CONSIGLI EVANGELICI

 

Art. 20       Professione Consigli Evangelici

§1. Per attuare la piena disponibilità a servire Dio e il prossimo nel mondo, i membri dell’Associazione si consacrano, con la professione dei Consigli Evangelici.

§2. I Consigli Evangelici, scelti volontariamente secondo la personale vocazione di ognuno, sono di grandissimo aiuto per crescere nell’amore e conformarsi al genere di vita verginale e povera che Cristo Signore scelse per sé e che la Vergine Madre sua abbracciò.

§3. La professione dei Consigli Evangelici rende visibile per tutti i credenti la presenza dei beni celesti già in questo mondo, testimonia la vita nuova ed eterna, acquistata dalla redenzione di Cristo, e meglio preannunzia la futura resurrezione.

§4. I Consigli Evangelici vissuti dall’Associazione manifestano al mondo che le Consacrate sono libere dalla schiavitù delle cose, sono aperte ad un amore oblativo universale e sono disponibili a compiere la volontà di Dio.

 

Art. 21       Sacri Vincoli

§1. Con la professione dei Consigli Evangelici, le Consacrate vengono associate più intimamente al servizio di Dio e della Chiesa, sono incorporate nell’Associazione e contraggono i vincoli giuridici propri del diritto particolare dell’Associazione.

§2. I vincoli sacri giuridici con cui vengono assunti i Consigli Evangelici nell’Associazione rivestono la forma di voti privati, semplici e non riservati.

§3. I voti privati non cambiano la condizione laicale dei membri dell’Associazione, ma la autenticano dando libertà interiore alle Consacrate e rendendone più fecondo l’apostolato.

 

Art. 22       Castità

§1. I membri dell’Associazione professano il Consiglio Evangelico della castità che, accolto come un insigne dono della grazia, rende libero in maniera speciale il cuore e “comporta l’obbligo della perfetta continenza nel celibato”.

§2. La castità consacrata vissuta in vista del Regno: è simbolo dell’amore con cui Cristo ama la Chiesa; è un dono dello Spirito; esprime l’amore preferenziale per il Signore; trasforma e penetra l’essere umano fino nel suo intimo; rende simile a Cristo Sposo ed alla Vergine Madre; è segno e stimolo della vera carità; è una speciale sorgente di fecondità spirituale nel mondo.

    §3. Pertanto le Consacrate vivono la castità come: disponibilità ad una comunione più profonda con i fratelli ai quali trasmettono la carica del proprio rapporto sponsale con Cristo; espressione della maternità della Chiesa di cui sono segno nell’ambito della propria attività apostolica; annuncio profetico del Regno, in cui l’amore è libero da ogni riserva personale e da ogni egoismo.

§4. Coscienti della propria fragilità, i membri dell’Associazione hanno un atteggiamento di serena prudenza nei rapporti con le persone, attingendo dalla natura e dalla grazia un sano equilibrio personale.

§5. Per ottenere questo, le Consacrate: evitano i pericoli non presumendo delle proprie forze e ricordando quanto dice l’Apostolo, “Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere” (Cor 10,12); si esercitano in una serena ascesi personale secondo le parole evangeliche: “Chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mc 8,34).

§6. Le Consacrate esprimono l’interiore letizia della castità mediante un contegno esteriore semplice e disinvolto, libero e rispettoso; si rapportano col prossimo con schietta cordialità pur escludendo eccessiva familiarità e confidenza.

§7. Le Consacrate, senza usare un abito particolare o un segno distintivo, nel modo di vestire armonizzano la modestia cristiana col buon gusto e la funzionalità, secondo l’uso dell’epoca e dell’ambiente di appartenenza.

 

Art. 23       Povertà

§1. La povertà consacrata esprime la partecipazione alla condizione di vita di Gesù Buon Pastore che, da ricco, si è fatto povero per arricchirci per mezzo della sua povertà e che rende il cuore del discepolo aperto alle realtà soprannaturali.

§2. Meditando sulla vita di Gesù Buon Pastore, che non aveva dove posare il capo, sulle sue parole “beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio” (Lc 6,20) e sull’esempio di san Paolo che, lavorando, provvedeva alle proprie necessità (cf At 20,34), i membri dell’Associazione hanno in grande stima la povertà.

§3. Le Consacrate non solo s’impegnano ad una povertà affettiva, vissuta nel distacco interiore dai beni materiali e morali (stima, posizione sociale, gratificazione), ma anche ad una effettiva povertà con una vita sobria, contenta del necessario e nella serena accettazione di quei disagi e privazioni che l’azione apostolica potrebbe loro comportare.

§4. Per vivere la povertà le Consacrate: coltivano uno stile di vita semplice e sobrio, rifuggono dalla mentalità consumistica per ornarsi di opere buone; sono aperte alle necessità dei poveri, di coloro che non conoscono il Vangelo e di quanti non lo conoscono bene, per dare una testimonianza unanime sulla dignità dell’uomo creato da Dio, redento da Cristo, santificato dallo Spirito e chiamato, in questo mondo, a vivere una vita conforme a tale dignità; s’impegnano, attraverso il lavoro, a far fruttificare i doni di Dio.

