Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - martedì 14 luglio 2020

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  • martedì | 14 luglio 2020

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Lectio martedì 14 luglio 2020
 
Martedì della Quindicesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
 
 
Libro di Isaia 10,5-7.13-16
Matteo 11, 25 - 27
 
 
1) Preghiera 
O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme.
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2) Lettura: Libro di Isaia 10,5-7.13-16
Così dice il Signore: Oh! Assiria, verga del mio furore, bastone del mio sdegno!
Contro una nazione empia io la mando e la dirigo contro un popolo con cui sono in collera, perché lo saccheggi, lo depredi e lo calpesti come fango di strada.
Essa però non pensa così e così non giudica il suo cuore, ma vuole distruggere e annientare non poche nazioni. Poiché ha detto: «Con la forza della mia mano ho agito e con la mia sapienza, perché sono intelligente; ho rimosso i confini dei popoli e ho saccheggiato i loro tesori, ho abbattuto come un eroe coloro che sedevano sul trono.
La mia mano ha scovato, come in un nido, la ricchezza dei popoli. Come si raccolgono le uova abbandonate, così ho raccolto tutta la terra. Non vi fu battito d’ala, e neppure becco aperto o pigolìo». Può forse vantarsi la scure contro chi se ne serve per tagliare o la sega insuperbirsi contro chi la maneggia? Come se un bastone volesse brandire chi lo impugna e una verga sollevare ciò che non è di legno! Perciò il Signore, Dio degli eserciti, manderà una peste contro le sue più valide milizie; sotto ciò che è sua gloria arderà un incendio come incendio di fuoco.
 
3) Commento sul  Libro di Isaia  10,5-7.13-16
Può forse vantarsi la scure con chi taglia per suo mezzo o la sega insuperbirsi contro chi la maneggia? (Isaia 10, 15) - Come vivere questa Parola?
Il brano del profeta Isaia ci rende avvisati di quello che è, nel progetto di Dio, il significato della grande potenza di un popolo. Egli se ne serve. Che cosa può esulare dal suo piano che, sempre, è volontà di salvezza per l'uomo? Sappiamo però quanto Israele abbia voluto gettarsi a capofitto su strade non consone a questa volontà del Signore: strade di presunzione, di empietà e idolatria. Ed ecco che Dio agisce nella storia del suo popolo con quella "medicina amara" che è la punizione. Sempre – sia ben chiaro – perché il popolo rinsavisca, si apra a ravvedimento e conversione. Ecco, questo intervento punitivo, è avvenuto ora attraverso la potenza conquistatrice della Siria. Ma "verga della mia collera", "bastone della mia ira", aveva chiamato Dio questo nemico che si era lanciato a prendere il suo popolo. Ma poi questo stesso castigatore montò in superbia: come se tutto fosse avvenuto e avvenisse dentro un pronao assolutamente suo, secondo una sfrenata prepotenza. 
 
È qui che il profeta invita a meditare. Come sarebbe follia che una scure o una sega, strumenti dell'artigiano, pretendessero di dettare legge a chi li usa, così è incredibile stoltezza pretendere di uscire dal disegno di Dio realizzando in totale autonomia un proprio progetto esistenziale. L'orgoglio è cieca presunzione. E il presuntuoso, colui che si dimentica di chi lo ha fatto e lo educa a salvezza, va in rovina.
Oggi, nella nostra pausa contemplativa, ci soffermeremo a meditare. Anche noi, coi doni d'intelligenza e sensibilità, forse di cultura o forse di capacità pratica, siamo uno strumento di Dio che vuole mettere un ordine nuovo, un ordine di giustizia, di pace e d'amore nel mondo. Ma a volte la dimenticanza di Lui, nella foga delle cose da progettare e da realizzare, ci porta su strade sbagliate. Oggi e nelle giornate più quiete delle nostre ferie ci riconsegneremo al Signore con grande fede e fiducia.
Gesù, Tu hai voluto rivelarti ai piccoli perché si abbandona pienamente a Te, crea in noi un cuore libero da presunzione, un cuore semplice da bambino del regno che si lascia amare e usare pienamente da "Te per i tuoi progetti.
Ecco la voce di un grande Papa San Gregorio Magno: Se non ascoltate Dio nella sua umiltà sarete costretti ad ascoltarlo nella sua potenza e severità.
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4) Lettura: Vangelo secondo Matteo 11, 25 - 27
In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
 
