Scheda n°2

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Anno Pastorale 2008-2009

Gruppi Giovani

Scheda n. 2

 

QUALE COSCIENZA MORALE?

 

 

Si dice: Ognuno deve agire secondo coscienza… fai ciò che pensi sia meglio… segui la tua coscienza…

Questo è vero. Ma ci si dimentica spesso di chiederci: Quale coscienza? Quali caratteristiche deve avere la coscienza? Come si forma la coscienza?

A queste e ad altre domande si propone di rispondere questa scheda, in cui quando si parla di coscienza si intende sempre la coscienza morale.

Partiamo anzitutto con il chiederci:

 

 

Che cos’è la coscienza morale?

 

■ Presente nell'intimo della persona, la coscienza è:

• «un giudizio della ragione, mediante il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto che sta per porre, sta compiendo o ha compiuto» (CCC, 1778). Senza l'uso della ragione non esiste coscienza;

• la percezione naturale dei principi morali fondamentali, la loro applicazione in circostanze particolari e il giudizio finale su ciò che si deve fare (o che si è fatto);

• «il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo» (GS, 16);

• il santuario della persona, che decide per le azioni dell'uomo.

 

■ Essa tuttavia non è:

• un sentire immediato, che invece tante volte è frutto o di uno stato d'animo particolare o di una pressione dall'esterno, ad esempio dei mezzi di comunicazione sociale o dell'opinione della maggioranza;

• legata all'istinto e neppure al soggettivismo relativista, che porta ad affermare che al di sopra della coscienza non ci può essere nessuna istanza superiore;

• la sorgente stessa di verità e di valori;

• un assoluto, posto al di sopra della verità e dell'errore, del bene e del male;

• un agire secondo la propria personale interpretazione o umore e senza risponderne a chicchessia.

 

 

Qual è il compito della coscienza?

 

■ Essa consente di:

• percepire i principi della moralità;

• applicarli agli avvenimenti e circostanze di fatto mediante un discernimento pratico delle motivazioni e dei beni;

• compiere il bene ed evitare il male;

• esprimere il giudizio sulla qualità morale degli atti concreti che si devono compiere o che sono già stati compiuti;

• assumere la responsabilità degli atti compiuti: «Se l'uomo commette il male, il retto giudizio della coscienza può rimanere in lui testimone della verità universale del bene e, al tempo stesso, della malizia della sua scelta particolare. La sentenza del giudizio di coscienza resta un pegno di speranza e di misericordia. Attestando la colpa commessa, richiama al perdono da chiedere, al bene da praticare ancora e alla virtù da coltivare incessantemente con la grazia di Dio» (CCC, 1781).

 

■ La coscienza pertanto ha un triplice compito:

deduttivo: conosce, riconosce e applica le norme morali alle varie situazioni e scelte;

imperativo: decide il comportamento morale della persona, alla luce della legge morale, della voce ulteriore dello Spirito, degli insegnamenti di Cristo trasmessi in maniera certa e autorevole da parte dei Pastori, prescelti da Cristo stesso;

creativo: adotta strategie, progetta soluzioni, individua tonalità e modalità nel fare il bene.

 

■ «Attesta l'autorità della verità in riferimento al Bene supremo, di cui la persona umana avverte l'attrattiva e accoglie i comandi» (CCC, 1777).

 

 

Qual è la condizione indispensabile per sentire la voce della coscienza?

 

«L'importante per ciascuno è di essere sufficientemente presente a se stesso al fine di sentire e seguire la voce della propria coscienza. Tale ricerca di interiorità è quanto mai necessaria per il fatto che la vita spesso ci mette in condizione di sottrarci ad ogni riflessione, esame o introspezione» (CCC, 1779):

«Ritorna alla tua coscienza, interrogala. [...] Fratelli, rientrate in voi stessi e in tutto ciò che fate fissate lo sguardo sul Testimone, Dio” (Sant'Agostino, In epistulam Ioannis ad Parthos tractatus, 8,9: PL 35,2041).

 

 

Come dev’essere la coscienza?

 

Dev'essere:

• Vera;

• certa;

• retta;

• libera;

• formata.

 

 

Quando la coscienza è vera?

 

Una coscienza è vera, quando è fondata sulla verità. Infatti la coscienza è atto della ragione mirante alla verità delle cose.

