P. Giuseppe M. Leone

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I meravigliosi prodigi che operava P. Giuseppe Maria Leone,

sacerdote Redentorista, nel Monastero delle Benedettine di Eboli

di Paolo Sgroia

 

Nel Monastero Benedettino di Eboli vi è una cartella di ben 54 pagine, in cui vi sono riportati i prodigi operati dal Servo di Dio, P. Giuseppe M. Leone, sia nel monastero sia nella città della Piana del Sele.

La relazione dei fatti meravigliosi fu raccolta, nell’anno 1905, dal Primicerio della Collegiata di S. Maria della Pietà di Eboli, don Michele Paesano, e firmata oltre che da lui stesso anche da tutte le monache Benedettine che per vent’anni avevano assistito ai prodigi.

Il sacerdote nacque a Trinitapoli, provincia di Bari, il 23 maggio 1829, da Nicola e Rosa De Biase. Entrò nel seminario di Trani a 14 anni e a 20 nella Congregazione dei Redentoristi di S. Alfonso dei Liguori. Ordinato sacerdote il 31 dicembre 1850, sebbene non avesse potuto compiere studi regolari per la salute malferma, si distinse per la conoscenza delle Sacre Scritture e della Patristica.

Non poté andare in Missione, ma era sempre occupato negli esercizi spirituali a preti, a religiose, a seminaristi. Ricevette molti doni spirituali tra cui la scrutazione dei cuori, il dono della profezia e della bilocazione. Conversava con la vergine Maria con vera familiarità nelle continue apparizioni.

Con la soppressione degli Ordini religiosi, dopo la caduta del regno dei Borbone, P. Leone dovette ritornare a Trinitapoli a svolgere il suo ministero dal 1865 al 1880. Con la sua città natia condivise alcuni momenti drammatici come il colera del 1867. Poi ritornò ad Angri ed, il 10 marzo 1885, si diresse a Valle di Pompei per la novena di S. Giuseppe. Qui incontrò il Beato Bartolo Longo e divenne guida spirituale sia di lui sia della moglie, la contessa Marianna De Fusco, fino al giorno della sua morte, che avvenne ad Angri il 9 agosto 1903. Proprio Bartolo Longo di lui scriverà: “Per 18 anni continui ha diretto la mia anima e quella della compagna datami dal Signore…Egli ha avuto una parte segreta, ma efficacissima nel compimento del Santuario e nella fondazione dei nostri istituti di beneficenza…col consiglio di uomo retto, con la preghiera e con l’esempio ci ha illuminati nelle difficoltà, ci ha sostenuti nelle lotte, ci ha spinti a iniziare opere e movimenti per la maggior gloria di Maria. Il padre Leone non aveva sulla terra che due soli affetti: il Papa e il santuario di Pompei”.

Per questo motivo, il 10 novembre 1971, per volontà di mons. Aurelio Signora, Prelato di Pompei, le sue spoglie sono traslate a Pompei e collocate al fianco del Beato Bartolo Longo e della sua consorte. Il 17 dicembre 1983, infine, le spoglie del Servo di Dio sono tornate a Trinitapoli, nella sua città natia. La tomba si trova nella Collegiata di S. Stefano e precisamente nella Cappella del Santissimo, dove vi è anche un busto bronzeo che lo raffigura realizzato dallo scultore Alessandro Canizza.

Il Servo di Dio giunge a Eboli la prima volta, nel giugno 1882 per gli esercizi alle Benedettine. Vi ritornò per circa vent’anni di seguito, dimorando nella foresteria del monastero.

Da una relazione di don Michele Paesano, di seguito trasciveremo solo alcuni dei tanti prodigi operati da padre Leone; certamente in tanti li ignorano proprio perché avvenuti in un monastero di clausura e quindi di non dominio pubblico.

“Nell’anno 1886, ad Acerno, s’infermava a morte e riceveva gli ultimi Sacramenti M. Rosa Bove, sorella della Benedettina Maria Scolastica. La religiosa chiese a p. Leone una messa per il felice passaggio all’altra vita della sorella. Il padre Redentorista invece celebrò una messa di ringraziamento alla Madonna per la grazia ricevuta. Infatti la sorella della religiosa risanò del tutto”.

