IX Tempo Ordinario

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SPUNTI DI RIFLESSIONE

 

6 MARZO 2010 - IX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

 

VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 7, 21-27)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.

In quel giorno molti mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi? Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità!”.

Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.

Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».        Parola di Dio

 

SPUNTI PER L’OMELIA

 

Cari ragazzi, stamattina c’è freddo, abbastanza da farci aspettare ancora più ansiosi, l’arrivo della primavera e, ancora di più, del calduccio estivo! Siete d’accordo? Ed è proprio ripensando alle giornate trascorse al mare che mi viene alla mente il bellissimo, e sempre attuale, gioco dei castelli di sabbia. Ne avete mai costruito uno? È un passatempo che appassiona sia i piccoli che i grandi. Infatti ci sono diverse città in Italia dove d'estate si tengono gare di sculture con la sabbia, fatte da persone adulte. Vedeste che opere interessanti vengono fuori!

Ma noi ci divertiamo anche a fare i castelli con molta semplicità. Riempiamo il secchiello di sabbia umida ben pressata e poi lo capovolgiamo, per fare le torri. Con la sabbia umida stretta tra le mani facciamo i muretti, a volte intervallati dagli steccati, costruiti con i legnetti del ghiacciolo. Se poi si fa scivolare la sabbia molto bagnata dalla punta delle dita, vengono fuori delle decorazioni davvero originali!

C'è solo un dispiacere quando si fanno i castelli di sabbia: basta poco, pochissimo, per distruggerli! Un'onda che si spinge un po' più avanti, subito mangia via un pezzo della nostra costruzione! Oppure il piede di qualcuno che cammina distratto, atterra completamente una bella torre. Se poi si mette a piovere, dopo una mezz'ora di pioggia non resta più traccia del nostro castello.

Non so se Gesù, da piccolo, abbia giocato a fare i castelli di sabbia, però nel Vangelo di oggi racconta una parabola che mi ha fatto subito venire in mente i giochi sulla spiaggia.

Il Maestro sta facendo un discorso molto serio e usa una parabola per farsi capire meglio. Racconta di due uomini: un uomo saggio, assennato, con la testa sulle spalle, che per costruire la sua casa sceglie di mettere le fondamenta nella roccia salda. Ci vuole fatica per piantare i pilastri nella roccia: bisogna usare il piccone, lavorare duro, per giorni e con impegno. L'altro uomo della parabola non ha voglia di fare troppa fatica, e si mette a costruire la sua casa sulla sabbia, dove scavare è facile e veloce. A me piace molto questo racconto di Gesù, anche per il modo in cui descrive le due scene. Sono praticamente identiche: su entrambe le case cade la pioggia, i fiumi inondano dappertutto, i venti soffiano forte, e tutte queste forze della natura vanno a scagliarsi sulle due casette che sono state costruite da poco. Però a questo punto della parabola, capitano due cose diverse: la casa costruita sulla roccia resta in piedi, non crolla, resiste alla pioggia, al vento, alla corrente dei fiumi che la circondano. Quando torna il sole e il sereno, la casetta è ancora lì, piccola, ma salda. Ha tenuto al sicuro i suoi abitanti, perché le sue fondamenta erano profonde, scavate nella roccia. Invece, la povera casina costruita sulla sabbia, è simile ai castelli che costruiamo d'estate in spiaggia! Appena arrivano la pioggia, il vento, la violenza del fiume in piena, la casa crolla, si sbriciola. Come dice Gesù: "la sua rovina fu grande", cioè è ridotta così male che non si riesce neppure a riparare. È completamente distrutta.

Ma perché il Signore racconta questa parabola?

Sta parlando ai discepoli e spiega che non basta invocare il nome di Dio, non basta dire che si ama il Signore: quello che conta veramente è mettere in pratica quello che Lui ci insegna. Solo chi mette in pratica le sue parole, costruisce sulla roccia.

