Don Renato Rosso

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Intervista a don Renato Rosso, lo zingaro di Dio

di Raffaele Giordano

 

La nostra comunità, in questi giorni ha come ospite una persona molto speciale per l’opera che egli sta portando avanti da decenni, questa umile e mite persona si chiama don Renato Rosso il quale vive sin dal lontano 1972 con i nomadi di molteplici nazioni del mondo e per questo che viene chiamato lo “Zingaro di Dio”.

Don Renato dopo 12 anni vissuti con i rom del nord Piemonte e 8 anni trascorsi con le comunità rom del Brasile, dal 1992 trascorre la sua vita e dunque la sua missione tra gli zingari musulmani asiatici dell’India e del Bangladesh.

Un ospite speciale come don Renato non potevamo fare a meno di intervistarlo e chiedergli: Don Renato come mai ti trovi nella nostra comunità?

Mi trovo nella vostra comunità in compagnia di don Mario Riboldi, in quanto in India mi sono ammalato di una terribile forma di malaria, quella cerebrale, che mi ha portato fino al coma, in questi giorni sto trascorrendo un periodo di convalescenza e riposo, in attesa di ritornare in Asia.

Da quanto tempo ti occupi dei rom ?

Dal 1972, quando da giovane sacerdote mi aggregai a don Mario Riboldi, e con lui rimasi per 1 anno e mezzo, (ora il mio posto l’ha preso padre Massimo) da allora sono 33 anni che vivo con i rom.

In Italia ho operato soprattutto nell’evangelizzazione e socializzazione del popolo rom, in Brasile ho operato in villaggi di tende avviandoli alla preparazione dei sacramenti, mentre in Bangladesh, ed in India dove le religioni predominanti sono quelle musulmane ed indù, ho evidenziato in quei luoghi la presenza della Chiesa Cristiana, in quanto in quei paesi chi tradisce la propria religione paga con la vita, malgrado ciò sto cercando quantomeno di insegnare ai musulmani ed agli indù di voler bene ai cristiani e viceversa.

In India ed in Bangladesh come trascorri le tue giornate? Cosa significa per te “evangelizzare” i musulmani rom asiatici?

Le mie giornate sono intense, ultimamente ho avviato delle scuole mobili, dove gli insegnanti vivono con la comunità rom, spostandosi con loro sia in una tenda che in una barca sul fiume Gange, con queste scuole si dà l’opportunità sacrosanta ad ogni comunità di rom di non rinnegare la loro società, storia e  modo di vivere, avendo affiancato loro degli insegnanti di appoggio che si spostano con loro in ogni località che scelgono.

Per quanto attiene alla seconda domanda che mi hai posto, se io riesco ad aiutare qualche musulmano o qualche indù ad essere più misericordioso, meno violento, ad amare di più il suo prossimo, a rispettare i diritti degli altri, specialmente quelli delle donne e dei bambini, ecco tutto questo io lo chiamo evangelizzare; io non sono stato mandato in India ed in Bangladesh da un’organizzazione umanitaria o filantropica ma da Gesù Cristo, questa è una grande differenza, la mia  antropologia è cristiana, ed ho un modello di uomo che è Gesù, e cerco di aiutare me stesso e qualcun altro ad essere più uomo.

Se qualcuno mi domanda se converto qualcuno, io rispondo che cerco di convertire tutti i musulmani ed indù che avvicino, cercando di convertirli tutti i giorni ad essere musulmani ed indù migliori, condividendo con loro i propri stili di vita, testimoniando che Dio li ama e pregando per loro e in loro nome. Poi vi sono le emergenze sanitarie, dove non intervengo in modo diretto ma attraverso delle organizzazioni sociali ed umanitarie, nelle quali vi sono dei medici  che volontariamente per 6 mesi all’anno aiutano queste comunità organizzando degli ospedali da campo in cui vengono curate molte malattie, e compiuti  circa 600 interventi chirurgici. Certo è questa una pastorale incompleta ma è l’unica che esiste in quei luoghi.

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