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- domenica | 14 giugno 2020
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Lectio domenica 14 giugno 2020
Domenica dell’Undicesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
Corpo e Sangue di Cristo
1 Lettera ai Corinzi 10, 16 - 17
Giovanni 6, 51 - 58
1) Orazione iniziale
Dio fedele, che nutri il tuo popolo con amore di Padre, ravviva in noi il desiderio di te, fonte inesauribile di ogni bene: fa’ che, sostenuti dal sacramento del Corpo e Sangue di Cristo, compiamo il viaggio della nostra vita, fino ad entrare nella gioia dei santi.
Oggi festeggiamo il sacramento dell’Eucaristia che il Signore ci ha lasciato come segno della sua presenza, della sua realtà corporale, del suo sacrificio sulla croce e della vita eterna di cui ci ha reso partecipi. Gesù ce ne parla in termini di corpo e di cibo. La realtà del dono del Padre alla nostra umanità si esprime, dall’inizio alla fine, sotto forma di corpo. Si tratta dapprima della realtà carnale del corpo fatto di carne e sangue, che soffre e muore sulla croce. È questo corpo ferito che risorge e che Gesù dà da vedere e da toccare agli apostoli. Ma Gesù non si ferma qui. Suo corpo è anche la Chiesa (Col 1,18), corpo mistico di cui Cristo è la testa. Ed è infine questo corpo sacramentale che nutre coloro che lo mangiano: “Prendete e mangiate: questo è il mio corpo!” (Mt 26,26). Già i primi cristiani paragonarono il corpo spezzato di Cristo al grano, macinato in farina per diventare pane, dopo essere stato mischiato all’acqua della vita e passato nel fuoco dello Spirito. Questo pane spirituale, fatto dal grano del campo che è Gesù (Gv 15,1), divenendo, come il vino dell’Eucaristia, nostro cibo, nutre in noi la vita divina, che è vita eterna.
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2) Lettura: 1 Lettera ai Corinzi 10, 16 - 17
Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.
3) Commento su 1 Lettera ai Corinzi 10, 16 - 17
- Nella seconda lettura, l'Apostolo delle genti, ricorda ai cristiani di Corinto e a noi che, la "Santa Cena" è vero segno della comunione con Gesù e col resto della comunità. Infatti, se mangiamo il Corpo di Cristo, " pur essendo molti, formiamo un corpo solo" e mentre egli muore per noi, noi veniamo conservati in vita.
Allorché parliamo di Eucaristia diciamo che essa è il sacramento della presenza di Cristo in mezzo a noi, ma che è anche annunzio di vita nonché pegno di essa.
Dobbiamo tener sempre presente che, quando entriamo in chiesa, per la Santa Messa, incontriamo tanti nostri fratelli, immagine di Gesù, ma quando andiamo a cibarci del suo Corpo, incontriamo Gesù Cristo e partecipiamo alla sua Pasqua.
- Ciò che è raccontato oggi con il più antico testo dell'istituzione dell'eucaristia, quello di Paolo ai Corinzi - è quello dell'ultima cena di cui si fa memoria in ogni celebrazione eucaristica. Anche lì, attorno a quel pane ci sono uomini turbati, che non riescono ancora a capire pienamente il senso di quel sacrificio, e che, di lì a poco, abbandoneranno il loro Maestro senza farsi troppi problemi. Si tratterà poi, per alcuni, di andare verso il martirio.
Quale distanza tra la nostra fede e quella dei 49 cristiani di Abitene, una località dell'odierna Tunisia, che nell'anno 307 subirono il martirio pur di non obbedire ad un editto dell'imperatore Diocleziano che proibiva le riunioni di culto anche nelle case private. Negli Atti processuali giunti sino a noi si legge che al giudice che li interrogava essi risposero "sine dominico non possumus". Parole latine, dalla forte carica espressiva, come dire che un cristiano non può vivere senza partecipare all'eucaristia nel giorno del Signore.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Giovanni 6, 51 - 58
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
5) Riflessione sul Vangelo secondo Giovanni 6, 51 - 58
- Oggi celebriamo la festa del Corpo e Sangue del Signore: è la festa dell’Eucarestia, il Pane che Gesù ha lasciato perché in ogni tempo i credenti potessero entrare in comunione con Lui. Questo sacramento è Gesù stesso nell’atto di donarsi sulla croce per la salvezza di tutti. L’Eucarestia è il memoriale del sacrificio della croce, il segno con cui facciamo memoria di quel gesto ma anche la presenza reale di Gesù che per amore nostro ha donato la Sua vita sulla croce.
