XXVII Domenica

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SPUNTI DI RIFLESSIONE

 

3 OTTOBRE 2010 - XXVII DOMENICA DEL T. O. (ANNO C)

 

 

VANGELO (Lc 17,5-10)

Se aveste fede!

 

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Parola del Signore

 

Spunti per l’omelia

 

Cari ragazzi, questa mattina devo confidarvi che sono molto emozionato!

Il motivo è molto semplice. Ieri, verso le 15.00 il piazzale della nostra parrocchia ha cominciato a riempirsi e, quello che poteva sembrare un sabato come gli altri, era in realtà un’occasione imperdibile. Mi dite voi il perché?

Ebbene si, ragazzi, il tanto atteso anno catechistico è ricominciato e con esso anche l’animazione, i laboratori e la Santa Messa tutta dedicata a voi più piccoli. E ditemi, questo non è un buon motivo per essere emozionati?

Tanti sono i motivi che ci spingono ad essere contenti per questo nuovo anno catechistico appena iniziato. Tante sono le novità che vi attendono e che scoprirete lungo il vostro percorso. Una cosa è certa: non vi annoierete anzi, non ci annoieremo! La nostra più grande gioia sarà vedervi percorrere, insieme con noi, questo cammino. Ma sapete che cosa serve per camminare spediti? C’è bisogno, in primo luogo, di indossare delle scarpe comode. A proposito di scarpe, chi mi aiuta con il primo simbolo di oggi?

 

Due bambini  portano all’altare, rispettivamente, un paio di scarpe da ginnastica e uno sgabello e leggono l commenti attaccati su di essi.

 

Scarpe da ginnastica: Mettersi in cammino non è sempre facile: si trovano ostacoli, difficoltà, mille scuse per fermarsi e tornare indietro. Bisogna scoprire che si può insistere nell'andare avanti, a qualunque costo pur di andare incontro al Signore che si fa prossimo. Scoprire che chi si fida e affida al Signore non ha più paura.

 

Sgabello: Nel Vangelo, Gesù incita i suoi discepoli ad abbandonarsi a lui con fiducia, come servi umili ed obbedienti. L’obbedienza nasce dall’ascolto, mantenuto vivo dalla preghiera e dalla contemplazione della Parola di Dio, che aiutano a rileggere gli avvenimenti della vita alla luce della fede.

 

Attraverso questi due simboli vogliamo mettere in evidenza due aspetti fondamentali della vita di ognuno di noi: il cammino e il riposo; il servizio e la preghiera; la vita attiva e quella contemplativa. Si tratta di due facce della stessa medaglia che acquistano significato solo se presenti entrambe nella vita di fede di un cristiano. Oggi Gesù vuole insegnarci che per ottenere il dono della fede bisogna chiederlo e lavorare intensamente per ottenerlo. Dunque, quello della fiducia è il dono che chiediamo a Gesù prima di iniziare questo cammino. Così come fanno gli Apostoli nel Vangelo di questa domenica. Essi si rendono conto di dover aumentare la forza della propria fede. Di fronte a quello che Gesù continua a proporre loro, spontaneamente gli Apostoli supplicano: - Va bene, d'accordo, ti seguiamo! Ma fai crescere in noi la fede, falla aumentare, moltiplicala! La reazione del Maestro Gesù è di quelle che spiazzano, come suo solito: "Se aveste fede quanto un granello di senape …" Oh, che pazienza che ci vuole con questo Rabbi! Quei poveri Apostoli, già abbastanza confusi perché si sentono fragili e impreparati di fronte all'annuncio del Vangelo, chiedono di vedere accrescere la loro fede e per tutta risposta, ecco che il Maestro e Signore fa un paragone che sembra racchiudere un rimprovero. Perché in effetti Gesù sta dicendo che non serve aumentare la fede, gonfiarla, ingigantirla: di fede, se è fede vera, autentica, ne basta pochissima. Ne basta quanto un granello di senape. Ne avete mai visto uno? Di solito noi la senape la conosciamo già trasformata in salsa, in una crema giallo intenso e scuro, difficilmente ci capita di vedere la pianta o i semi. Ebbene, quella salsa un pochino piccante si ottiene partendo da semi piccoli piccoli, più piccoli del pepe. Semini così piccoletti che, tenendone uno tra le dita, quasi non ci si fa caso. Perciò il Maestro Gesù, con il suo paragone, suggerisce che bastano poche briciole di fede per imprese straordinarie, spiega che sono sufficienti piccoli granelli di fede per compiere miracoli.

