Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - 3 giugno 2020

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  • mercoledì | 3 giugno 2020

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Lectio mercoledì 3 giugno 2020

 
Mercoledì della Nona Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
San Carlo Lwanga e Compagni

 
2 Lettera a Timoteo 1,1 - 3.6 - 12
Marco 12, 18 - 27  
 
 
1) Preghiera 
O Dio, che nel sangue dei martiri hai posto il seme di nuovi cristiani, concedi che il mistico campo della Chiesa, fecondato dal sacrificio di san Carlo Lwanga e dei suoi compagni, produca una messe sempre più abbondante, a gloria del tuo nome. 
 
I RE DELLA TERRA. Antioco assomiglia sinistramente al tiranno dell'Uganda. Entrambi abusano del loro potere, ritengono di poter disporre arbitrariamente dei loro sudditi, cercano di soffocare le voci che ricordano il dovere di dare a Cesare solo ciò che è di Cesare, perché solamente Dio va adorato. Alla fine, la fede trionfa sulle tirannie. La luce che si è cercato di nascondere sotto il moggio, risplende nella casa. 
LA CHIESA È RESPONSABILITÀ NOSTRA. Un giovane laico di vent'anni, dirigente della Chiesa in periodo di persecuzione: ecco una testimonianza per ricordarci che tutti i cristiani devono assumersi la loro parte di responsabilità nelle loro comunità. 
UN MARTIRIO ECUMENICO. Il popolo dei martiri è formato di anglicani e cattolici. Insieme, col loro sangue, testimoniano l'unità dei cristiani e ci esortano a lavorare più attivamente per essa.
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2) Lettura: 2 Lettera a Timoteo 1,1 - 3.6 - 12
Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio e secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesù, a Timòteo, figlio carissimo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro. Rendo grazie a Dio che io servo, come i miei antenati, con coscienza pura, ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno. Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. 
Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo, per il quale io sono stato costituito messaggero, apostolo e maestro.
È questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato.
 
3) Commento  su  2 Lettera a Timoteo  1,1 - 3.6 - 12
Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio e secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesù. (2 Tm 1,1) - Come vivere questa Parola?
Ecco l'autopresentazione di un uomo travolto dalla grazia e rinnovato alle radici! Paolo: un nome che significa "piccolo". Colui che ha dato organizzazione teologica alla fede cristiana porta un nome dichiarante la sua "piccolezza". 
Sì, chi si rapporta a Dio, se è sincero, riconosce la verità della propria pochezza che non è disistima di sé. Tutt'altro! È anzi riconoscere la preziosità dei doni: tutti però ricevuti da Dio non procurati da sé. Paolo si dichiara "apostolo di Cristo". Il termine "apostolos" deriva dal verbo greco "apostello" = "inviare" e dunque ne esprime bene la missione. 
L'apostolo rappresenta colui da cui è mandato e non è maggiore di Lui. Di più: Paolo non s'è inventato di "fare l'apostolo". Lo è diventato perché al centro del suo vivere c'è Dio; e ciò che lo orienta è ormai solo la Sua volontà. Cioè che annunzi una promessa di vita non di morte, di vita non di perdizione, di vita che dura; e dunque di una salvezza che dà senso a tutto: anche alle fatiche dei nostri giorni feriali.
Oggi, nel nostro rientro al cuore, invochiamo lo Spirito Santo perché aiuti a fare spazio in noi alla promessa: Io sono con voi sempre!
Ti preghiamo, Spirito Santo, Spirito di verità, fa' di noi una persona vera perché umile, una persona intenta a discernere e a compiere ciò che a Dio piace. Fa' di noi un apostolo, un "inviato" che rincuora gli sfiduciati con la promessa di vita.
Ecco le parole di una grande santa, Santa Caterina da Siena: Quando l'anima contempla il suo creatore e l'infinita bontà che trova in lui, non può non amarlo... Subito ama ciò che egli ama e odia ciò che egli odia, perché per amore egli ha rinunciato a se stesso.
 