5) Commento sul Vangelo secondo Matteo 11, 25 - 27
Nella sua azione di grazie, Gesù si rivolge direttamente a suo Padre, in un modo diverso che nel “Padre Nostro”. Egli parla al tempo stesso al Signore della creazione e dell’universo poiché, alla fin fine, è lui che tiene nelle sue mani i destini del mondo. Egli gli ha offerto Gesù come Messia e Salvatore, portatore di salvezza, e gli ha dato l’onnipotenza, in cielo e in terra. 
Tutto questo”, cioè il segreto del suo piano, egli l’ha nascosto ad alcuni e rivelato ad altri. Contro ogni aspettativa, non sono né “i saggi né i sapienti” - teologi e specialisti della Bibbia, professori che pensano di avere il privilegio della verità - ad essere gli uomini di fiducia di Dio. No, il Padre sceglie delle persone insignificanti, i “piccoli” che si riuniscono intorno a Gesù. Sono loro, liberi dal peso degli insegnamenti umani, che egli reputa capaci di mettere a frutto le parole e le azioni di Gesù, messaggi di liberazione per la propria vita. È da loro che egli si aspetta che riconoscano l’identità più segreta di Gesù per testimoniare la sua appartenenza a Dio. Non solo un tempo, ma ancora oggi.
 
L'acume dei "piccoli".
Tra i vari criteri di valutazione che noi, esseri umani, usiamo per stabilire le nostre gerarchie di grandezza, occupa un posto di onore la scienza e la sapienza di cui ci siamo dotati e che facciamo emergere con i vari titoli. Tutto ciò viene spesso vissuto, non solo come personale arricchimento culturale, ma in modo più o meno consapevole, lo usiamo come motivo di prestigio e perfino come strumento di dominio sugli altri che riteniamo inferiori e meno dotati di noi. Sappiamo e dovremmo sapere i limiti delle scienze umane, non solo in relazione a tutto lo scibile umano, ma ancor più quando ci confrontiamo con la vera sapienza, quella che ci orienta verso il trascendente e l'infinito. In questa prospettiva ci è meglio consentito di scorgere i limiti angusti dello scibile umano e gli spazi che restano inesplorati e persino inaccessibili alla nostra mente. Così comprendiamo l'intensità e il valore della preghiera che oggi il Signore rivolge al Padre per noi: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli". Le cose nascoste di cui ci parla Gesù, sono i misteri del regno, riguardano la sua persona umano - divina, riguardano il suo messaggio di salvezza, il valore recondito dei sui segni e prodigi, valori e verità queste che non possono essere compresi con la fioca luce della ragione umana, ma richiedono quella "piccolezza" interiore del nostro spirito che ci rende umili per essere accoglienti con la luce che Dio stesso ci dona. È una grande lezione di umiltà quella che Cristo ci vuole impartire: il ritorno a Dio implica innanzi tutto il riconoscere il nostro misero stato di poveri peccatori, troppo distanti e oscurati dal male per poterlo vedere, troppo assordati dal fragore delle nostre presunzioni per poterlo sentire. Tornare come bambini significa per noi una interiore rinascita, un recupero della semplicità e dell'umiltà del cuore, vuol dire recuperare la vista e l'udito dell'anima per risollevarci e tornare guardare in alto. È opera dello Spirito la nostra rinascita, è quell'amore infinito e gratuito a rivelarci le verità e lo splendore di Dio e la persona del Figlio suo Gesù Cristo.
 
• Il brano liturgico di Mt 11,25-27 rappresenta una svolta nel vangelo di Matteo: a Gesù vengono poste le prime domande sull’avvicinarsi del regno dei cieli. Il primo a porre tali interrogativi sull’identità di Gesù è Giovanni Battista, il quale tramite i suoi discepoli gli rivolge una precisa domanda: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (11,3). Invece i Farisei insieme agli Scribi si rapportano a Gesù con parole di rimprovero e giudizio: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato» (12,2). Sinora nei capp. 1-10 la venuta del regno dei cieli nella persona di Gesù non sembrava avere ostacoli, ma dal cap.11 vengono poste delle precise difficoltà. Ovvero molti iniziano a prendere posizione di fronte alla persona di Gesù: a volte è «oggetto di scandalo», di caduta (11,6); «questa generazione», nel senso di questa discendenza umana, non ha un atteggiamento di accoglienza nei confronti del regno che viene; le città situate lungo il lago non si convertono (11,20); sul comportamento di Gesù si scatena una vera e propria controversia (cap.12) anzi, s’inizia premeditare come farlo morire (12,14). Questo è il clima di sfiducia e di contestazione in cui Matteo inserisce il nostro brano.
Ora è arrivato il momento di interrogarsi sull’attività di Gesù: come interpretare queste «opere del Cristo» (11,2.19)? Come spiegare questa azioni taumaturgiche (11, 20.21.23)? Tali interrogativi riguardano la cruciale questione della messianicità di Gesù. Intanto le opere messianiche di Gesù pongono sotto giudizio non soltanto «questa generazione» ma anche le città che sono intorno al lago che non si sono convertite all’avvicinarsi del regno nella persona di Gesù.
 