«La coscienza morale, per essere in grado di guidare rettamente la condotta umana, deve anzitutto basarsi sul solido fondamento della verità, deve cioè essere illuminata per riconoscere il vero valore delle azioni e la consistenza dei criteri di valutazione, cosi da sapere distinguere il bene dal male, anche laddove l'ambiente sociale, il pluralismo culturale e gli interessi sovrapposti non aiutino a ciò» (Benedetto XVI, Discorso, 24-2-07).

 

■ «L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio nel suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell'uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. (...) Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell'amore di Dio e del prossimo» (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 16).

 

■ Occorre pertanto annunciare, difendere e promuovere la possibilità per la ragione di:

• conoscere la verità: oggi addirittura si diffida anche della capacità della ragione di percepire la verità. Come pure avviene che la riduzione della coscienza alla certezza soggettiva porta nello stesso tempo alla rinuncia alla verità;

• non interpretare tale verità come pare e piace a ognuno: la coscienza è un antidoto anziché una scusa per il soggettivismo (secondo cui ciò che uno pensa è criterio e fonte di verità) e il relativismo (secondo cui non esiste la verità, ma ci sono tante verità);

• riconoscere lo splendore della verità, la sua trascendenza nei confronti della nostra intelligenza creata e, di conseguenza, il nostro dovere di aprirsi ad essa, di accoglierla non come propria invenzione, ma come dono che viene da Dio.

 

 

Perché è importante che la coscienza sia certa?

 

Perché la persona deve sempre agire, in campo morale, in tutta certezza e sicurezza, al fine di essere sempre pienamente responsabile delle sue azioni. La persona quando decide, deve farlo con una coscienza certa, e cioè la coscienza deve essere sicura, deve emettere il proprio giudizio morale con sicurezza, e non essere nel dubbio, e cioè nel non sapere cosa sia giusto fare. In tal caso, ella deve prima informarsi da persone di fiducia e competenti, al fine di sciogliere ogni dubbio e agire nella certezza acquisita.

 

 

Che cosa significa che la coscienza deve essere retta?

 

Significa che la coscienza deve «essere in accordo con ciò che è giusto e buono secondo la ragione e la Legge divina» (Compendio del CCC, 373).

È la stessa dignità della persona umana che implica ed esige tale rettitudine.

La coscienza retta è dunque determinata a seguire la verità, senza contraddizioni, senza tradimenti e senza compromessi.

 

 

La coscienza può emettere anche un giudizio erroneo?

 

■ La coscienza non sempre ha ragione, non è infallibile: se così fosse, non ci sarebbe nessuna unica verità, poiché molte volle i giudizi di coscienza si contraddicono, fra persone diverse e anche in una medesima persona. Esisterebbero tante verità quante sono le coscienze; ci sarebbe soltanto la verità della singola persona, e quindi tante verità quante sono le persone.

 

■ La coscienza può emettere un giudizio erroneo, il che avviene quando il suo giudizio si discosta dalla ragione e dalla Legge divina.

«La persona deve sempre obbedire al giudizio certo della propria coscienza, ma può emettere anche giudizi erronei, per cause non sempre esenti da colpevolezza personale. Non è però imputabile alla persona il male compiuto per ignoranza involontaria, anche se esso resta oggettivamente un male. È quindi necessario adoperarsi per correggere la coscienza morale dai suoi errori» (Compendio del CCC, 376).

 

■ La coscienza erronea non perde tuttavia la sua dignità.

 

 

Quando l'ignoranza è colpevole?

 

■ «Quando l'uomo non si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all'abitudine del peccato» (GS 16). In tali casi la persona è colpevole del male che commette.

 

■ «All'origine delle deviazioni del giudizio nella condotta morale possono esserci la non conoscenza di Cristo e del suo Vangelo, i cattivi esempi dati dagli altri, la schiavitù delle passioni, la pretesa di una malintesa autonomia della coscienza, il rifiuto dell'autorità della Chiesa e del suo insegnamento, la mancanza di conversione e di carità» (CCC, 1792).

 

 

Quando l'ignoranza è involontaria, invincibile (e quindi non-colpevole)?

 

■ Quando l'ignoranza non è imputabile alla responsabilità della persona. E tuttavia, in questo caso, anche se la persona non è responsabile soggettivamente del male compiuto, tuttavia il male compiuto resta un male, un disordine oggettivo: per il fatto che i ciechi non vedono il sole, non si può concludere che esso non esiste.