• "Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza." - Come vivere questa Parola?
Il nostro tempo ha bisogno di testimoni più che di maestri” diceva quel grande Papa che è stato Paolo VI. E in effetti, se lasciamo agire in noi lo Spirito Santo che ci è stato dato, non può essere diversamente, Egli farà di noi dei testimoni, coma amava esortare San Paolo. "Non ci è stato dato uno Spirito di timidezza, ma di forza...", e questo stesso Spirito geme in noi, prega in noi e ci spinge, quale forza divina, ad annunciare, a proclamare la novità esaltante del Vangelo di Gesù.
Questa certezza è per noi motivo di grande coraggio. Di più, questo Spirito agisce in noi dal di dentro di noi, non dobbiamo fare altro che rientrare al centro del nostro essere abitato dall'Amore trinitario. Per la grazia del sacramento del battesimo, della riconciliazione, dell'Eucaristia, della confermazione (sacramenti dell'iniziazione cristiana) noi siamo 'dimora di questo "Spirito di forza, di amore e si saggezza".
Ecco perché non possiamo non testimoniare ciò che 'ci abita. San Paolo esorta Timoteo non solo a testimoniare ma anche a non vergognarsi e a non aver paura delle derisioni e delle sofferenze che l'essere testimoni provoca. Dio non farà mancare il suo aiuto al testimone! Egli sarà sempre "aiutato dalla forza di Dio". Addirittura, Dio dà la salvezza ("forza di Dio") non "in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia; grazia che ci è stata data in Cristo Gesù fin dall'eternità".
Oggi, nella nostra pausa contemplativa, ci collochiamo nella 'dimora del nostro cuore abitato', sintonizziamo il nostro respiro col battito del cuore, e ringraziamo la Trinità per questo suo insondabile mistero di amore di inabitazione. Preghiamo con umile amore: Trinità Santissima, che il tuo "Spirito di forza di amore e di saggezza" ci renda, ogni giorno di più, strumento docile e semplice della tua presenza lì dove io viviamo, che nulla in noi possa oscurare la tua luce, che ogni nostro gesto sia una teofania del tuo amore.
Ecco la preghiera di una mistica dei nostri tempi Itala Mela: Aiutami a camminare con i miei piccoli passi dietro di Te, gigante che si venuto impetuosamente verso di me, e se vedi che incespico prendimi fra le Tue braccia. Si, io non mi sentirò sicura che nel Tuo Cuore, Gesù!
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Marco 12, 18 - 27  
In quel tempo, vennero da Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 
Rispose loro Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”? Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore».
 
 
5) Riflessione  sul Vangelo secondo Marco 12, 18 - 27  
 •Ascoltando la domanda posta dai sadducei, ci rendiamo conto anche dei nostri errori di giudizio sulla vita di Dio e sull’aldilà. Spesso, nella meditazione di questi due argomenti, siamo stati abbandonati a noi stessi e in noi si è così formato in proposito un misto di credenza e di superstizione. I nostri moderni sadducei si chiamano sette, maghi, veggenti... Ci presentano un problema in modo tale che la sola soluzione possibile appare quella da loro proposta, quella che vogliono farci accettare. Così, si è spesso sentito fare un discorso del genere: “Se Dio è giusto e i malvagi non sono puniti in questa vita, è ovvio che dovranno tornare ad espiare i loro peccati in una nuova vita! Di qui la legittimità del credere nella reincarnazione”. 
L’ammettere un simile ragionamento mostra che ci limitiamo all’esteriorità e che non ci siamo preoccupati di aprire a Dio il nostro cuore e il nostro spirito, perché Dio possa avere in noi la sua santa dimora. È a questo aprirci a Dio nel mondo dei vivi e non in quello dei morti che ci invita l’episodio della vita di Gesù che abbiamo letto nel Vangelo di oggi. 
Dio dei viventi? La vita di Dio è amore, luce, verità. Dio non è il Dio astratto dei filosofi, ma è il Dio personale di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio di Gesù Cristo. Dio è Padre e ci chiama alla vita, poiché noi siamo dei “morti” viventi, a causa dei nostri peccati. 
E la sua giustizia? Chi sono io per giudicarla? Non farò meglio a dire, come Giobbe all’indomani delle sue prove: “Chi è colui che, senza aver scienza, può oscurare il tuo consiglio? Ho esposto dunque senza discernimento cose troppo superiori a me, che io non comprendo... Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono. Perciò mi ricredo e ne provo pentimento su polvere e cenere” (Gb 42,3-6).
 