•  Divenire piccolo. L’itinerario più efficace per realizzare questa conversione è diventare «piccoli». Gesù comunica questa strategia della «piccolezza» in una preghiera di riconoscenza (11,27) che ha un parallelo splendido nella testimonianza resa dal Padre in occasione del battesimo (11,27). Gli studiosi amano chiamare questa preghiera un’«inno di giubilo». Il ritmo della preghiera di Gesù inizia con una confessione: «ti rendo lode», «confesso a te». Tale espressione introduttiva rende la parola di Gesù alquanto solenne. La preghiera di lode che Gesù pronuncia presenta le caratteristiche di una risposta rivolta al lettore. Gesù si rivolge a Dio con l’espressione «Signore del cielo e della terra», vale a dire, a Dio come creatore e custode del mondo. Nel giudaismo, invece, si era soliti rivolgersi a Dio con l’invocazione «Signore del mondo», ma non l’aggiunta del termine «Padre», caratteristica distintiva della preghiera di Gesù. Il motivo della lode e lo svelarsi di Dio: perché nascondesti…, rivelasti. Il nascondimento riferito ai «sapienti e intelligenti» riguarda gli scribi e i farisei considerati come interamente chiusi e ostili all’avvicinarsi del Regno (3,7ss; 7,29; 9,3.11.34). La rivelazione ai piccoli, il termine greco dice «infanti», coloro che ancora non parlano.  Quindi Gesù designa gli uditori privilegiati della proclamazione del regno dei cieli come gli inesperti della legge, i non istruiti.
Quali siano «queste cose» che vengono nascoste o rivelate? Il contenuto di questa rivelazione o nascondimento è Gesù, il Figlio di Dio, il rivelatore del Padre. È evidente per il lettore che lo svelarsi di Dio è legato inscindibilmente alla persona di Gesù, alla sua parola, alle sue azioni messianiche. È lui che permette lo svelarsi di Dio e non la legge o gli eventi premonitori del tempo finale.
 
Lo svelarsi di Dio dal Padre al Figlio. Nell’ultima parte del discorso Gesù fa un’autopresentazione di se stesso come colui al quale ogni cosa è stata comunicata dal Padre. Nel contesto dell’avvicinarsi del Regno Gesù ha il ruolo e la missione di rivelare il Padre celeste in tutto. In tale compito e ruolo riceve la totalità del potere, del sapere e l’autorità di giudicare. Per confermare questo ruolo così impegnativo Gesù si appella alla testimonianza del Padre, l’unico che possiedo una reale conoscenza di Gesù: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre» e viceversa «e nessuno conosce il Padre se non il Figlio». La testimonianza del Padre è insostituibile perché la dignità unica di Gesù come Figlio venga compresa dai suoi discepoli. Inoltre, viene affermata l’unicità di Gesù nel rivelare il Padre; lo affermava già il vangelo di Giovanni: «Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio, ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (1,18). In sintesi. L’evangelista fa capire ai suoi lettori che lo svelarsi di Dio avviene attraverso il Figlio. Di più: il Figlio rivela il Padre a chi vuole-
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6) Per un confronto personale 
• La tua preghiera sente il bisogno di esprimere tutta la gratitudine al Padre per i doni con cui cola la tua vita? Ti capita di confessare pubblicamente di esaltare il Signore a motivo delle opere meravigliose che compie nel mondo. Nella chiesa, nella tua vita?
• Nella tua ricerca di Dio fai affidamento sulla tua sapienza e intelligenza o ti lasci guidare dalla sapienza di Dio? Che attenzione poni al tuo rapporto con Gesù? Ascolti la sua Parola? Assumi i suoi sentimenti per scoprire la sua fisionomia di Figlio del Padre celeste?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 93
Il Signore non respinge il suo popolo.
 
Calpestano il tuo popolo, Signore, 
opprimono la tua eredità.
Uccidono la vedova e il forestiero, 
massacrano gli orfani.
 
Dicono: «Il Signore non vede, 
il Dio di Giacobbe non intende».
Intendete, ignoranti del popolo: stolti, 
quando diventerete saggi? 
 
Chi ha formato l’orecchio, 
forse non sente?
Chi ha plasmato l’occhio,
 forse non vede?
Colui che castiga le genti, 
forse non punisce,
lui che insegna all’uomo il sapere?
 
Poiché il Signore non respinge il suo popolo 
e non abbandona la sua eredità,
il giudizio ritornerà a essere giusto 
e lo seguiranno tutti i retti di cuore.