Nel brano del Vangelo Gesù usa delle espressioni fortissime per affermare che bisogna realmente mangiare il suo Corpo e bere il suo Sangue per avere la vita. Non c’è da stupirsi che alcuni abbiamo trovato inaccettabile il Suo discorso e se ne siano andati; evidentemente Egli voleva esprimere nella maniera più chiara che quel pane è veramente il Suo Corpo e che ne abbiamo bisogno come cibo. Chiediamo la grazia di prendere maggiormente coscienza di questo, della necessità di nutrirci di Lui. Diceva Madre Teresa: “Senza eucarestia non potrei vivere, non potrei amare e non potrei servire i poveri”; Padre Pio diceva: È più facile che il mondo viva senza il sole piuttosto che viva senza la Messa”. Così i santi hanno vissuto l’Eucarestia.
L’Eucarestia è lo stupore di avere Dio tra noi, è il Gesù della Pasqua, il Risorto che consuma il pasto con i Suoi apostoli. La Messa è al tempo stesso il memoriale del sacrificio e il sacro banchetto della Comunione al Corpo e al Sangue del Signore. La comunione accresce la nostra unione a Cristo, ci separa dal peccato e ci preserva in futuro dai peccati mortali; inoltre edifica la Chiesa.
L’Eucarestia è anche “Pegno della gloria futura”. Nell’Ultima Cena il Signore ha fatto volgere lo sguardo dei suoi discepoli verso il compimento della Pasqua nel Regno di Dio: “Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel Regno del Padre mio” (Mt 26, 29). Ogni volta che la Chiesa celebra l’Eucarestia, ricorda questa promessa e il suo sguardo si volge verso “Colui che viene” (CCC 1403). L’Eucarestia è il pegno più sicuro e il segno più esplicito dei nuovi cieli e della terra nuova nei quali abiterà la giustizia (CCC 1405).
La festa di oggi ravvivi la nostra fede nell’Eucarestia: chiediamo il dono di desiderarla e di viverla con maggior fede, di non abituarci mai ad essa.
- Chi mangia di me vivrà per me...
Chi mangia la mia carne, beve il mio sangue, dice il Signore, dimora in me ed io in lui.
Proseguiamo oggi con il discorso di Giovanni, sono alcune domeniche, ormai, che Giovanni ci accompagna, è il cosiddetto discorso eucaristico del vangelo di Giovanni.
E oggi Gesù giunge al cuore della sua catechesi, sul pane di vita, giunge al massimo e fa una grande rivelazione: chi ha fede in lui, in Gesù, come inviato dal Padre, come messia, non solo crederà in lui, non solo professerà la fede in lui, ma si nutrirà di lui, mangerà il suo corpo, berrà il suo sangue.
E nell'antichità più o meno lontana, ci sono stati dei personaggi che insegnarono che Gesù pensava solo in termini simbolici, che non si trattava del vero suo corpo ma solo del pane che simboleggiava il corpo... del vino che "non è" suo sangue ma che "significa" suo sangue... Tutte queste teorie sono state sempre condannate perché Gesù parla molto chiaramente, usa i verbi "mangiare", "bere", gli stessi che venivano usati per mangiare, bere un pranzo o una cena.
E i discepoli, sentendolo parlare così, sentendo che dovranno mangiare il corpo del Maestro, bere il sangue di Gesù, sono rimasti perplessi, e non solo loro... Si sono quasi scandalizzati. Dicono: «come lui può darci il suo corpo (la sua carne) da mangiare? Probabilmente anche noi ci saremmo scandalizzati, se non avessimo l'esperienza di Cristo risorto, con il suo vero corpo, risorto. Ecco, ciò che il Signore vuole dirci oggi è quel suo antico ma mai spento desiderio, abitare in mezzo agli uomini che egli ama, di farsi, diventare, egli stesso cibo, non come la manna del deserto, il cibo per il cammino verso la pienezza della vita, che uomo può trovare solo in lui.