? La vita oltre la vita.
La nostra visione dell'aldilà, per quanto illuminata dalla fede e dalla rivelazione, è ancora incerta e parziale: «Vediamo come attraverso un velo», più o meno spesso e siamo sempre tentati di ridurre le categorie soprannaturali a quelle terrene e umane. I sadducèi, che negavano la risurrezione, facendo riferimento alla legge antica, che stabiliva per i fratelli di un eventuale defunto di sposare la vedeva senza figli per garantire una discendenza, prospettano a Gesù il caso di sette fratelli che avevano sposato successivamente la stessa vedova. Pongono poi la domanda finale: «Quando risorgeranno (i sette fratelli), a chi di loro apparterà la donna?» Gesù rifiuta questa visione gretta della vita futura e denuncia «l'ignoranza delle scritture» e l'incomprensione «della potenza di Dio» da parte dei suoi interlocutori. Nell'altra vita saremo come gli angeli di Dio e Dio stesso sarà la fonte inesauribile ed eterna della nostra felicità. Il desiderio d'immortalità è innato in noi, conseguire l'obiettivo finale è il nostro primo scopo di vita.
 
Nelle comunità cristiane degli anni settanta, epoca in cui Marco scrive il suo vangelo, c’erano alcuni cristiani che, per non essere perseguitati, cercavano di conciliare il progetto di Gesù con il progetto dell’impero romano. Gli altri che resistevano all’impero erano perseguitati, accusati ed interrogati dalle autorità o dai vicini che si sentivano infastiditi dalla loro testimonianza. La descrizione dei conflitti di Gesù con le autorità era un aiuto molto grande per i cristiani, per non lasciarsi manipolare dall’ideologia dell’impero. Nel leggere questi episodi di conflitto di Gesù con le autorità, i cristiani perseguitati si animavano e prendevano coraggio per continuare il cammino.
 
•Marco 12,18-23. I sadducei. I sadducei erano un’élite aristocratica di latifondisti e commercianti. Erano conservatori. Non accettavano la fede nella risurrezione. In quel tempo, questa fede cominciava ad essere considerata dai farisei e dalla pietà popolare. Spingeva alla resistenza della gente contro il dominio sia dei romani che dei sacerdoti, degli anziani e dei sadducei stessi. Per i sadducei, il regno messianico era già presente nella situazione di benessere che stavano vivendo. Loro seguivano la cosiddetta “Teologia della Retribuzione” che distorceva la realtà. Secondo questa teologia, Dio retribuisce con ricchezza e benessere coloro che osservano la legge di Dio, e castiga con sofferenza e povertà coloro che praticano il male. Questo fa capire perché i sadducei non volevano cambiamenti. Volevano che la religione permanesse tale e quale era, immutabile come Dio stesso. Per questo non accettavano la fede nella risurrezione e nell’aiuto degli angeli, che sostenevano la lotta di coloro che cercavano mutamenti e liberazione.
 
•Marco 12,19-23. La domanda dei sadducei. Giungono da Gesù per criticare e ridicolizzare la fede nella risurrezione, raccontano il caso fittizio della donna che si sposò sette volte ed alla fine morì senza avere figli. La cosiddetta legge del levirato obbligava la vedova senza figli a sposarsi con il fratello del defunto marito. Il figlio che sarebbe nato da questo nuovo matrimonio era considerato figlio del defunto marito. E così costui avrebbe avuto una discendenza. Ma nel caso proposto dai sadducei, la donna, malgrado il fatto di aver avuto sette mariti, rimase senza marito. Loro chiedevano a Gesù: “Nella risurrezione, quando risorgeranno, a chi di loro apparterrà la donna? Poiché in sette l’hanno avuta come moglie!" Era per dire che credere nella risurrezione portava la persona ad accettare l’assurdo.
 
•Marco 12,24-27: La risposta di Gesù. Gesù risponde duramente: “Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio?” Gesù spiega che la condizione delle persone dopo la morte sarà totalmente diversa dalla condizione attuale. Dopo la morte non ci sarà matrimonio, ma tutti saranno come angeli in cielo. I sadducei immaginavano la vita in cielo come la vita qui sulla terra. E Gesù alla fine conclude: “Non è un Dio dei morti ma dei viventi! Voi siete in grande errore”. I discepoli e le discepole sono avvertiti: chi sta dal lato di questi sadducei starà dal lato opposto di Dio!
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6) Per un confronto personale
• Qual è oggi il senso della frase: “Dio non è un Dio dei morti, ma dei viventi!”?
• Credo anch’io la stessa cosa nella risurrezione? Cosa significa per me “credo nella risurrezione della carne e nella vita eterna”?