Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - domenica 28 giugno 2020

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  • domenica | 28 giugno 2020

Lectio domenica 28 giugno 2020
 
Domenica della Tredicesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
 
Lettera ai Romani 6, 3 - 4. 8 - 11
Matteo 10, 37 - 42
 
 
1) Orazione iniziale 
Infondi in noi, o Padre, la sapienza e la forza del tuo Spirito, perché camminiamo con Cristo sulla via della croce, pronti a far dono della nostra vita per manifestare al mondo la speranza del tuo regno.
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2) Lettura: Lettera ai Romani 6, 3 - 4. 8 - 11
Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.
 
3) Commento su Lettera ai  Romani  6, 3 - 4. 8 - 11
- Nella seconda lettura l'apostolo Paolo parlando ai Romani ricorda che per mezzo del battesimo anche noi siamo stati battezzati nella sua morte e come egli per mezzo del Padre sia stato risuscitato nella gloria, così anche noi possiamo vivere in una vita nuova.
Cristo è morto una sola volta per i peccati degli uomini ed ora vive per sempre in Dio e quindi anche noi siamo morti al peccato, ma vivi per Dio in Cristo Gesù; infatti, il battesimo che riceviamo trasforma la natura dell'uomo e la rende simile a quella del Cristo, e come lui, figli di Dio, non c'è più in noi la morte ma la vita vera.
 