“Maria Crocifissa Vignola, Benedettina, di salute gracilissima nel 1894 si trovava agli estremi. Nel consulto tenuto da quattro medici fu dichiarata spacciata. Informato p. Leone così rispose alla lettera della Badessa: “Godo delle belle disposizioni di spirito in cui si trova M. Crocifissa, è così rassegnata che non desidera né vivere, né morire…Almeno che mi aspettasse fino ad ottobre che poi si risolverà. Adunque la benedico e desidero che non muoia per ora…” La religiosa dopo la preghiera di p. Leone si ristabilì e visse altri 10 anni”.

 “La conversa suor Luigia Ferrari di Olevano sul Tusciano, soffriva di ernia tanto che non poteva adempiere i suoi doveri. Con il permesso della Badessa un giorno si portò da p. Leone e gli chiese la grazia spirituale e corporale. Il padre la segnò con la croce e la licenziò. Dopo pochi giorni fu interamente guarita. Anche il medico curante restò meravigliato al trovarla interamente guarita”.

“Alla signora Caterina Alianelli che si rivolgeva al padre domandando preghiere per la sorella inferma, monaca benedettina in Eboli, il padre disse: “Non morirà ora, deve morire da Badessa”. Allora era una semplice suora. E così è avvenuto dopo parecchi anni”.

“Il signor Raffaele Visconti di Eboli, trovandosi il padre dalle Benedettine venne a confessarsi dal religioso. Questi lo accolse benignamente e fattolo sedere perché sofferente gli venne manifestando tutti i peccati che aveva commesso uno per uno fino ai più segreti pensieri. Pentito il Visconti ricevè l’assoluzione e fece la Comunione”.

“Il Senatore Antonio Giudice di Eboli era gravemente infermo e non pensava che era prossimo a morire. I parenti premurosi di farlo premunire dei sacramenti andarono da p. Leone dicendo che il Senatore desiderava vederlo. Il padre mentre si stava recando alla sua casa disse a chi lo accompagnava che il Giudice non lo voleva vedere, ma erano le donne a desiderarlo, ed infatti nelle vicinanze della casa andò loro incontro una parente dicendo che l’ammalato non lo voleva incontrare. P. Leone se ne ritornò al monastero e quando andò via da Eboli passando davanti alla sua casa lo benedisse; ed ecco che l’infermo si confessò e si munì dei Sacramenti”.

“Amalia Solfora dopo una tormentosa malattia seppe dai medici che una nuova gravidanza le sarebbe stata fatale. Incinta di nuovo nell’anno 1897 venne trovare p. Leone, al quale manifestò le sue preoccupazioni. Il sacerdote le disse: “Figliuola non temere. Abbiate fede nella clemenza divina di N. Signore G. C., pregate, pregate assiduamente, raccomandatevi a lui, che Egli vi salverà da ogni pericolo e vi farà partorire felicemente, vi benedico”. Partorì felicemente e alla bambina fu dato il nome di Giuseppina in segno di gratitudine. Trasferitosi a Marsiglia la piccola Giuseppina si ammalò di meningite. La madre saputo della morte di p. Leone ed avuto un lembo di veste l’oopose alla nuca della bambina, e tutta la notte pregò innanzi alla sua immagine. Al mattino la bimba era fuori pericolo ed in breve tempo guarì del tutto”.

“Francesco Cuozzo di Eboli era quasi impazzito: credeva tutti nemici, non riconosceva più i figli. Venne p. Leone a trovarlo e tutti temevano di farlo entrare nella stanza dell’infermo, perché questi era solito avventarsi a chiunque l’avvicinava. Il padre disse: Non avete timore, ed entrato, l’infermo non si mosse. Il padre lo benedisse,fece alcune preghiere e poi disse: Non temere, guarirai. Lo benedisse di nuovo e se ne andò. Da quel momento l’infermo acquistò la cognizione, volle vedere i figli e parenti e giorno dopo giorno si rimise, ed ora sta bene”.

Donna M. Francesca Sabini, l’ultima volta che si confessò il padre le disse: “E’ l’ultima assoluzione che ricevi da me, più non ci vediamo”. È così è avvenuto perché il p. Leone è morto senza più vedere M. Francesca.

Questi fatti meravigliosi sono appena alcune pagine della relazione del Can. Michele Paesano. Tanti prodigi mistici li abbiamo volontariamente tralasciati, perché possono essere fraintesi. Nel monastero sono ben conservati alcuni accessori di abbigliamento del Venerabile Redentorista.

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