Però l'essere piccolo, non è l'unica caratteristica del seme di senape: quel granellino ha dentro un gusto, un sapore veramente forte e deciso, al punto che non bisogna esagerare nell'usarlo, altrimenti tutto diventa troppo piccante. Non credo sia un caso la scelta di Gesù di usare come paragone per la fede proprio il seme di senape: non solo per le sue piccole dimensioni, ma anche per il suo sapore, piccante e pungente. Alla fin fine, della fede, non conta tanto la dimensione o la quantità, quanto il sapore che la fede stessa dà alla nostra vita. La rende saporita? La nostra giornata ha un gusto speciale grazie alla fede che abita in noi? Chi ci incontra, avverte subito, "al primo assaggio" il sapore della fede che portiamo dentro? Lo riconosce facilmente? Le altre salse, rispetto alla senape, sembrano tutte un po' insipide, mentre quel gusto piccantino predomina, si fa sentire intensamente: è così anche per la nostra fede? Il gusto della fede è quello più forte, nella nostra esistenza?

Effettivamente credere, avere fede, non dovrebbe essere particolarmente complicato, perché la nostra natura umana è già di per sé disposta alla fede. Continuamente, anche senza rendercene conto, compiamo atti di fede. Per esempio, quando da piccoli abbiamo imparato a camminare, siamo caduti centinaia di volte, mentre cercavamo di bilanciarci sulle nostre gambette, quando provavamo a rimanere in piedi e a spostare un piede dopo l'altro. Certo, cadevamo, ma i nostri genitori e noi stessi abbiamo sempre avuto fiducia nella possibilità di camminare. Nessuno dei nostri parenti, vedendoci finire con il culetto per terra, ha esclamato: "Questo bambino non camminerà mai!". Figuriamoci! Ci sarà stata una risata, magari una mano tesa per aiutarci a tornare in piedi e poi ci abbiamo provato ancora, e ancora e ancora. Perché ci abbiamo provato ancora? Perché credevamo che era possibile riuscire. Era un atto di fede. Nelle azioni che compiamo tutti i giorni c'è sempre un fondo di fiducia, che è un piccolo atto di fede. Quando facciamo la spesa, abbiamo fiducia che il pane che stiamo acquistando non è avvelenato. Quando prendiamo l'aereo, abbiamo fiducia che il pilota sappia pilotare e ci porterà a destinazione. Molto semplicemente, quando chiediamo: "Che ore sono?", crediamo che non ci rispondano con una menzogna, ma ci dicano esattamente l'ora segnata dagli orologi. In fin dei conti, anche quando qualcuno ci dice: "Ti voglio bene!" dentro di noi compiamo un atto di fede: gli crediamo. Allora veramente può bastare un granellino di fede piccolo come il seme di senape per far fiorire la capacità di credere che già abbiamo dentro.

Ma la pagina di Vangelo di oggi ha un brusco cambio di direzione, perché Gesù, dopo aver parlato dei miracoli che la fede può compiere, comincia a raccontare una parabola, quella del servo che rientra dal lavoro in campagna e del padrone che si aspetta di essere servito a puntino, prima di lasciare il servo libero di andare a riposare. Allora ci chiediamo: Come mai, dopo averci parlato di fede, il Signore Gesù ci invita a ricordare che siamo soltanto servi e servi inutili per giunta ? Forse per metterci in guardia da un rischio che corrono le persone che vivono da credenti. Qualche volta, non so se a voi è mai capitato, c'è la sottile tentazione di avere delle pretese nei confronti di Dio. Dopotutto, ci comportiamo bene, non trasgrediamo i comandamenti, andiamo a Messa, al catechismo, in oratorio … Magari diciamo anche le preghiere ogni giorno. Può darsi che ci sforziamo persino di ricordare il Vangelo nel corso della settimana. Crediamo, crediamo con fede. Ci fidiamo di Dio, della sua Parola, e cerchiamo di comportarci secondo il suo cuore. Quindi, noi che crediamo, noi che abbiamo fede, potremmo avere anche il diritto di ottenere qualcosa in cambio!