- "Per mezzo del battessimo siamo stati sepolti insieme a Lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova". (Rm 6,4) - Come vivere questa Parola?
Noi sostanzialmente crediamo che Cristo ha vinto la morte con la sua risurrezione e per questo noi pure risorgeremo a una vita di pienezza. 
Questa è la nostra Fede che, saldata alla speranza, radica il nostro vivere in Dio che non delude. Proprio perché è Dio non un idolo, non un'ideologia, né illusione - promessa da mercato.
Il nostro essere battezzati dunque ci conferisce non solo la conoscenza di questo Mistero che salva, ma la forza per viverlo.
Ciò avviene se ci lasciamo persuadere a unirci strettamente a Gesù in tutto quello che viviamo (sia nella gioia che nel dolore). Veniamo così riscattati dal vuoto, dal non senso, dalla confusione. Allora davvero " possiamo camminare in una vita nuova"
Quello che quassù mi viene confidato da molti cuori, è la fatica di un quotidiano segnato da incomprensioni: in famiglia e fuori, uno scorrere di giorni nell'ombra della morte che è il non saper perdonare, il non saper amare.
Ecco, è proprio da questo tipo di morte che chiediamo al Signore di farci RISORGERE nella sua Pasqua di Risurrezione. Nel Suo Mistero Pasquale, noi gli chiediamo che rovesci la pietra, a volte tanto pesante, del nostro cuore ridotto a sepolcro interiore, perché tutta la nostra persona risorga a una vita nuova: autenticamente umana e veramente cristiana.
Spirito Santo, alito dell'Amore - Persona, riduci a silenzio il nostro chiacchiericcio mentale. E sia un silenzio di attesa, pervaso di Fede e Speranza perché Gesù risorga in noi e noi ci impegniamo a vivere Lui, il suo Vangelo camminando in una vita nuova all'insegna dell'amore 
Ecco la voce dell'Apostolo per eccellenza Paolo di Tarso: "Se Cristo non fosse Risorto, vana sarebbe la nostra fede"
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 10, 37 - 42
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 10, 37 - 42
- Le parole di Gesù contenute nel vangelo di oggi sono esigenti: Egli chiede ai suoi discepoli di amarlo più dei propri genitori e parenti più stretti. Gesù, però, non vuole sminuire i nostri affetti più cari o dire che i genitori o i figli non vanno amati intensamente; Egli vuole affermare che Dio dev’essere al primo posto nelle nostre vite e che se questo non avviene un po’ alla volta si sgretola l’amore anche verso le persone più care. In altre parole possiamo dire che Dio è la fonte dell’amore e che è solo con Lui che siamo capaci di amare veramente le persone. Molti non credono a questa verità, ma se guardiamo a quanto sta accadendo nella nostra società possiamo renderci conto di come quanto detto corrisponda alla realtà; infatti, mentre assistiamo all’estromissione di Dio dalla vita di tante persone, vediamo come le famiglie si stiano sfasciando: i figli non amano più i genitori e viene meno progressivamente la capacità di un amore vero e gratuito tra gli appartenenti allo stesso nucleo famigliare. Non lo vediamo ogni giorno? Sentiamo e vediamo storie di abbandono, di rifiuto, di egoismo all’interno delle famiglie. Perché avviene tutto questo? Perché le persone spesso hanno preteso di amare rifiutando la sorgente dell’amore, che è Dio. Dice Gesù: “chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me”; Egli vuole dire che se i genitori non hanno Dio nel cuore, non sono capaci di amare veramente i figli: essi spesso concedono ogni cosa ai figli, anche il divertimento più sfrenato e non sono capaci di dire di no a comportamenti sbagliati degli stessi; questo non è vero amore. È necessario riconoscere queste storture e rimettersi alla scuola dell’amore vero, riconoscendone in Dio la sorgente.
È importante che i genitori non solo vogliano bene ai figli ma li aiutino a trovare il senso della vita e li introducano nella via del bene. Chi ama veramente i propri figli è chiamato ad aiutarli ad incontrare Dio, solo in questo modo essi saranno pienamente generati alla vita.
Un’altra parola di Gesù sulla quale vorrei soffermarmi un momento è questa: “chi non prende la sua croce… non è degno di me”. Gesù presenta il sacrificio come strada necessaria della vita, come la via da percorrere se si vuole amare veramente; l’amore è dono di sé e richiede sacrificio, uscire da se stessi, rinnegare se stessi. Ditemi se questo messaggio non è controcorrente? … Eppure se guardiamo ai santi vediamo come questo messaggio sia vero: pensiamo a Madre Teresa di Calcutta, che ha speso la vita per i poveri senza risparmiarsi ed era piena di gioia, oltre a portare gioia; così pure Raoul Follereau, che ha donato la vita per i lebbrosi e diceva ai giovani: “O imparerete di nuovo ad amare oppure sarete distrutti dal cancro dell’egoismo”. Tutto questo ci dice che è necessario cambiare direzione nella vita sociale e nell’educazione dei giovani: guardiamo a Gesù, che indica la via da seguire.
 
- Le condizioni per seguire Gesù.
Nel nostro mondo, chi si mette sotto la protezione di un potente, è certo di trarne vantaggi di ogni genere, chi segue un “capo” sa o prevede di trarne dei profitti; non è così nel caso di Cristo. Egli al discepolo che esprime il desiderio convinto di seguirlo esprime che per mettersi alla sua sequela bisogna essere disposti a lasciare tutto per mettersi in piena libertà a seguire strade completamente diverse da quelle che il mondo offre e propone. Ricordiamo che in un episodio simile a questo il giovane ricco non ha la forza e il coraggio di staccarsi dalle ricchezze che possedeva e desiste di conseguenza dal seguire Gesù. Egli stesso a tutti i suoi seguaci ricorda di dover passare per la “porta stretta” e arriva a dire che “chi ama suo padre o sua madre più di Me non è degno di Me”. Il Signore non accetta di averci a mezzo servizio, la nostra adesione a Lui deve essere piena ed incondizionata. Forse proprio da tale esigenza divina di radicale distacco e completa dedizione, deriva la crisi odierna di vocazioni sacerdotali e religiose.
 
