Digiuno e astinenza

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Non tutti sanno che ...

 

Delibera n. 60 (59) del 4 ottobre 1994 della Conferenza Episcopale Italiana

  1. La legge del digiuno “obbliga a fare un unico pasto durante la giornata, ma non proibisce di prendere un po’
    di cibo al mattino e alla sera, attenendosi, per la quantità e la qualità, alle consuetudini locali approvate” [nota n.
    27: PAOLO VI, Cost. apost. Paenitemini, III (EV 2, 647)].

  2. La legge dell’astinenza proibisce l’uso delle carni, come pure dei cibi e delle bevande che, ad un prudente
    giudizio, sono da considerarsi come particolarmente ricercati e costosi.

  3. Il digiuno e l’astinenza, nel senso sopra precisato, devono essere osservati il Mercoledì delle Ceneri (o il primo
    venerdì di Quaresima per il rito ambrosiano) e il Venerdì della Passione e Morte del Signore Nostro Gesù
    Cristo; sono consigliati il Sabato Santo sino alla Veglia pasquale [nota n. 28: Cf. Sacrosanctum Concilium, n. 110 (EV 1, 198)].

  4. L’astinenza deve essere osservata in tutti e singoli i venerdì di Quaresima, a meno che coincidano con un
    giorno annoverato tra le solennità (come il 19 o il 25 marzo). In tutti gli altri venerdì dell’anno, a meno che
    coincidano con un giorno annoverato tra le solennità, si deve osservare l’astinenza nel senso detto oppure si
    deve compiere qualche altra opera di penitenza, di preghiera, di carità.

  5. Alla legge del digiuno sono tenuti tutti i maggiorenni fino al 60° anno iniziato; alla legge dell’astinenza coloro
    che hanno compiuto il 14° anno di età.

  6. Dall’osservanza dell’obbligo della legge del digiuno e dell’astinenza può scusare una ragione giusta, come ad
    esempio la salute. Inoltre, “il parroco, per una giusta causa e conforme alle disposizioni del Vescovo diocesano,
    può concedere la dispensa dall’obbligo di osservare il giorno (...) di penitenza, oppure commutarlo in altre opere
    pie; lo stesso può anche il Superiore di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, se sono clericali
    di diritto pontificio, relativamente ai propri sudditi e agli altri che vivono giorno e notte nella loro casa” [nota n. 29: CIC, can. 1245].
     

(Dal Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana, anno 1994, n. 6, pp. 212-213)

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