 

■ Da qui la responsabilità della persona di:

• essere informata circa tale male;

• correggere la sua coscienza morale dai suoi errori;

• riparare per quanto possibile ai danni provocati dal male compiuto.

 

 

La coscienza erronea è sempre giustificata?

 

■ La coscienza erronea non può essere giustificata se il suo essere in errore è dovuto a ignoranza colpevole oppure a un ottenebramento della sua coscienza.

L'ignoranza non può considerarsi una soluzione comoda, un vantaggio: sarebbe come dire che il non conoscere sia meglio del conoscere.

«Il non vedere più le colpe, l'ammutolirsi della voce della coscienza in così numerosi ambiti della vita è una malattia spirituale molto più pericolosa della colpa, che uno è ancora in grado di riconoscere come tale. Chi non è più in grado di riconoscere che uccidere è peccato, è caduto più profondamente di chi può ancora riconoscere la malizia del proprio comportamento, poiché si è allontanato maggiormente dalla verità e dalla conversione» (Card. Joseph Ratzinger, Elogio della Coscienza, Conferenza del 16 marzo 1991).

 

■ In un Salmo biblico è contenuta quest’affermazione, sempre meritevole di ponderazione: «Chi si accorge dei propri errori? Liberami dalle colpe che non vedo!» (Sal 19, 13).

 

■ Può dunque avvenire che la colpa si trovi non nell'atto del momento, non nell'attuale giudizio della mia coscienza, ma che si trovi altrove, più in profondità: e cioè in quella trascuratezza, chiusura che ho attuato, seppure gradualmente, verso la verità.

 

 

Quando la coscienza è libera?

 

■ L'uomo ha il diritto di agire in piena libertà secondo la sua coscienza. Questa libertà significa che egli:

• non può essere costretto ad agire contro la sua coscienza (cfr. Rm 14,23): «In tutto quello che dice e fa, l'uomo ha il dovere di seguire ciò che sa essere giusto e retto» (CCC, 1778);

• ma non può neppure essere impedito di agire secondo la propria coscienza;

• soprattutto in campo religioso.

 

■ Esiste tuttavia un limite a tale libertà. Si deve seguire la propria coscienza:

• senza andare contro il bene comune;

• nel rispetto di quei valori che non sono negoziabili, proprio perché corrispondono a verità obiettive, universali ed uguali per tutti.

 

 

Quali norme la coscienza deve sempre seguire?

 

«Ce ne sono tre più generali:

1. non è mai consentito fare il male perché ne derivi un bene;

2. la cosiddetta Regola d'oro: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro»(Mt 7,12);

3. la carità passa sempre attraverso il rispetto del prossimo e della sua coscienza, anche se questo non significa accettare come un bene ciò che è oggettivamente un male» (Compendio del CCC, 375).

 

 

Quando una coscienza è ben formata?

 

■ Una coscienza è ben formata, quando è certa, retta e veritiera, e cioè «formula i suoi giudizi seguendo la ragione, in conformità al vero bene voluto dalla sapienza del Creatore» (CCC, 1783).

 

■ Quanto più la coscienza è informata e formata, e tanto più è libera.

 

■ La coscienza, come una sorgente di acqua, può anche essere inquinata, deviata, adulterata. Ma in tal caso può essere anche aiutata a purificarsi, a ritrovare la giusta strada, mediante un'adeguata informazione e formazione, sempre tuttavia nel rispetto della sua libertà e dignità.

 

■ Una coscienza ben formata si pone come un esercizio autentico di sapiente discernimento, di scelte libere e responsabili. La riduzione della coscienza alla certezza soggettiva non libera, ma schiavizza, rendendoci totalmente dipendenti dal gusto personale o dall'opinione prevalente.

 

 

è necessario formare la coscienza?

 

Formare, educare la coscienza è «indispensabile per esseri umani esposti a influenze negative e tentati dal peccato a preferire il loro proprio giudizio e a rifiutare gli insegnamenti certi (...) L'uomo talvolta si trova ad affrontare situazioni che rendono incerto il giudizio morale e difficile la decisione. Egli deve sempre ricercare ciò che è giusto e buono e discernere la volontà di Dio espressa nella Legge divina» (CCC, 1783,1787).

L'educazione aiuta la coscienza ad affinarsi, seppure con gradualità, come uno strumento di alta precisione.

L'educazione deve servire soprattutto a condurre la coscienza a conoscere, ad abbracciare e a seguire la verità. Non cadiamo nell'errore di pensare che il restare lontani dalla verità, sarebbe per l'uomo meglio della verità, quasi che lo stare nelle tenebre sia meglio che stare nella luce!

 

 

Quanto dura l'educazione di una coscienza?

 

■ «L'educazione della coscienza è un compito di tutta la vita. Fin dai primi anni essa dischiude al bambino la conoscenza e la pratica della legge interiore, riconosciuta dalla coscienza morale. Un'educazione prudente insegna la virtù; preserva o guarisce dalla paura, dall'egoismo e dall'orgoglio, dai sensi di colpa e dai moti di compiacenza, che nascono dalla debolezza e dagli sbagli umani. L'educazione della coscienza garantisce la libertà e genera la pace del cuore» (CCC, 1784).

 

■ «Occorre rieducare al desiderio della conoscenza della verità autentica, alla difesa della propria libertà di scelta di fronte ai comportamenti dì massa e alle lusinghe della propaganda, per nutrire la passione della bellezza morale e della chiarezza della coscienza. Questo è compito delicato dei genitori e degli educatori che li affiancano; ed è compito della comunità cristiana nei confronti dei suoi fedeli. Per quanto concerne la coscienza cristiana, la sua crescita e il suo nutrimento, non ci si può accontentare di un fugace contatto con le principali verità di Fede nell'infanzia, ma occorre un cammino che accompagni le varie tappe della vita, dischiudendo la mente ed il cuore ad accogliere i fondamentali doveri su cui poggia l'esistenza sia del singolo che della comunità» (Benedetto XVI, Discorso, 24-2-07).

Non si dimentichi quanto ha scritto Sant'Agostino: «Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te » (Confessioni, I, 1).

 

 

Come si forma la coscienza morale perché sia retta e veritiera?

 

■ «La coscienza morale retta e veritiera si forma con l'educazione, con l'assimilazione della Parola di Dio e dell'insegnamento della Chiesa. È sorretta dai doni dello Spirito Santo e aiutata dai consigli di persone sagge. Inoltre giovano molto alla formazione morale la preghiera e l'esame di coscienza» (Compendio del CCC, 374).

 

■ Importante è anche interpretare i dati dell'esperienza e i segni dei tempi con la virtù della prudenza, la quale «è la virtù che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo» (CCC, 1806).

 

■ In tal modo l'uomo prudente, attraverso la sua coscienza:

• sente la voce di Dio che gli parla;

• percepisce e riconosce i precetti della Legge divina;

• applica i principi morali ai casi particolari senza sbagliare e supera i dubbi sul bene da compiere e sul male da evitare.

 

■ Lasciare illuminare la propria coscienza dalla Fede cristiana consente di:

• conoscere la verità e di vivere la propria vita nell'autentica e piena felicità: la Fede infatti non è un peso, un carico pesante, una realtà che da tristezza, un'imposizione di esigenze morali... La stessa via che conduce alla verità e al bene, non è una via comoda, ma è una via alta ed ardua., sulla quale via però non siamo soli: Cristo è con noi, ci dona il Suo Spirito che è Spirito di verità e di felicità;

• superare il soggettivismo e il relativismo: «Non si può identificare la coscienza dell'uomo con l'autocoscienza dell'io, con la certezza soggettiva su di sé e sul proprio comportamento morale. Questa consapevolezza, da una parte può essere un mero riflesso dell'ambiente sociale e delle opinioni ivi diffuse. D'altra parte può derivare da una carenza di autocritica, da una incapacità di ascoltare le profondità del proprio spirito» (Card. Joseph Ratztnger, Elogio della Coscienza, Conferenza del 16 marzo 1991).

 

■ Ecco l'importanza del Magistero a questo riguardo.

 

 

Qual è il ruolo del Magistero della Chiesa nella formazione della coscienza?

 

■ Ho detto che il giudizio della propria coscienza dev’essere illuminato dalla verità e, a tal fine, specialmente nei problemi nuovi o che si presentano in termini del tutto inediti, il ricorso al Magistero è di grande aiuto per la formazione di una coscienza certa, vera, retta.