Però, anche se è vero che Gesù sta parlando ai discepoli, è altrettanto vero che sta parlando a noi, proprio qui e oggi, 6 marzo 2011! Se siamo qui adesso, tutti insieme, è perché vorremmo sapere che cosa Gesù ha ancora da dirci dopo tanti secoli.

Dunque, dopo aver ascoltato le sue parole del Vangelo, abbiamo già capito a quale dei due uomini assomigliamo? A chi costruisce sulla roccia o a chi costruisce sulla sabbia?

C'è un modo per saperlo e ce lo rivela lo stesso Gesù: costruisce la sua casa sulla roccia chi ascolta le parole del Maestro "e le mette in pratica". Mentre costruisce sulla sabbia chi ascolta le parole del Maestro, ma "non le mette in pratica". La differenza sta tutta qui: far diventare vita le parole del Signore che abbiamo ascoltato, oppure dimenticarcene, fare come se non le avessimo mai ascoltate.

Non basta venire a Messa la domenica, non basta leggere il Vangelo, non basta dire le preghiere: sono cose importanti, certamente, ma da sole non bastano. Da sole, sono come la casa costruita sulla sabbia. A vederla è una casetta anche carina, ma non appena arriva qualche difficoltà, finisce con il crollare. Costruiamo sulla sabbia quando ascoltiamo sì, la parola di Gesù, ma poi ci lasciamo prendere dallo scoraggiamento e dalla pigrizia; magari facciamo finta di non vedere chi ha bisogno del nostro aiuto. Quando siamo sgarbati, musoni, antipatici. Quando ci prendiamo gusto a fare scherzi cattivi, abbiamo voglia di litigare e fare arrabbiare gli altri. Allora dentro di noi cresce l'amarezza e basta una piccola difficoltà per farci sbriciolare, come un castello di sabbia.

Invece, per costruire sulla roccia bisogna mettere in pratica il Vangelo. Come si fa? Sono piccole cose di ogni giorno, da vivere con fedeltà, senza stancarsi …. ed il segreto per essere costanti in questo è avere la speranza che possiamo essere come Gesù, che anche noi possiamo portare la felicità nella vita degli altri, che anche noi, proprio come Lui, possiamo diffondere la sua Parola semplicemente mettendola in pratica! Fare bene i nostri compiti, senza stare a brontolare; essere pronti a fare un servizio, una gentilezza, senza farci pregare; condividere con gli altri quello che abbiamo e quello che sappiamo fare; avere parole buone e serene verso tutti; non prendere in giro nessuno, non fare dispetti; magari aiutare chi è arrabbiato a fare la pace, a tornare allegro; non maltrattare nessuno ed essere invece attenti a chi resta sempre da solo, sempre da parte. Bastano cose piccole come queste, per vivere il Vangelo giorno dopo giorno. Ed è così che costruiamo la nostra casa sopra la roccia.

Nella settimana che ci sta davanti vogliamo provare a diventare tutti dei costruttori di case sulla roccia? Ogni mattina proviamo a pensare a una cosa sola: che vogliamo vivere bene la nostra giornata mettendoci a disposizione degli altri. Sono sicuro che sarete più bravi di me nel trovare ogni giorno una piccola cosa da vivere, per mettere ben bene nella roccia le fondamenta della nostra casa. Se cominciamo subito e continuiamo ogni giorno della nostra vita, possono arrivare le piogge della tristezza, il vento della sofferenza, la corrente del fiume del dolore e della rabbia, ma niente mai potrà distruggere la nostra casa costruita sulla roccia; se viviamo la speranza di assomigliare solo un po’ a Dio, troveremo l’entusiasmo che non ci farà sentire il peso della fatica di piantare le fondamenta sulla roccia dura.

Ma vediamo insieme come possiamo trasformare in simboli la Parola di oggi e completare l’opera d’arte che, ormai da due domeniche abbiamo già iniziato …

 

1)        Il primo simbolo, portato all’altare da un bambino, è una giacca con le impunture.