Possiamo pensare: - Ho fatto tutto quello che dovevo fare, adesso mi merito una ricompensa! Per esempio un miracolo, un miracolo anche piccolo. Che vada bene un'interrogazione. Che la maestra non mi chiami proprio quel giorno. Che riesca a segnare un bel goal. Che l'insegnante di danza mi scelga per fare la solista. Insomma, Dio, io faccio il bravo, ora tocca a te. Mi devi accontentare. Devi fare quello che voglio io. Attenzione: possiamo sempre aprire il cuore al Padre Buono, rivelargli i nostri desideri, i nostri timori, le nostre speranze … questo è giusto, giustissimo! Il pericolo è che da semplici richieste, divengano pretese.

 

Storiella - Il miracolo

 

Questa è la storia vera di una bambina di otto anni che sapeva che l'amore può fare meraviglie. Il suo fratellino era molto malato. I suoi genitori erano poveri, ma avevano fatto di tutto per salvarlo, spendendo tutti i loro risparmi.  Una sera, il papà disse alla mamma in lacrime: "Non ce la facciamo più, cara. Credo sia finita. Solo un miracolo potrebbe salvarlo".  La piccola, con il fiato sospeso, in un angolo della stanza aveva sentito. Corse nella sua stanza, ruppe il salvadanaio e, senza far rumore, si diresse alla farmacia più vicina. Attese pazientemente il suo turno. Si avvicinò al bancone, si alzò sulla punta dei piedi e, davanti al farmacista meravigliato, posò sul banco tutte le monete. "Per cos'è? Che cosa vuoi piccola?". "È per il mio fratellino, signor farmacista. È molto malato e io sono venuta a comprare un miracolo". "Che cosa dici?" borbottò il farmacista. "Si chiama Andrea, e ha una cosa che gli cresce dentro la testa, e papà ha detto alla mamma che è finita, non c'è più niente da fare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Vede, io voglio tanto bene al mio fratellino, per questo ho preso tutti i miei soldi e sono venuta a comperare un miracolo". Il farmacista accennò un sorriso triste. "Piccola mia, noi qui non vendiamo miracoli". "Ma se non bastano questi soldi posso darmi da fare per trovarne ancora. Quanto costa un miracolo?". C'era nella farmacia un uomo alto ed elegante, dall'aria molto seria, che sembrava interessato alla strana conversazione. Il farmacista allargò le braccia mortificato. La bambina, con le lacrime agli occhi, cominciò a recuperare le sue monetine. L'uomo si avvicinò a lei. "Perché piangi, piccola? Che cosa ti succede?". "Il signor farmacista non vuole vendermi un miracolo e neanche dirmi quanto costa…. È per il mio fratellino Andrea che è molto malato. Mamma dice che ci vorrebbe un'operazione, ma papà dice che costa troppo e non possiamo pagare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Per questo ho portato tutto quello che ho". "Quanto hai?". "Un dollaro e undici centesimi…. Ma, sapete…." Aggiunse con un filo di voce, "posso trovare ancora qualcosa …”. L'uomo sorrise "Guarda, non credo sia necessario. Un dollaro e undici centesimi è esattamente il prezzo di un miracolo per il tuo fratellino!". Con una mano raccolse la piccola somma e con l'altra prese dolcemente la manina della bambina. "Portami a casa tua, piccola. Voglio vedere il tuo pratellino e anche il tuo papà e la tua mamma e vedere con loro se possiamo trovare il piccolo miracolo di cui avete bisogno". Il signore alto ed elegante e la bambina uscirono tenendosi per mano. Quell'uomo era il professor Carlton Armstrong, uno dei più grandi neurochirurghi del mondo. Operò il piccolo Andrea, che potè tornare a casa qualche settimana dopo completamente guarito. "Questa operazione" mormorò la mamma "è un vero miracolo. Mi chiedo quanto sia costata…". La sorellina sorrise senza dire niente. Lei sapeva quanto era costato il miracolo: un dollaro e undici centesimi…. più, naturalmente l'amore e la fede di una bambina.

 

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