Il cuore dell'uomo deve essere aperto a Dio, al desiderio di Dio e non presuntuoso di sapere tutto e di saper fare tutto da solo. Solo colui che sente dentro di sé la fame di Dio, il desiderio di Dio, può essere invitato, può essere sfamato da lui. Domandiamoci: quante volte abbiamo cercato di costruire sulla nostra sapienza, come sono finite queste prove, questi tentativi? Che cosa abbiamo costruito? La Scrittura dice: «se il Signore non costruisce la casa invano vi faticano i costruttori» ... E Gesù ci ripete ancora: «chi mangia la mia carne, chi beve il mio sangue, dimora il me e in lui. Colui che mangia di me, vivrà per me...»
Domandiamo ora al Signore, perché la nostra vita testimoni sempre la verità di queste parole, che noi viviamo per lui, a causa di lui, e che insieme a tutti i cristiani sappiamo ricevere Gesù. E non solo nel pane eucaristico, ma riceverlo anche nel malato, nel bisognoso, nel povero, nel sofferente...
- Così Gesù si fa pane vivo nella «messa del mondo»
Io sono il pane vivo: Gesù è stato geniale a scegliere il pane. Il pane è una realtà santa, indica tutto ciò che fa vivere, e che l'uomo viva è la prima legge di Dio.
Che cosa andremo a fare domenica nelle nostre celebrazioni? Ad adorare il Corpo e Sangue del Signore? No. Oggi non è la festa dei tabernacoli aperti o delle pissidi dorate e di ciò che contengono.
Celebriamo Cristo che si dona, corpo spezzato e sangue versato? Non è esatto. La festa di oggi è ancora un passo avanti. Infatti che dono è quello che nessuno accoglie? Che regalo è se ti offro qualcosa e tu non lo gradisci e lo abbandoni in un angolo?
Oggi è la festa del prendete e mangiate, prendete e bevete, il dono preso, il pane mangiato. Come indica il Vangelo della festa che si struttura interamente attorno ad un verbo semplice e concreto "mangiare", ripetuto per sette volte e ribadito per altre tre insieme a "bere".
Gesù non sta parlando del sacramento dell'Eucaristia, ma del sacramento della sua esistenza, che diventa nostro pane vivo quando la prendiamo come misura, energia, seme, lievito della nostra umanità. Vuole che nelle nostre vene scorra il flusso caldo della sua vita, che nel cuore metta radici il suo coraggio, perché ci incamminiamo a vivere l'esistenza umana come l'ha vissuta lui.
Mangiare e bere la vita di Cristo non si limita alle celebrazioni liturgiche, ma si dissemina sul grande altare del pianeta, nella "messa sul mondo" (Theilard de Chardin). Io mangio e bevo la vita di Cristo quando cerco di assimilare il nocciolo vivo e appassionato della sua esistenza, quando mi prendo cura con combattiva tenerezza degli altri, del creato e anche di me stesso. Faccio mio il segreto di Cristo e allora trovo il segreto della vita.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Determinante è la piccola preposizione: "in". Che crea legame, intimità, unione, innesto, contiene "tutta la ricchezza del mistero: Cristo in voi" (Col 1,27). La ricchezza della fede è di una semplicità abbagliante: Cristo che vive in me, io che vivo in Lui. Il Verbo che ha preso carne nel grembo di Maria continua, ostinato, a incarnarsi in noi, ci fa tutti gravidi di Vangelo, incinti di luce.
Prendete, mangiate! Parole che ci sorprendono ogni volta, come una dichiarazione d'amore: "Io voglio stare nelle tue mani come dono, nella tua bocca come pane, nell'intimo tuo come sangue, farmi cellula, respiro, pensiero di te. Tua vita".
Qui è il miracolo, il batticuore, lo stupore: Dio in me, il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola, con la stessa vocazione: non andarcene da questo mondo senza essere diventati pezzo di pane buono per qualcuno.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
- Siamo convinti che più che dei beni materiali, che rischiano di soffocarci, necessitiamo del cibo che ci offre Cristo Gesù?
- Con il sacrificio della Messa Gesù ci invita ad imitarlo, sino a che punto siamo disposti a farlo?