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- domenica | 19 luglio 2020
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Lectio domenica 19 luglio 2020
Domenica della Sedicesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
Lettera ai Romani 8, 26 - 27
Matteo 13, 24 - 43
1) Orazione iniziale
Ci sostenga sempre, o Padre, la forza e la pazienza del tuo amore; fruttifichi in noi la tua parola, seme e lievito della Chiesa, perché si ravvivi la speranza di veder crescere l’umanità nuova, che il Signore al suo ritorno farà splendere come il sole nel tuo regno.
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2) Lettura: Lettera ai Romani 8, 26 - 27
Fratelli, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio.
3) Commento sulla Lettera ai Romani 8, 26 - 27
? La seconda lettura viene a illuminarci con una profondità che ci riempie di stupore. Qui ci troviamo di fronte all'unico testo del Nuovo Testamento in cui san Paolo contempla la Presenza dello Spirito Santo in noi come una presenza materna che geme, e soffre a causa della nostra fragilità: Lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili! Ci sono momenti in cui siamo così mischiati di peccato o così immersi in situazione di sofferenza e di dolore che non sappiamo nemmeno più pregare. Nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare... Ma lo Spirito Santo in noi è come una mamma che cerca in tutti i modi di mettere in ordine la casa del nostro cuore disordinato, frantumato, in modo che, con la sua intercessione noi credenti riusciamo ad agire secondo i disegni di Dio.
? La seconda lettura è tratta dalla lettera di S. Paolo ai Romani. In essa l'apostolo ci sollecita a sperare nello Spirito Santo, il quale prega con insistenza in noi "con gemiti inesprimibili" e ci insegna a pregare come piace a Dio, affinché il Regno di Dio circoli in noi e nella storia. Il Regno di Dio è come la pasta lievitata che cresce sollevata dal fermento del lievito senza fare alcun rumore. La terza lettura della liturgia della parola odierna ci offre tre parabole, tratte dal vangelo di Matteo, in cui Gesù ci insegna la pedagogia del Padre: la pazienza. La pazienza di Dio non è rassegnazione o disimpegno ma attesa amorosa perché tutti arrivino alla conversione ed accolgano, nel loro cuore, il " Regno dei cieli... il Regno di Dio".
? Stupende le letture di questa domenica! Ci dicono di accettare la nostra fragilità personale, di coppia, di famiglia e di comunità e la nostra povertà: non esistono persone perfette, né una coppia perfetta, né una società perfetta. Ma - la parola del Signore non lascia dubbi - "lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi... (Rm 8,26). È quando siamo deboli che siamo forti. Ci dicono inoltre di accettare non solo che all'interno della nostra comunità ci sia grano e zizzania, ma che la nostra stessa comunità è - al contempo - grano e zizzania, santa e peccatrice. Ci suggeriscono di accettare che l'uno e l'altra, il grano e la zizzania, crescano assieme, anche nelle nostre famiglie, che non sempre sono "perfette" come le vorremmo, perché possiamo capire la bellezza della varietà e, nel contatto con esse, essere quel piccolo seme che fa crescere un grande albero, quel pugno di lievito che fermenta dal di dentro la pasta. E soprattutto ci dice di rifiutare sempre la tentazione di essere maestri, ma sempre e soltanto discepoli. Di tutti.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 13, 24 - 43
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”».
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 13, 24 - 43
? La predicazione di Gesù sul Regno dei cieli sovverte le aspettative dei suoi ascoltatori e presenta loro un diverso volto del Padre: così è anche per le tre parabole di oggi.
Nella parabola del grano e della zizzania ci viene detto che il Regno di Dio non si affermerà trionfalmente in questo mondo ma sarà insidiato dal male fino alla fine della storia. Questo però non significa che Dio sia sconfitto, anzi: proprio perché Egli è Signore della situazione porterà pazienza fino alla fine, fino alla mietitura, quando grano e zizzania saranno separati. Questa rivelazione c’insegna che a nostra volta dobbiamo aver pazienza e non pretendere di estirpare la zizzania prima del tempo: questo vale sia per la nostra vita, perché anche in noi è presente il male, sia per la vita altrui, per il mondo. Talvolta siamo tentati di sradicare il male in nome di una purezza che intaccherebbe anche il bene: il Signore c’invita ad attendere e sconfessa ogni atteggiamento da giustizieri e integralisti che può assalire noi che peraltro siamo suoi discepoli. La pazienza del Padre verso chi fa il male si rivela Vangelo anche per noi che vogliamo seguire Gesù e che però non siamo a nostra volta immuni dal peccato. Il Signore ci chiede di essere misericordiosi e non severi giudici né di noi stessi né degli altri.
Un altro insegnamento importante viene dalla seconda parabola: il Regno non ha l’apparenza e la potenza eclatante che desidereremmo, anzi si presenta come un seme piccolissimo; ma col tempo esso si sviluppa e diventa una grande realtà di vita. Dobbiamo quindi avere fiducia nella vitalità racchiusa nel piccolo seme e saper cogliere i segni del Regno poco appariscenti ma presenti nel mondo: per far questo è necessario uno sguardo di fede e uno spirito da poveri e allora vedremo Dio all’azione nelle piccole cose. Anche la parabola del lievito conferma questo insegnamento. I “figli del Regno” non devono cercare di separarsi dall’umanità, ma mescolarsi con la gente e far fermentare dall’interno le situazioni, certi che il frutto verrà.
La liturgia odierna c’invita ad abbandonare i nostri schemi di pensiero e ad assumere quelli di Dio, che sovrastano i nostri e che aprono alla speranza in un contesto in cui saremmo portati al pessimismo. Dio attenderà sino alla fine la conversione di tutti i suoi figli: Egli è “onni-paziente” e ci chiede di non giudicare bensì di collaborare con Lui per la salvezza di ogni uomo. Vogliamo accogliere la Sua proposta?
? Il buon seme e la zizzania.
"Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo". Ci stupisce e suscita in noi mille interrogativi quella strana mescolanza di bene e di male che in rivoli diversi scorre sotto i nostri occhi. Vediamo riversato nei nostri cuori la bontà di Dio, che ci muove al bene e alle migliori espressioni di amore, ma non sfugge al nostro sguardo il male che si nasconde nel nostro spirito, si annida nel nostro spirito per poi emergere prepotente fino a farci temere il soffocamento di ogni bontà. Non facciamo fatica a riconoscere la fonte primaria ed unica del bene che è in noi: l'ha seminato il buon Dio infondendo in noi un alito di vita e un germe d'immortalità. Ci ha resi simili a lui ornandoci di una grande dignità. Ha sparso nel campo del mondo come creatore il buon seme dando la vita a tutto ciò che esiste. Ci colma di stupore e di meraviglia quando contempliamo le sue opere: "Come sono grandi le tue opere, Signore!", esclamava il salmista. Poi quello stesso splendore appare deturpato nella natura e nella nostra vita: San Paolo afferma: "Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto". Al gemito della natura che ci circonda, si associa sin dal principio il dolore dell'uomo: "anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo". Ed ecco l'interrogativo che da sempre l'uomo rivolge al suo creatore e signore: "Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?". È chiara la risposta del Signore: "Un nemico ha fatto questo". Anche il male ha la sua fonte; è scaturito da una ribellione che ha tramutato in odio l'amore. Si è insinuato nella vita dell'uomo e ne ha deturpato la splendida immagine che Dio vi aveva impresso. Da qui scopriamo l'effetto della zizzania sparsa nel campo del mondo. La frenesia del bene ci fa desiderare e sperare un intervento immediato del Signore che ci consenta di estirpare dalle radici il male dal nostro mondo, ma dobbiamo, pur senza rassegnarci ad esso, dotarci di pazienza e comprendere, alla luce dello Spirito, che ogni esperienza umana è da redimere perché vissuta nella realtà del peccato e poi affidata alla divina misericordia. Per questo il sacrificio di Cristo è un memoriale che si ripete con tutta la sua efficacia in continuità nella vita del mondo e di ogni uomo. Solo alla fine potremmo finalmente costatare che tutto è stato restaurato in Cristo e la giustizia ha vissuto in pienezza il suo trionfo.
? Una spiga di grano vale più dell'intera zizzania.
Conquistare anche noi lo sguardo di Dio, che non si posa mai per prima cosa sul male o sul peccato di una persona, ma privilegia il bene. Quel campo seminato di buon seme e assediato dalle erbacce è il nostro cuore. I servi dicono: Andiamo e sradichiamo la zizzania. Il padrone del campo li blocca: No, rischiate di strapparmi anche il buon grano! L'uomo violento che è in noi dice: strappa subito da te tutto ciò che è immaturo, sbagliato, puerile, cattivo. Invece il Signore dice: abbi pazienza, non agire con violenza, perché il tuo spirito è capace di grandi cose solo se ha grandi valori.
Quanti difetti sono riuscito a sradicare in tutti questi anni? Neppure uno. La via è un'altra: mettersi sulla strada di come agisce Dio. Per vincere la notte accende il mattino, per far fiorire la steppa sterile semina milioni di semi, per sollevare la pasta immobile immette un pizzico di lievito. Questa è l'attività solare, positiva, vitale da esercitare verso noi stessi: non preoccupiamoci prima di tutto della zizzania, delle debolezze, dei difetti, nessuno è senza zizzania nel cuore; ma preoccupiamoci di coltivare una venerazione profonda per tutte le forze che Dio ci consegna, forze di bontà, di generosità, di bellezza, di libertà. Facciamo che queste erompano in tutta la loro forza, in tutta la loro bellezza, in tutta la loro potenza, e vedremo le tenebre scomparire.
Noi dobbiamo conquistare lo sguardo di Dio: una spiga di buon grano conta più di tutta la zizzania del campo, il bene conta più del male; la luce è sempre più forte del buio. Addirittura la spiga futura, il bene possibile domani è più importante del peccato di ieri. Il male di una vita non revoca il bene compiuto, non lo annulla, è invece il bene che revoca il male. La nostra strategia è coprire il male di bene, soffocarlo di bontà, di generosità, di coraggio, di canto, di luce. Ed è il bene, quel pezzetto di Dio in noi, che dice la verità di una persona. Il peccato non è rivelatore, mai: nessun uomo, nessuna donna coincidono con il loro sbaglio o con la zizzania che hanno in cuore. Tu non sei le tue debolezze, ma le tue maturazioni. Tu non sei creato a immagine del nemico e della sua notte, ma a immagine del Creatore e del suo giorno. Allora il nostro vero lavoro religioso è portare a maturazione il buon seme, i talenti, i germi divini che Dio immette in noi con la fiducia del buon seminatore. E far maturare dolcemente e tenacemente, come il grano che matura nel sole, coloro che Dio ci ha affidato. Tu pensa al buon grano, ama i tuoi germi di vita, custodisci ogni germoglio, sii indulgente con tutte le creature, e anche con te. E tutto il tuo essere fiorirà nella luce.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
- Ci accettiamo, in famiglia o in Comunità come siamo? Con le nostre debolezze e le nostre fragilità? Oppure vogliamo apparire migliori di quanto siamo? O ancora vogliamo cambiare l'altro sulla base dei nostri parametri comportamentali?
- Sappiamo perdonare non in modo ostentato, sentendoci e credendoci migliori della persona che abbiamo perdonato, ma umilmente, nel profondo dell'intimità e del cuore?
- Ci rendiamo conto che siamo incapaci, con le nostre sole forze, di farci carico del peccato del mondo?
- Confidiamo nello Spirito che viene in soccorso della nostra fragilità e della nostra aridità, e che - quando non sappiamo neppure trovare le parole per pregare - è Lui stesso che prega in noi e per noi?
7) Preghiera: Salmo 85
Tu sei buono, Signore, e perdoni.
Tu sei buono, Signore, e perdoni,
sei pieno di misericordia con chi t’invoca.
Porgi l’orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii attento alla voce delle mie suppliche.
Tutte le genti che hai creato verranno
e si prostreranno davanti a te, Signore,
per dare gloria al tuo nome.
Grande tu sei e compi meraviglie:
tu solo sei Dio.
Ma tu, Signore, Dio misericordioso e pietoso,
lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà,
volgiti a me e abbi pietà.
8) Orazione Finale
La tua forza, Signore è principio di giustizia, tu sei indulgente con tutti. Per questo ti supplichiamo di accogliere le nostre preghiere e di esaudirle, secondo i tuoi disegni provvidenziali.