 

Commento:

Questa giacca è come la nostra anima, un capo fatto su misura per ciascuno di noi. Solo seguendo le tue parole daremo il tocco da Maestro al nostro vestito rendendolo resistente alle intemperie della vita, indistruttibile come la casa sulla roccia.

 

2)        Il secondo simbolo, portato all’altare da un bambino, è un pantalone con le impunture.

 

Commento:

Il pantalone incompleto è il frutto del nostro impegno di mettere a disposizione degli altri le nostre piccole capacità, è il simbolo della speranza che abbiamo di partecipare al tuo banchetto realizzando il nostro più grande sogno: giungere in Paradiso.

 

Le due domeniche precedenti abbiamo visto con i nostri occhi, aggiungere, alla macchina da cucire, tutto l’occorrente per la costruzione di un progetto: la realizzazione di un abito speciale.

Vi ricordate quali erano questi elementi fondamentali?

L’ago ed il filo, le forbici e la stoffa! Bravi!

Senza questi piccoli componenti non è possibile procedere. Ed è grazie a loro che oggi vediamo un abito “quasi” perfettamente confezionato.

Domenica scorsa abbiamo incontrato le forbici e la stoffa che simboleggiano i doni che Gesù ci fa’ e che noi abbiamo il dovere di utilizzare nel miglior modo possibile. Abbiamo capito che il Signore si fida a tal punto di noi da mettere, nelle nostre mani, tutto l’occorrente per la nostra salvezza. E noi,  abbiamo la più totale fiducia in Lui? Al punto da chiamarla FEDE?

Due domeniche fa, è stata la volta del filo e dell’ago, i più piccoli e silenziosi strumenti del progetto. Essi simboleggiano l’umiltà del nostro lavoro sull’esempio di Gesù. Lui è quel filo che ci tiene uniti e noi quell’ago che gli permette di penetrare la stoffa e rendere saldo il legame tra i vari pezzi dell’abito. Quindi abbiamo parlato di umiltà, di amore, di disponibilità a farci trapassare il cuore ed unirlo a quello degli altri, ed a me tutto questo fa pensare alla virtù della CARITA’, che ne pensate?

Oggi concludiamo questo triduo di domeniche con l’ultima delle virtù teologali, avete capito quale? Ma sì, la SPERANZA! L’abito che vedete “quasi” realizzato aspetta ancora il tocco finale, avete indovinato quale? Se abbiamo fede in Dio, ed abbiamo il coraggio di abbandonarci completamente a Lui; se viviamo nella speranza di partecipare un giorno a questo meraviglioso banchetto; se il nostro cuore è disposto ad accogliere con carità la Sua Parola, senza riserve, chi darà il tocco da Maestro a questo abito speciale? Chi lo impreziosirà e lo renderà perfetto per ciascuno di noi? Il Signore! È chiaro che noi ce la mettiamo tutta, tutto il nostro impegno, la nostra anima, ma è il Signore che ha l’ultima parola, il Maestro sarto che ci conosce meglio di chiunque altro, e che sa qual è il segno dell’abito che lo differenzierà da qualsiasi altro e da tutte le maldestre imitazioni.   

 

STORIELLA - I tre figli

 