 

■ Il Magistero della Chiesa infatti non è:

• un ostacolo, ma un aiuto, dato da Cristo a tutti gli uomini di buona volontà nel ricercare, trovare, accogliere la verità: esso esiste perché la coscienza morale raggiunga con sicurezza la verità e vi permanga;

• una qualsiasi fonte esterna di pensiero morale con cui la coscienza individuale deve venire a contatto: esso informa la coscienza praticamente come l'anima informa il corpo;

• una realtà che restringe, minaccia o addirittura nega la libertà della coscienza personale, ma piuttosto un aiuto alla illuminazione della coscienza.

 

■ Non si può dimenticare che il Magistero della Chiesa (e cioè del Papa in comunione con i Vescovi) è stato voluto da Cristo stesso, il quale gli ha affidato la missione di servire la Parola di Dio, «insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l'assistenza dello Spirito Santo, piamente la ascolta, santamente la custodisce e Fedelmente la espone, e da questo unico deposito della Fede attinge tutto ciò che propone da credere come rivelato da Dio» (Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 10).

I fedeli pertanto «memori della parola di Cristo ai suoi Apostoli: '"Chi ascolta voi, ascolta me" (Lc 10,16), accolgono con docilità gli insegnamenti e le direttive che vengono loro dati, sotto varie forme, dai Pastori» (CCC, 87).

 

■ Il Magistero cerca dunque di aiutare le coscienze a raggiungere una mediazione e un'applicazione più attendibile della verità morale: è sempre la verità morale oggettiva ad avere il primato e solo questa può essere infallibilmente vera.

 

 

Qual è il ruolo dello Spinto Santo nella formazione della coscienza?

 

La coscienza è come spazio abitato dallo Spirito Santo, il quale ci libera non dall'esterno, ma nel profondo del cuore, ci configura a Cristo per poter scegliere e agire come Lui.

Lo Spirito Santo ci è stato regalato nel Battesimo, da Dio Padre, per mezzo di Cristo morto e risorto, «affinché arriviamo tutti all'unità della Fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,13).

 

 

Che cos'è l'obiezione di coscienza?

 

■ «Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell'ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto d'obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione tra il servizio di Dio e il servizio della comunità politica. "Rendete [...] a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,21). "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini" (At 5,29)» (CCC, 2242).

 

■ Occorre promuovere e sostenere una coraggiosa obiezione di coscienza, in quanto sempre più nella società si vanno diffondendo leggi contrarie a principi e a valori non negoziabili, come:

• «il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale;

• la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna;

• la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme» (Benedetto XVI. Sacramentum caritatis, n. 83).

 

■ Lo Stato deve riconoscere, nella sua legislazione, il diritto all'obiezione di coscienza, ogniqualvolta un cittadino ritenga opportuno ricorrervi, soprattutto in campo medico-morale. Purtroppo esiste nel contesto attuale un paradosso, secondo cui spesso una società ideologicamente tollerante (nel senso contemporaneo del termine) non è disposta invece a tollerare l'obiezione di coscienza, poiché una tale società non ammette che:

• ci possa essere qualcuno che in qualche maniera sfugga al suo controllo, all'osservanza delle sue leggi, o che si opponga al suo totalitarismo ideologico e sociale;

• possano esserci valori fondamentali che superano le stesse leggi civili, le quali in tal caso non avrebbero più valore assoluto e vincolante per tutti.

 

■ L'obiezione di coscienza, se accompagnata da amore di verità ad ogni persona:

• è un agire esemplare che ha il coraggio della coerenza;

• non è una fuga dalle responsabilità, ma al contrario un'assunzione di una testimonianza;

• investe una casistica molto complessa e vasta. Basti pensare anche solo alla categoria dei medici, impegnati oggi sull'ampio campo della vita umana (aborto, eutanasia, pillole abortive, uso degli embrioni nella ricerca...);

• è un'ultima ratio (un diritto-dovere umano) per non vedersi coinvolti in atti che ripugnano profondamente a una persona;

• è espressione e attuazione del legittimo diritto alla libertà, che ogni persona ha, in virtù del quale può e deve rifiutarsi di compiere un'azione che si oppone o che viola i principi - etici e/o religiosi -che la sua coscienza gli detta.

 

 

NB: Per approfondire l'argomento, si leggano:

Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), nn. 1776-1802;

Compendio del CCC, nn. 372-376.

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