libri del Pentateuco. Imitando il modello antico, 
Matteo rappresenta la Nuova Legge in cinque grandi Discorsi: (a) Il Discorso della Montagna (Mt 5,1 a 7,29); 
(b) Il Discorso della Missione (Mt 10,1-42); 
(c) Il Discorso delle Parabole (Mt 13,1-52); 
(d) Il Discorso della Comunità (Mt 18,1-35); 
(e) Il Discorso del Futuro del Regno (Mt 24,1 a 25,46). Le parti narrative intercalate tra i cinque Discorsi, descrivono la pratica di Gesù e mostrano come praticava ed incarnava la nuova Legge nella sua vita.
 
Il vangelo di oggi riporta la prima parte del Discorso della Comunità (Mt 18,1-14) che ha come parola chiave i “piccoli”. I piccoli non sono solo i bambini, ma anche le persone povere e senza importanza nella società e nella comunità. Gesù chiede che questi piccoli siano sempre nel centro delle preoccupazioni della comunità, poiché "il Padre non vuole che si perda nemmeno uno di questi piccoli" (Mt 18,14).
 
• Matteo 18,1: La domanda dei discepoli che provoca l’insegnamento di Gesù. I discepoli vogliono sapere chi è il più grande nel Regno. Il semplice fatto di questa loro domanda rivela che avevano capito poco o nulla del messaggio di Gesù. Il Discorso della Comunità, tutto intero, è per far capire che tra i seguaci e le seguaci di Gesù deve vigere lo spirito di servizio, di dono, di perdono, di riconciliazione e di amore gratuito, senza cercare il proprio interesse e la propria promozione.
 
• Matteo 18,2-5: Il criterio fondamentale: il minore è il maggiore. I discepoli chiedono un criterio per poter misurare l’importanza delle persone nella comunità: “Chi dunque è il più grande nel Regno dei Cieli?". Gesù risponde che il criterio sono i piccoli! I piccoli non hanno importanza sociale, non appartengono al mondo dei grandi. I discepoli devono diventare bambini. Invece di crescere verso l’alto, devono crescere verso il basso e verso la periferia, dove vivono i poveri, i piccoli. Così saranno i più grandi nel Regno! Il motivo è questo: “Chi riceve uno di questi piccoli, riceve me!” Gesù si identifica con loro. L’amore di Gesù verso i piccoli non ha spiegazione. I bambini non hanno merito. È la pura gratuità dell’amore di Dio che qui si manifesta e chiede di essere imitata nella comunità da coloro che si dicono discepoli e discepole di Gesù.
 
• Matteo 18,6-9: Non scandalizzare i piccoli. Questi quattro versi sullo scandalo dei piccoli vengono omessi nel vangelo di oggi. Diamo un breve commento. Scandalizzare i piccoli significa: essere motivo per loro di perdita di fede in Dio ed abbandono della comunità. Matteo conserva una frase molto dura di Gesù: “Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare”. Segno che in quel tempo molti piccoli non si identificavano più con la comunità e cercavano altri rifugi. E oggi, in America Latina, per esempio, ogni anno, circa 3 milioni di persone abbandonano le chiese storiche e vanno verso le chiese evangeliche. Segno questo che non si sentono a casa tra di noi. Cosa ci manca? Qual è la causa di questo scandalo dei piccoli? Per evitare lo scandalo, Gesù ordina di tagliare il piede o di cavare l’occhio. Questa frase non può essere presa letteralmente. Significa che si deve essere molto esigente nel combattere lo scandalo che allontana i piccoli. Non possiamo permettere, in nessun modo, che i piccoli si sentano emarginati nella nostra comunità. Poiché in questo caso, la comunità non sarebbe più un segno del Regno di Dio.

• Matteo 18,10-11: Gli angeli dei piccoli stanno alla presenza del Padre. Gesù evoca il Salmo 91. I piccoli fanno di Yavé il loro rifugio e prendono l’Altissimo quale loro difensore (Sal 91,9) e per questo: “Non ti potrà colpire la sventura, nessun colpo cadrà sulla tua tenda; egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede”. (Sal 91,10-12).
 
• Matteo 18,12-14: La parabola delle cento pecore. Secondo Luca, questa parabola rivela la gioia di Dio per la conversione di un peccatore (Lc 15,3-7). Secondo Matteo, rivela che il Padre non vuole che si perda nemmeno uno di questi piccoli. Con altre parole, i piccoli devono essere la priorità pastorale della Comunità, della Chiesa. Devono stare nel centro della preoccupazione di tutti. L’amore verso i piccoli e gli esclusi deve essere l’asse della comunità di coloro che vogliono seguire Gesù. Poiché è così che la comunità diventa la prova dell’amore gratuito di Dio che accoglie tutti.
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6) Per un confronto personale 
• Chi sono le persone più povere del nostro quartiere? Essi partecipano alla nostra comunità? Si sentono bene o trovano in noi un motivo per allontanarsi?
• Dio Padre vuole che nessuno dei piccoli si perda. Cosa significa questo per la nostra comunità?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 118
Quanto sono dolci al mio palato le tue promesse, Signore.
 
Nella via dei tuoi insegnamenti è la mia gioia,
più che in tutte le ricchezze.
I tuoi insegnamenti sono la mia delizia:
sono essi i miei consiglieri. 
 
Bene per me è la legge della tua bocca,
più di mille pezzi d’oro e d’argento. 
Quanto sono dolci al mio palato le tue promesse,
più del miele per la mia bocca. 
 
Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti,
perché sono essi la gioia del mio cuore. 
Apro anelante la mia bocca,
perché ho sete dei tuoi comandi.