§5. Le Consacrate possono svolgere attività professionali o di lavoro esterno all’Opera se non contrastanti con i doveri della vita dell’Opera e, comunque, previa autorizzazione scritta della Responsabile Generale, con l’impegno di mettere a disposizione dell’Associazione i redditi ricavati dalla propria professione, nel rispetto delle Norme statutarie e regolamentari dell’Opera e secondo le modalità ivi stabilite.

§6. Le Consacrate che svolgono attività professionali esterne all’Opera accolgono il lavoro come mezzo di sostentamento della Comunità, come mezzo efficace di apostolato, e lo compiono con assiduità ed esattezza, ma anche con spirito di umiltà e pronte a perdersi nel dono di sé ai più poveri come insegna San Paolo quando dice: “In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli” (At 20,35).

§7. Con la professione del Consiglio Evangelico della Povertà, i membri dell’Associazione rinunciano alla facoltà di usare e di disporre liberamente di qualunque bene proprio senza il permesso della Responsabile Locale.

§8. Pur professando la povertà consacrata, i membri dell’Associazione non rinunciano al diritto di possedere beni temporali né alla facoltà di acquistarne altri, pur sottostando, in quest’ultimo caso, al permesso della Responsabile Locale.

 

Art. 24       Obbedienza

    §1. L’obbedienza ha come fine l’attuazione della dottrina di Gesù che, assumendo la condizione di servo, venne tra gli uomini per insegnare loro a fare la volontà del Padre e divenire, così, suoi figli adottivi: senza l’amore, la sottomissione è un fiore senza profumo.

    §2. L’asse portante di tutta la vita di Gesù è la pura obbedienza al Padre che Lo invia a redimere il mondo per mezzo della croce; similmente, ogni esistenza consacrata è un’oblazione di amore, nella piena docilità alla volontà di Dio riconosciuta nella Sua Parola, nella mediazione dei Suoi rappresentanti e negli eventi della storia umana.

§3. Pertanto, con la professione dell’obbedienza consacrata, i membri dell’Associazione offrono a Dio la piena dedizione della propria volontà come rinuncia a se stessi e, per mezzo di questo sacrificio, si uniscono alla volontà salvifica di Dio in maniera più costante e sicura.

    §4. L’obbedienza, affinché la personalità delle Consacrate pervenga al suo pieno sviluppo, richiede di essere vissuta in una dimensione di profonda libertà interiore, scevra da ogni forma di fariseismo e di giudizio superficiale, per essere sempre disponibile alle esigenze di un impegno secondo lo Spirito.

    §5. Le Consacrate realizzano, con l’obbedienza, il vertice della propria vocazione perché, sentendosi mandate dalla Chiesa e nella Chiesa, non hanno progetti propri né di gruppo da perseguire, ma solo il compito di servire all’espansione del Regno. L’obbedienza è la forza e la verità del loro apostolato.

    §6. In spirito di obbedienza, le Consacrate: accolgono le direttive della Chiesa Diocesana e universale e le attuano con intelligente amore; osservano il diritto particolare dell’Associazione con matura responsabilità; vivono il rapporto con la Responsabile Generale e Locale in modo franco, attivo e gioioso, nel dialogo e nella collaborazione; praticano la spiritualità dell’ascolto pieno ed attento delle sorelle per attuare la reciproca obbedienza che fa intuire, e spinge a soddisfare, gli inespressi legittimi desideri dell’altro, così da realizzare quella carità di cui si fa evangelizzatrice presso i fratelli.

    §7. Per realizzare l’obbedienza consacrata, essere strumenti eletti nelle mani del Padre e portare a tutti il Suo disegno di salvezza, i membri: hanno una filiale devozione verso il Vescovo della Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno e gli obbediscono anche in forza del voto; procurano di obbedire alla Responsabile Generale e Locale sapendo di dare, così, il proprio contributo all’edificazione del corpo di Cristo secondo il piano di Dio; rispettano le disposizioni di coloro che esercitano il servizio dell’autorità nel campo naturale, ecclesiastico e civile, operando, comunque, una giusta valutazione.

§8. La professione del Consiglio Evangelico dell’obbedienza obbliga i membri dell’Associazione a sottomettere la propria volontà, in primo luogo, alla Responsabile Generale, che, quale rappresentante di Dio, esprime l’unità dell’Associazione e ne custodisce il carisma, e, comunque, alla Responsabile Locale, che rappresenta l’unità della Comunità Locale, nel momento in cui comandano in conformità al diritto proprio dell’Associazione.

    §9. È sempre consentito, in un atteggiamento di serenità e di fraternità, esporre le proprie opinioni e difficoltà in ordine alla vita di Comunità e agli incarichi avuti, manifestando, però, la volontà generosa di accettare comunque con fede le decisioni prese dall’autorità competente.

    §10. Si manca al voto quando si disobbedisce ad una volontà espressa formalmente dall’autorità per motivo serio.

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