- La legge dell'amore in un bicchiere d'acqua.
Un Dio che pretende di essere amato più di padre e madre, più di figli e fratelli, che sembra andare contro le leggi del cuore. Ma la fede per essere autentica deve conservare un nucleo sovversivo e scandaloso, il «morso del più» (Luigi Ciotti), un andare controcorrente e oltre rispetto alla logica umana.
Non è degno di me. Per tre volte rimbalza dalla pagina questa affermazione dura del Vangelo. Ma chi è degno del Signore? Nessuno, perché il suo è amore incondizionato, amore che anticipa, senza clausole. Un amore così non si merita, si accoglie.
Chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà! Perdere la vita per causa mia non significa affrontare il martirio. Una vita si perde come si spende un tesoro: investendola, spendendola per una causa grande. Il vero dramma per ogni persona umana è non avere niente, non avere nessuno per cui valga la pena mettere in gioco o spendere la propria vita.
Chi avrà perduto, troverà. Noi possediamo veramente solo ciò che abbiamo donato ad altri, come la donna di Sunem della Prima Lettura, che dona al profeta Eliseo piccole porzioni di vita, piccole cose: un letto, un tavolo, una sedia, una lampada e riceverà in cambio una vita intera, un figlio. E la capacità di amare di più.
A noi, forse spaventati dalle esigenze di Cristo, dall'impegno di dare la vita, di avere una causa che valga più di noi stessi, Gesù aggiunge una frase dolcissima: Chi avrà dato anche solo un bicchiere d'acqua fresca, non perderà la sua ricompensa.
Il dare tutta la vita o anche solo una piccola cosa, la croce e il bicchiere d'acqua sono i due estremi di uno stesso movimento: dare qualcosa, un po', tutto, perché nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con il verbo dare: Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio. Non c'è amore più grande che dare la vita!
Un bicchiere d'acqua, dice Gesù, un gesto così piccolo che anche l'ultimo di noi, anche il più povero può permettersi. E tuttavia un gesto non banale, un gesto vivo, significato da quell'aggettivo che Gesù aggiunge, così evangelico e fragrante: acqua fresca.
Acqua fresca deve essere, vale a dire l'acqua buona per la grande calura, l'acqua attenta alla sete dell'altro, procurata con cura, l'acqua migliore che hai, quasi un'acqua affettuosa con dentro l'eco del cuore.
Dare la vita, dare un bicchiere d'acqua fresca, ecco la stupenda pedagogia di Cristo. Un bicchiere d'acqua fresca se dato con tutto il cuore ha dentro la Croce. Tutto il Vangelo è nella Croce, ma tutto il Vangelo è anche in un bicchiere d'acqua.
Nulla è troppo piccolo per il Signore, perché ogni gesto compiuto con tutto il cuore ci avvicina all'assoluto di Dio.
Amare nel Vangelo non equivale ad emozionarsi, a tremare o trepidare per una creatura, ma si traduce sempre con un altro verbo molto semplice, molto concreto, un verbo fattivo, di mani, il verbo dare.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
a) Quale è la parte del testo che più mi ha colpito? Perché?
b) Quali sono le raccomandazioni che questo testo ha per noi? Quale la sua esigenza fondamentale? 
c) Gesù dice: "Chi ama suo padre e sua madre più di me non è degno di me” - Come capire questa affermazione?
d) Cosa ci dice il testo sulla missione che dobbiamo svolgere come discepoli e discepole di Gesù?
 
 
 
 
 
7) Preghiera: Salmo 88
Canterò per sempre l’amore del Signore.
 
Canterò in eterno l’amore del Signore,
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».
 
Beato il popolo che ti sa acclamare:
camminerà, Signore, alla luce del tuo volto;
esulta tutto il giorno nel tuo nome,
si esalta nella tua giustizia.
 
Perché tu sei lo splendore della sua forza 
e con il tuo favore innalzi la nostra fronte.
Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d’Israele.
 
 
9) Orazione Finale
Noi siamo stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa; proclamiamo le opere ammirevoli di Colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa.