XXVIII Domenica

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SPUNTI DI RIFLESSIONE

 

10 OTTOBRE 2010 - XXVIII DOMENICA DEL T. O. (ANNO C)

 

SANTA MESSA CON MANDATO RESPONSABILI FORMAZIONE E SERVIZIO

 

 Il Vangelo

 

VANGELO (Lc 17,11-19)

Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero.

 

+ Dal Vangelo secondo Luca

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».                                            Parola del Signore

 

Introduzione

 

Cari ragazzi, oggi, ad occupare i primi banchi della nostra chiesa, sono alcune persone adulte. Come ogni anno, infatti, i responsabili dei Gruppi di Formazione e degli Organismi Pastorali di Servizio della nostra Comunità Parrocchiale rinnoveranno, davanti al Signore, il loro impegno a lavorare con responsabilità nei diversi settori che rappresentano, settori che sono quotidianamente al servizio degli altri.

La nostra Comunità Parrocchiale, infatti, si fonda su quattro pilastri molto importanti che spesso ho ripetuto agli adulti e qualche volta anche a voi bambini: PREGHIERA-FORMAZIONE-SERVIZIO-CONVIVIALITÀ. I sacerdoti, i Responsabili dei Gruppi di Formazione e degli Organismi Pastorali di Servizio sono persone che, forti della PREGHIERA, ci fanno comprendere, rispettando la nostra libertà, le nostre attitudini per metterci al SERVIZIO degli altri in un clima di vera CONVIVIALITÀ e attraverso una costante FORMAZIONE spirituale che ci aiuta a crescere e a diventare persone mature.

 

Spunti per l’omelia

 

Nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato, l'evangelista Luca ci racconta quello che accade durante il viaggio che Gesù sta facendo verso Gerusalemme. I suoi discepoli lo accompagnano ed insieme sono ormai giunti nel territorio della Samaria. Stanno per entrare in un villaggio, quando un gruppo di 10 lebbrosi va incontro al Maestro di Nazareth. Dieci lebbrosi, dice il Vangelo: ma sappiamo tutti che cos'è la lebbra? È una malattia contagiosa, che fa paura perché colpisce anche la pelle e la fa cadere a pezzi, come quando si stacca un pezzo di pane. Ormai, in Italia, nessuno si ammala più di lebbra, ma in Asia e in Africa è ancora molto facile che ci siano dei lebbrosi, specialmente nei Paesi più poveri. Al tempo di Gesù c'erano tanti lebbrosi, anche perché non si conosceva un modo per poter curare chi si ammalava. Per cui, quando qualcuno era colpito da questa malattia, veniva fatto allontanare dalla città, per non contagiare tutti. Doveva restare lontano e, se guariva, doveva andare a presentarsi al sacerdote del tempio, il solo che poteva dichiarare: sì, veramente questa persona è guarita e può tornare alla sua vita di sempre.

I 10 lebbrosi che cercano Gesù probabilmente stavano insieme per aiutarsi tra di loro. Sentono dire in giro che arriva il Maestro di Nazareth e desiderano tanto parlargli, per chiedergli di guarirli. Ma non possono entrare in città, così lo aspettano fuori, si fermano un po' lontani e cominciano a gridare: "Gesù Maestro, abbi pietà di noi!" Perché gli chiedono questo? Perché all’epoca la lebbra veniva considerata castigo di Dio per i peccati commessi e probabilmente loro si sentivano bisognosi di ritornare a Dio, di essere purificati così da guarire! E chiedono di essere perdonati da Gesù, il quale comanda loro di andare dai sacerdoti.

Appena li vede, Gesù capisce che cosa desiderano da lui e, prima ancora che i lebbrosi aggiungano altre parole, li invita ad andare a presentarsi ai sacerdoti. I 10 lebbrosi si fidano della sua parola e si avviano per la strada. Questo è molto, molto bello! Perché ancora non c'è stato nessun miracolo, non c'è stata nessuna guarigione: i 10 sono ancora lebbrosi proprio come quando hanno cominciato a invocare il nome di Gesù! Potrebbero dire: ma che ci andiamo a fare fino al tempio, dal momento che siamo ancora malati?! E invece partono subito, si fidano di Gesù: se il Maestro ha detto loro di andare dai sacerdoti, la guarigione avverrà e quindi si mettono in cammino. E così accade: "E mentre essi andavano, furono sanati". È la loro fede che rende possibile il miracolo. Mentre vanno, strada facendo, guariscono. Immaginiamo la loro gioia! Finalmente sono di nuovo sani, finalmente sono liberi di tornare a casa loro, alla loro vita di prima! Non vedono l'ora di arrivare dai sacerdoti, per poter poi correre a casa, dai loro cari! Guariti e contenti, continuano la loro strada verso il tempio. Non tutti, però. Uno di loro, uno solo, si comporta diversamente. Quando si accorge di essere guarito, torna indietro, torna da Gesù. Andrà dopo dai sacerdoti, andrà dopo a far dichiarare ufficialmente che è guarito: prima, subito, vuole dire grazie al Maestro che gli ha ridonato la salute. E infatti percorre la strada del ritorno cantando di gioia e lodando il Signore Dio. Quando arriva da Gesù, si getta ai suoi piedi e comincia a ringraziarlo. Che strano: 10 guariti e uno solo dice grazie! Di tutti i 10 lebbrosi, l'unico che torna a ringraziare è un samaritano, uno straniero. Anche Gesù si stupisce e lo dice forte: "Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?" Certamente Gesù è contento che quel samaritano guarito si mostri riconoscente e proprio per questo gli fa un dono ancora più grande della salute che ha appena ritrovato. Lo guarda e gli dice: "Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato!" Non dice più "guarito", il Signore Gesù: dice che questo samaritano ora è salvato! Non sta parlando più del corpo, ma dell'anima! Vedete, abbiamo detto che la lebbra è una malattia brutta, bruttissima. Fa un po' impressione guardare una persona lebbrosa. Ma l'ingratitudine, il non saper dire grazie, è una malattia ancora più brutta e più triste.

Per comprendere meglio, facciamo un esempio che ci semplifichi il discorso. Sicuramente vi è capitato di fare un regalo, così come di riceverne. O ancora, di prestare qualcosa ad un compagno, amico, che so, una matita, magari del vostro colore preferito! Quando si impresta o regala qualcosa ad una persona cara, c’è una sorta di attesa, vero? Dentro di noi cominciamo a chiederci: gli piacerà, andrà bene per lui? Vogliamo, insomma sapere se siamo riusciti a farlo contento! Da cosa ci accorgiamo se siamo riusciti nel nostro intento? Beh, dall’espressione del viso, da come tocca, guarda l’oggetto ricevuto e soprattutto se guardandoci ci dice: “Grazie!”. Mentre quando siamo noi a ricevere un dono, non vediamo l’ora di abbracciare quella persona, la nostra gioia vogliamo mostragliela e nel nostro cuore nasce il desiderio di dire “Grazie!”. Ringraziare o ricevere un ringraziamento nasce da un movimento del cuore verso chi ci ha reso contento. Vogliamo così comunicare che proprio lui o lei mi ha reso felice con il suo dono. Quando invece riceviamo un ringraziamento, ci aiuta a conoscere meglio l’altro e ad avere la conferma di aver fatto cosa gradita all’amico e di essere importanti per lui! E a Gesù, cosa è successo? Che solo una persona ha sentito nel suo cuore il desiderio di ringraziarlo e così dirgli che in Lui aveva riconosciuto il Suo salvatore, Colui che gli aveva donato una nuova vita! E gli altri? Hanno preso il dono, ma non hanno manifestato la loro gioia, forse perché hanno dato più importanza al dono ricevuto che alla persona che glielo ha fatto! Perdendo così l’occasione di conoscere e farsi conoscere meglio da Gesù!

Spesso può capitare di non riuscire a dire alcune parole che farebbero tanto bene sia a chi le dice che a chi le ascolta. Chi mi aiuta a scoprire queste parole?

 

Un bambino porta all’altare un vocabolario. In corrispondenza di tre segnalibri ci sono tre parole delle quali legge il commento:

Scusa:        Scusarsi significa riconoscere di avere sbagliato, di avere ferito, offeso. Chiedere scusa è una questione di giustizia. Le scuse si possono rifiutare ma è un segno di grande maturità accettarle.

 

Perdono:   Il perdono è un'altra cosa, significa "non tenere conto" dell'offesa ricevuta. Dovremmo sempre saper chiedere scusa e se ci teniamo alla persona, domandarne anche il perdono.

 

Grazie:       Bisogna anche saper dire grazie per le scuse accettate, per il perdono accordato. Ringraziare o ricevere un ringraziamento nasce da un movimento del cuore verso chi ci ha reso contenti.

Dei 10 lebbrosi che Gesù incontra lungo la strada, tutti chiedono perdono e quindi sono guariti dalla lebbra, ma 9 di loro restano con il cuore buio, con il cuore pesante, il cuore di chi non sa dire grazie. Il Vangelo di questa domenica ci rivela che anche il Signore Gesù si dispiace quando si accorge che di fronte al regalo enorme di riavere la salute, nove persone non tornano neppure a dire grazie. Non so cosa ne pensate voi, ma a me piace sapere che possiamo somigliare a Dio in questo desiderio di incontrare la gratitudine delle persone che abbiamo intorno! Per una volta c'è un modo di assomigliare a Dio che non è difficile, anzi, ci viene naturale! Per Dio, così come per noi, è bellissimo sentirsi dire grazie! Lo facciamo, di solito? Se ancora non lo facciamo, cominciamo da questa settimana, imparando dal samaritano riconoscente. E sapendo che ogni nostro grazie al Padre Buono, lo rende felice! Questo è ciò che Gesù vuole da noi, da ciascuno di noi: piccoli e grandi. Questo è quello che i responsabili dei Gruppi di Formazione e degli Organismi Pastorali di Servizio si sforzano di fare ogni giorno attraverso il loro impegno.

 

 

Preghiera finale

 

Grazie, Gesù,

per la mia Comunità Parrocchiale.
Grazie per i nostri educatori
che sono i nostri amici più grandi.
Benedicili per il tempo
che trascorrono con noi
aiutandoci a diventare più amici
tra noi e con te.

Grazie per gli amici del mio gruppo

e per quelli che incontro ogni giorno sul cammino.
Aiutaci tu a stare insieme
come piace a te.
Aiutaci a non rattristare nessuno,
ma ad accogliere tutti con gioia.
Grazie, Gesù,
perché nella nostra parrocchia
ci sei anche tu e ci chiami
ad essere tuoi amici.

 

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