Alberto, quando fu assunto come redattore in una importante rivista nazionale, gli sembrò di toccare il cielo con un dito. Telefonò a mamma, papà, e naturalmente alla dolce Monica alla quale disse semplicemente: “Ho avuto il posto! Possiamo sposarci!”. Si sposarono e negli anni nacquero tre vispi bimbetti: Matteo, Marta e Lorenzo. Sei anni durò la felicità, poi la rivista fu costretta a chiudere. Il giovane papà s’impegnò a trovare un altro posto come redattore in un giornale locale. Ma anche quel giornale durò poco. Questa volta la ricerca fu affannosa. Ogni sera la giovane mamma e i tre bambini guardavano il volto del papà, sempre più rabbuiato. Una sera, durante la cena, l’uomo si sfogò amareggiato: “E’ tutto inutile! Nel mio settore non c’è più niente: tutti riducono il personale, licenziano …” Monica cercava di rincuorare suo marito Alberto, gli parlava dei suoi sogni, delle sue capacità, di speranza … Il giorno dopo, il papà si alzò dopo che i bambini erano usciti per la scuola. Con un gran peso sul cuore, prese una tazza di caffè e si avvicinò alla scrivania dove di solito lavorava. Lo sguardo gli cadde sul cestino della carta. Alcuni grossi cocci di ceramica rosa attirarono la sua attenzione. Si accorse che erano i pezzi dei tre porcellini rosa che i bambini usavano come salvadanaio. E sul suo tavolo c’era una manciata di monetine, tanti centesimi e qualche euro e anche alcuni bottoni dorati e sotto il mucchietto di monete un foglio di carta sul quale una mano infantile aveva scritto: “Caro papà, noi crediamo in te. Matteo, Marta e Lorenzo”. Gli occhi si inumidirono, i brutti pensieri si cancellarono, il coraggio si infiammò. Il giovane papà strinse i pugni e promise: “La vostra fede non sarà delusa!”. Oggi sulla scrivania di uno dei più importanti editori d’Europa c’è un quadretto con la cornice d’argento. L’editore la mostra con orgoglio dicendo: “Questo è il segreto della mia forza!”. E’ solo un foglio di carta con una scritta incerta e un pò sbiadita: ”Caro papà, noi crediamo in te!...”

 

Cari ragazzi, questo racconto è un po’ la sintesi delle tre domeniche che abbiamo vissuto con Gesù ultimamente. Si parla di:

-          FIDUCIA, quella che i tre figli ripongono nel padre, incoraggiandolo perché capiscono che in quel momento sono chiamati a testimoniare questa fiducia, con un gesto, con delle parole; ancora la fiducia, quella del papà in se stesso, il quale riconosce che il sostegno dei suoi ragazzi è sufficiente a donargli la forza, l’energia fondamentali per non arrendersi;

-          SPERANZA, quella di poter migliorare il mondo che ci circonda con l’aiuto di chi ci ama e che ha fiducia in noi, a volte è sufficiente una parola, un piccolo gesto, un sorriso per riportare la luce della speranza nello sguardo del nostro prossimo, ed è sufficiente quella piccola scintilla per infiammare i cuori e fare cose inaspettatamente grandi;

-          AMORE, quello di un padre che lotta per dare una vita dignitosa alla sua famiglia; di una mamma che vuole tenere unita la cosa più preziosa che ha, la famiglia; di tre figli che amano il loro papà e che per lui sacrificano i loro piccoli risparmi raccolti con sacrificio nel tempo.

Possiamo dire allora che fede (fiducia), speranza e carità (amore) sono state le protagoniste incontrastate di questo racconto e delle tre domeniche cha abbiamo vissuto insieme, sono le virtù teologali che, come stelle, illuminano il cammino che ci conduce dritti da Gesù.

  

PREGHIERA

 

Credo che al mondo ci sia una speranza.
Quando dopo ogni notte la luce rischiara il cielo,
credo che al mondo ci sia una speranza.
Quando dopo la pioggia il sole riscalda la terra,
credo che al mondo ci sia una speranza.
Quando vedo un nuovo fiore che germoglia,
quando vedo il sorriso di un bambino,
credo che al mondo ci sia una speranza.
E credo che ogni persona abbia dentro di se' un po' di speranza
e credo che ognuno di noi sia una speranza.
Anche se spesso l'abbiamo rinchiusa

nel cassetto del nostro cuore e ce ne siamo dimenticati.
Credo che anch'io posso fare qualcosa
per ricordare che c'e' una speranza.

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